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A un passo dalla terza guerra mondiale, Salvini pensa alla carne sintetica
Mentre l’Europa prende posizione riguardo il conflitto russo-ucraino ed Emmanuel Macron alza la tensione con le sue dichiarazioni, i politici italiani hanno tutt’altro tono. Ma sono l’espressione di un popolo male informato e autoesiliato ai margini della politica internazionale
Emmanuel Macron ha ricordato a tutti che la guerra tra Russia e Ucraina la Francia ce l’ha a 1.500 chilometri da casa, miglio più miglio meno. Nel farlo, ha spaventato ogni mamma e papà francese ipotizzando un “utilizzo dell’esercito terrestre”; in pratica militari transalpini pronti a sparare contro i russi.
Dietro una certa politica le parole e le dichiarazioni non sono mai pronunciate a caso: analisti di un certo spessore sostengono che la mossa di Macron va letta soprattutto come un tentativo di affermare il proprio ruolo da capofila in un invisibile braccio di ferro con i cugini tedeschi, che invece su un intervento diretto (in termini di uomini e vessilli) a supporto dell’Ucraina ci vanno molto, molto cauti. Il tutto evidenziando una frammentarietà comunitaria che andrebbe risolta rafforzando l’Europa nella sua autonomia e nelle sue strutture centrali, con una sola diplomazia e un solo esercito, come chiedono diversi esponenti del fronte europeista tra gli Stati membri.
In questa situazione complessa, dove ognuno gioca con arguzia la sua partita e dove la paura di un’escalation su larga scala del conflitto Ovest contro Est la fa da padrona, l’Italia che fa? O meglio: la politica italiana che fa?
Non ci crederete mai: cita la carne sintetica.
Ebbene sì. L’ex ministro dell’Interno, ex vicepremier e leader di una delle più importanti forze politiche del Paese (almeno dal punto di vista numerico) ha avuto l’ardire, la costanza, la mancata vergogna di sostenere che le parole di Emmanuel Macron siano dettate dal fatto che il presidente francese consumi carne sintetica. Matteo Salvini, in un’estasi di consenso spiccio, non solo perpetra ancora l’errore di chiamare sintetica la carne coltivata, ma riesce a giocare con le ansie di guerra per raccattare qualche voto tra quelli non si godono le bistecche se non provengono da mucche sgozzate. A seguire, auspici vaghi e inconsistenti sul 2024 come “anno di pace” e il solito silenzio imbarazzato sul presidente russo.
Imbarazzato, perché? Vladimir Putin è un personaggio che sarebbe eufemistico definire “controverso”, che ha nel male e nel meno male da circa 24 anni in mano il destino della Madre Russia, e che ha esercitato una certa influenza e fascinazione sui nostri leader politici. In questi lunghi anni fatti di denunciate violazioni dei diritti umani, oppositori scomparsi dai radar in modi preoccupanti (sempre per usare eufemismi), aperture verso l’Occidente e chiusure verso l’Occidente, è emerso a suo favore un culto della personalità che ha permesso di registrare per l’ennesima volta percentuali da primatista assoluto nelle scorse ore alle urne – ben più dei kalashnikov.
Del resto, quando si parlava di culto della persona, dello stesso Salvini – da anni uno degli uomini più emblematici del panorama politico nazionale – non possiamo dimenticare le foto con le maglie (quelle sì che erano sintetiche) con stampate le foto del presidente russo. Finanche riuscendo a farsi tirare dietro risate dagli stessi ucraini, che a differenza nostra non hanno la memoria così corta. E come dimenticare il celebre: “Darei due Mattarella per mezzo Putin”? Un leitmotiv a cui il segretario della Lega – che pure a causa della Russia qualche motivo per preoccuparsi l’ha avuto – sembra voler tornare già in queste ore con alcune uscite del tipo “quando un popolo vota ha sempre ragione”, dello stesso segno, ma più caute, più imbarazzate, appunto. Compagno Salvini.
Non è l’unico ad aver pubblicamente lodato l’opera dell’erede degli Zar come se parlassimo oltre ogni ragionevole dubbio di libere elezioni. Lo ha fatto finanche la Presidente del Consiglio non più di sei anni fa, quando Presidente del Consiglio non era, ma nel congratularsi con Putin su Facebook scriveva (18 marzo 2018): “La volontà del popolo in queste elezioni russe appare inequivocabile”. Chissà se Giorgia Meloni userebbe ancora oggi il termine “volontà del popolo” sapendo quel che ora sanno tutti della storia di Aleksej Navalny, che in quelle elezioni avrebbe dovuto essere il principale oppositore di Putin, ma non ha potuto parteciparvi. E non potrà partecipare nemmeno alle prossime dopo la “morte improvvisa” mentre era detenuto in Siberia, morte che Putin liquida proprio in queste ore – dopo aver incassato l’88% alle urne – etichettandola come “triste evento”.
Volendo quindi sintetizzare: sull’orlo della terza guerra mondiale, con il conflitto che potrebbe iniziare molto vicino casa nostra, mentre i nostri alleati europei stanno sul pezzo tutelando diritti e propri personali interessi, da noi quelli che mitizzavano l’uomo forte delle steppe siberiane, tra meme e leggenda, riescono a pensare alla carne sintetica come se non avessero idea di quello che è successo negli ultimi quarant’anni. Al più, sono capaci di fare propaganda politica vestendosi da fanboy. Berlusconi, che Putin lo invitava a villa Certosa per mostrargli la sua collezione di farfalle, e che con l’ex comunista (vero, non quello dei suoi ritornelli a reti unificate) si faceva fotografare indossando bandane mentre l’ex KGB se ne andava girando a torso nudo, sembra addirittura preferibile agli interpreti di oggi.
Ma in tutto questo, come vengono percepiti il conflitto, il rischio di escalation e i giochi di posizione della politica internazionale dai cittadini italiani?
Occorre ricordarlo: il conflitto russo-ucraino non nasce il 24 febbraio 2022 a causa di un capriccio del presidente Putin che, svegliatosi con la luna storta, decide di spostare le sue truppe all’interno dei confini nemici come giocasse a Risiko; anche se agli italiani è parso così. Nell’Europa che si dice in pace da anni (diciamo dagli anni dei fucili nei Balcani, dai) mai del tutto è stata soffocata quella latente tensione tra i due Paesi, con climax di preoccupante violenza che sono poi sfociati nella guerra che attualmente abbiamo alle porte di casa (come Europa comunitaria, perché se parliamo di Europa geografica la guerra già l’abbiamo tra le pareti di casa).
L’impressione dell’italiano, che tale guerra se l’è vista piovere da un giorno all’altro sugli organi di informazione, si deve a due fattori: una generazione o due (tra cui i Millennial) che non hanno gli strumenti scolastici per decifrare la storia recente (ma in compenso ricordano faraoni e guerre puniche, che negli striminziti programmi ministeriali trovano sempre e ripetutamente il loro spazio), e le pagine degli esteri – soprattutto delle tv di Stato e non – che per anni hanno dedicato colonne su colonne ai bizzarri cappellini della compianta regina Elisabetta.
Un interesse, quello per la famiglia reale inglese, che andrebbe indagato. Pier Luca Santoro, di Datamediahub, quando sono iniziati a emergere dubbi sullo stato di salute di Kate Middleton, ha messo a paragone le prime pagine dei nostri quotidiani nazionali con quelli stranieri. Siamo stati gli unici al mondo a dedicare spazio in prima pagina alla famiglia reale inglese. Neanche i tabloid inglesi sono arrivati a tanto.
Leggendola in questa chiave, se per gli italiani il linguaggio della politica internazionale è incentrato su gossip e pettegolezzo, allora forse le dichiarazioni di Salvini hanno trovato una spiegazione.
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