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Tamponi in farmacia: Federfarma spiega perché costano 15 euro
I farmacisti si sono arricchiti con le somministrazioni di tamponi antigenici? La categoria smentisce: sono aumentate anche le spese e i tagli ad altri servizi. Roberto Tobia, segretario nazionale Federfarma: “Il guadagno c’è stato, ma non così rilevante. Noi al servizio dei cittadini”.
Circa due terzi dei tamponi che si effettuano ogni settimana, secondo Federfarma, vengono fatti nelle farmacie, per un totale di 140 milioni di euro spesi dagli italiani nel 2021. Una cifra cresciuta esponenzialmente in base ai dati IQVIA: prima a settembre, a causa del primo obbligo di Green pass sul lavoro (586.000 tamponi), poi a ottobre (844.000) e via così a novembre (1.058.000), sino ad arrivare agli aumenti di settimana in settimana nel corso delle festività natalizie (+15,8% dei tamponi nell’ultima settimana di dicembre rispetto a quella precedente).
Numeri che hanno dato via ad accese polemiche rispetto ai presunti margini di guadagno per le farmacie, nonostante il Protocollo d’intesa sottoscritto ad agosto 2021 tra il ministero della Salute e il commissario straordinario all’emergenza, che garantisce il prezzo calmierato per i test antigenici. 15 euro il costo per gli adulti, mentre la spesa a carico dell’utente si abbassa nel caso il tampone venga effettuato su minori di età compresa tra i 12 e i 18 anni (con differenze a seconda delle Regioni).
Nella pratica, tuttavia, per la realizzazione dei tamponi le farmacie mettono in campo mezzi e risorse che incidono sul margine finale di guadagno, sottraendo tempo e personale ad altre attività, e riducendo di conseguenza gli introiti derivanti da altri servizi e vendite di prodotti. Per ricostruire non solo le voci che compongono il costo finale dei tamponi, ma anche quale e quanto lavoro ci sia dietro questa prestazione, abbiamo raccolto la testimonianza di alcune farmacie pubbliche e private di Lazio ed Emilia-Romagna, oltre che del dott. Roberto Tobia, segretario generale di Federfarma.
Da dove vengono e quanto costano i tamponi
I tamponi antigenici che vengono comprati dalle farmacie sono prodotti in prevalenza da aziende orientali (l’80% circa), e arrivano in Italia tramite degli importatori. La distribuzione intermedia poi si occupa di farli arrivare nelle farmacie mediante il canale della distribuzione del farmaco, ovvero i singoli fornitori. Secondo i dati di Federfarma il costo d’acquisto finale dei tamponi per una farmacia si aggira in media tra i 2 e i 4 euro. Una media che tuttavia non incontra il caso delle farmacie intervistate, per cui il costo medio è di circa 5 euro per quelli cosiddetti di terza generazione (diversi per la metodica analitica impiegata, che non dice solo se il virus è presente ma anche in che quantità).
Il costo rispetto al tipo di tampone varia anche in funzione a una loro progressiva evoluzione nel tempo, che ha introdotto alcuni miglioramenti che ne rendono più pratica l’esecuzione (consentendo di risparmiare tempo e passaggi). Oltre alla tipologia, il prezzo dei tamponi può variare molto a seconda del canale distributivo scelto e della quantità.
La qualità di tutti i tamponi commercializzati in Europa è invece standard, ed è garantita dall’EMA, che ne verifica la processabilità nelle farmacie.
Farmacie, più di 10 euro di costi sui tamponi
Secondo Federfarma il costo medio per l’acquisto e l’esecuzione del tampone è maggiore di 10 euro, considerate altre varie voci di spesa che riducono il margine finale.
In primo luogo ci sono i dispositivi di protezione (o DPI: camice monouso, mascherina, guanti, visiera, cuffietta e altri), per un valore medio di 2 euro. Il costo, anche in questo caso, dipende dal tipo di prodotti acquistati, dal fornitore e dalla loro quantità. Oltre all’acquisto di questi dispositivi poi c’è la spesa relativa allo smaltimento, sia per i tamponi che per i DPI. Come previsto dalla legge Ronchi del 1997, infatti, i rifiuti sanitari a rischio infettivo devono essere prelevati nelle farmacie da aziende certificate, che si occupano dello smaltimento dei rifiuti. Anche se il miglioramento e l’evoluzione dei tamponi ne ha in piccola parte ridotto il volume, il loro numero, insieme ai DPI, ha aumentato il peso complessivo di questi rifiuti prodotti dalle le farmacie, che hanno dovuto aumentare i ritiri previsti nei loro contratti. Il costo varia a seconda delle Regioni e dei tipi di contratti, ed è difficile fare una stima media. Tuttavia, per dare un’idea dell’aumento di spesa, basti pensare che nel caso di una delle farmacie intervistate in Emilia-Romagna – che effettua una cinquantina di tamponi al giorno – il numero di ritiri è raddoppiato rispetto al 2021.
I costi di personale, tempo e burocrazia
C’è poi il costo del personale, che può variare a seconda che si tratti di personale interno o che la farmacia debba fare ricorso a personale esterno (ad esempio infermieri a prestazione o a partita IVA). Interviene sul tema Cristiana Torelli, una dei farmacisti intervistati, proprietaria di due farmacie di famiglia a Roma (50/60 tamponi al giorno in una e 100/150 nell’altra): “Il costo maggiore è quello dell’infermiere esterno, ma non se ne può fare a meno perché non posso togliere dal banco il personale farmacista. Non ne avrei abbastanza”.
Le farmacie ricorrono al personale esterno, o ne assumono di nuovo, perché non riescono a stare dietro al numero di richieste: “Bisogna sostenere la fila”, continua Torelli. “Nei giorni in cui arriva a 40/50 metri dalla farmacia si deve essere una vera e propria catena di montaggio per evitare il più possibile che le persone stazionino in coda, rischiando magari di contagiarsi”.
La richiesta di personale esterno spesso è stata preferita dalle farmacie per due ragioni principali: la mancanza di farmacisti disponibili e l’incertezza legata all’andamento della pandemia. Durante questi due anni, inoltre, dovendo rafforzare la propria gestione del rischio, in aggiunta all’assicurazione prevista per il personale, le farmacie si sono attivate per sottoscrivere coperture assicurative aggiuntive per titolari e dipendenti. Una spesa che, in molti casi, ha beneficiato di convenzioni previste dalle associazioni di categoria, e che non è strettamente connessa solo alla realizzazione dei tamponi, ma che comunque va a sommarsi alle altre voci di costo.
La necessità di assumere nuovo personale, o di richiedere collaboratori esterni, è dovuta non solo ai numeri di tamponi da effettuare (e alla difficoltà di avere sempre il personale disponibile in farmacia a causa di positività e quarantene), ma soprattutto al tempo necessario per completare tutto l’iter di un tampone. Prenotazione, accettazione del paziente, inserimento dell’anagrafica e dei dati relativi al risultato sono operazioni che richiedono grande attenzione, e non possono essere fatte in velocità. L’inserimento errato dei dati nei sistemi gestionali delle Regioni potrebbe impedire lo sblocco di un Green pass per una fine quarantena, e di conseguenza il rientro al lavoro di una persona negativizzata. Ci sono delle farmacie che hanno creato dei sistemi automatizzati per la prenotazione dei tamponi, mentre altre lo fanno di volta in volta a mano, ma in entrambi i casi viene richiesto un impiego di risorse e tempo.
“C’è poi l’inserimento dei dati dei risultati e dei tamponi effettuati nei sistemi informatici di Regione e ministero”, racconta Torelli. “Bisogna dividere i negativi dai positivi, i minori dagli adulti. I tamponi fatti a soggetti dai 12 ai 17 anni richiedono anche l’inserimento nel sito della Regione Lazio per chiedere il rimborso dei 7 euro che sono stati calmierati, ed è un passaggio importante, altrimenti rischiamo di non avere questa cifra (nel Lazio le farmacie hanno dovuto attendere gennaio per il rimborso dei tamponi di agosto, N.d.R.)”.
La media per l’esecuzione di un tampone è di 15 minuti, ma il tempo può variare molto a seconda delle operazioni elencate. È quindi difficile dare un valore preciso per questa spesa, anche considerando le differenze possibili di stipendio tra personale esterno e interno, e i livelli di anzianità di quest’ultimo. Oltre alle spesse connesse al personale, tra i costi legati alla processazione del tampone va aggiunta anche la stampa del referto, non solo in termini di tempo, ma anche di carta e inchiostro.
“I medici di base ricevono un rimborso per la carta che utilizzano, noi farmacisti no”, spiega Torelli. “Quando possibile chiediamo alle persone di scaricare il risultato, ma in molti ci chiedono di stamparlo ugualmente perché magari hanno fretta di averlo, o non hanno le competenze o gli strumenti per usare un sistema informatico”.
Spazi divisi tra tamponi e vaccinazioni: avvantaggiate le grandi farmacie
Un’ulteriore voce di costo riguarda poi gli spazi che le farmacie hanno dedicato alla realizzazione tamponi.
“Una farmacia non è un poliambulatorio con diversi locali, siamo un esercizio commerciale che fattura in base ai metri lineari di esposizione. Non siamo fisicamente strutturati per adibire spazi a questi servizi”, sostiene Torelli.
Il problema degli spazi si è acuito da giugno 2021, quando le farmacie sono state abilitate anche alla vaccinazione, un’attività che richiede necessariamente aree dedicate che non possono rischiare di essere contaminate. Chi ha potuto ha destinato un’area o dei locali presenti in farmacia alla realizzazione dei tamponi; in questo caso le farmacie più grandi hanno avuto meno difficoltà a trovare stanze o locali. Chi ha fatto questa scelta ha comunque dovuto sacrificare altri servizi (come la cabina estetica), oppure prevedere un’alternanza d’uso a seconda di giorni e orari, provvedendo però di volta alle necessarie sanificazioni (con i costi conseguenti). Questo, insieme all’affollamento di pubblico e alla mancanza di personale in molti casi ha comportato una riduzione nella vendita di prodotti, che al momento non è stata quantificata da Federfarma e dalle farmacie intervistate, ma che rientrerà nella definizione del margine finale di guadagno.
Infine, tornando agli spazi, c’è chi ne ha affittati di esterni alle strutture delle farmacie, mentre chi è riuscito a risparmiare l’ha fatto ad esempio predisponendo aree attrezzate all’esterno, acquistando dei gazebo sotto ai quali effettuare l’iter dell’accettazione, il pagamento e il tampone.
Roberto Tobia, segretario Federfarma: “Guadagno c’è, ma non così rilevante”
Su questo tema è intervenuto Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma e presidente del PGEU: “Le farmacie si sono fatte trovare pronte nel momento in cui le istituzioni hanno chiesto loro di offrire un servizio indispensabile per i cittadini. C’è un percorso che porta alla formazione del prezzo, che, ci tengo a sottolineare, è stato concordato ma soprattutto calmierato, e che comunque garantisce che il test sia effettuato in maniera corretta, e da personale sanitario abilitato e formato”.
“Il guadagno per le farmacie c’è, ma non è quello che viene sbandierato”, precisa Tobia. “Basta partire dal prezzo di acquisto e poi dai costi, reali e facilmente dimostrabili, che danno la misura di quanto questo prezzo concordato e calmierato sia giusto per compensare la prestazione erogata da dei professionisti e da aziende che comunque si devono sostenere. Bisogna fare attenzione a sbandierare dati fuorvianti nei confronti della popolazione”.
Anche se per ora Federfarma non è in grado di quantificare un dato preciso su quanto abbiano pesato i tamponi sui bilanci delle farmacie, per Tobia “si può dire che in termini macroeconomici il risultato non è stato così rilevante. Anche perché, oltre ai costi, la loro erogazione ha ridotto altri guadagni, riducendo il personale operativo in farmacia e diminuendo le vendite in altri settori merceologici. La farmacia ha svolto il suo ruolo in maniera corretta, siamo stati al servizio dei cittadini e abbiamo anche creato posti di lavoro, assumendo tanti farmacisti e infermieri”.
Un guadagno quindi molto più modesto rispetto a quanto insinuato dalle polemiche per le circa 10.000 farmacie che effettuano i tamponi in Italia, e comunque necessario come corrispettivo per le professionalità e le aziende che garantiscono questa prestazione. Le catene o le farmacie più grandi avranno giocoforza potuto ammortizzare o ridurre più facilmente parte dei costi elencati (a partire da quello dei tamponi), ma ascoltando le voci dei diretti interessati viene difficile pensare che questa sia stata la regola.
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