Salvatore Lauro, storico armatore di Napoli e fondatore di Alilauro Group, racconta come l’emergenza Covid ha cambiato la faccia del turismo di navigazione e delle persone che lavorano nell’indotto.
Nel turismo di Firenze non c’è più la media stagione
Nel 2023 il capoluogo toscano torna a riempirsi di turisti, ma la città è davvero per tutte le tasche? I rincari dell’ultimo anno lascerebbero intendere di no: a parte due mesi, è alta stagione tutto l’anno. Dormire e mangiare all’ombra del David non è mai stato più costoso
Fine giugno. Via de’ Neri è invasa dai foodie di tutto il mondo in coda per assaggiare la schiacciata fumante dell’Antico Vinaio, non prima di averla postata sul proprio profilo social. Una scena alla quale i fiorentini si erano disabituati durante il 2020 e nel biennio successivo.
Il 2019 era stato un anno strepitoso: 5.372.412 arrivi e 15.840.756 presenze nella città metropolitana. Solo nel Comune di Firenze 4.025.355 arrivi, quasi 3 milioni stranieri. Numeri che avevano fatto esplodere il “fenomeno Airbnb”: se nel 2019 in città si contavano 1.544 strutture extra-alberghiere – che in realtà includono ostelli, B&B, affittacamere non professionali, etc. – l’anno successivo se ne registravano 6.738. Dopo due anni sarebbero tornate a essere poco meno di 1.500.
Il 2020 è stato un anno da dimenticare. Il 2021 non è andato meglio. Al contrario di altre zone d’Italia i flussi turistici restano inferiori ai valori abituali, complice l’assenza del mercato americano, da sempre il più rilevante nell’economia fiorentina, e tutto il segmento asiatico. Alla fine dell’anno gli arrivi nel Comune di Firenze sono 1.422.593. Persino il 2022 è iniziato con molte incertezze – ricordiamo l’ondata di COVID-19 in Italia fra dicembre 2021 e gennaio 2022 – con i primi tre mesi sotto tono, per proseguire con una lenta ripresa e un’impennata a fine ottobre, complici le temperature quasi estive.
Nel 2023 finalmente la ripresa. Secondo il Centro Studi Turistici i primi cinque mesi dell’anno segnano un +44% di turisti rispetto al 2022. Che la città sia straripante di turisti è sotto gli occhi di tutti. Eppure Firenze non è una destinazione economica: nel momento in cui esce questo articolo dormire in un tre stelle costa oltre 200 euro.
Dormire a Firenze costa più di 200 euro a notte: prezzi su, è alta stagione quasi tutto l’anno
A metà giugno abbiamo simulato una ricerca su Booking.com per una notte nella data di sabato 1 luglio. Delle 324 strutture disponibili, soltanto una sistemazione era inferiore ai 100 euro: la Foresteria Valdese. Medesima situazione ad agosto, quando il 90% delle strutture disponibili ha un prezzo sopra i 200 euro a notte.
Non si creda che tali tariffe siano per via dell’alta stagione. Invito i lettori a fare una ricerca in un qualsiasi periodo per constatare che ormai la bassa stagione a Firenze occupa sì e no due mesi, febbraio e novembre (escluso il ponte dei morti), nei quali si può dormire nella bella Florentia con poco più di 100 euro a notte. Sparita del tutto la media stagione, la città è presa d’assalto tutto l’anno, con picchi durante i ponti di primavera e in giugno, quando le migliaia di partecipanti ad alcuni eventi (Pitti Uomo, Firenze Rocks) si uniscono alle tradizionali folle dei turisti.
Firenze è sempre stata una città cara, tuttavia si nota l’aumento delle tariffe rispetto agli anni precedenti. Ma di quanto? Difficile stabilirlo con certezza, dal momento che le associazioni di categoria interpellate sono caute e tendono a indicare come valore “certificato” un aumento dei prezzi intorno al +10%, pur ammettendo punte del 20% nelle location più centrali.
Di opinione contraria sono invece alcuni revenue manager, secondo i quali le percentuali di incremento si aggirerebbero intorno al +40-50%.
Gli aumenti di bollette e materie prime hanno provocato un diffuso rialzo dei prezzi, che ha intaccato tutta la filiera. A parere di alcuni interlocutori, si è aggiunto un generico senso di “rivalsa” per i due anni di mancati ricavi. La verità è che il prezzo lo fa il mercato e se c’è domanda, l’offerta si adegua. A fronte di un tasso di occupazione che da marzo a ottobre non è mai inferiore all’80-85%, i prezzi possono impennarsi senza ritegno. La città del David ha un’attrattiva magnetica che attraversa gli oceani, al sesto posto tra “le 25 città da visitare al mondo” secondo Travel and Leisure, nonché “unmissable place in Italy” secondo Lonely Planet. La clientela americana che vive il soggiorno fiorentino come il viaggio della vita non ha problemi a pagare tali cifre.
Diverso il mercato italiano, che comincia a manifestare i primi segnali di rallentamento.
Fiorentine salatissime: rincari fino al 30% nella ristorazione, mangiare una pizza costa 33 euro
Nell’aumento delle spese del turista incide anche la parte gastronomica, soprattutto in una città che ha fatto del cibo uno dei suoi cavalli di battaglia, al punto tale che ben prima della pandemia l’amministrazione comunale aveva approvato un regolamento Unesco per impedire nuove aperture.
Il rincaro delle forniture elettriche, delle materie prime e degli affitti – la gran parte dei ristoratori non ha la proprietà del fondo – ha causato incrementi variabili fra il 10% e il 30% a seconda del settore e della posizione. Chi ha la fortuna di lavorare in centro può permettersi ritocchi maggiori.
Concedersi la famosa bistecca alla fiorentina può costare 70/80 euro al chilo se la carne è una “banale” scottona, 85 euro se di razza Chianina e oltre i 100 euro al Kg se Wagyu. Quel che stupisce sono i prezzi dei cosiddetti piatti poveri: la pappa al pomodoro 12 euro, la ribollita 14 euro, una bruschetta con pomodoro e basilico 8 euro.
C’è chi è arrivato a eliminare alcuni piatti dal menù, come ci ha raccontato Gianluca “Bobo” Giordano dell’Antica Trattoria da Tito 1913, perché non se la sente di proporre un ossobuco a un prezzo elevato. In un contesto in cui alcuni fornitori di carni hanno aumentato i prezzi fino al 40% può rivelarsi strategico capire quali piatti tenere in carta.
Una delle categorie che ha subito maggiori rincari è quella delle pizzerie: se prima mangiare una pizza a Firenze poteva costare 25 euro, ora ci vogliono in media 33 euro. Anche se ci sono ristoratori che hanno deciso di limitare gli aumenti, contrattando con i fornitori e ripartendo i costi su altre voci.
Il girone dell’hotellerie. Lavoratori sottopagati e servizi approssimativi
Chiudiamo l’articolo con una riflessione. Si parla molto di mancanza di personale nel turismo e di giovani che non hanno voglia di lavorare. La pandemia ha portato le persone a rivalutare le priorità. Forse sarebbe giusto “ridare valore e dignità a questo lavoro”, come sostiene Aldo Cursano, presidente di ConfCommercio Firenze.
Ma forse incide anche la componente economica. L’aumento dei prezzi in hotel e ristoranti non pare aver visto un adeguamento delle condizioni salariali; né il contratto nazionale del lavoro mostra di essere al passo coi tempi, o di tener conto dell’inflazione. Tralasciando il mondo del lavoro sommerso, che riguarda per fortuna solo una parte degli operatori, e non gli imprenditori che gestiscono attività in modo professionale e assumono con contratti regolari, la realtà dei fatti è che la paga proposta è intorno ai 10 euro l’ora, per un lavoro che di base è sacrificio.
Ancor più delicata la situazione nell’hotellerie. L’house-keeping, quando dato in outsourcing, raramente prevede contratti equi. Negli ultimi vent’anni il comparto delle pulizie in hotel è in mano alle cooperative, dove pullulano le cattive pratiche, come contratti a 20 ore che si rivelano tali soltanto sulla carta, dal momento che è arduo riuscire a rifare una camera nei 20 minuti stimati, costringendo le cameriere ai piani a “tirar via” o a sforare le ore previste dal contratto. Le ore extra a volte non vengono retribuite, quasi fosse colpa loro se non riescono a concludere nel tempo previsto, e quando lo sono non rientrano in busta paga, né tantomeno nel conteggio dei contributi. In ogni caso la tariffa oraria si aggira sui 7.18 euro lordi l’ora, non prevedendo maggiorazioni per turni festivi o notturni.
Difficile farsi un grande stipendio a queste condizioni, nonostante le tante ore lavorate. Senza menzionare i contratti a chiamata che obbligano a cercarsi altre occupazioni nei mesi invernali.
Risultato? Dopo la prima busta paga molte ragazze mollano. Il turnover continuo non giova alla qualità del servizio erogato. Possono capitare situazioni paradossali, con camere di hotel 4 o 5 stelle fatte da persone prive di esperienza, o peggio ancora da personale interno all’albergo che ricopre un altro ruolo (facchino, receptionist, manutentore).
L’Italia era la patria della cultura dell’ospitalità, e ora rischia di perdere la capacità di accogliere i clienti al meglio.
Photo credits: italymagazine.com
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