Agenzie viaggi: dal 2020 vendono l’Italia agli italiani

Un anno e mezzo di crisi ha costretto gli operatori turistici di tutto il mondo a fare i conti con il loro mercato domestico. Un’istantanea della situazione italiana.

“Il 2019 era stato un anno molto significativo, perché il turismo era diventato per tutti. C’era moltissima offerta e di conseguenza anche i prezzi erano più accessibili. Ma dopo la pandemia nulla tornerà come prima”.

Parla con convinzione Catia Ballotta, consulente e programmatrice per Cartorange, che, nata come agenzia viaggi di consulenti per viaggiare, da otto anni è anche tour operator. Catia si aspetta un’estate simile a quella dell’anno scorso, però a differenza del 2020 i consulenti di viaggio hanno avuto più tempo per prepararsi alla seconda stagione anomala. La pandemia ha stravolto il loro lavoro. Non sono solo cambiate le mete, sono cambiate le procedure, le esigenze e le paure del viaggiatore, che oggi ha bisogno molto più di prima di assicurazioni e rassicurazioni.

Catia Ballotta durante un corso di formazione

“Un petrolio che non sappiamo raffinare”: la supponenza dell’Italia sul turismo

“Nel 2019 – mi spiega Catia Ballotta – avevamo come destinazioni principali il Giappone, l’Africa Australe, l’Indocina, l’Indonesia, il Perù, l’Australia e la Nuova Zelanda. Non siamo mai stati un tour operator generalista, ma eravamo specializzati su alcune destinazioni con itinerari esperienziali. Ovviamente la pandemia ci ha resettato, e nel 2020 nel giro di due mesi abbiamo creato ex novo una programmazione sull’Italia, cosa complessa perché lavorare con i fornitori italiani è difficile, più difficile che lavorare con quelli stranieri. Anche se parli la stessa lingua.”

Non mi aspettavo una dichiarazione di questo tipo. Immaginavo che di fronte a una situazione di difficoltà globale ci fosse grande disponibilità di aziende e fornitori a adattarsi pur di lavorare, ma sia Catia di Cartorange che Sylvie Scala, formatore e consulente di web marketing turistico che è anche formatrice per Artes Incoming Tour Operator (che ho raggiunto telefonicamente dopo aver incontrato Catia), mi confermano che le logiche del turismo sono molto stratificate e non sempre c’è capacità di adattamento, anche perché gli italiani in questo campo hanno sempre vissuto di rendita.

“Disponiamo – dichiara Sylvie Scala – di un petrolio che non sappiamo estrarre, raffinare e vendere. Negli anni Settanta eravamo i primi nelle classifiche dell’OMT (l’Organizzazione Mondiale del Turismo) per numero di visitatori all’anno, ma nel tempo siamo stati preceduti da Spagna, Francia, Stati Uniti e Cina. L’Italia è la meta più ricercata e desiderata al mondo, secondo una ricerca del Tour Operator inglese Travel Supermarket; in pratica siamo al primo posto nei desideri di tutti, ma questo desiderio non si traduce in numeri perché l’offerta non è adeguata alla domanda”.

La domanda, secondo Sylvie, è forte a livello di turismo esperienziale, che non è semplicemente una moda, ma una modalità di viaggio che richiede un salto di paradigma da “cosa mi offri” a “come mi fai sentire”. “È un turismo lento che chiede relazioni e reciprocità, e chi lo pratica desidera essere a stretto contatto con il territorio e la gente del posto”.

Il turismo e la scomparsa del last minute

Il cambio di paradigma è sicuramente importante, ma secondo Catia di Cartorange oggi serve anche un adeguamento dei prezzi.

“I fornitori italiani sono abituati a lavorare molto bene con gli stranieri, e quindi con un prezzo diverso. Americani e australiani hanno evidentemente disponibilità più alte e chiedono anche esperienze diverse. Fare la pizza a Napoli funziona con il turista americano, ma non possiamo pensare di proporlo al cliente italiano. E l’adeguamento non è semplice, né dal lato prezzi, né dal lato esperienze. Il lavoro di questo ultimo periodo è stato enorme, in due mesi abbiamo messo in piedi una programmazione che normalmente avrebbe richiesto un anno, lavorando di più su Sicilia e Sardegna, un po’ meno su altre regioni.”

“Sono cambiate le modalità, il last minute non esiste più a nessun livello e devi programmare tutto, dal tavolo per l’aperitivo alla gita in cantina, ma non è semplice perché il cliente è portato a pensare ‘vabbè siamo in Italia, prenoto in un attimo’; ma non è così. La Valle dei Templi o la gita in barca a Favignana vanno programmate con anticipo, anche perché la maggior parte degli italiani, anche questa estate, resterà in Italia e le logiche sono complesse, l’offerta di voli è ancora limitata e i costi sono rapportati all’offerta. Poi c’è la sensazione di precarietà: hai paura di ammalarti mentre sei in ferie e anche tutte queste dinamiche vanno tenute in considerazione, compresa l’eventuale quarantena di ritorno. Bisogna fare i conti con l’incertezza generale. Alcuni hotel, ad esempio, non hanno ancora una data certa di riapertura; altri forse non riapriranno.”

L’Italia orfana del turismo specializzato: quante occasioni perse

Anche Sylvie Scala conferma che la pandemia provocherà inevitabilmente uno snellimento della concorrenza.

“Solo la specializzazione potrà segnare la ripartenza futura, almeno per l’incoming degli stranieri. La storia ci insegna che dalle macerie risale il più forte: qualcuno non sopravviverà, qualcuno si dovrà reinventare. Non possiamo più puntare solo sul Colosseo e su piazza San Marco, bisogna individuare le passioni dei turisti, le nicchie che a livello globale smuovono migliaia di persone, e posizionarsi su tematismi, passioni, relazioni.”

Sylvie Scala, formatore e consulente di web marketing turistico

Sylvie Scala è molto chiara nell’esporre cosa serve all’Italia per fare il salto di qualità. “A noi manca un turismo specializzato, organizzato in modo professionale, perché non sappiamo che cosa desiderano gli stranieri e lasciamo questi spazi ad altri Paesi. Poi le diatribe legate alle deleghe del potere legislativo ed esecutivo in materia di turismo, che vanno avanti dagli anni Settanta, tra Stato e regioni, tra regioni e province, tra province e comuni, sicuramente non aiutano. Non abbiamo un ministero dedicato soltanto al turismo, il settore non è trattato in maniera industriale, ma il nostro territorio lo meriterebbe perché è estremamente variegato e necessita di grande specializzazione”.

“Ad esempio, un comparto del settore molto penalizzato è quello delle agenzie di viaggio, che non si sono adeguate agli standard internazionali e ai veloci mutamenti del mercato turistico. A New York non c’è la quantità di agenzie su strada che vediamo in Italia. All’estero ci sono i consulenti di viaggio specializzati in una nicchia, un target o una destinazione che lavorano tantissimo online. Le agenzie viaggi generaliste sono in una posizione di difficoltà già da diversi anni, e saranno costrette a reinventarsi e a stare al passo con quanto richiesto dal cambiamento nelle abitudini di viaggio dei turisti.”

Alessandro Seghi, Alpitour: “Noi tour operator stiamo andando incontro alle agenzie viaggi”

Le agenzie sono in effetti quelle che forse hanno sofferto più di tutti la pandemia e per questo chiedo anche l’intervento di Alessandro Seghi, direttore commerciale Trade presso Alpitour World S.p.A., che storicamente lavora tantissimo con le agenzie di viaggio. Per il tour operator i principali fornitori sono infatti le catene di alberghi, i vettori aerei e le agenzie di viaggio.

Alessandro Seghi, direttore commerciale Trade presso Alpitour World S.p.A

“Abbiamo tenuto vivi i rapporti con tutti durante la pandemia – spiega Seghi – e nella maggior parte dei casi i fornitori sono gli stessi di due anni fa, perché le aziende a cui ci appoggiamo hanno una struttura solida. Per quanto riguarda gli alberghi le tempistiche sono ancora incerte: apriranno, ma le date non sono ancora definite con precisione. Per i vettori aerei sappiamo che c’è una grande capacità latente e stanno già studiando tutte le direttrici che con il tempo si andranno a riaprire. Sul fronte voli siamo tranquilli perché possiamo contare su una società del gruppo (la Neos) che quest’anno ha allargato e rinnovato la flotta, ed è già pronta a ridisegnare gli accordi e le rotte.”

“Per agevolare le agenzie abbiamo promosso diverse iniziative, proprio alla luce del fatto che sono forse le imprese più snelle e meno strutturate, ma anche quelle che hanno sofferto di più il periodo storico. Ad esempio oggi non devono versare acconti per le pratiche e possono tenere in casa quelle risorse che gli servono per la loro gestione operativa. Abbiamo inserito assicurazioni, che normalmente sono a pagamento, in maniera gratuita all’interno dei pacchetti, compreso il contributo per l’effettuazione di tamponi richiesti per raggiungere certe mete. Abbiamo tenuto agganciate le agenzie non soltanto sulla questione procedure, ma anche con la formazione. Sono aziende di stampo famigliare, e speriamo che abbiano la possibilità di rimettersi in pista abbastanza velocemente.”

L’onda lunga di una crisi senza precedenti: “Stiamo già ragionando sul Natale 2022”

Il turismo aveva già affrontato diverse crisi, dalle torri gemelle alle primavere arabe, ma tutte circoscritte nel territorio e soprattutto limitate nel tempo. Oggi vive una condizione completamente nuova.

“È vero”, conclude Alessandro Seghi, “abbiamo già vissuto altre crisi, ma non lunghe un anno e mezzo. Ci siamo trovati ad affrontare momenti di discontinuità sempre più frequenti e abbiamo reimpostato tutta la programmazione, la gestione dei prezzi e la comunicazione. Abbiamo affrontato la pandemia lavorando molto sul mare Italia e ora siamo molto concentrati su Baleari e Grecia; in sostanza seguiamo l’onda di quello che si può fare. Ma ci aspettiamo presto una ripartenza verso gli Stati Uniti. Le coppie e le famiglie stanno cercando di capire dove possono andare, c’è più fiducia anche grazie all’arrivo del green pass e in futuro ci saranno eventi internazionali che richiameranno grandi flussi.”

“Stiamo anche ragionando già sul Natale 2022; in pratica abbiamo un occhio concentrato su quello che accadrà il 15 di maggio e l’altro proiettato sul 2022. Il cambiamento è stato forte ma ha potenziato la reattività, la capacità di modificare in corsa.”

Le parole del direttore commerciale del Tour Operating del gruppo Alpitour mi riportano velocemente a quelle di Catia di Cartorange. “Noi abbiamo venduto l’Italia agli italiani, e questo è un segnale forte di come sta cambiando tutto il circuito”.

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