Anche i giovani muoiono sul lavoro: abolire i PCTO sarebbe davvero la soluzione? L’opinione del direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro Bruno Giordano e dell’esperto di sicurezza Valerio Forti.
Tito Boeri: “Ma quale Ispettorato? Degli incidenti sul lavoro doveva occuparsi l’INPS”
L’ex presidente dell’INPS, intervistato da SenzaFiltro, critico sull’Ispettorato nazionale del lavoro: “Struttura farraginosa a cui mancano i dati. E gli ispettori lavorano male”.
Quella delle morti sul lavoro è una lenta ma inesorabile strage che si ripete costantemente di cui ancora oggi non si trovano le responsabilità. Sembra la mano invisibile del teorico del liberismo Adam Smith, quella che regolava i mercati; però qui purtroppo il dio mercato tanto amato dai liberisti non regola soltanto la domanda e l’offerta, ma anche i morti. E già questa riflessione ci dice che non si tratta di incidenti, ma di qualcosa che sta dentro il sistema industriale.
Mentre scriviamo i bollettini di guerra dal fronte del lavoro indicano altri morti, altre famiglie decapitate di un padre o di una madre. E sui quotidiani avremo un’altra valanga di retorica, su quello che si poteva fare e che non si è fatto. Il governo dirà che bisogna mettere mano alla legislazione, gli imprenditori che si è trattato di infortunio, ma poi tutto continuerà come prima. Una retorica che dura il tempo di esaurimento delle notizie di morte, che entreranno nelle statistiche, senza preoccuparsi più di tanto di quello che accade alle famiglie colpite da una strage che continua imperterrita, senza che se ne veda la fine.
Per i direttori di giornali la morte sui luoghi di lavoro diventa notizia soltanto quando la frequenza di queste tragedie si alza visibilmente. La routine, invece, è relegata alle pagine di cronaca o di economia, come se un morto sul lavoro fosse uguale a un titolo di Borsa che crolla.
Difficilmente ci si interroga sulle vere responsabilità di queste morti, perché tutto avviene appunto attraverso una mano invisibile, che in nome del mercato e del risparmio sui costi di produzione ritarda il controllo di un macchinario o di un’impalcatura. Evita di dedicare una parte importante degli investimenti alla sicurezza, che non dovrebbe essere contabilizzata tra i costi, bensì tra gli investimenti. Ma non è così: come è avvenuto per il crollo del ponte Morandi fin quando non si arriva alla tragedia si continua nell’incuria. Poi si vedrà, intanto una parte del profitto è preservata.
Anche il Governo Draghi si è accodato alle dichiarazioni un po’ retoriche di sconcerto per le recenti morti sul lavoro, promettendo di mettere mano ai controlli e alla legislazione vigente. Non c’è da essere ottimisti, se si guarda ai governi precedenti e se si pensa al fatto che nei programmi di rinascita post pandemica non c’è uno straccio di proposta per uscire dall’incubo decennale.
Tito Boeri: “L’ispettorato del lavoro è un mostro burocratico a cui mancano i dati”
Abbiamo chiesto a Tito Boeri, docente di Economia del Lavoro alla Bocconi di Milano (e autore, tra l’altro, di un prossimo libro sui vaccini) di dirci la sua su questo tema così drammatico. Tito Boeri è stato anche presidente dell’INPS, e da quella postazione ha avuto a che fare da diversi punti di vista con la tragedia delle morti sul lavoro. In questa intervista qualche idea c’è, in materia di prevenzione e controlli. Per esempio su come controllare tutta la catena di appalti e subappalti.
Bruno Giordano, magistrato in Cassazione e da pochi mesi Direttore Generale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, parla di omicidi, non di infortuni. Ma chi sono gli assassini, chi sono i responsabili di questa tragedia che si presenta puntuale da decenni?
Intanto vorrei ricordare che in Italia abbiamo un numero di incidenti superiore alla media europea: 2,5%di incidenti mortali ogni 100.000 lavoratori, contro una media europea dell’1,9%. È un fenomeno allarmante che non si spiega, come molti sostengono, con la forte presenza nel tessuto produttivo italiano del settore manifatturiero o con il fatto che tra gli incidenti sul lavoro vengono contati anche gli incidenti in auto di coloro che si recano sul posto di lavoro.
E allora come si spiega? Dobbiamo accontentarci della retorica che scatta puntuale dopo che il notiziario ci racconta della morte del giorno?
Credo che la cosa più grave sia la mancanza di controlli. In Italia ci sono pochi ispettori e mal organizzati. Ma ti dirò di più: nel 2015 hanno istituito l’Ispettorato nazionale del lavoro, che io non esiterei a definire un mostro burocratico, un fallimento annunciato. Hanno deciso di mettere assieme in un’unica struttura l’INPS, l’INAIL e il Ministero, con il risultato di ottenere una struttura di difficile gestione, senza una base informativa adeguata sulle condizioni di lavoro, sull’obsolescenza di macchinari o su altri fenomeni che potrebbero influire sulle cause degli incidenti. All’ispettorato mancano i dati, e senza un’analisi minuziosa sulle condizioni di lavoro del nostro tessuto industriale fatto di piccole imprese non si possono prevenire gli incidenti, si è costretti a muoversi ex post. Guarda che questa non è una cosa di poco conto; io francamente sono stanco di sentir dire, dopo l’ennesimo incidente, “adesso dobbiamo fare qualcosa”. La prevenzione è possibile, ma ci vogliono i controlli, e per fare i controlli ci vogliono i dati. Si sarebbe dovuto affidare il controllo a un organismo in possesso dei dati e delle informazioni necessarie. L’INPS ad esempio è in possesso di dati sull’irregolarità contributiva, che spesso è strettamente intrecciata con la violazione delle norme sulla sicurezza, ma si è preferito creare una struttura troppo farraginosa.
E le imprese quanto sono responsabili di questa tragedia annunciata?
Nelle imprese ci sono gravi ritardi sul tema della sicurezza. La mancata formazione dei lavoratori, soprattutto di quelli con contratti temporanei, accentua le conseguenze di questi ritardi. Ma torno a ripetere che il problema principale risiede nei mancati controlli su un tessuto imprenditoriale fatto di piccole e piccolissime imprese. Pensiamo all’edilizia: viene pompata da decenni come se fosse il principale volano dell’economia, ma il settore edile è il luogo dove gli incidenti sono maggiori. E poi c’è il tema dei subappalti, che come è noto sfuggono ai controlli. A mio parere una proposta molto concreta potrebbe essere quella di rendere responsabili le imprese appaltanti non soltanto per sé, ma per tutta la catena del subappalto. Vorrei fare un esempio: quando ero presidente dell’INPS avevamo introdotto sperimentalmente il DURC appalti, con cui si valutava la regolarità contributiva delle imprese, comprese quelle che partecipavano ai subappalti. Questo criterio di valutazione e controllo si dovrebbe e si potrebbe allargare anche alla regolarità infortunistica, estendendolo a tutta la catena di subappalti. Ma torniamo al punto iniziale: per fare questo i controlli devono essere più frequenti, più efficienti, e i controllori devono essere in possesso di dati. La legislazione c’è e i requisiti sono piuttosto stringenti. Purtroppo gli ispettori sono pochi e lavorano male.
L’articolo prende spunto dal JobX di Bruno Giordano “Quando c’è la salute c’è tutto”, che puoi seguire cliccando qui.
Photo credits: abruzzo24ore.tv
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