Questa realtà si interseca con le dinamiche occupazionali del territorio marchigiano, dove le previsioni del sistema informativo Excelsior per il quinquennio 2024-2028 delineano un fabbisogno di circa 85.000 unità, di cui solo 7.000 nuove posizioni, mentre 78.000 saranno destinati al ricambio generazionale.
“Alle varie crisi non corrisponde una riqualificazione dei lavoratori perché siano pronti sul mercato del lavoro,” sottolinea Gravina. “Questo è uno scotto che paghiamo in tutte le Marche, quindi tutte le aree interne sono in forte difficoltà”.
La trasformazione industriale si riflette nella composizione della domanda di lavoro regionale: il 37% del fabbisogno riguarderà dirigenti specialisti e tecnici, il 32% sarà destinato a impiegati e professioni commerciali e dei servizi, mentre operai specializzati e conduttori di impianti rappresenteranno solo il 24 % della domanda. Si evidenzia anche un forte skill mismatch: il 34,6% del fabbisogno richiederà una formazione universitaria, mentre il 54,2% necessiterà di una formazione secondaria di secondo grado.
“Non c’è alternativa al modello manifatturiero, al momento,” ribadisce Gravina, “bisogna avere politiche lungimiranti, essere accoglienti, ci vogliono infrastrutture fisiche e tecnologiche. Ci vogliono i tempi, ma bisogna trovare un sistema per dare risposta a questi lavoratori, se no non resta che trovare altro da altre parti. Si ritorna un po’ alla vecchia migrazione degli anni Quaranta, perché solo il paesaggio e la qualità della vita garantiti dai territori interni non bastano”.
La situazione è particolarmente critica per i lavoratori più anziani: “Uno che ha una certa età ha fatto sempre lo stesso lavoro; non ci sono più grandi aziende in grado di assorbire le eccedenze di manodopera. Tutti parlano di ripopolare le aree interne, ma se non si porta lavoro di qualità questa grande missione diventa impossibile. Bisogna che si attuino politiche vere a tutti livelli, investendo risorse importanti per dare opportunità alla manodopera qualificata di avere un ruolo decisivo all’interno delle aziende. Per questo come sindacato abbiamo avanzato una proposta di legge che favorisca la partecipazione dei lavoratori, in modo da risolvere tutti insieme i problemi delle aziende”.
Con 16 acquisizioni completate negli ultimi quattro anni, Fedrigoni si dimostra un gruppo consolidato a livello internazionale, capace di puntare su segmenti di mercato ad alto valore aggiunto e sulla diversificazione produttiva per aree geografiche. Eppure, a Fabriano ha deciso di chiudere. La sfida per le Marche passa proprio da qui: trovare le risorse per preservarsi un tessuto sociale e industriale, in un equilibrio difficile tra capitali internazionali e sviluppo territoriale sostenibile.
L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.
Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro.
Sottoscrivi SenzaFiltro
Photo credits: centropagina.it