Roberto Grandi: Il museo guarda al futuro attraverso H&M

Non amo partire dai dati, ma la questione è innegabile anche senza il dato: Bologna negli ultimi anni ha visto crescere esponenzialmente le sue presenze turistiche. Passeggiando per strada è facile sentire un anziano bolognese esclamare: “Mai vést tot chi turést”. E magari il signore di fianco interviene (perché a Bologna nessun commento fatto in […]

Non amo partire dai dati, ma la questione è innegabile anche senza il dato: Bologna negli ultimi anni ha visto crescere esponenzialmente le sue presenze turistiche. Passeggiando per strada è facile sentire un anziano bolognese esclamare: “Mai vést tot chi turést”. E magari il signore di fianco interviene (perché a Bologna nessun commento fatto in strada rimane isolato, c’è sempre qualcuno che ti risponde) dicendo: “L’è tot merit de Raianeer”.

In realtà, come è facile immaginare, la questione è molto più complessa. L’aumento delle attività aeroportuali ha sicuramente influito in maniera positiva, ma come ci tiene a sottolineare Roberto Grandi, presidente dell’Istituzione Bologna Musei, “Ryanair porta passeggeri, ma i passeggeri non sono automaticamente turisti”. In effetti per tanti anni Bologna è stata più che altro un ponte tra Firenze e Venezia. Una fermata di passaggio per raggiungere le tappe obbligatorie dell’arte italiana. Gli stranieri si fermavano per una notte (anzi, in media una notte e mezzo) e poi scappavano agli Uffizi o su qualche gondola.

Oggi il tempo di permanenza dei turisti in città è più che raddoppiato, e soprattutto si comincia a parlare di Bologna all’estero non solo per gli “spaghetti alla bolognese”. Non esistono e tutti i bolognesi lo sanno, ma comunque “fanno marketing” precisa Roberto Grandi. Mi sono affidata a lui per farmi spiegare i cambiamenti turistici e culturali che la mia città sta vivendo in questi anni. Alcune evoluzioni sono infatti sotto gli occhi di tutti, altre meno.

 

 

 

Bologna era una città di passaggio. Come e quando i passeggeri si sono trasformati in visitatori?

Negli ultimi cinque anni Bologna ha intrapreso un processo di city branding che ha fatto la differenza. La prima caratteristica su cui si è puntato, è banale dirlo, è il cibo. Ma la città è anche la capitale dei brand motociclistici e automobilistici. E poi c’è l’aspetto culturale.

In effetti è evidente che Bologna Musei ha deciso di puntare sulle collezioni permanenti dei musei. Come mai questa scelta?

Le mostre temporanee possono essere bellissime, ma un turista le può vedere qui come in qualsiasi altra parte del mondo. Invece le permanenti sono solo nostre ed esprimono l’unicità della città. Gli ultimi dati sulle presenze rivelano che i visitatori provenienti dagli Stati Uniti e dai paesi nordici e di cultura anglosassone sono quelli con maggiore propensione a visitare le collezioni permanenti. Inoltre dalle analisi fatte su quello che i turisti dicono in rete emerge che percepiscono Bologna come una città reale, da vivere in tutte le sue sfaccettature, diversamente da Venezia e Firenze, dove ci si sente trattati soltanto come turisti.

A Bologna in effetti l’ospitalità è diversa.

Firenze e Venezia sono musei a cielo aperto dove sei quasi costretto a visitare determinate opere. A Bologna invece vieni a vivere la città, il suo spirito. Certo anche qui ci sono tappe obbligate, come le Due Torri o Piazza Maggiore, ma tanto prima o poi, passeggiando, ci sbatti contro. Quello che fa la differenza è lo spirito della città.

Anche la Lonely Planet finalmente l’ha capito e ha inserito Bologna nei suoi percorsi.

La Lonely ha fatto esattamente un racconto di questo tipo. L’ha descritta come una città dove ognuno può fare il proprio percorso. Perdersi e lasciarsi andare è proprio il senso di stare a Bologna. Qui non devi per forza pianificare: passeggi, ogni tanto alzi lo sguardo sui palazzi, entri in un museo e poi mangi un tortellino.

Come si gestiscono “sostenibilmente” questi nuovi flussi turistici?

Il tempo aiuta a interpretare l’incremento di turisti e della curiosità. È inutile pensare che debba esserci un incremento assoluto e continuo del numero di presenze. E in quest’ottica si possono promuovere percorsi fuori dalla città, ad esempio in Appennino. Bisogna intercettare turisti diversi e allargare lo sguardo senza perdere l’equilibrio tra il paesaggio, l’aspetto culinario e l’aspetto culturale.

Tornando alle collezioni permanenti, come può un museo raccontare l’identità della città e parlare non solo del suo passato, ma del suo futuro?

I 14 musei civici raccolgono la memoria, ma dentro quelle mura non ci sono solo oggetti, ci sono più che altro delle storie. Ultimamente ci piace raccontare al pubblico un oggetto in un tempo massimo di un quarto d’ora, e il racconto non è mai in chiave nostalgica. Non pensiamo al passato come a un tempo perduto e da rimpiangere, anzi: raccontarlo significa raccontare il futuro che prende forma quando il territorio, come nel passato, riesce a coniugare innovazione tecnologica e innovazione sociale. Poi dedicheremo ampio spazio anche al futuro. Già oggi al Museo del Patrimonio Industriale raccontiamo l’impresa 4.0 mostrando l’industria di oggi e di domani, perché alla nostalgia del passato preferiamo la voglia di presente e di futuro.

Museo del Patrimonio Industriale, Foto di Matteo Monti

L’innovazione come vi supporta?

Ci aiuta a sviluppare nuovi racconti e a raggiungere nuovi pubblici. I musei per esempio devono sempre più raggiungere le persone della propria città, perché di solito sono quelle che li frequentano meno.

Quindi i bolognesi sono quelli che vivono meno il loro patrimonio?

Tutti i cittadini sono i peggiori visitatori dei loro musei. Quando vanno all’estero li visitano sempre perché pensano che non avranno più occasione di tornarci. Invece dei loro musei spesso pensano: “Prima o poi li vado a vedere”.

La campagna al museo come da H&M ha quindi lo scopo di attrarre soprattutto i bolognesi.

Abbiamo creato la card dei musei metropolitana con la quale con 20 euro si può entrare in tutti i musei per tutto l’anno. Lo scopo è che i bolognesi entrino al museo con la leggerezza con cui entrano da Zara e da H&M, magari per un quarto d’ora. Il pensiero deve essere: “Entrare non mi costa nulla e posso starci anche solo dieci minuti”.

È un passaggio culturale non tanto scontato.

Di card ne abbiamo vendute parecchie; chiaro che queste sono modificazioni che non possono attecchire in cinque minuti. Il problema non è solo dei bolognesi, ma di tutti quelli che hanno questo atteggiamento e pensano che il museo sia impegnativo, che bisogna avere tempo. Invece si può entrare nel museo Davia Bargellini e guardare semplicemente la carrozza o il teatrino di marionette veneziano.

In effetti, se vedi quello ti sei già “riempito”.

Esatto. Un po’ alla volta, con gli appuntamenti di un quarto d’ora, cerchiamo di giustificare le persone a stare poco tempo. Tanto quel quarto d’ora ha comunque un grande valore.

Quindi punterete ancora di più sulle collezioni permanenti.

Le permanenti sono la nostra identità. Dobbiamo raccontarle in modi diversi, con tecnologie diverse e adeguate ai diversi pubblici, ma ci sono molti fili che possiamo tirare. Il Museo Morandi è un esempio calzante: le opere di Giorgio sono in tutto il mondo, ma noi abbiamo recuperato interamente il suo studio. Giorgio Morandi è un grande ambasciatore di Bologna nel mondo, ma se si vuole vedere dove e come lavorava bisogna per forza venire qui.

Casa Morandi, foto di Roberto Serra

E se dovesse scegliere tra i 300.000 oggetti che sono a disposizione dei 14 Musei Civici, lei di quale parlerebbe per un quarto d’ora?

Forse sceglierei le tombe dei docenti che sono al Museo Medievale. Lì la storia della città si unisce con quella dell’università, e quei bassorilievi di marmo in cui sono scolpiti gli studenti col mento sul pugno, che guardano il docente o l’orizzonte e si stanno talvolta palesemente annoiando, sono una fotografia stupenda della Bologna del XXII secolo.

Forse anche della Bologna di questo secolo.
Sì quel bassorilievo potrebbe essere una fotografia attuale dei nostri studenti a lezione. Quello è il racconto della città e dell’università fatta dal punto di vista dello studente, e quegli sguardi distratti, assorti o attenti sono dell’oggi e del domani.

Museo Civico Medievale Frammento Arca di Giovanni da Legnano

 

 

IDENTIKIT DEI VISITATORI DEI MUSEI NEI MESI ESTIVI

  • Le presenze ai Musei Civici da giugno a settembre sono state 86.960, di cui 75.990 visitatori dei musei e 13.892 partecipanti alle iniziative estive promosse dai musei civici.
  • L’incremento rispetto al 2017 è stato del 14,4%.
  • Tra giugno e settembre i visitatori stranieri hanno superato quelli italiani: 52,5% vs. 47,5%. Il 34,51% Europei; 8,78% nord americani; 3,30% asiatici; 2,09% centro e sud americani.
  • Tra i visitatori europei (i più numerosi) il 21% provengono dal Regno Unito; il 15% dalla Francia; attorno al 10% sono tedeschi, spagnoli e olandesi.
  • Un quarto dei visitatori risiede nella città metropolitana. Per il 75% sono turisti.

 

Fanno parte dell’Istituzione Bologna Musei: MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Museo Morandi, Casa Morandi, Villa delle Rose, Museo per la Memoria di Ustica, Museo Civico Archeologico, Museo Civico Medievale, Collezioni Comunali d’Arte, Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini, Museo del Patrimonio Industriale, Museo e Biblioteca del Risorgimento, Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, Museo del Tessuto e della Tappezzeria “Vittorio Zironi”.

 

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