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Candidati alle europee: l’identikit di un voto giusto per l’Italia
Durante il suo discorso di inaugurazione del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea (2 luglio 2003), l’allora presidente del consiglio Berlusconi fu protagonista di uno dei più famosi scazzi di cui il Parlamento Europeo abbia memoria. Nel corso di un’acida litigata col socialista Martin Schulz (passata alla storia per il famoso insulto kapò) Berlusconi si […]
Durante il suo discorso di inaugurazione del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea (2 luglio 2003), l’allora presidente del consiglio Berlusconi fu protagonista di uno dei più famosi scazzi di cui il Parlamento Europeo abbia memoria. Nel corso di un’acida litigata col socialista Martin Schulz (passata alla storia per il famoso insulto kapò) Berlusconi si rivolse ai deputati che lo stavano contestando tacciandoli di essere “turisti della democrazia”; al suo fianco il ministro degli esteri Fini si copriva la fronte con la mano per l’imbarazzo.
Berlusconi non intendeva fare un complimento; mai definizione è stata però più azzeccata per gli eurodeputati. È bene saperlo subito: il prossimo 26 maggio tutti noi saremo chiamati a scegliere una pattuglia di 73 turisti della democrazia per un lavoro molto complicato, del quale molti candidati spesso non hanno ben presente la vera mansione. Per il parlamentare europeo, infatti, la job description è molto diversa da quella del deputato o senatore italico: ci vuole gente con skill particolari, conoscenza delle lingue, disponibilità a lavorare in ambiente multiculturale con orari unsocial e lunghe trasferte all’estero. Lo stipendio è ottimo e anche i contributi sono generosi.
Scherzi a parte, al di là di come la pensiate politicamente, ecco qualche consiglio spicciolo per scegliere un candidato che possa fare l’interesse dell’Italia, o dell’Europa (se credete nell’ideale o nei suoi valori); che dia certezze riguardo il fatto che la sua retribuzione (alta) sia un buon investimento, e magari che non faccia fare brutta figura al nostro Paese.
L’identikit dei perfetti candidati alle europee
Trasferte: evitate gente che lascia in sospeso professioni o attività con interessi che richiedono la loro costante presenza in Italia. Ricordate al candidato che ogni lunedì mattina gli oltre settecento “dipendenti” della premiata ditta Parlamento Europeo devono spingere il trolley su per la scaletta di un aereo, destinazione Bruxelles. Per chi parte dalle grandi città, servite da voli diretti, il trasferimento è questione di ore. Per chi invece abita in regioni tagliate fuori dalle rotte principali si tratta di affrontare lunghe attese per aerei treni e taxi. Per questo i lavori parlamentari iniziano sempre nel tardo pomeriggio di lunedì (o martedì mattina) per finire il giovedì nella prima serata o venerdì a mezzogiorno. È un part time job? No, ma lo sembra per via degli spostamenti. Il vostro candidato/a lo sa? È disposto/a a farli? Occhio, perché lunga è la lista di ex eurodeputati assenteisti cronici, tra cui politici italiani oggi con ruoli da ministro. Quando si tratta di trasferte poi – qualsiasi capo del personale lo sa – anche l’età è una discriminante: assumereste un commesso viaggiatore di 75 anni?
La cosa si fa più curiosa quando, per una settimana al mese, l’Europarlamento si trasferisce dalla sede di Bruxelles a quella di Strasburgo, che in teoria è la principale. È qui che i nostri turisti della democrazia entrano nel loro Club Méd: la sede francese altro non è che un colossale residence dove ciascun europarlamentare ha a disposizione un monolocale standard con doccia, divano letto e armadio. A rafforzare l’impressione di essere entrati in un dormitorio, nelle edicole interne abbondano gli articoli tipici degli spacci di campeggi e ospedali: dentifrici, pettini, shampoo. Persino preservativi (ce ne sono anche con la classica bandiera blu dell’Unione): non a caso è qui dentro che moltissimi eurodeputati dormono i quattro giorni al mese durante la sessione plenaria, anche per risparmiare sui costi d’albergo. Il vostro candidato sa che l’ambiente di lavoro in trasferta è questo? Se pensa di fare la bella vita in hotel a cinque stelle con la sauna, è bene avvisarlo.
Lingue: quante ne parla il vostro candidato? Le conosce in maniera scolastica (all’italiana) o le padroneggia? Perché è vero che ci sono interpreti e traduttori dovunque, ma per socializzare e partecipare a riunioni riservate occorre sapere strabene l’inglese e il francese, e ogni idioma in più è una chiave che apre presidenze di commissioni e opportunità per chi – come un politico – è per definizione un animale da pubbliche relazioni.
Cambiare l’Europa? Sì, ma con tempo e lavoro. Sulla scorta degli inglesi
Colloquio: evitate candidati spacconi nei comizi. Chi vi promette di andare a Bruxelles per cambiare l’Unione europea, e magari in poco tempo, non sa di cosa sta parlando o vi sta prendendo in giro. L’Unione è una gigantesca nave cargo: una volta presa la rotta è difficile fargli cambiare direzione, e in caso ci vuole almeno un decennio. Il timone delle politiche europee poi non ce l’ha il Parlamento, che ha sì un ruolo importantissimo e fondamentale, ma come antagonista del Consiglio dei Ministri, ossia l’organo che riunisce i singoli Stati e che ha in mano il boccino.
Formazione: reclutate secchioni che non hanno la smania dei riflettori. Le materie di cui si occupano gli europarlamentari sono molto tecniche. I migliori, quelli che raggiungono posti di responsabilità nelle varie commissioni, sono di solito coloro che si tuffano anima e corpo in dossier che al politico italiano medio farebbero venire l’orticaria: il commercio internazionale, la farmaceutica, le telecomunicazioni, la privacy. È qui, nelle riunioni tecniche, che si danno le carte per le vere partite che influenzano l’economia degli Stati e toccano gli interessi delle multinazionali. Pochi talk show in TV, molto lavoro da sgobbone in commissione: così viene valutato il lavoro degli europarlamentari da parte dei gruppi politici. E qua veniamo alle ultime due questioni, le più scomode da affrontare.
Preferite candidati di partiti strutturati: chi rappresenta minuscole formazioni, al Parlamento Europeo conterà poco o nulla e sarà tagliato fuori dai dossier importanti, dalle commissioni che contano; avrà persino minore tempo di parola in aula. Spiace dirlo, ma è la triste verità.
Esperienza pregressa: se possibile confermate gli eurodeputati uscenti che hanno lavorato bene. È un discorso antipatico da fare perché rischia di tagliare le gambe ai nuovi entranti e quindi evitare il ricambio, ma anche questa è la cruda realtà. I meccanismi delle Istituzioni europee sono complicatissimi, spesso ostici anche agli addetti ai lavori. Per iniziare a capire come gira il fumo nei corridoi di Bruxelles ci vuole almeno un annetto e mezzo. Chi ha esperienza parte avvantaggiato e può essere subito più incisivo. Un discorso a parte merita il candidato che ha lavorato come assistente parlamentare: qua la figura è da valutare con interesse.
A riprova di quanto appena scritto, giova ricordare che gli inglesi (maestri nel fare i loro interessi) hanno sempre concepito quello del parlamentare europeo come una professione politica di lungo periodo. Vuoi fare il deputato oltremanica? Sii pronto a ricoprire due o tre mandati. Un approccio completamente diverso rispetto all’italico andazzo, dove finora, spesso e volentieri, finivano a Bruxelles i trombati alle elezioni politiche, il cui unico scopo era avere una qualifica da spendere nei talk show con l’obiettivo di tornare al più presto al calduccio di Montecitorio.
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