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Social HR: risorse umane e marketing, emozioni e big data
Con il termine Social HR (o HR 2.0) si identificano una serie di processi tipici della funzione Risorse Umane che oggi, con l’introduzione di nuovi strumenti che provengono dal Social Media Marketing, acquisiscono anche una dimensione “social” e si vanno ad integrare in processi che fino ad oggi sono stati standard, offline, spesso poco noti […]
Con il termine Social HR (o HR 2.0) si identificano una serie di processi tipici della funzione Risorse Umane che oggi, con l’introduzione di nuovi strumenti che provengono dal Social Media Marketing, acquisiscono anche una dimensione “social” e si vanno ad integrare in processi che fino ad oggi sono stati standard, offline, spesso poco noti al di fuori delle aziende, nascosti nella black box, la scatola nera che rappresentava, nella teoria delle organizzazioni, l’invalicabile confine fra la società e le aziende di cui si sapeva chi/cosa entrasse e uscisse, ma niente di più di ciò che dentro accadeva. La black box oggi è diventata una scatola trasparente e da qualche tempo siamo abituati a scoprire, grazie alle conversazioni e alla condivisione delle informazioni online, che cosa accade in quelle organizzazioni di cui prima non potevamo che solo supporre i processi.
Di Social Media Marketing si è da subito parlato perché le aziende ne hanno percepito l’importanza ad integrazione dei processi di marketing e vendite dei loro servizi e prodotti, ma le persone? Tutti noi, utenti della rete, conversiamo e partecipiamo con i nostri account personali online: raccontiamo la nostra storia, condividiamo ciò che ci piace, commentiamo contenuti altrui, acquisiamo visibilità̀ online e ci mostriamo – rendendoci raggiungibili – al di fuori dei nostri contesti protetti, come mai è accaduto prima.
Io comprendo il valore della rete, ne sfrutto le potenzialità, mi interrogo su quale sia il mio valore unico – il mio Personal Brand – decido cosa voglio che gli altri conoscano di me affinché ci sia coerenza fra il mio personaggio online e quello che incontreranno al di là dei bit (persuasione etica), scrivo sui miei account personali, LinkedIn, Twitter, Facebook- e mi relaziono agli altri, conversando e dicendo la mia nelle community cui appartengo. Gli altri – il mio network, la mia rete – sono la mia cassa di risonanza, capaci di convalidare le mie competenze, segnalare la mia eccellenza nel mio ruolo/settore/campo, facilitarmi l’accesso alle opportunità, dirmi cosa pensano di me.
Sin da piccoli siamo stati abituati a sentire raccontare storie: oggi abbiamo imparato che per entrare in contatto, anche online, con le persone, dobbiamo saper raccontare al meglio la nostra storia, che ci aprirà – o meno – le porte di nuove relazioni, facendoci entrare in empatia con gli altri, coinvolgendo quindi le emozioni.
Se dovessi rappresentare i 4 quadranti dello schema all’interno del quale inserire i temi afferenti il social HR – dove si trova anche il Social Recruiting – metterei agli opposti delle ascisse e ordinate queste parole:
- Big Data / Emotion
- HR / Marketing
Sì, le scriverei in inglese perché studio, leggo e partecipo ad una conversazione internazionale su questi temi ed è così che mi sono rimasti in testa dopo essere stata, nel novembre 2014, al LinkedIn Talent Connect, evento annuale di LinkedIn che si tiene a Londra a cui ho partecipato per la seconda volta. Quella è l’occasione in cui si condividono gli scenari attuali di utilizzo del digitale nella funzione Risorse Umane, lì è dove persone abituate a rivolgersi solitamente ai loro clienti interni – rappresentanti delle Risorse Umane di azienda – solcano un palco molto impegnativo e si trasformano, ai miei occhi, in cantanti rock nel loro concerto clou dell’anno. Se ti occupi di ricerca e selezione del personale e non hai ancora intercettato questo evento (si trova molto in streaming anche on demand) e se il LinkedIn Talent Connect non sai cosa sia, credo che ti manchi qualcosa di davvero fondamentale per capire dove stiamo andando. Chi crede che fare social recruiting equivalga a usare unicamente LinkedIn e ad estrarre dal database quattro nomi con una ricerca booleana dovrebbe riprendere a studiare.
Chi si occupa di individuare le migliori risorse da inserire nelle aziende deve avere oggi delle competenze rinnovate, deve essere un HR Marketer, deve mettere la testa fuori dal suo guscio e imparare a interagire senza la protezione a cui era abituato. Non è sufficiente avere delle competenze di marketing, ma è importante che i processi HR ne siano permeati. Ero in azienda prima che queste dinamiche si diffondessero e credo che in realtà la dimensione social abbia fatto emergere in modo più dirompente un’esigenza che c’è sempre stata. Io ai responsabili HR burocrati-amministrativi non ho mai creduto.
Funzione HR e Marketing che collaborano e si fondono in ruoli nuovi, processi che acquisiscono una nuova dimensione in un continuum di sviluppo e interazione fra l’online e l’offline, senza troppe distinzioni: questo dobbiamo vedere.
Mai prima d’ora si era reso così evidente il processo di ricerca e selezione dall’esterno, visibile tanto da parte delle aziende che da parte dei candidati, che presentano i loro profili professionali e condividono le loro connessioni sul web grazie alle piattaforme di social networking. Prima che fosse possibile pubblicare online i propri profili professionali, la ricerca di lavoro restava una pratica riservata: i datori di lavoro non potevano sapere che un loro dipendente fosse alla ricerca di lavoro, per esempio. Chi era interessato a entrare in contatto con una data azienda non poteva farlo facilmente, ora tutto è a portata di qualche click. Era iniziativa individuale di ciascuna organizzazione quella di crearsi un database che raccogliesse tutte le candidature di persone che dimostravano attivamente il loro interesse a lavorare in una data azienda o che si proponevano ad una agenzia di ricerca del personale o headhunter. Chi si occupa di selezione del personale in azienda affidava ad agenzie esterne le ricerche, in outsourcing.
Ora c’è la possibilità di avere un contatto più diretto azienda/candidati, sino alla disintermediazione in alcuni casi. Quando, nelle aziende più grandi e strutturate, esiste la funzione HR, a essa sono affidati obiettivi che spesso vengono misurati stabilendo dei KPI – Key Performance Indicator. L’uso di strumenti e strategie digitali ci permette l’accesso a dati che prima nessuna ricerca ci avrebbe potuto garantire di ottenere. I big data sono la risultante ma stanno anche alla base di previsioni che potrebbero migliorare di gran lunga i processi HR. L’utilizzo delle piattaforme online non è da intendersi però come una scelta unicamente strumentale ma è necessariamente culturale: segno di un’organizzazione che si apre al mondo esterno e che scambia relazioni dirette. Riceve e dà opportunità. Social HR vuol dire in primis una crescita e rinnovamento delle competenze delle risorse che operano nella funzione HR e nell’organizzazione, vuol dire un commitment dei vertici verso una nuova alleanza con i collaboratori che sia un rapporto trasparente di condivisione di intenti.
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