Caffè, tamponi, mascherine: si scrive “sospeso”, si legge “solidale”

La solidarietà in una tazza di caffè. Napoli ha fatto scuola, ispirando diverse iniziative solidali in Italia e nel mondo. E, in periodo di pandemia, si estendono anche a tamponi e mascherine.

L’arrivo della pandemia di COVID-19 ha costretto gli italiani a cambiare approccio alla vita e anche i confini della loro comfort zone. Le raccolte solidali di beni di prima necessità sono oggetto di cura di alcune associazioni; se ne parla in particolari periodi dell’anno, come le giornate mondiali dedicate a qualche causa, malattia o ricerca scientifica, Pasqua e soprattutto Natale, la ricorrenza più triste per chi non ha famiglia o di che sfamarsi.

La pandemia, però, ha sottolineato ancora di più questo disagio e questa sottrazione di benessere, l’assenza di un welfare che raccolga e sostenga le esigenze dei più deboli e di coloro che sono considerati gli ‘ultimi’ nella scala sociale. Così, dal Sud al Nord, si sono visti esempi di solidarietà che sono balzati alle cronache, e il tutto non poteva partire che da Napoli, dal panaro solidale del centro storico.

La Napoli del “panaro solidale” non lascia indietro nessuno

In primavera, l’artista di strada Angelo Picone (detto ‘O Capitano, noto a Napoli per il suo personaggio popolare ‘o Pazzariello), con Pina Andelora e anche con la cioccolateria Perzechella, da sempre impegnati nel centro storico sia artisticamente che socialmente, durante il lockdown calano da un palazzo del quartiere del chiostro di Santa Chiara ‘o panaro, ovvero la cesta o il cesto intrecciato che nei decenni passati serviva a commerciare, specialmente, nei vicoli, il pane: panarum era il suo nome in latino. Questa pratica, ad oggi, non è totalmente scomparsa nella città. In qualsiasi quartiere di Napoli non è strano, di tanto in tanto, vedere un panaro essere calato dai piani alti dei palazzi per raccogliere la spesa ordinata e pagare il garzone.

Il “panaro solidale” – Photo credits: https://www.panarosolidale.it/

La foto del panaro, in una Napoli apparentemente disabitata, ha fatto storia ed è diventata subito virale, raggiungendo anche i Quartieri Spagnoli, che hanno emulato l’iniziativa. Il suo motto, “Chi ha metta, chi non ha prenda”, non è una frase a caso, ma era quanto indicato all’ingresso della dimora del medico-santo Giuseppe Moscati, che spesso faceva studio per i più indigenti. L’iniziativa è stata non solo condivisa e rilanciata su web e social network, ma ha anche conquistato la celebre cantante Madonna, che sul suo profilo Instagram le ha dedicato un post.

A questo gesto non è mancato l’appello del sindaco de Magistris: “Donate, non lasciate nessuno indietro”. All’iniziativa è dedicato un sito con le immagini e la sua storia: https://www.panarosolidale.it/.

E così, nei quartieri dove non c’era panaro sono comparse le cassette solidali, ovvero ’e cascette suspis: le cassette della frutta esposte fuori ai negozi per fare la raccolta solidale della spesa sospesa, oppure gli scatoloni di cartone in assenza di altro tipo di contenitore.

Ma questa attenzione solidale affonda le sue origini nella tradizione della cultura napoletana. Quante volte al bar abbiamo chiesto un caffè per noi, ma ne abbiamo pagati due o più di due per offrirli ai nostri amici, conoscenti, ma anche sconosciuti e meno abbienti, quando ne avrebbero avuto voglia e sarebbero andati al bar di riferimento?

A Napoli accade sempre, da inizio 1900: è la tradizione e la buona pratica del caffè sospeso.

Le origini del caffè sospeso

Le radici di questa usanza sono state oggetto di ricerca sia di Riccardo Pazzaglia in Odore di Caffè, sia da Luciano De Crescenzo nel suo Il Caffè sospeso. Saggezza quotidiana in piccoli sorsi, in cui dal 1977 al 2007 raccoglie aneddoti, articoli e testimonianze in merito a questa usanza sociale in cui un cliente paga per un’altra persona che non conosce, e che potrà usufruirne nell’arco della giornata.

Tradizione nata nel quartiere Sanità alla fine dell’Ottocento, o cafè suspiso diventa più popolare con la Seconda guerra mondiale. Dava modo di offrire un caffè alla popolazione, un gesto umano di fratellanza a chi non se lo poteva permettere: così anche scugnizzi e uomini di miseria potevano iniziare al meglio la giornata, come coloro che l’avevano offerto. Un atto di buon augurio popolare.

La buona pratica è tornata in auge con i festeggiamenti del 160° anniversario del Gran Caffè Gambrinus, che l’ha voluta riportare all’attenzione dei suoi clienti perché una tazza di caffè non contiene solo acqua e caffeina ma anche i valori della solidarietà, comprensione e compassione verso il prossimo. Da qui, la proposta per un incontro “Ci prendiamo un caffè?” non significa solo incontrarsi ma anche e soprattutto un momento di socialità e condivisione.

“Lasciate tutti un caffè sospeso” è la raccomandazione di De Crescenzo prima della sua dipartita.

Non solo caffè: i beni e i servizi sospesi

Questo principio, che sta alla base della cultura valoriale dell’accoglienza e della socialità, ha fatto sì che nel tempo nascessero iniziative analoghe nelle altre regioni italiane.

Tra queste la “pizza sospesa”, la “baguette sospesa” e il “pane sospeso”, il “libro sospeso”. Lo stesso principio applicato a un bene alimentare o di diversa tipologia, che ha visto protagonisti non solo i negozianti napoletani, ma anche quelli di Pozzuoli, Ercolano, Pompei. Nel 2010 è nata la Rete del Caffè Sospeso, un progetto che ha poi visto la nascita di una Onlus che si occupa di progetti solidali sostenibili pagando online un sospeso.

Alla tradizione napoletana, adottata anche a Milano e in altre regioni, è stata dedicata anche una Giornata del Caffè Sospeso che cade il 10 dicembre; un’iniziativa nata nel 2011 grazie alla Rete del Caffè Sospeso e presa come modello dalla Onlus 1 Caffè, che la propone a scopo benefico e su base volontaria. Invece, il 1 ottobre si celebra la Giornata internazionale del caffè. Dopo l’arte della pizza, il caffè di Napoli è stato candidato a Patrimonio dell’Umanità Unesco.

Durante il ponte dell’Immacolata è stata lanciata l’iniziativa del “giocattolo sospeso”. Sul sito del Comune di Napoli si parla di seconda edizione e di mille giocattoli sospesi raccolti. L’iniziativa del “panettone sospeso” è dell’AISM, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, e della Comunità di Sant’Egidio. A Roma, nel quartiere Trieste-Salario, oltre al caffè c’è anche il “pasto sospeso”. E la solidarietà si è allargata anche alla toilette sospesa: “Consumo io, ma in bagno vai tu”.

Il caffè sospeso e il suo successo, oltre confine e oltreoceano

Un’antica tradizione napoletana che ha sempre fatto parlare di sé anche all’estero, in Europa come in Francia, oppure in Australia, Stati Uniti e Giappone, e non solo nel giro delle comunità italiane. Caffè, ma anche sandwich o altro, oltre confine come in Argentina, dove è diventata empanada pendiente.

Una tradizione popolare e culturale che esprime il carattere generoso della popolazione e che conquista il food blogger Corby Kummer, il quale dalle pagine del The Atlantic ha chiesto a Starbucks di proporre l’adozione della stessa usanza e di invitare i propri clienti a lasciare il caffè sospeso. Anche dalle colonne del New York Times gli americani si complimentano con i napoletani per questo uso e costume di accoglienza verso gli sconosciuti.

Nel 2017 il “Caffè Sospeso” è anche un documentario di Fulvio Iannucci e Roly Santos girato tra Napoli, New York e Buenos Aires.

Il tampone sospeso e le mascherine solidali: “Un presidio di giustizia sociale”

A Napoli Est, alla Fondazione Famiglia di Maria O teng’ e to dong’ (“ce l’ho e te lo do”), il tampone solidale è stato ideato dall’associazione FAST, Farmacisti Attivi sul Territorio, e dalla Farmacia Centrale Ciamillo. Circa cinquanta persone sono state le prime a essere testate con il tampone orofaringeo rapido. L’iniziativa si allarga a tutto il territorio della sesta municipalità, Barra San Giovanni e Ponticelli.

Il tampone solidale – Napoli Est

“È una grande operazione che ci ha permesso di immettere il seme della prevenzione”, ha spiegato la presidente della Fondazione, Anna Riccardi. “Effettuare il tampone rapido (sottolineiamo che non si tratta di quello molecolare, che è l’unico che garantisce al 100% l’indagine dei positivi e dei negativi) ci consente di prenderci cura della salute di ognuno di noi, attraverso la tutela dei luoghi, degli spazi e degli ambienti che frequentiamo. E allora le famiglie della Fondazione che spesso, non abbiamo paura di dirlo, sono fragili economicamente e culturalmente, devono sempre sapere che qui possono trovare un presidio di giustizia sociale”. 

Sulla stessa scia, a San Giovanni a Teduccio, l’iniziativa delle mascherine solidali per i più bisognosi.

Photo credits: www.lakesideleader.com

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