Sanità svizzera, il welfare perfetto pagato da tasse e mafie. Opachi a fin di bene?

Indaghiamo i pilastri del sistema sanitario svizzero e le basi del suo funzionamento, con luci e ombre dell’ultimo Stato sociale europeo. L’opinione della paziente italo-svizzera Francesca Marino, del blogger Dino Biselli e di Patrizia Beyler, del Comune di Neuchatel.

“Guardi pure questa lettera che mi ha inviato il Comune di Neuchatel quando vivevo in Svizzera. In quelle poche righe c’è tutta la filosofia del sistema sanitario svizzero in materia di assistenza a chi ha avuto la doppia sfortuna di ammalarsi di tumore, e per di più in una situazione di precarietà finanziaria”.

Nella lettera che mi mostra la donna italo-svizzera si legge tra l’altro: “Gentile signora Francesca Marino, le ricordiamo che lei non ha ancora esercitato il suo diritto in merito a una donna di servizio che lei può avere nel suo domicilio una volta alla settimana. Le abbiamo fissato un appuntamento per venerdì prossimo, così potrà conoscere la collaboratrice domestica che le abbiamo assegnato”.

Nella lettera si annunciava anche un incontro preliminare con un medico e con una psicologa che dovevano indagare sulle reali esigenze di vita e di salute della persona a cui veniva affidata una donna di servizio. La signora Marino sorride guardando quella lettera, e aggiunge timidamente: “Io sono nata in Italia e ho vissuto per lunghi periodi a Milano dopo la mia malattia, ma credo che non riceverò mai una lettera di quel tipo da un Comune italiano. Non voglio togliere niente alle eccellenze della sanità italiana, io sono stata operata al San Gerardo di Monza e lì mi hanno salvato la vita grazie a una grande competenza e professionalità in materia di tumori, senza sborsare una lira per un’operazione delicata e costosa, ma l’assistenza post-operatoria era molto carente, una volta fuori dall’ospedale per loro non sei più nessuno”.

“In Svizzera l’assistenza sul territorio prima e dopo un grande intervento chirurgico o una malattia grave è un’altra cosa, è vicina ai pazienti, anche dal punto di vista finanziario, soprattutto alle fasce della popolazione con basso reddito. In Italia, ad esempio, vedo che è stata smantellata la rete dei medici di base, che qualche anno fa era molto diffusa. È un peccato, perché dai racconti di mio marito in Italia il medico di famiglia svolgeva un ruolo importante. In tutta la Svizzera la medicina di base è invece la struttura portante del sistema sanitario. Il medico di base non è un semplice passacarte; se è il caso interviene sullo specialista per sconsigliare gli eccessi di alcune terapie. A me è capitato con la risonanza magnetica, il mio medico di base sconsigliò all’oncologo di prescrivermi troppe risonanze e ottenne quello che chiedeva. Forse la Svizzera è l’ultimo Stato sociale dell’Europa, anche se il sistema assicurativo su cui si regge ha delle ombre che non vanno nascoste”.

Operata in Italia, curata in Svizzera: le differenze tra i sistemi di assistenza sanitaria

Francesca Marino ha cinquant’anni, oggi fa l’insegnante di canto, è nata in un paese in provincia di Lecce, ma quando aveva sei anni la sua famiglia è emigrata in Svizzera, a Neuchatel, nel Cantone francese. La sua vita è trascorsa tra l’Italia e la Svizzera e la Francia, ma all’età di 37 anni si è ammalata di un tumore di terzo grado da cui è uscita con una guarigione completa, anche se ha dovuto subire l’asportazione di 120 linfonodi. Negli anni successivi è tornata a Neuchatel e ha potuto godere di tutte le facilitazioni che offre il sistema sociale e sanitario svizzero.

“Avendo allora un reddito sotto i 2.200 franchi al mese avevo diritto a una serie di facilitazioni, tra cui l’invalidità dovuta all’asportazione dei linfonodi, grazie all’esistenza di un istituto che si chiama ‘Prestazioni complementari’. Si può accedere a questo istituto, che dipende dal governo del Cantone, se si ha un reddito basso, ma possono fare domanda anche i redditi sotto i 100.000 franchi l’anno”.

Posso chiederle quali sono le facilitazioni economiche a cui accennava? “L’elenco è lungo. La più rilevante è la casa, ma tenga presente che per tutto il periodo in cui sono vissuta in Svizzera ero esente dalle tasse. Le dicevo della casa: negli anni in cui ho vissuto a Neuchatel dopo l’operazione stavo in un appartamento di due locali più che dignitosi nel centro della città e non pagavo affitto. Ricevevo poi mille franchi al mese per acquistare il cibo, e non pagavo neppure i trasporti. Anche se dovevo spostarmi in Italia per dei controlli sanitari, il biglietto del treno mi veniva rimborsato per intero. Allora non guidavo, ma se avessi avuto un’auto lo Stato mi avrebbe finanziato il leasing. Quando nel 2016 decisi di sposarmi e di tornare in Italia, ricordo che mio marito rimase esterrefatto quando seppe che lo Stato svizzero mi avrebbe finanziato per intero il trasloco dalla Svizzera all’Italia”.

“Ma la tutela più onerosa e più efficace è quella che avviene negli anni post-operatori. Ad esempio, io dovevo mettere per lunghi periodi delle calze costosissime che dovevano essere cambiate almeno tre volte l’anno. Ma erano del tutto gratuite e senza alcun anticipo, le calze venivano fatturate direttamente alle Prestazioni Complementari. Tra l’altro a me, che sono allergica al glutine, veniva consentito di acquistare cibi senza glutine. Diciamo che in Svizzera chi ha avuto una malattia importante o vive con un basso reddito è tutelato ai massimi livelli. Tenga conto del fatto che in Svizzera le associazioni per la ricerca sul cancro non hanno come finalità soltanto il reperimento di risorse per la ricerca, ma fanno molta assistenza medica e psicologica sul territorio”.

Come funziona lo Stato sociale svizzero: il modello Bismarck

Ma chi paga tutto ciò? Quali sono le fondamenta finanziarie di questo sistema? Come fa lo Stato svizzero a evitare un deficit cronico, tipico degli Stati con un welfare avanzato? Dino Biselli, autore del blog MioPharma, ci spiega quali sono i pilastri del modello elvetico.

“Per quel che riguarda l’aspetto del finanziamento, il sistema sanitario svizzero si fonda sul cosiddetto modello Bismarck, caratterizzato quindi dalla presenza di assicurazioni sanitarie mutualistiche. Essendo la Svizzera uno Stato federale, anche l’organizzazione del suo sistema sanitario è plasmata sulla particolare conformazione del suo assetto istituzionale, con una netta suddivisione di competenze fra Stato centrale e ogni singolo Cantone: il primo ha principalmente compiti di indirizzo e controllo, essendo il regolatore del mercato assicurativo, mentre i principali compiti del secondo sono relativi all’organizzazione delle strutture di erogazione dei servizi sanitari, e in particolare del governo del sistema ospedaliero, che in Svizzera è composto da 133 ospedali non-profit (pubblici e privati) e da 160 privati for-profit.”

“Tutti coloro che domiciliano nella confederazione elvetica sono obbligati a sottoscrivere un’assicurazione malattia di base e a pagare ogni mese i premi della cassa mutua da loro scelta. Il sistema mutualistico svizzero si basa su assicurazioni private non-profit (sono in tutto 61), ed è in grado di garantire la copertura sanitaria universale grazie ai sussidi che vengono elargiti a favore delle fasce di popolazione a medio-basso reddito.”

Insomma: un sistema di redistribuzione della ricchezza verso i redditi medio-bassi, che è il principio guida degli Stati sociali.

I tre pilastri della sanità svizzera e l’ombra lunga del sistema bancario-assicurativo

“In particolare – ci spiega Patrizia Beyler, funzionario del Comune di Neuchatel – il sistema previdenziale svizzero è composto da tre pilastri che si alimentano finanziariamente grazie ai premi assicurativi obbligatori che ogni cittadino svizzero deve pagare, indipendentemente dall’utilizzo che viene fatto della sanità.”

“Il primo pilastro tutela la vecchiaia e l’invalidità e garantisce la minima sussistenza. Questo pilastro comprende le prestazioni complementari. Il secondo pilastro riguarda l’assistenza professionale e cerca di mantenere invariato il tenore di vita abituale fino alla vecchiaia. Il terzo pilastro è facoltativo e riguarda l’assistenza privata volontaria.

“Per farle capire con un esempio come avviene questa redistribuzione del reddito, le posso dire che una famiglia come la mia, composta da me e mio marito, che sta nella fascia di reddito medio-alta, paga per il primo pilastro 220 franchi al mese. Per il secondo pilastro io pago 450 franchi al mese e mio marito ne paga 850. Per le assicurazioni relative alla disoccupazione e agli incidenti sul lavoro o in strada io e mio marito paghiamo altri 320 franchi al mese. Noi siamo molto sensibili al tema della disoccupazione, non vorremmo lasciare nessuno per strada. Certo, c’è anche chi abusa di questo sistema assistenziale, ma sono casi sporadici e irrilevanti.”

Malgrado il dato aggregato ci dica che la disoccupazione in Svizzera non supera il 2,8%, soprattutto nel settore sanitario ci sono problemi seri per ciò che riguarda il mercato del lavoro.

Uno dei problemi storici è la carenza di infermieri e medici, che durante la pandemia è diventata drammatica. Il 46% degli infermieri lascia la professione a causa di una mancata formazione professionale e di stipendi troppo bassi. Un fenomeno singolare se si pensa alla grande fuga verso la Svizzera di infermieri italiani prima e durante la pandemia, che guardavano ai salari della Svizzera come al Paese dei balocchi.

Un ultimo capitolo riguarda il sistema bancario-assicurativo, il vero motore finanziario del modello svizzero. Per anni le banche svizzere sono state il rifugio della fuga di capitali da tutto il mondo. Come ci raccontano alcune inchieste giudiziarie internazionali, anche la criminalità organizzata per anni ha scelto di depositare il denaro riciclato da attività criminali nelle casseforti svizzere. Da quando il magistrato Carla De Ponte, amica di Giovanni Falcone, riuscì a introdurre una legislazione sulla trasparenza bancaria che impose agli istituti di credito elvetici di rendere palese l’origine del denaro depositato, la criminalità abbandonò la Svizzera e si rivolse altrove, lasciando il sistema bancario elvetico carente di liquidità. Quella stessa liquidità che anticipava denaro ai governi e alle assicurazioni.

Come era prevedibile Carla Del Ponte fu liquidata. Il magistrato cominciò ad avere i primi problemi e gravi accuse di delegittimazione proprio quando cominciava a far notare che la Svizzera contribuiva, attraverso le banche, a rafforzare le criminalità organizzate. Ora c’è chi dice che il sistema sta tornando al passato, ma la trasparenza ha fatto il suo corso e difficilmente la Svizzera tornerà a essere la patria dell’opacità finanziaria.

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Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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Photo credits: comitedesfamilles.net

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