Viviamo scene che non andranno mai via dai nostri pensieri, alcune davvero toccanti e drammatiche. Come il ricordo di una donna a cui ho potuto solo stendere addosso una coperta, in un gelido gennaio, sul ponte di una nave della Guardia Costiera. Stare lì un attimo per poi andare via in silenzio senza neanche sfiorarla, […]
Le segretarie del cinema ai tempi del fax
Il tono della voce è deciso, squillante, e la cadenza romana trasmette tutta l’energia verace di una donna che ha sempre affrontato i problemi a gamba tesa. E infatti la prima domanda me la fa lei: “Allora, Lara. Che ci dobbiamo dire?”. Lei in realtà sa già che cosa le voglio chiedere, è abituata ad […]
Il tono della voce è deciso, squillante, e la cadenza romana trasmette tutta l’energia verace di una donna che ha sempre affrontato i problemi a gamba tesa. E infatti la prima domanda me la fa lei: “Allora, Lara. Che ci dobbiamo dire?”.
Lei in realtà sa già che cosa le voglio chiedere, è abituata ad anticipare domande e risposte. Paola Quagliero è stata la segretaria di Franco Cristaldi per decenni, e gli ultimi anni di carriera li ha trascorsi accanto a Giuseppe Tornatore. Nella sua vita di assistente i grandi registi li ha incontrati praticamente tutti. Potrebbe raccontare aneddoti su Federico Fellini, su Luchino Visconti. Ha persino più volte incontrato Sean Connery (Franco Cristaldi ha prodotto Il nome della rosa) “senza mai subirne il fascino”, ci tiene a precisarlo.
Ma lei sa che io non voglio parlare dei suoi incontri cinematografici (di quelli, se siete curiosi, potete leggere su Vanity Fair). Sa che voglio entrare nei segreti del suo mestiere, sa che voglio capire come si sta accanto a uomini e artisti così grandi senza essere schiacciate dal peso della pressione. Ha passato più di mezza vita nella stessa azienda e io voglio sapere come si fa, perché oggi il pensiero di iniziare la carriera e arrivare alla pensione seguendo lo stesso uomo o la stessa azienda ad alcuni sembra un miraggio, ad altri un incubo. Lei mi racconta che quando ha iniziato a lavorare era poco più di una bambina e il suo primo contratto di lavoro non lo ha firmato lei, ma i suoi genitori. E qui comincia la vera intervista.
Come mai ha iniziato così presto?
In realtà fu un caso. Eravamo da una cugina di mamma per le feste di Natale e mia madre, che non voleva che stessi con le mani in mano durante le vacanze, le chiese se poteva trovarmi un lavoretto. Lei sapeva che alla Fono Roma cercavano qualcuno che sapesse usare il normografo e, fresca di scuola, in quel periodo iniziai a disegnare. Fu alla Fono Roma che incontrai un montatore che stava lavorando su un film di Cristaldi. Lui fu molto colpito dal mio modo di fare e parlò di me a Cristaldi che allora stava producendo il suo primo film. Era il 1952 e loro avevano pensato a me come attrice.
Era il suo sogno, fare l’attrice?
Assolutamente no. Io non ho mai voluto fare l’attrice, ma paradossalmente il mio primo ingaggio fu proprio quello. Cristaldi mi fece un contratto di tre anni, e siccome ero ancora minorenne lo firmarono i miei genitori. Dovevo recitare nel film Il seduttore con Alberto Sordi. Quest’uomo aveva una moglie, un’amante e una fidanzata, e io dovevo fare la fidanzata. In seguito la sceneggiatura è stata stravolta e la mia figura è stata tagliata, ma io sono comunque rimasta con Cristaldi che mi pagava regolarmente, anche se non facevo nulla.
Erano davvero altri tempi.
Questo è sicuro. Poi un giorno la sua segretaria si ammalò e lui ha pensato: abbiamo Paola, vediamo cosa ci possiamo fare! Mi ha catapultato nell’ambiente senza pensarci due volte, ma dandomi le giuste basi. Mi ha fatto iscrivere a scuola di stenodattilografia e anche di francese. Oggi può sembrare strano, ma a quei tempi il francese era molto più diffuso dell’inglese. Da quel momento in poi lui è stato il mio professore, da lui ho imparato come si sta a tavola, come ci si veste, come si parla e come si lavora. Sono cresciuta con la sua influenza e dopo i primi tempi, appena lui iniziava a parlare io sapevo già cosa voleva.
Come si è sviluppato il rapporto tra voi?
Cristaldi era grande, ma non ti metteva mai in soggezione. Avevamo un rapporto aperto, c’era vicinanza, ma una vicinanza sempre molto rispettosa. Pensa che in tanti anni non gli ho neanche mai dato del tu. Lui mi chiamava Paoletta e Paolina, ma io sempre il lei. Era molto paterno, ma per me era sempre “il capo”. Aveva un bellissimo rapporto anche con i miei genitori.
E come trascorreva le giornate in ufficio?
Cristaldi aveva un diario favoloso, enorme, e lì scriveva tutta la sua settimana. Io, in tandem, lo utilizzavo alla stessa maniera e, se lui dimenticava qualcosa, io ero pronta con il mio diario. Avevo la sua stessa agenda a cui poi io aggiungevo i miei impegni. Ero sempre dietro le sue spalle. Non mi piace dire che ero il suo braccio destro, ma che ero dietro le sue spalle. Passavo la giornata al telefono a fare da filtro perché sapevo quali erano le telefonate che voleva ricevere e quelle che non voleva e io dovevo barcamenarmi anche nei rifiuti.
E quando, dopo i primi anni, siete entrati nelle grosse produzioni che cosa è cambiato nel suo lavoro?
È cambiato parecchio, soprattutto perché andavamo all’estero. Il Marco Polo ad esempio è stato girato in Cina, e in generale tanti film venivano girati fuori dall’Italia, ma coi mezzi di allora non era facile. Per comunicare a quei tempi si usava il telefax e io per imparare a usarlo feci un corso di una settimana alle poste telegrafi di viale Trastevere. Me lo ricorderò sempre, battevo a macchina e sul nastrino comparivano i buchini che erano la traduzione del messaggio che volevo inviare.
In quale lingua scriveva?
Generalmente in italiano o in francese; io di inglese non sapevo quasi nulla, ma ci provavo lo stesso. Stavo sul telefax dalla mattina alla sera perché le telefonate erano da evitare, in primo luogo perché erano costosissime e poi perché ai tempi era meglio mandare il cartaceo. E poi bisognava risparmiare. Per esempio parte de Il nome della rosa è stato girato in Germania, ma noi non avevamo internet per guardare quali erano gli alberghi coi prezzi più bassi e dovevamo stringere con le telefonate perché costavano un occhio delle testa. Nonostante non ci fossero grandi mezzi a disposizione, si riusciva a fare tutto. Passavo ore e ore al telefax, ma si lavorava benissimo, non ci mancava niente. Tutti mi chiedono di paragonare il mio lavoro a quello delle segretarie di oggi, ma non si può fare un paragone. Oggi c’è tanta tecnologia, la gestione del tempo è cambiata completamente.
Io mi chiedo anche come si possa conciliare un lavoro del genere con una famiglia.
Io ho conciliato male, perché mio marito alla fine si era rotto davvero le scatole. Anche perché ero a disposizione di Cristaldi 24 ore su 24. Ad esempio durante la notte spesso squillava il telefono, lui era in America e io gli dicevo: ma se lo ricorda che ore sono qui in Italia? E lui, sì sì, ma io ti dovevo dire una cosa. Non mi scorderò mai quando gli ho detto che aspettavo un figlio.
Si è arrabbiato?
Ai tempi ero affiancata da una ragazza, Rosanna e lei un giorno mi disse: Paola non so come dire a Cristaldi che aspetto un figlio. Io gli dissi: vai e diglielo, non ci son problemi. Infatti lui le disse, vabbè vi mettete d’accordo voi due… fate voi eh. Poi dopo due mesi ho scoperto anche io di essere incinta. E la scena si è ribaltata: Rosà io sono incinta, ora come glielo dico a Cristaldi? Perché un conto è una di noi, ma due su due, come glielo dico?
Come glielo ha detto?
Fu un gran divertimento, ricordo ancora quelle parole: pure tu? Adesso state in due là con le pance e io come faccio? Non ho fatto in tempo ad allattare mio figlio perché lui mi ha rivoluto subito al lavoro, però non rimpiango nulla, rifarei tutto. Tanto che, dopo la sua morte, ho continuato a lavorare con suo figlio Massimo, anche se ero già in pensione. In quel periodo eravamo un po’ persi e io ero l’unica che conosceva la sua calligrafia. Cristaldi aveva lasciato fasci enormi di fogli scritti a mano e io ho decifrato pagine e pagine di appunti. Sono andata avanti otto anni facendo anche ruoli diversi, poi non me la sentivo più, erano cambiate troppe cose.
È in quel momento che ha iniziato con Tornatore?
In realtà sono stata una decina di mesi senza fare niente, poi una mattina ero in cucina un po’ pensierosa e improvvisamente squilla il telefono:
Lui: Paoletta!
Io: Oddio chi è?
Lui: Sono Giuseppe Tornatore. Senta, che sta facendo in questo periodo?
Io: Niente.
Lui: Allora le vorrei parlare.
Ci incontrammo e mi propose di lavorare con lui. Ho curato non solo i suoi interessi lavorativi, ma anche quelli privati, diciamo della famiglia. Quando girava i film seguivo i contratti, i viaggi, gli impegni. Tutto quello che nell’azienda di Cristaldi avevo solo guardato con gli occhi, con Tornatore me lo sono ritrovata addosso. Parlavamo spesso dei tempi passati. Mi diceva: Paoletta ti ricordi quando facevamo il montaggio con la moviola? Io me lo ricordavo bene, soprattutto quando facevamo girare la pellicola con le mani. E infatti ricordo anche che quando vidi per la prima volta, dopo tanti anni, il suo studio di montaggio in cui erano installati 10 monitor, mi sono sentita male. Ho lavorato con lui 13 anni; poi ho detto basta. Del resto, mica potevo lavorare a vita.
Si chiude così la mia conversazione con Paola. Il suo modo semplice e diretto di affrontare il lavoro, la sua romanità spiccata e schietta mi lasciano un importante retrogusto di entusiasmo. Forse insieme al retrogusto nostalgico della consapevolezza che una carriera come la sua, al netto di tutti i sacrifici fatti, oggi è praticamente impossibile da replicare. Se ve lo state chiedendo Paoletta oggi ha 83 anni, e ha lavorato fino a 72.
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