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Il <strong>mensile 116 </strong>è un collage, un album, un archivio vivo, è <em>SenzaFiltro </em>che fa la muta dicendo grazie a ciò che è stato e a chi c’è stato. A chi ci conosce tanto o poco, offriamo <strong>il punto su ognuno dei cavalli</strong>, anno dopo anno ci siamo occupati di loro. Lo abbiamo fatto anche per ricordarci noi per primi, giornalisti e redattori, da cosa veniamo.

Numero 116 - Cavalli di battaglia


<p>Per alcuni è una scelta dettata dalla voglia di poter decidere del proprio lavoro in autonomia ed esplorare altre strade, per altri è invece obbligata: non riuscendo a ottenere un lavoro fisso si “accontentano” di avere più collaborazioni possibili. C’è poi chi trova un’azienda per cui lavorare, che però non ha nessuna intenzione di fargli un contratto nonostante richieda una presenza fissa.</p>



<p>Quello che abbiamo appena tratteggiato è il <strong>mondo delle partite IVA </strong>o dei cosiddetti <strong>lavoratori autonomi</strong>, che in Italia, stando agli ultimi dati elaborati dall’Ufficio Studi della CGIA sui numeri forniti dall’<a href="https://www.istat.it/it/archivio/276887" target="_blank" rel="noreferrer noopener">ISTAT</a> nel novembre scorso (relativi al settembre 2022), sono <strong>5.019.000</strong>. Alcune si sono perse per strada, visto che nello stesso periodo del 2021 le partite IVA erano ben 16.000 in più.</p>



<p>Ma <strong>che cosa vuol dire oggi essere un lavoratore autonomo</strong>? Dietro queste due parole, di solito usate per operare una differenza netta con il lavoratore dipendente, nella realtà c’è un vero e proprio mondo che chi scrive conosce bene.</p>



<p>Anni fa, nel 2017, dopo tre anni da dipendente e un’uscita tutt’altro che serena da un’azienda, decisi che era ora di mettermi alla prova come freelance. Lo confesso: sono felice di questa scelta e non tornerei indietro, anche solo per dare ascolto a quel mal di pancia che mi viene ogni volta che mi propongono un lavoro con orari fissi, una sede e la pianificazione delle vacanze subordinata all’approvazione di un comitato composto da manager e HR.</p>



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<h2 id="h-le-partite-iva-in-italia-a-rischio-di-poverta-o-esclusione-sociale">Le partite IVA in Italia a rischio di povertà o esclusione sociale</h2>



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<p>Al di là della convinzione, essere un lavoratore autonomo in Italia non è facile per tantissimi motivi: l’<strong>incertezza</strong>, sicuramente, ma anche il <strong>rischio di povertà</strong>. A fronte di chi magari negli anni è riuscito a costruirsi una rete di clienti e di persone con cui collaborare – pur sapendo che è possibile perdere tutto da un momento all’altro – i rischi di povertà o <strong>esclusione sociale</strong> sono sempre dietro l’angolo. Specie quando si vive in una famiglia i cui membri hanno come reddito principale quello da lavoratore indipendente.</p>



<p>A parlare ancora una volta sono i numeri, come quelli proposti dalla CGIA, sempre su dati ISTAT, che testimoniano come <strong>il</strong> “<strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/partite-iva-lo-scenario-e-dietro-il-sipario/">popolo </a><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/partite-iva-lo-scenario-e-dietro-il-sipario/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">delle</a><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/partite-iva-lo-scenario-e-dietro-il-sipario/"> partite IVA</a></strong>” (ma avete mai sentito parlare del “popolo dei dipendenti?” Anche in questo c’è una significativa differenza), in cui si inseriscono artigiani, liberi professionisti ma anche commercianti, <strong>abbia più difficoltà economiche dei lavoratori dipendenti</strong>. E riguardo a questo la pandemia, di cui ancora ci riempiamo la bocca, non ha fatto altro che peggiorare la situazione.</p>



<p>Secondo l’indagine campionaria dell’ISTAT relativa al 2021, la percentuale di famiglie con reddito principale da lavoro dipendente a <strong>rischio povertà o esclusione sociale</strong> è del 18,4%. Quando invece il reddito principale viene dal <strong>lavoro autonomo</strong>, si innalza al <strong>24%</strong>.</p>



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<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/12/Maccarrone-Partite-IVA-e-sindacati-1.png"><img width="1024" height="768" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/12/Maccarrone-Partite-IVA-e-sindacati-1.png" alt="" class="wp-image-53429" /></a></figure></div>


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<h2 id="h-la-partita-iva-oggi-da-status-symbol-a-ripiego">La partita IVA oggi: da status symbol a ripiego</h2>



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<p>Per gli imprenditori individuali c’è un aspetto poi da considerare: a differenza dei lavoratori subordinati, quando chiudono l’attività <strong>non hanno nessun sostegno al reddito</strong>.</p>



<p>Non solo: per loro non è facile trovare un altro impiego, il che è dovuto spesso all’età non giovanissima di chi si mette in proprio e ci resta per anni, ma anche al fatto che, secondo la CGIA, le difficoltà del momento hanno costituito una barriera invalicabile al reinserimento, spingendo a volte queste persone verso il lavoro in nero.</p>



<p>E se fino a una decina di anni fa aprire una partita IVA era uno status symbol, oggi per un giovane spesso è un <strong>ripiego</strong>, o nei casi peggiori una <strong>costrizione da parte di un committente</strong> che non vuole fare un contratto. Che agisce così per risparmiare sui contributi, sull’assicurazione, sui benefit, ma nonostante questo chiede al freelance la stessa disponibilità e abnegazione di un dipendente.</p>



<p>Restando nell’ambito di chi invece è appena entrato nel mondo dei lavoratori autonomi, l’Osservatorio delle Partite IVA del ministero dell’Economia e delle Finanze ci dice che sono <strong>94.080</strong> quelle <strong>aperte nel terzo trimestre del 2022</strong>.</p>



<p>Di queste, il 69,7% è costituito da persone fisiche, il 21,8% da società di capitali, il 2,8% da società di persone. Si può vedere come la maggioranza sia composta quindi da imprenditori individuali, ma emerge anche un altro dato: rispetto al terzo trimestre del 2021, c’è un <strong>calo generalizzato</strong>. Nel caso delle partite IVA aperte da persone fisiche, dell’8%.</p>



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<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/12/Maccarrone-Partite-IVA-e-sindacati-2.png"><img width="1024" height="768" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/12/Maccarrone-Partite-IVA-e-sindacati-2.png" alt="" class="wp-image-53431" /></a></figure></div>


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<h2 id="h-un-sindacato-per-le-partite-iva-la-necessita-di-una-forza-coesa-e-organizzata">Un sindacato per le partite IVA: la necessità di una forza coesa e organizzata</h2>



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<p>Al di là dei numeri, quello su cui è importante riflettere non è solo la situazione economica delle partite IVA, ma<strong> tutto ciò che manca a un lavoratore autonomo</strong> rispetto a un <strong>dipendente</strong>, temi di cui in questi anni su <em>SenzaFiltro</em> ci siamo occupati spesso.</p>



<p>Innanzitutto manca un<strong> sindacato </strong>che abbia a cuore gli interessi e i bisogni delle partite IVA e che sia il più organizzato e coeso possibile. Come abbiamo avuto modo di dire già su <em>SenzaFiltro</em>, la <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/sindacato-partite-iva-uno-nessuno-e-centomila/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">rappresentanza</a><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/sindacato-partite-iva-uno-nessuno-e-centomila/"> per le partite IVA</a> c’è, ma non arriva davvero a essere così forte da generare pressione, come avviene nel caso di varie categorie di lavoratori dipendenti. Certo, in questo caso non si parla di rinnovi di contratto come potrebbe essere per i metalmeccanici, né di riconoscere determinati benefit (ma poi perché no?), ma è importante considerare le partite IVA come un unicum, e pertanto come una forza.</p>



<p>Al momento NIdiL della CGIL, che si rivolge ai lavoratori atipici, vIVAce della CISL, ACTA per i freelance, esistono sì, ma non sono percepiti dalle partite IVA <strong>come un vero e proprio sindacato </strong>al pari di quelli che tutelano i dipendenti. Si tratta di forze che vengono incontro alle richieste dei liberi professionisti, ma che ancora non hanno fatto il vero e proprio salto.</p>



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<h2 id="h-l-importanza-di-avere-dei-contributi-universali-e-permanenti">L’importanza di avere dei contributi universali e permanenti</h2>



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<p>C’è poi il nodo dei <strong>contributi</strong> destinati ai lavoratori autonomi. Come abbiamo visto durante la pandemia, i vari ristori o i contributi a fondo perduto – solo per citarne alcuni – hanno richiesto delle <strong>condizioni stringenti</strong>, tra cui la perdita del fatturato rispetto agli anni precedenti alla pandemia.</p>



<p>Requisiti che aumentano lo spartiacque tra chi è un dipendente che gode di <strong>benefit aziendali</strong>, welfare (tra le ultime novità i fringe benefit fino a 3.000 euro), buoni pasto ecc., e chi ha una partita IVA. Se per chi lavora in azienda ottenere un benefit non è così difficile – e le stesse aziende sono incentivate a darli, ottenendo sgravi e deduzioni interessanti – per le partite IVA non è ancora così.</p>



<p>Legare una misura di sostegno a una situazione peggiorativa può voler dire che chi non ha avuto perdita di fatturato, o magari l’ha migliorato di qualche migliaio di euro, non ha diritto a nulla; ma non è detto che non sia in difficoltà.</p>



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<h2 id="h-indennita-di-malattia-e-maternita-ancora-troppo-pochi-i-passi-in-avanti">Indennità di malattia e maternità: ancora troppo pochi i passi in avanti</h2>



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<p>Per non parlare poi della <strong>malattia</strong>. Chi ha partita IVA si vede riconosciuti dei <strong>trattamenti economici</strong> davvero esigui e soggetti a determinate condizioni. Innanzitutto, per l&#8217;indennità di malattia bisogna essere iscritti a una gestione separata e avere per esempio almeno un mese di contributi nei 12 che prevedono la malattia, e altri requisiti legati al reddito. E che cosa succede a chi ha aperto la partita IVA da poco?</p>



<p>Senza dimenticare, poi, che spesso i freelance lavorano da soli, pertanto quando stanno male spesso sono costretti a portare avanti delle attività per non compromettere il rapporto con un cliente che potrebbe non essere così clemente.</p>



<p>In merito alla malattia, la Legge di Bilancio del 2022 ha previsto l’<strong>esonero</strong> per le partite IVA dagli <strong>obblighi tributari e fiscali </strong>per un periodo che può andare dai 30 ai 60 giorni, se sono costrette a sospendere la propria attività a causa di una grave malattia o infortunio. Una novità importante, ma che ancora non porta all’equiparazione tra le diverse tipologie di lavoro e che, ancora una volta, prevede dei requisiti. Tra questi l’essere iscritti a un albo professionale, il che per esempio esclude qualche professione: web designer, grafici, coach e altri lavori non lo prevedono.</p>



<p>Differenze profonde tra lavoratrici dipendenti e freelance ci sono anche per quel che riguarda la <strong>maternità</strong>: l’indennità è riconosciuta alle future mamme, ma con diversi “paletti”. Intanto non per tutti i vari enti contributivi esiste un’indennità di maternità minima e garantita, così come per ottenere la maternità è necessario essere iscritte a una cassa previdenziale. Inoltre, viene riconosciuta un&#8217;indennità pari <strong>all’80% della retribuzione “media”</strong> <strong>di riferimento </strong>calcolata sull’anno precedente.</p>



<p>Chi ha però un’anzianità contributiva inferiore a un anno potrà determinare la sua indennità solo relativamente al reddito del periodo compreso tra il mese di iscrizione alla gestione separata e l’inizio del periodo indennizzabile.</p>



<p><strong>Per chi resta incinta </strong>e ha aperto partita IVA da poco, l’<strong>indennità</strong> rischia di essere davvero <strong>esigua</strong>. Cosa che, come sappiamo, non succede a chi ha un lavoro dipendente. Inoltre per le lavoratrici dipendenti sono previste due ore giornaliere pagate per l’allattamento. Certo, una freelance può organizzarsi in autonomia, ma vive da neomamma una situazione sicuramente non facile per la gestione del lavoro.</p>



<p>Visto che le esigenze di una mamma non sono diverse se è dipendente o libera professionista, sarebbe bene equiparare le due modalità di lavoro anche per questo aspetto.</p>



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<h2 id="h-freelance-e-salute-mentale-che-cosa-si-puo-fare-per-favorire-l-equilibrio">Freelance e salute mentale: che cosa si può fare per favorire l’equilibrio</h2>



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<p>I liberi professionisti o freelance, che dir si voglia, hanno inoltre molti problemi legati alla tipologia di lavoro che portano avanti: orari a volte inesistenti, il fatto di dover non solo fare il proprio lavoro, ma anche dover recuperare i crediti, gestire la contabilità e così via. Non avere ferie, non godere di un’indennità di malattia al pari dei lavoratori dipendenti, non avere un welfare che sia uguale a quello aziendale, spesso li porta a <strong>situazioni di grande stress</strong>, arrivando a sfociare in <strong>ansia</strong>, <strong>depressione</strong> e<strong> burnout</strong>. Senza considerare poi che i problemi personali a volte possono essere amplificati da un lavoro che richiede una presenza continua (si parla di presentismo) e un’attenzione costante, come abbiamo detto nell’articolo dedicato alla <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/disturbi-mentali-partita-iva/">salute mentale </a><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/disturbi-mentali-partita-iva/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">delle</a><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/disturbi-mentali-partita-iva/"> partite IVA</a>.</p>



<p>Riconoscere questo stato di cose, prevedere delle <strong>convenzioni simili ai servizi psicologici </strong>offerti dalle aziende – magari dei bonus ad hoc proprio per i freelance – potrebbe di gran lunga migliorare il lavoro di un autonomo.</p>



<p>Ma soprattutto, insieme ad altre misure – malattia, maternità, contributi agevolati senza condizioni – vorrebbe dire riconoscere l<strong>’importanza per la nostra economia</strong> di questi cinque milioni di persone che ogni giorno si organizzano da sé, senza tutele e dovendo reinventarsi costantemente il lavoro.</p>



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<h2 id="h-per-una-riforma-del-lavoro-che-coinvolga-davvero-le-partite-iva">Per una riforma del lavoro che coinvolga davvero le partite IVA</h2>



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<p>È altrettanto importante dare un sostegno quando l’attività chiude e dall’altra parte non c’è un paracadute come può essere la<strong> NASpI per i dipendenti.</strong></p>



<p>Agire in questo modo vuol dire sostenere i liberi professionisti nei rischi che decidono di correre dando il loro contributo all’economia del Paese. Significherebbe riconoscere che spesso, come è evidente in alcuni contesti – come quello editoriale, per citarne uno – a portare avanti un’azienda sono più i freelance che i dipendenti.</p>



<p>Sarebbe dunque necessaria una <strong>riforma del lavoro </strong>che coinvolgesse davvero i liberi professionisti e che andasse al di là di una flat tax che non sembra tutelare chi non guadagna tanto ed è tartassato dalle tasse.</p>



<p>Minore pressione fiscale, politiche di sostegno senza condizioni e magari un ricalcolo dei contributi pensionistici sulla base del lavoro svolto potrebbero aiutare non poco le partite IVA.</p>



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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/precariato/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Precariato</a></strong>.</em></p>



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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi il mensile 116, &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/numero-116/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Cavalli di battaglia</strong></a>&#8220;, e il reportage &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/reportage/112-reportage-sua-sanita-pnrr/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Sua Sanità PNRR</strong></a>&#8220;.</em></p>



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<p><em>L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.</em></p>



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<p><strong><em>Foto di copertina di Cocoandwifi da Pixabay</em></strong></p>


Partite IVA, indipendenti vuol dire soli?


<p>Tra il 1990 e oggi, l’<strong>Italia</strong> è l’unico Paese OCSE in cui le <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/retribuzioni/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">retribuzioni</a></strong> <strong>medie lorde annue</strong> sono <strong>diminuite</strong>: &#8211;<strong>2,9%</strong> in termini reali rispetto al +276,3% della Lituania, il primo Paese in graduatoria, al +33,7% della Germania e al +31,1% della Francia.&nbsp;Lo ricorda il cinquantacinquesimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, pubblicato alla fine dello scorso anno, mentre quello di quest’anno, uscito qualche giorno fa, denuncia come “l’impennata dei prezzi dell’energia, propagatasi velocemente anche agli altri tipi di beni (alimentari, spese per la casa, trasporti, ecc.), sta comportando una <strong>perdita netta del <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/belpaese-non-bei-salari-quanto-guadagnano-gli-italiani/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti</a></strong>”.</p>



<p>Ma se i lavoratori subordinati non se la passano bene, c’è da dire che neanche gli <strong>autonomi</strong> si trovano in una situazione migliore, secondo il documento <em>Lavoro, professionalità, rappresentanze</em> del cinquantaseiesimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del nostro Paese.</p>



<p>“Nel 2021 il mercato del lavoro italiano conta 22,5 milioni di occupati, per la maggior parte dipendenti (17,6 milioni). Il numero dei <strong>lavoratori indipendenti</strong> scende da 5,2 milioni nel 2019 a 4,9 milioni nel 2021: <strong>-6,4%</strong>. La contrazione maggiore si rileva soprattutto per i lavoratori in proprio, che registrano una flessione del 9,8%, mentre tra il 2019 e il 2021 gli imprenditori vedono la loro quota aumentare del 6,6%. I liberi professionisti (1,4 milioni nel 2021) sono diminuiti dal 2019 dell’1,8%. Secondo un’indagine del Censis, un terzo degli avvocati ha considerato l’ipotesi di abbandonare la professione (32,8%), soprattutto per i costi eccessivi che l’attività comporta cui non corrisponde una ricompensa economica adeguata (63,7%) e per il calo della clientela nel corso degli anni (13,8%).”</p>



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<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/12/Di-Lieto-Stipendi-.png"><img width="1024" height="768" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/12/Di-Lieto-Stipendi-.png" alt="" class="wp-image-53434" /></a></figure></div>


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<h2 id="h-stipendi-soffrono-i-dipendenti-e-gli-autonomi-la-flat-tax-non-risolvera-i-problemi-delle-partite-iva">Stipendi, soffrono i dipendenti e gli autonomi: la flat tax non risolverà i problemi delle partite IVA</h2>



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<p>Non basta innalzare la soglia per le <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/popolo-della-partita-iva-precario-lui-precarie-le-imprese/">partite IVA</a></strong> con la tanto sbandierata <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/tito-boeri-rdc-contrasto-poverta-incostituzionale-flat-tax-fdi/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">flat tax</a></strong>, portandola a 85.000 euro: molte partite IVA vivono nella stessa condizione degli avvocati, con un’attività che comporta costi eccessivi a cui non corrisponde una ricompensa economica adeguata. E qui il paradosso continua: se da una parte i dipendenti vedono erodere il peso specifico del proprio stipendio dall’inflazione e dal caro energia, per le piccole partite IVA che provano a crearsi uno stipendio con la loro attività professionale il rischio di basso riconoscimento economico è ancora più alto se si aggiungono, appunto, anche la possibilità di non vedersi pagate le spettanze dovute (lo chiamiamo “rischio d’impresa”?) e l’impossibilità di vedersi riconosciuti elementi basilari di civiltà come l’istituto della malattia. Questo porta il lavoratore autonomo a non fermarsi mai, neanche da malato, per non perdere cliente e pagamento.</p>



<p>Che il mondo del lavoro non sia più quello degli anni Settanta&nbsp;se ne stanno accorgendo un po’ tutti. A partire da <strong>Maurizio Landini</strong>, segretario generale della CGIL, che di recente ha affermato: “Bisogna fare una lotta senza quartiere alla precarietà. Penso al nuovo <em>Statuto dei diritti dei lavoratori</em>, dove non hai diritto perché sei assunto a tempo indeterminato, ma i diritti ce li hai perché sei una persona che lavora. Vale anche per le partite IVA e per il lavoro autonomo”.&nbsp;</p>



<p>Quando si parla di <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/precariato/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>precarietà</strong></a> e ne parla anche e soprattutto dal <strong>punto di vista</strong> <strong>retributivo</strong>: contratti a chiamata, voucher (appena reintrodotti), prestazioni occasionali, finte partite IVA in realtà con un unico committente (quindi da assumere come subordinato); senza contare le partite IVA povere che devono combattere per arrivare a 1.000 euro mensili con un fatturato annuo sotto la soglia di povertà – se non addirittura chi non arriva neppure a fatturare 8.000 euro annui, finendo nella no tax area.</p>



<p>Anche la <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/lettera-ministra-lavoro-marina-calderone/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>ministra del Lavoro</strong>, <strong>Marina Calderone</strong></a> ha dichiarato di recente la sua attenzione nei confronti dei lavoratori autonomi durante l’audizione davanti alla X Commissione del Senato: “Con la pandemia si sono persi 456.000 lavoratori autonomi, professionisti che hanno chiuso l’attività: per questo il Governo dà attenzione al lavoro autonomo e ritiene necessario individuare azioni di sostegno. Abbiamo fatto delle scelte convocando il tavolo sul lavoro autonomo che necessitava di essere riattivato, nel momento in cui la componente del lavoro autonomo ha tanto sofferto per il COVID-19”.</p>



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<h2 id="h-fondata-sul-lavoro-la-politica-deve-farsene-garante">Fondata sul lavoro: la politica deve farsene garante</h2>



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<p>Non è uno scontro tra lavoratori subordinati e lavoratori autonomi, ma è una <strong>battaglia di civiltà</strong> per il <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/dignita-del-lavoro-salario-minimo-comune-denominatore/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">giusto riconoscimento economico</a> dell’attività professionale, pensando in particolar modo alle figure professionali come i freelance che lavorano a intermittenza, spesso con remunerazioni modeste e altrettanto modesti diritti sociali. Lavorare gratis o senza essere pagati il giusto non è mai legittimo: il lavoro produce ricchezza e valore e questo deve essere sempre riconosciuto.</p>



<p>La <strong>frenata del Paese</strong> è poi confermata dall’andamento del <strong>PIL</strong> dell’Italia: cresciuto del 45,2% in termini reali nel decennio degli anni Settanta, del 26,9% negli anni Ottanta, del 17,3% negli anni Novanta, poi del 3,2% nel primo decennio del nuovo millennio e dello 0,9% nel decennio pre-pandemia, prima di crollare dell’8,9% nel 2020.&nbsp;</p>



<p>In questo scenario di caro bollette, inflazione e di un’economia in caduta libera, pensare a come aumentare gli stipendi dei lavoratori dipendenti da una parte e a come aiutare i lavoratori autonomi dall’altra è una sfida cui non possiamo più sottrarci. Nel nostro Paese il lavoro ha seguito un dibattito sterile e troppe volte stucchevole, senza rendersi conto di quanto il mondo stesse cambiando, e che per gestirne la complessità non bastano più soluzioni semplicistiche, ma una vera riforma sistemica.</p>



<p>La <strong>politica</strong> deve provare a capire in profondità tutte le innumerevoli sfaccettature del <strong>mondo del lavoro</strong> e <strong>farsi garante del suo riconoscimento</strong> sotto forma di giusto e congruo corrispettivo per qualsiasi sua tipologia: dal rider al muratore, dal grafico freelance al dipendente pubblico e privato.</p>



<p>Perché l’Italia torni a essere una Repubblica fondata sul lavoro, là dove oggi la parola <strong>merito</strong>, tornata in auge in questi ultimi tempi, non ha alcun diritto di cittadinanza.</p>



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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/salario/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Salario</a></strong>.</em></p>



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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi il mensile 116, &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/numero-116/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Cavalli di battaglia</strong></a>&#8220;, e il reportage &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/reportage/112-reportage-sua-sanita-pnrr/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Sua Sanità PNRR</strong></a>&#8220;.</em></p>



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Pensiero stipendi: è l&#8217;Italia il solo Paese in cui diminuiscono

<p>“Andate a sentire gli operatori dei CPI: molte volte non sanno come fare senza di noi. E noi rimaniamo a casa. <strong>Le nostre emozioni sono rabbia e disgusto</strong>.”</p>
<p>Senza troppi giri di parole <strong>Matteo Diomedi</strong>, navigator marchigiano e presidente di A.N.N.A., lo ha dichiarato in un’intervista di qualche mese fa per <em>SenzaFiltro</em>. Già, perché loro le hanno davvero provate tutte per dimostrare di aver acquisito competenze importanti e utili all’attuale contesto storico, in materia di politiche attive.</p>
<p>E invece non è bastato fondare un’associazione nazionale per comunicare meglio il loro punto di vista, scrivere un libro a più mani per raccontare le attività e le difficoltà quotidiane, lavorare a un <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/11-600-nuovi-navigator-serviranno-ecco-cosa-dice-il-report-di-categoria/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">report</a> che analizza in modo oggettivo obiettivi e risultati, e addirittura provare il frullatore mediatico della prima serata (stoico, nel maggio 2021, l’allora responsabile della comunicazione Antonio Lenzi da Giletti a <em>Non è l’Arena</em>). All’opinione pubblica non è arrivato niente. La <strong>cattiva nomea</strong> degli esordi è rimasta tale per la maggioranza degli italiani.</p>
<p>Così i <strong>navigator</strong>, nonostante gli sforzi, per lunghi tratti del dibattito nazionale sono rimasti afoni e senza identità (come capita da sempre ai migranti), riuniti in una massa indistinta e senza la possibilità di offrire degno contraddittorio o approfondimento alla superficiale versione da “campagna elettorale”. Quale? “L’Italia è un Paese pieno di svogliati cultori del divano e le imprese non trovano lavoratori a causa del Reddito di Cittadinanza”.</p>
<p>Gioco troppo facile per politica e gran parte dei media, abili ad apporre un’accezione negativa a un nome magari non del tutto azzeccato, in modo da confezionare il capro espiatorio perfetto per attaccare chi, sparandola grossa, aveva dichiarato di abolire la povertà.</p>
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<h2 id="h-cronaca-della-fine-dei-navigator-e-adesso">Cronaca della fine dei navigator. E adesso?</h2>
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<p>Il problema è che nel 2019, dietro questa enorme cassa di risonanza delle semplificazioni, si era formato un <strong>gruppo di professionisti</strong> intenzionato a contribuire al <strong>miglioramento delle politiche attive e del servizio pubblico in generale</strong>, oltretutto grazie a un regolare e tutt’altro che scontato percorso di selezione. Persone giovani, preparate e con importanti percorsi di studio alle spalle.</p>
<p>Insomma, malgrado le premesse ne è nata una <strong>grottesca epopea durata tre anni</strong> che il nostro giornale ha raccontato e accompagnato. Dalla partenza sciancata e difficoltosa nell’autunno del 2019 dei 2.980 navigator alle prime denunce pubblicate sulla nostra sezione dedicata al whistleblowing, nel febbraio 2021; poi tutto il susseguirsi di proroghe e tira e molla, dall’ostracismo politico in Veneto alle barricate in Campania, con gli operatori esclusi deliberatamente dagli spazi fisici dei centri per l’impiego.</p>
<p>Fino all’incredibile ballo di quest’anno. Molti, visto lo stato di precarietà e fiutato l’inghippo, avevano già deciso di rassegnare le dimissioni anzitempo. Per gli irriducibili 1.800 rimasti il primo conto alla rovescia è partito in vista del <strong>30 aprile</strong>, data di <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/navigator-non-ne-rimarra-neanche-uno-dal-governo-stop-alle-proroghe/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">scadenza della proroga contrattuale</a>. Poi il <strong>decreto Aiuti</strong> ha sancito un ulteriore prolungamento per giugno e luglio (con l’assurdo buco del mese di maggio), lasciando libero arbitrio alle Regioni per un’ulteriore coda di tre mesi. </p>
<p>Apriti cielo. <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/veneto-basta-navigator-donazzan/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">I <strong>detrattori</strong> di stampo politico si sono smarcati subito</a> (in tutto cinque Regioni), chiudendo l’avventura di circa 300 operatori. Gli altri 1.500 sono rimasti sul ciglio del burrone, sballottati pure da un cambio di governo in corso. Per arrivare alla definitiva conclusione del <strong>31 ottobre</strong> scorso, con la <strong>cessazione di tutti i rapporti di lavoro</strong>.</p>
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<h2 id="h-nessuno-li-vuole-ma-tutti-li-cercano-il-doppio-gioco-di-regioni-e-politica">Nessuno li vuole ma tutti li cercano: il doppio gioco di Regioni e politica</h2>
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<p><strong>Ma questi navigator <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/11-600-nuovi-navigator-serviranno-ecco-cosa-dice-il-report-di-categoria/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">servivano o non servivano?</a></strong></p>
<p>Alla domanda non ci siamo mai sottratti. Basta però leggere le cronache delle ultime settimane per capire che qualcosa non torna. Lo strutturale stato comatoso di gran parte dei centri per l’impiego, le richieste di molte Regioni alla ministra Calderone per una nuova proroga, il lavoro delle agenzie interinali per accaparrarsi beneficiari e prime pagine dei giornali. Regioni con organizzazioni virtuose, come il Veneto, che scivolano su grottesche bucce di banana, coma la <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/navigator-politica-privati/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">riassunzione di ex navigator con contratti di somministrazione</a>.</p>
<p>In pratica, c’è bisogno di una mano. Poi è chiaro, il lavoro di questi operatori non era certo la panacea di tutti i mali, ma il loro supporto di competenze ed esperienza acquisita avrebbe permesso quantomeno di continuare a sbarcare il lunario con meno patemi d’animo. <strong>Un’occasione persa, l’ennesima del servizio pubblico</strong>, a totale appannaggio del privato.</p>
<p>Per il resto il luogo comune dei “precari che non sono in grado di ricollocare nessuno, tanto meno se stessi” è fin troppo facile da smontare. Bastano pochi dati: secondo ANPAL il 73% dei percettori di Reddito di Cittadinanza soggetti al Patto per il lavoro non ha mai avuto un contratto di lavoro dipendente nei 36 mesi precedenti. E due terzi arrivano al massimo alla licenza media, a sottolineare e inquadrare l’enorme problema di inclusione sociale.</p>
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<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/12/Salvoro-Navigator.png"><img loading="lazy" decoding="async" width="1024" height="768" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/12/Salvoro-Navigator.png" alt="" class="wp-image-53445" /></a></figure>
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<h2 id="h-anpal-prova-a-fare-gol-620-000-i-beneficiari-da-collocare">ANPAL prova a fare GOL: 620.000 i beneficiari da collocare</h2>
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<p>Dunque <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/navigator-unanimi-da-nord-a-sud-i-percettori-rdc-quasi-mai-adatti-alle-imprese/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">la maggior parte dei beneficiari non è ricollocabile</a></strong>, almeno non nel breve periodo. E sta proprio lì il gigantesco malinteso: il <strong>mandato dei navigator</strong>, da contratto, non era trovare lavoro ai percettori, ma <strong>creare condizioni e strumenti</strong> per farli <strong>rientrare nel mercato</strong>. Un’attività lunga e complessa, dai risultati non immediati. Su questo dovevano essere valutati. Poi, se all’interno della misura del Reddito di Cittadinanza le politiche attive non hanno funzionato, bisogna guardare alle carenze strutturali dei CPI che non funzionano da secoli, all’incredibile inefficienza dei gestionali nella mappatura delle opportunità professionali, alla gestione in totale ordine sparso da parte delle Regioni. Tutte criticità che non si risolveranno con l’uscita di scena dei navigator.</p>
<p>Nel frattempo, comunque, <strong>ANPAL</strong> prova a rilanciare sulle politiche attive e pubblica i primi dati relativi al <strong>progetto Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori </strong>(GOL). Il piano, che grazie al PNRR dispone di risorse per <strong>4,4 miliardi</strong>, punta a riqualificare i servizi di politica attiva grazie al potenziamento dei CPI e al Piano Nazionale Nuove Competenze.</p>
<p>Al 30 novembre, secondo il commissario <strong>Raffaele Tangorra</strong>, sono <strong>620.000 i beneficiari</strong> del programma GOL presi in carico dai centri per l’impiego, il 56,3% donne, il 26,4% giovani, il 14% stranieri. E sì, il 54,5% disoccupati con domanda di NASpI e il 21% percettori di Reddito di Cittadinanza. Dati che sembrano rassicurare sulla tenuta del nuovo sistema di presa in carico, uniforme su base nazionale. Vedremo: il bello arriva adesso, prendere in carico è solo il primo passo e la strada da percorrere resta ancora molto lunga. Noi staremo alla finestra a osservare.</p>
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<h2 id="h-l-estinzione-del-reddito-di-cittadinanza-per-un-terzo-dei-percettori">L’estinzione del Reddito di Cittadinanza per un terzo dei percettori</h2>
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<p>Quanto al <strong>Reddito di Cittadinanza</strong>, c’è poco da stare allegri. Il nuovo <strong>Governo Meloni</strong> ne ha già decretato la <strong>fine</strong>, per tappe. Durerà otto mesi nel 2023 per gli occupabili, mentre per gli altri percettori sarà garantito fino al termine dell’anno. Dal 2024, invece, cesserà di esistere, sostituito da un nuovo sussidio promesso ma non ancora identificato.</p>
<p>Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, su dati INPS, da settembre 2023 <strong>un terzo dei nuclei che oggi beneficiano della misura rimarrà escluso</strong>. E se gli ex navigator, in barba a chi li ha sbeffeggiati per anni, sapranno ricollocarsi senza grossi problemi (magari ingrassando le fila del privato a discapito del pubblico), la stessa cosa non si può dire per i famosi “occupabili”, e soprattutto per tutti gli altri percettori.</p>
<p>Noi non vogliamo credere che il governo in carica non abbia a cuore i più deboli, ma com’è nostra consuetudine continueremo a vigilare con un doppio occhio clinico: sulle politiche attive e sulle misure di sostegno alla povertà.</p>
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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/navigator-unanimi-da-nord-a-sud-i-percettori-rdc-quasi-mai-adatti-alle-imprese/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Navigator</a></strong>.</em></p>
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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi il mensile 116, &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/numero-116/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Cavalli di battaglia</strong></a>&#8220;, e il reportage &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/reportage/112-reportage-sua-sanita-pnrr/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Sua Sanità PNRR</strong></a>&#8220;.</em></p>
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salvoro

Salvoro

Francesco Salvoro

Appassionato di sviluppo organizzativo, da quindici anni presta servizio nel mondo delle risorse umane, con esperienze in importanti realtà italiane come Maxi Di, Everel Group e Burgo Group. Laureato in giornalismo e relazioni pubbliche all’Università di Verona grazie a una tesi reportage sui Balcani Occidentali, ha in seguito conseguito un Master in gestione risorse umane e competenze interculturali. Per molti anni ha collaborato nella provincia veronese con periodici locali e portali dedicati al mondo dello sport. Nel 2017 ha condotto per Radio Popolare Verona una rubrica settimanale intitolata “Lavori in Onda”. Dal 2020 è socio investitore della libreria indipendente “Lo Spazio” di Pistoia, a testimonianza della sua grande passione per la narrativa. Da sempre orientato al sociale, il modello di riferimento è Peppino Impastato e il simbolo la rosa di Sarajevo. &#8212; MAIL DI REDAZIONE: francesco.s@fiordirisorse.eu

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Navigator addio. Agenzie private per il lavoro, panacea di tutti i mali?

L&#8217;odissea delle figure più dibattute che hanno accompagnato il RdC si è conclusa. Ecco chi prenderà in carico le sorti di &#8220;occupabili&#8221; e disoccupati: lo scenario dei prossimi anni, dal progetto di ANPAL all&#8217;abolizione dei sussidi.

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seven


<p>Scrivo questo pezzo durante l’ultimo giorno del G20 di Bali. In tutti i servizi che ho ascoltato nei telegiornali e in radio ho sentito dire la stessa cosa, uno, due, tre volte: <strong>Giorgia Meloni, unica donna presente al vertice</strong>. È vero, abbiamo solo lei come rappresentazione femminile di un capo di governo; già i dati ci dicono che le donne ai vertici sono molte meno e soprattutto molto meno rappresentate dai media rispetto agli uomini. E lei si fa chiamare “<strong>il presidente</strong>”. Come influisce questo atteggiamento sulle giovani che potrebbero essere ai vertici domani e sulla scelta delle loro carriere?</p>



<p>Ad esempio, la visibilità delle <strong>donne STEM</strong> nei media è ancora bassa. Il termine STEM è un acronimo formato con l’iniziale inglese di quattro diverse discipline, Science, Technology, Engineering e Mathematics, ed è utilizzato per indicare l’insieme delle materie scientifiche. La percentuale di donne intervistate è del 25-29%, con un tasso di citazione che è la metà rispetto agli uomini, anche nel giornalismo scientifico (fonte: Sara Reardon, Nature, 2021). Quali sono le conseguenze di questo <strong>atteggiamento mediatico</strong>?</p>



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<h2 id="h-il-sociologo-giovanni-boccia-artieri-non-rappresentare-le-donne-stem-significa-togliere-modelli-di-riferimento">Il sociologo Giovanni Boccia Artieri: “Non rappresentare le donne STEM significa togliere modelli di riferimento”</h2>



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<p><strong>Giovanni Boccia Artieri</strong>, sociologo e professore di Scienze della Comunicazione presso l&#8217;Università degli Studi di Urbino, ha un’opinione molto ferma a riguardo.</p>



<p>“Il fatto che <strong>le donne STEM non vengano rappresentate</strong> è un grave problema, perché significa che <strong>mancano i modelli di riferimento</strong> che possano invogliare le ragazze a scegliere questo tipo di percorso. In Italia in realtà c’è un numero abbastanza alto di ragazze interessate alla scienza, che però non pensano di poter avere gli stessi risultati del collega uomo. Anche quando seguono questi percorsi sentono di avere meno possibilità, proprio perché manca la rappresentazione sociale e mediatica di donne di successo in queste materie. Le ragazze hanno spesso la percezione che quel mestiere sia solo maschile.”</p>



<p>Alla base del problema ci sono ragioni storiche che hanno a che fare con le discriminazioni di genere in diversi ambiti, del dettaglio in quelli più avanzati e nel mondo universitario. Proviamo a pensare, ad esempio, al numero di rettori donne in Italia. Però qualcosa sta cambiando.</p>



<p>“Nella nostra università – spiega il professore – c’è una direttiva che non ti permette di accedere ai finanziamenti europei se non presenti un <strong>piano di consapevolezza di genere</strong> che ti obbliga a dichiarare quello che fai per combattere la discriminazione. Questo piano però è obbligatorio solo dall’anno scorso. La normativa si sta adattando, ma il percorso è lungo e in Italia il patriarcato ha delle radici storiche forti (e parlo della funzione pubblica in generale), tanto è vero che abbiamo la prima donna Presidente del Consiglio dei ministri che si fa chiamare ‘il presidente’. Che esempio è?”</p>



<p>Me lo sono chiesta anche io e ho trovato abbastanza ridicolo il tweet uscito pochi giorni fa: “<strong>Il presidente</strong> Gorgia Meloni ha incontrato <strong>la presidente</strong> Roberta Metsola e <strong>la presidente</strong> Ursula von der Leyen”.</p>



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<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/11/meloni-metsola.jpg"><img width="285" height="349" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/11/meloni-metsola.jpg" alt="" class="wp-image-52554" /></a></figure></div>


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<h2 id="h-la-nuova-prospettiva-su-donne-e-stem-passa-per-i-media-tradizionali">La nuova prospettiva su donne e STEM passa per i media tradizionali</h2>



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<p>Ma la politica non è l’unico tasto dolente. Pensiamo all’esperienza della pandemia, i <strong>virologi</strong> che andavano in televisione erano <strong>per l’80% maschi</strong>. Forse ricordate solo Ilaria Capua come rappresentante femminile.</p>



<p>Artieri è convinto che sia necessario <strong>aumentare la notorietà delle donne STEM</strong> attraverso i <strong>media tradizionali</strong>.</p>



<p>“Ad esempio, le <strong>giornaliste</strong> sono ben rappresentate, e dovrebbero essere le prime ad avere questa attenzione e capire che in determinati temi le donne possono esprimere il loro parere come gli uomini. L’equilibrio di genere deve essere rappresentato. A proposito: sarebbe importante quando si cerca una figura di riferimento come un virologo, cercarne almeno due, un uomo e una donna, e alternarli. Lo stesso principio vale per le conferenze universitarie. Se a un convegno sul palco ci sono solo uomini si offre un’immagine molto forte dal punto di vista simbolico, e molto scoraggiante della rappresentazione pubblica. Ma il bilanciamento di genere non viene naturale, a meno che uno lo imponga. Molti sono contrari alle <strong>quote rosa</strong>, ma se non passiamo da quelle la strada sarà ancora più lunga. La ricerca <em>European girls in STEM</em> indica che le ragazze in Italia iniziano a interessarsi alle discipline scientifiche a 11 anni, ma la passione si affievolisce verso i 17 anni proprio perché mancano i modelli di riferimento rispetto a quello che vedono in tv e nel mondo, e questo contribuisce a non farle sentire adatte. È importante trovare il modo di alimentare la loro passione tra le medie e le superiori.”</p>



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<h2 id="h-stem-passion-la-mostra-sulle-donne-con-carriere-scientifiche-la-coautrice-claudia-cagliano-sottorappresentate-ma-vitali"><em>STEM Passion</em>, la mostra sulle donne con carriere scientifiche. La coautrice Claudia Cagliano: “Sottorappresentate, ma vitali”</h2>



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<p><strong>Claudia Cagliano</strong> ed <strong>Elisabetta Citterio</strong> hanno ben presente il problema, e proprio per colmare la lacuna mediatica e per incoraggiare le giovani studentesse hanno ideato la <strong>mostra fotografica <em>STEM Passion</em></strong> dedicata alle donne della scienza. La mostra, curata da COSP Verona, è stata inaugurata il 4 novembre e sarà esposta fino al 31 dicembre nella sede della Camera di commercio di Verona.</p>



<p>Elisabetta, autrice della mostra,&nbsp;è una biologa molecolare, oltre che fotografa; Claudia è coautrice della mostra, oltre che docente e consulente di comunicazione. Entrambe, amiche dall’infanzia e madri di figlie femmine, sentivano la necessità di colmare attraverso la fotografia un gap di genere evidente non solo nel nostro Paese, ma anche a livello globale.</p>



<p>“Le donne sono spesso raffigurate in modo stereotipato nell’ambito dei media, tradizionali e digitali, non solo in Italia, e sono sottorappresentate nelle discipline scientifiche, anche se sono una forza motrice vitale del progresso scientifico e una risorsa immensa nell’area STEM, come è emerso chiaramente durante la pandemia”, spiega Claudia Cagliano. “Con questo progetto multimediale itinerante vogliamo aiutare le nuove generazioni di donne a crescere in un contesto più paritario e incoraggiarle ad appassionarsi alla scienza e a diventare protagoniste attive del progresso scientifico. è necessario superare gli stereotipi di genere che sono sia di natura esterna, che interna. <strong>E la responsabilità è di tutti</strong> perché <strong>a volte siamo noi donne che ci precludiamo delle possibilità.</strong> A volte c’è la paura di non farcela e questo timore limita a priori, a livello inconscio, la possibilità di scelta”.</p>



<p></p>



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<h2 id="h-donne-che-abitano-la-scienza-non-modelli-irraggiungibili">Donne che abitano la scienza, non modelli irraggiungibili</h2>



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<p>La mostra colpisce nel segno tutte queste problematiche, e offre degli esempi da seguire in maniera costruttiva. Per questo tra i suoi primi sostenitori c’è <strong>COSP Verona</strong>, (Comitato provinciale per l&#8217;Orientamento Scolastico e Professionale). <strong>Lisa Conforto</strong>, direttrice del COSP, sa che il mercato del lavoro renderà necessari nuovi percorsi formativi e ha voluto portare la mostra a Verona per far riflettere sull’ambito STEM, perché anche se le ragazze sono brave e capaci spesso si fermano e rinunciano a certe carriere.</p>



<p>“Servono esempi che permettano ai ragazzi di fare scelte consapevoli, e nelle prossime settimane ospiteremo alla mostra più di 1.200 studenti tra scuole medie e superiori. Poi per questi studenti organizzeremo anche degli interventi a scuola con imprenditori, imprenditrici e ricercatori e ricercatrici che raccontino la loro esperienza STEM. <strong>La mostra deve far scattare una scintilla</strong>.”</p>



<p></p>



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<figure class="aligncenter size-large"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/11/Ionica_Smeets_STEMpassion_.jpg"><img width="1024" height="676" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/11/Ionica_Smeets_STEMpassion_-1024x676.jpg" alt="Leida, 2020. Ionica Smeets, PhD in Matematica Pura, è professore ordinario di Comunicazione scientifica presso l'Università di Leida, Paesi Bassi. La mostra STEM Passion sarà esposta fino al 31 dicembre nella sede della Camera di Commercio di Verona" class="wp-image-52555" /></a><figcaption class="wp-element-caption">Leida, 2020. Ionica Smeets, PhD in Matematica Pura, è professore ordinario di Comunicazione scientifica presso l&#8217;Università di Leida, Paesi Bassi. La mostra <em>STEM Passion</em> sarà esposta fino al 31 dicembre nella sede della Camera di Commercio di Verona</figcaption></figure></div>


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<p>“STEM PASSION &#8211; spiega Elisabetta Citterio &#8211;&nbsp;nasce dal desiderio di mettere in luce le protagoniste femminili del mondo della scienza, il cui contributo al progresso rischia di rimanere in ombra. Vogliamo contribuire ad ampliare l’idea di scienziato presente a livello di immaginario collettivo, partendo dal presupposto che non c&#8217;è una formula prestabilita per diventare ed essere scienziati”.</p>



<p>Il messaggio che Claudia, Elisabetta e Lisa vogliono trasmettere è che la scienza è bella, che la ricerca è un’attività che implica creatività e lavoro di gruppo e confronto anche a livello internazionale, al di là dello stereotipo dello scienziato chiuso in laboratorio. <strong>La scienza connette&nbsp;persone, discipline, interessi, nasce dalla curiosità e dal desiderio di conoscenza</strong><strong>,</strong>&nbsp;per questo Elisabetta ha voluto&nbsp;ritrarre le scienziate all’esterno, nel loro mondo al di fuori del laboratorio all’interno di vite complete e gratificanti. Le 39 fotografie in mostra vogliono restituire immagini di normalità, di naturalità.</p>



<p>Ci sono scienziate, ricercatrici, dirigenti, e la testimonianza di tanti percorsi diversi di carriera. Donne che hanno&nbsp;mantenuto la passione per la scienza, anche evolvendo dall’ambito della ricerca a quelli della comunicazione della scienza, dell’editoria scientifica, della gestione dei finanziamenti, conciliando il loro lavoro con la famiglia, i figli e gli interessi personali.</p>



<p></p>



<p><strong>Non ci sono volti di superdonne irraggiungibili</strong>; semmai determinate. Al di là del caso di <strong>Carlotta Rossignoli</strong>, influencer e laureata con lode in Medicina a soli 23 anni che con il suo completo rosso ha infiammato la rete in questi giorni, quello che le due autrici vogliono dimostrare è che lo studio e la ricerca non devono essere una corsa, ma possono essere scelte che richiedono tempo, che devono essere maturate consapevolmente e che possono portare molto lontano.</p>



<p>Quindi l’appello non è solo rivolto alle giovani studentesse, ma anche ai loro <strong>colleghi maschi</strong>: andate a riflettere sulla mostra, non solo perché è interessante, non solo perché è gratis, ma soprattutto perché può cambiare le vostre prospettive. E un cambio di prospettiva è necessario per tutti.</p>



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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/discriminazioni/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Discriminazioni</a></strong>.</em></p>



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<p><em>In copertina: Museumplein – 2019 Amsterdam. Danielle Hulsman è Senior Research Technician presso il Netherlands Cancer Institute di Amsterdam. Danielle svolge ricerche sui meccanismi epigenetici alla base dello sviluppo del cancro, compresi i tumori cerebrali e polmonari. Foto di Elisabetta Citterio tratta dalla mostra STEM Passion.</em></p>


Donne STEM, i modelli di cui abbiamo bisogno non si laureano in anticipo


<p>Si stimano <strong>trecento esuberi</strong> per l’Italia, riguardo alla <strong>crisi</strong> <strong>Electrolux</strong>; gli stabilimenti dove è stato più ridotto il volume produttivo sono quello di Forlì e quello di Porcia in provincia di Pordenone. Sono questi i risultati dell’incontro avvenuto lo scorso 8 novembre tra l’azienda e le organizzazioni sindacali.</p>



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<h2 id="h-electrolux-in-italia-quanti-dipendenti-quali-stabilimenti">Electrolux in Italia: quanti dipendenti, quali stabilimenti</h2>



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<p>A raccontare anni di lotte dalla linea di produzione di Susegana (Treviso) è <strong>Augustin Breda</strong>, operaio che non ha mai voluto abbandonare le linee produttive, ma che nel suo ruolo di RSU FIOM CGIL dello stabilimento di Susegana ha preso una laurea in giurisprudenza per essere più performante nelle lotte sindacali.</p>



<p>“La fase attuale è arrivata <em>obtorto collo</em> nel <strong>2021</strong>. L’azienda aveva previsto a budget una crescita delle vendite, programmando una maggior produzione”, racconta.</p>



<p>I principali stabilimenti italiani sono <strong>Porcia</strong>, dove si producono lavatrici di grande taglia, <strong>Vallenoncello</strong> (Pordenone) con elettrodomestici per i grandi alberghi, <strong>Susegana</strong> con i frigoriferi da incasso per il settore del mobile, <strong>Solaro</strong> (Milano) per le lavastoviglie, <strong>Forlì </strong>con piani cottura e forni; l’ultima acquisizione del 2017 è lo stabilimento ex Best di <strong>Cerreto d’Esi</strong>, che produce cappe e ha circa duecento dipendenti.</p>



<p>Sono circa <strong>5.000 i dipendenti italiani della multinazionale</strong>, 12.000 quelli in Europa, 52.000 nel mondo, in un settore, quello del bianco, che è stato trainante per decenni per l’Italia.</p>



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<h2 id="h-la-versione-di-electrolux">La versione di Electrolux</h2>



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<p>Lo scorso 28 ottobre la multinazionale svedese ha diffuso il <strong>rapporto</strong> sul terzo trimestre del 2022, annunciando <strong>perdite nette per 55.3 milioni di euro</strong>, a fronte di un volume di vendite in crescita dell’1,2% nell’ultimo anno, per un valore complessivo che ammonta a circa 3 miliardi e 200.000 euro. Questo con un fatturato di oltre 125 miliardi di euro nel 2021, cresciuto di 10 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, stimato a <strong>138 miliardi di euro nel 2022</strong>. Il rapporto tra fatturato e dipendente è di 2.415.000 euro.</p>



<p>L’azienda annuncia nel rapporto una <strong>riduzione significativa dei costi</strong>, per “debolezza della domanda di mercato e insufficienza nella filiera di approvvigionamento, con benefici duraturi nel 2023 e 2024”. In Europa le vendite del gruppo sono in frenata: meno 9.7%.</p>



<p>“Volumi inferiori hanno comportato un calo degli utili. Con il notevole calo del volume, il prezzo ha compensato la significativa inflazione dei costi, con costi aggiuntivi derivanti dai restanti vincoli della catena di approvvigionamento. È stata ridotta la spesa discrezionale, il margine operativo lordo include una componente non ricorrente di 32,3 milioni di euro per l’uscita dal mercato russo”.</p>



<p><strong>Jonas Samuelson</strong>, durante la presentazione del rapporto, ha detto: “In Europa prevediamo che le spedizioni sul mercato saranno negative. Alta <strong>inflazione</strong> generale, <strong>tassi di interesse in aumento</strong> e l’invasione russa dell’<strong>Ucraina</strong> hanno provocato un forte calo della fiducia dei consumatori, e quindi anche nella domanda. La sostituzione sta mitigando in una certa misura questo calo della domanda”.</p>



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<h2 id="h-augustin-breda-fiom-cgil-lasceranno-scadere-i-contratti-a-termine">Augustin Breda, FIOM CGIL: “Lasceranno scadere i contratti a termine”</h2>



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<p>Nell’incontro con i sindacati dell’8 novembre Electrolux ha annunciato per Solaro una piattaforma produttiva per le lavastoviglie, ritenute un mercato in crescita, con investimenti per 102 milioni di euro tra il 2023 ed il 2026, per una produzione che dovrebbe passare dagli attuali 780.000 pezzi annui, a 1.319.000 nel 2026.</p>



<p>“Anche <strong>Whirlpool</strong> ha annunciato l’intenzione di <strong>abbandonare la produzione in Europa</strong>”, prosegue Breda. “È stato effettuato un aumento dei dipendenti tra il 2021 e il primo semestre 2022, i lavoratori in contratto a termine a <strong>Susegana</strong> sono 250 su 1.500 dipendenti. Per Susegana sui frigo prodotti sono stati posti 800.000 euro in meno rispetto al budget realizzato l’anno precedente; il calo delle vendite si è registrato lo scorso luglio, mentre la prospettiva di scenario positivo c’è stata fino ad aprile. Si sono registrati poi la crescita dei prezzi, l’aumento dei prodotti energetici e la guerra, con una frenata significativa per gli altri stabilimenti, che hanno prodotto dal 30 al 40% in meno rispetto alle previsioni. A Susegana il calo è più contenuto, del 10-12%, perché si produce per il settore del mobile”.</p>



<p>Negli stabilimenti di <strong>Forlì</strong> e <strong>Porcia</strong> sino a ora sono circa 60 i turni di <strong>cassa integrazione</strong>, contro i 20 di Susegana, ma di fatto già si sta tagliando sui lavoratori a termine, come denuncia Augustin Breda.</p>



<p>“Dopo luglio il calo delle vendite ha come conseguenza che <strong>paghino i contratti a termine</strong>, per cui si ha una riduzione dell’organico: si lasciano semplicemente scadere i contratti, <strong>non si rinnovano</strong>, un’operazione che sarà conclusa entro dicembre, quando saranno circa <strong>750</strong> i lavoratori in meno. A Susegana si interviene in un quadro di trasferimento produttivo di stabilimento; è stato edificato un secondo stabilimento Genesi, oltre a Cairo dove è prodotto il modello tradizionale. È stata prevista una maggiore produzione di frigo da incasso che sta per lasciare il posto alla <strong>nuova fabbrica</strong> costruita ex novo, con impianti altamente automatizzati 4.0, finanziata con fondi europei e nazionali, per essere installata in Italia.”</p>



<p>“Questa fabbrica dovrebbe sostituire la vecchia con due o tre turni da sei ore, i lavoratori saranno in gran parte reimpiegati lì. Si produrranno frigoriferi innovativi ma molto costosi: circa <strong>2.200 euro per il modello di punta</strong>, che ora sta sui 1.000 euro. In questa bella tempesta perfetta è scattata la cassa integrazione per difficoltà economica, la scommessa ad alzare il livello di gamma dei prodotti è <strong>un’incognita</strong> riguardo la possibilità di trovare le quote di mercato necessarie ai prodotti in tutta l’Unione europea.”</p>



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<h2 id="h-4-000-tagli-a-livello-globale-electrolux-scappa-ma-il-nuovo-stabilimento-lo-ha-pagato-lo-stato">“4.000 tagli a livello globale”: Electrolux scappa, ma il nuovo stabilimento lo ha pagato lo Stato</h2>



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<p>La multinazionale ha annunciato <strong>tagli globali di personale per 4.000 unità</strong>, pari a circa l’8% degli occupati. Il sindacalista FIOM CGIL analizza la situazione dell’Italia. </p>



<p>“È lo stabilimento di Porcia a soffrire di più, per Solaro è stato bloccato il 15% circa di produzione. <strong>I tagli per l’Italia sono di circa trecento dipendenti</strong>, che un turnover pensionistico potrebbe risolvere; potrebbero intervenire nel settore della ricerca e sviluppo e del supply chain, più che sulla produzione o sulla struttura tecnica aziendale. Aumenteranno le giornate di cassa integrazione, a Porcia, Solaro e Forlì ci saranno ulteriori tagli alla produzione”.</p>



<p>Breda e i sindacati chiedono, come avvenuto per Whirlpool, un livello di <strong>interlocuzione istituzionale ministeriale ed europeo</strong>. Ha detto che in Europa si agisce anticipando gli eventi da parte dei sindacati, studiando soluzioni appena si manifestano tendenze di crisi. In Italia, al contrario, si mette una toppa quando gli eventi sono già accaduti.</p>



<p>“In modo unitario come RSU abbiamo chiesto alle istituzioni di intervenire per l’intero settore, considerando anche quello che sta accadendo in Whirlpool. L’<strong>Electrolux</strong> merita un’interlocuzione con un livello di confronto ministeriale ed europeo, per capire come si muove questa multinazionale che ha ricevuto <strong>tanti aiuti, pari all’80% dell&#8217;ammortamento</strong> per il nuovo stabilimento di Susegana, costato 130 milioni di euro; quindi circa 90 milioni di euro di aiuti. Tutto il settore degli elettrodomestici dovrebbe muoversi unito. La politica non dovrebbe intervenire solo per mettere le toppe dopo che il problema si è presentato, ma si dovrebbe fare anticipazione degli eventi, quando cambiano le prospettive di mercato, come avviene all’estero. La crisi è scoppiata a giugno, il primo incontro tra azienda e sindacati è stato a novembre, quando l’azienda aveva già avvisato che ci sarebbe stata una forte frenata del mercato”.</p>



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<h2 id="h-gianluca-ficco-segretario-nazionale-uilm-va-posta-al-nuovo-governo-la-questione-sostenibilita-sul-settore-elettrodomestici">Gianluca Ficco, Segretario nazionale UILM: “Va posta al nuovo governo la questione sostenibilità sul settore elettrodomestici”</h2>



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<p>Anche <strong>Gianluca Ficco</strong>, Segretario nazionale UILM che segue da vicino la crisi aziendale, commenta: “Ci aspettiamo trecento esuberi, non sappiamo ancora a chi toccherà. Si è registrato un forte calo di volumi produttivi negli stabilimenti di Porcia e Forlì. Per esperienza sappiamo che, quando il calo di volumi diventa strutturale, c&#8217;è appunto il rischio di esuberi”.</p>



<p>“È positivo che siano stati confermati gli investimenti, il 9 novembre si è tenuta un’assemblea a Solaro con l’inserimento di alcuni temi nella trattativa aziendale, quali il numero di pezzi ora, lo scivolo pensionistico per i lavoratori che nel 2023 usufruiranno della cassa integrazione, la creazione di un bacino per riassumere i tempi determinati che sono già stati chiamati. Alla luce di quanto emerso nell’assemblea di Solaro, va posta al <strong>nuovo governo</strong> la questione della <strong>sostenibilità del settore degli elettrodomestici in Italia</strong>, anche alla luce dell’annuncio di Whirlpool di voler abbandonare l’Europa.”</p>



<p>“È un settore con margini di profittabilità sempre più ridotti, che risente fortemente dell’<strong>incremento dei costi energetici</strong>; quindi chiediamo un confronto al Governo, che ha sempre annunciato di volersi occupare della questione della politica industriale – l’hanno detto più volte nelle loro interviste. Ci assicureremo che non sia solo materia di dichiarazioni giornalistiche, ma di impegno concreto.”</p>



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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/crisi-aziendali/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Crisi aziendali</a></strong>.</em></p>



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Tagli Electrolux. Augustin Breda, FIOM CGIL: &#8220;L&#8217;Europa anticipa le crisi, l&#8217;Italia le insegue&#8221;

<p>Laurea magistrale in economia e management, master in gestione delle risorse umane, esperienze professionali nel digital marketing. E tre anni di esperienza con ANPAL servizi, presso il centro per l’impiego di Lonigo, nel vicentino. Ruolo? <strong>Navigator</strong>.</p>
<p>Questo il profilo di <strong>Umberto Masolli</strong>, dal 31 luglio a casa <strong>senza lavoro</strong>. Sì, perché il <strong>Veneto</strong>, con <strong>Piemonte</strong>, <strong>Lombardia</strong>, <strong>Campania</strong> e <strong>Umbria</strong>, ha deciso di non dar seguito alla proposta dell’ex ministro Orlando di prorogare il contratto a lui e ai suoi colleghi fino al 31 ottobre. Contratto che sarebbe stato a spese dello Stato centrale.</p>
<p>Quella data, peraltro, ha visto la totale chiusura dei rapporti di lavoro per i reduci delle altre Regioni. Lapidaria l’assessora veneta <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/veneto-basta-navigator-donazzan/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Donazzan</a></strong> nel ribadire che, se i navigator hanno competenze specifiche, sono di certo avvantaggiati – senza corsie preferenziali – nei concorsi per gli operatori del mercato del lavoro. “Nemmeno per sogno”, sottolinea Masolli. “Il bando di Veneto Lavoro l’ho lasciato ad altri (<em>le prove orali per gli ammessi agli scritti sono in programma il prossimo 22 novembre, N.d.R.</em>) perché dopo questa esperienza è mia forte intenzione <strong>rientrare nel mondo delle risorse umane</strong>, magari di un’<strong>organizzazione privata</strong>”.</p>
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<h2 id="h-navigator-la-schizofrenia-della-politica-il-veneto-non-proroga-il-contratto-ma-li-richiama-attraverso-agenzie-interinali-carenze-di-organico">Navigator, la schizofrenia della politica. Il Veneto non proroga il contratto, ma li richiama attraverso agenzie interinali: “Carenze di organico”</h2>
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<p><strong>Preferire il privato al pubblico</strong>, storia nota. In questo caso, però, lascia l’amaro in bocca perché si tratta di un professionista formato e con competenze acquisite, utile senz’altro all’annosa causa delle politiche attive del lavoro. E come lui chissà quanti, tra i 1.500 rimasti stoicamente al loro posto fino all’ultimo, hanno deciso di seguire questa strada. Gruppo giovane, vale la pena ricordarlo, con il 76% sotto i quarant’anni e a maggioranza femminile, voto di laurea medio di 107 su 110.</p>
<p>Poi, per carità: se queste professionalità non servono è giusto interrompere i rapporti di collaborazione. Il problema è che, nel frattempo, c’è stata gran <strong>battaglia tra le stesse Regioni</strong>, con nove governatori a chiedere la proroga fino al 31 dicembre per sopperire alle evidenti necessità operative. E con la neo ministra <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/lettera-ministra-lavoro-marina-calderone/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Marina Elvira Calderone</a></strong>, chiamata alle armi fin dall’esordio, a chiarire nella confusione generale che “ulteriori utilizzi degli ex navigator richiederebbero l’approvazione di una norma non allo studio del ministero”.</p>
<p>Il dubbio rimane. <strong>Servono o non servono?</strong> In merito la cosa più incredibile la racconta <strong>Paolo Albarella</strong>, a sua volta ex navigator nel veronese.</p>
<p>“Alcuni ex colleghi, che preferiscono rimanere anonimi, mi hanno raccontato che nel settembre scorso <strong>Veneto Lavoro</strong>, con chiamata diretta, ha chiesto la loro disponibilità a <strong>rientrare in somministrazione lavoro</strong>, contrattualizzati da un’<strong>agenzia interinale </strong>per un periodo di <strong>sei mesi</strong>. Il tutto per sopperire alle ben note carenze di organico. Com’è possibile che un ente pubblico si affidi a queste modalità operative?”.</p>
<p>Aspetto interessante della vicenda. A prescindere dal modus operandi, piuttosto discutibile, la notizia è rilevante perché il Veneto, in attesa dei concorsi e dei nominativi vincitori, avrebbe potuto prorogare il contratto ai navigator come le altre Regioni, quantomeno fino al 31 ottobre. Ma la politica, a quanto pare, vince su tutto.</p>
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<h2 id="h-rosario-rasizza-assosomm-mandateci-i-percettori-di-rdc-il-privato-va-a-caccia-a-spese-del-pubblico">Rosario Rasizza, Assosomm: “Mandateci i percettori di RdC”. Il privato va a caccia a spese del pubblico</h2>
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<p>In questo strano ballo si passa poi dai navigator somministrati alla <strong>somministrazione</strong> in generale, che sul tema <strong>Reddito di Cittadinanza</strong> torna a più riprese alla ribalta della cronaca. A volte per positivi progetti di collaborazione: sempre nel veronese i centri per l’impiego (a San Bonifacio, per esempio) hanno avviato giornate di recruiting dedicate ai percettori, con il contributo delle APL. Altre volte, invece, grazie a roboanti dichiarazioni di alcuni addetti ai lavori.</p>
<p>Infatti nelle ultime settimane <strong>Assosomm</strong>, associazione italiana che comprende parte della categoria delle agenzie (non i grandi nomi stranieri del settore come Adecco, Manpower o Randstand, per citarne alcuni), attraverso le parole del suo presidente <strong>Rosario Rasizza</strong> ha ribadito di voler giocare un ruolo fondamentale nel <strong>ricollocamento dei percettori</strong>.</p>
<p>“Se è vero che ci sono <strong>un milione di persone disposte a lavorare</strong>, <strong>allora mandatele da noi</strong>. Sappiamo benissimo quali sono le esigenze del mercato del lavoro, ma occorre poterne parlare insieme, essere coinvolti nei tavoli tecnici”, il suo commento.</p>
<p>D’accordo, l’importante è raggiungere l’obiettivo, nel caso di specie ricollocare i ricollocabili, però la sensazione è che nel suo complesso si sia persa di nuovo l’opportunità di <strong>creare valore aggiunto nel settore pubblico</strong>, a completo appannaggio delle <strong>società private</strong>.</p>
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<h2 id="h-i-conflitti-di-interesse-delle-agenzie-per-il-lavoro">I conflitti di interesse delle Agenzie per il Lavoro</h2>
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<p>“Conosco Rasizza, abbiamo avuto incontri con loro, benché rappresentino solo una parte delle agenzie. So che vorrebbero recitare un ruolo importante”, spiega <strong>Matteo Diomedi</strong>, presidente dell’Associazione Nazionale Navigator. “Quindi ben venga il contributo di chi lo può dare. Ma in tutta onestà non si può forzare qualcosa che <strong>dovrebbe rimanere in capo al pubblico</strong>. Soprattutto per il <strong>conflitto di interesse</strong> che una società privata ha con i suoi presupposti di profitto. Le agenzie hanno un preciso modello di business, che se non funziona porta ovviamente alla chiusura. Per questo è improbabile che aprano filiali in zone d’Italia dove invece servirebbero maggiori operatori e maggior supporto ai percettori; non so se mi spiego. Nell’attività della somministrazione manca un elemento fondamentale: l’interesse pubblico. Per dire, all’epoca delle cabine telefoniche ne potevamo trovare ovunque, anche in località dove servivano a una sola persona. Ecco, il tema della capillarità non è di secondo piano”.</p>
<p>Bisogna poi considerare che il <strong>ruolo dei navigator</strong> era leggermente diverso e prevedeva, come mandato contrattuale, la capacità di fornire strumenti ai percettori per reimmettersi nel mercato del lavoro. Conoscenze, competenze, formazione. Oltre a creare un ponte con le imprese di uno specifico territorio, attraverso la raccolta dei fabbisogni di personale. Quello del trovare lavoro ai percettori è un equivoco mai risolto.</p>
<p>“Non solo, adesso sembra che con l’avvento delle <strong>APL</strong> il problema venga presto scardinato. Ma la realtà è che fin dall’inizio le agenzie potevano godere di <strong>incentivi</strong> tutt’altro che irrisori per la mediazione tra domanda e offerta a favore dei beneficiari. Ma quanti incentivi hanno ottenuto finora? Credo un valore molto vicino allo zero. Per cui facile gettare la croce addosso ai navigator continuando a ribadire il loro fallimento come politica attiva, ma <strong>il privato finora non ha di certo contribuito in meglio</strong>. Ci riuscirà in futuro grazie a una sapiente sinergia con il pubblico? Sono scettico”, commenta Diomedi.</p>
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<h2 id="h-pero-erano-bravi-la-politica-ci-ripensa-quando-i-giochi-sono-gia-chiusi">Però erano bravi. La politica ci ripensa quando i giochi sono già chiusi</h2>
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<p>Nel frattempo, comunque, continuano le <strong>retromarce</strong> del mondo politico. Per ultimo <strong>Carlo Calenda</strong>, leader di Azione, che con ingiustificato ritardo ha riconosciuto le potenzialità professionali di tecnici che – doveroso sottolinearlo – hanno superato un percorso di selezione non scontato. Intanto dal ministero trapelano altre voci di corridoio, tra le quali la volontà di <strong>ripescare i profili professionali e stabilizzarli</strong> attraverso processi di assunzione stabili. Magari cambiando nome. Diomedi non è convinto.</p>
<p>“<strong>Di concreto non c’è nulla</strong>, sono tutte affermazioni da verificare, e comunque senza reale peso. La verità è che c’è poco da cambiare e tanto da far funzionare, nella speranza che gli amministratori approfondiscano le tematiche e si preparino prima di prendere decisioni, evitando sparate senza avere contezza di quello che si è chiamati a governare. Parlare ancora di offerta congrua da inasprire, come ha fatto il sottosegretario Durigon, non è corretto rispetto a quanto avvenuto negli ultimi anni”.</p>
<p>Soprattutto se dici che far cercare lavoro a lavoratori precari è sbagliato, per poi riassumerli a livello regionale con contratti di somministrazione.</p>
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Navigator, un fallimento cercato dalla politica. Che adesso li svende ai privati

Lo strano caso di Regioni come il Veneto, che non hanno rinnovato i contratti ai navigator e ora cercano di riassumerli tramite agenzie interinali: &#8220;Carenze di organico&#8221;. Nel frattempo, le Agenzie per il Lavoro mettono gli occhi sui percettori di RdC. Un&#8217;altra occasione di guadagno per il privato a spese del pubblico?

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<p>“Quello che il consumatore non sa è che <strong>la crisi del grano è iniziata un anno fa</strong>, <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/prezzo-grano-guerra/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">tra luglio e agosto</a>, e la guerra sta solo aggravando la situazione. Parliamo di <strong>grano duro per la pasta</strong>, la distinzione va fatta sempre, e il Canada, che è uno dei produttori mondiali di riferimento, in quel periodo subì il primo drastico calo di produzione per diversi milioni di tonnellate a causa della siccità: quando si registrano simili carenze a livello internazionale, la ricaduta è a cascata ed è valso anche per l’approvvigionamento nazionale dell’Italia. Il mercato del grano è ormai un mercato globale, anche se un messaggio come questo non passa sempre in modo chiaro e univoco perché si confondono i piani senza avere il quadro generale di riferimento. Sebbene molte aziende utilizzino al 100% grani italiani, tra cui anche noi, è inevitabile che quando c’è penuria di grano a livello internazionale anche quel grano italiano viene richiesto all’estero, ed essendo la materia prima unica il costo sale. <strong>In Italia non c’è stata minore produzione, in Canada sì</strong>. La materia prima ormai è quotata a livello mondiale, questo è il concetto”.</p>



<p>La lunga <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/grano/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">inchiesta di <em>SenzaFiltro</em></a> sui <strong>rincari del grano</strong> offre la voce anche a chi il grano duro lo lavora nei propri <strong>pastifici</strong>, per farci spiegare come si forma il prezzo, chi e cosa incide, cosa non ci viene detto rispetto alla grande scusa della guerra in Ucraina: a parlare è <strong>Marcello Pennazzi</strong>, amministratore delegato del pastificio Luciana Mosconi, un marchio nato piccolo nelle Marche ma capace di scalare la ribalta nazionale.</p>



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<figure class="aligncenter size-large is-resized"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/Luciana-Mosconi_AD-Marcello-Pennazzi-scaled.jpg"><img src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/Luciana-Mosconi_AD-Marcello-Pennazzi-683x1024.jpg" alt="" class="wp-image-51276" width="342" height="512" /></a><figcaption>Marcello Pennazzi, amministratore delegato del pastificio marchigiano Luciana Mosconi.</figcaption></figure></div>


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<h2 id="h-marcello-pennazzi-ad-pastificio-luciana-mosconi-da-settembre-dovremo-fare-i-conti-con-la-crisi">Marcello Pennazzi, AD pastificio Luciana Mosconi: “Da settembre dovremo fare i conti con la crisi”</h2>



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<p>“Già tra agosto e settembre 2021 gli aumenti sul costo della materia prima erano stati pari al 100% ma a livello di consumo e di costi finali l’effetto è arrivato a inizio primavera 2022, proprio in coincidenza con lo scoppio della guerra in Ucraina.</p>



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<p><strong>Come mai l’onda arriva così lunga?</strong><strong></strong></p>



<p>Intanto, essendo aumentati i costi dei grani già un anno fa, magari i grandi player e i mulini avevano qualcosa stoccato in riserva, e comunque c’erano accordi contrattuali e commerciali su prezzi pattuiti e stabiliti, per quanto poi certamente un po’ rivisti alla luce dei fatti di attualità. Nell’agroalimentare, ad ogni modo, il momento inflativo si riversa con grande ritardo sul consumo finale, e questo lo dico a nome della nostra piccola azienda e di chi come noi occupa il settore dei piccoli-medi produttori; magari se una grande azienda decide di aumentare i propri listini riesce a farlo in modo più repentino rispetto a noi che dobbiamo mediare in modo diverso col distributore. L’onda arriva lunga, quindi, sia per i tempi tecnici del valore inflativo, sia soprattutto perché il mondo della grande distribuzione spesso non vuole o non è in grado di riversare l’aumento sul consumatore, proprio come accade per i produttori; chi mette la faccia davanti al consumatore proprio in virtù di questo patto di fiducia fa di tutto inizialmente per ammortizzare i maggiori costi. Lungo questa filiera del grano, però, c’è un terzo soggetto che è il più rilevante: il produttore di materia prima. Lui è l’unico che riesce a rivedere il prezzo in tempo quasi reale, o comunque nel modo più veloce rispetto agli altri soggetti della catena.</p>



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<p><em>Sul grano il mondo dell’informazione ha detto tanto, forse troppo negli ultimi mesi, senza però mai spiegare in trasparenza le logiche reali. Complici poi, nemmeno a dirlo, anche le sedicenti notizie spesso strumentalizzate sui social, dove la corsa veloce verso il trend del giorno crea un corto circuito altamente pericoloso. Ricorderete il caso Divella poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con la polemica sul “100% grano italiano” in etichetta sulla confezione di pasta e le dichiarazioni di Vincenzo Divella apparse su Repubblica accanto a quella immagine di un pacco di pasta integrale: “Il nostro grano è bloccato in Russia, possibili aumenti di prezzo”. In quel caso il grano stoccato in Russia non era affatto quello duro funzionale alla confezione di pasta ritratta nell’articolo, bensì grano tenero necessario alla produzione di farine da panificazione e pasticceria. Una disinformazione a mezzo social e giornali che, mai come nel caso del grano e della pasta, punta ancor di più alla pancia dei lettori.</em><em></em></p>



<p><em>Torniamo ai rincari e a che cosa si può intravedere nel medio periodo.</em></p>



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<p><strong>Chi vede il settore da dietro le quinte come voi che strategie può mettere in atto fin da ora per i prossimi mesi, diciamo fino a fine anno?</strong></p>



<p>Noi prendiamo il grano da storici player nazionali che hanno esperienza e lungimiranza: tutti mi hanno detto che non hanno mai visto una cosa del genere da quarant’anni a questa parte. L’incertezza è massima, per tutti e a tutti i livelli. Chi fa pasta come noi deve navigare a vista e resistere ancora: in corso c’è anche una inevitabile quota speculativa che in un lasso di tempo mediamente gestibile vedremo che piega prenderà. Penso cioè al fatto che al massimo tra un mese, un mese e mezzo, avremo il nuovo raccolto, e quella fase sarà decisiva per il prossimo futuro. Più complicata, per noi produttori, sarà invece la gestione dei costi fissi in termini energetici. La nostra prima bolletta 2022 è arrivata moltiplicata per cinque rispetto agli altri anni. Dirò una cosa impopolare, ma noi produttori, a differenza dei cittadini, non abbiamo alcun margine di risparmio, non possiamo spegnere il riscaldamento e fare qualche legittimo sacrificio per abbattere i costi: dobbiamo far lavorare sempre le macchine, tenere accesi gli essiccatoi o i forni ventiquattro ore su ventiquattro. Per concludere, da qui al prossimo anno o anno e mezzo le aziende solide e patrimonializzate come la nostra per fortuna resisteranno; avremo di sicuro margini molto ridotti, ma piano piano cercheremo tutti di riposizionarci e la pasta avrà i suoi piccoli, inevitabili aumenti di prezzo, perché un po’ di inflazione arriverà fin lì, nonostante gli sforzi. Quel che è certo, e che già registriamo da dentro, è una contrazione dei consumi, ma l’estate e il bisogno di leggerezza non ci fanno cogliere fino in fondo la crisi in corso; da settembre bisognerà fare i conti con tutt’altro rigore, e i bilanci 2022 di fine anno soffriranno moltissimo, sia dentro le famiglie che dentro le imprese.</p>



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<h2 id="h-come-si-fa-il-prezzo-della-pasta-lungo-la-filiera-marina-mastromauro-ad-granoro-il-prezzo-del-grano-si-fa-a-chicago-quello-dell-energia-ad-amsterdam">Come si fa il prezzo della pasta lungo la filiera. Marina Mastromauro, AD Granoro: “Il prezzo del grano si fa a Chicago, quello dell’energia ad Amsterdam”</h2>



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<p><strong>Marina Mastromauro</strong> è l’amministratrice delegata di Granoro; ci siamo spostati a Sud, in provincia di Bari. La prima cosa che ci dice conferma in pieno che il rincaro non ha niente a che vedere con la guerra in corso e che gli aumenti si erano iniziati a far vedere già un anno fa, causa siccità fortissima oltreoceano.</p>



<p>“Proprio in questo periodo il mercato mondiale del grano è in fibrillazione perché <strong>si aspetta il</strong> <strong>raccolto di settembre per Canada e Stati Uniti</strong>, i due mercati di riferimento. È da lì che ogni anno si tirano le somme e si fanno previsioni, oltre che quotazioni, calibrando offerta e domanda. In questa fase di attesa si fanno i conti con la nostra produzione interna dove, almeno in alcuni areali pugliesi, si registra un calo della resa per ettaro: siamo intorno ai 20, 25 quintali per ettaro, media che solitamente per un grano di qualità è intorno ai 40, 50. Aspettiamo quindi di capire che cosa diranno le borse mondiali a settembre, soprattutto quella di Chicago.</p>



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<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/immagine_2022-07-07_093603.png"><img width="768" height="548" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/immagine_2022-07-07_093603.png" alt="" class="wp-image-51285" /></a><figcaption>Marina Mastromauro, amministratrice delegata del pastificio Granoro.</figcaption></figure></div>


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<p><strong>Quanto pesa la geografia italiana in un momento come questo per i produttori di pasta?</strong><strong></strong></p>



<p>Pesa poco, perché essenzialmente in Italia si usa grano italiano per il 60-70% della produzione, e il 30% è quella famosa quantità che prendiamo dall’estero perché non copriamo l’intera produzione interna. Ricordo che l’Italia produce anche per una quota di mercato estero non da poco. Diciamo che in Europa si raccoglie un po’ di grano duro in Francia, in Spagna, in Turchia, ma per lo più – a copertura di circa un 50% italiano – arriva da Puglia e Sicilia.</p>



<p><strong>Come ne risente invece, in termini di prezzo, la vostra linea dedicata che utilizza solo grani pugliesi?</strong></p>



<p>Ci si illude che il grano di filiera abbia un prezzo fissato in rapporto al solo mercato locale, ma non è affatto così. La filiera è una formula che da un lato garantisce l’acquirente (cioè il pastificio) per una quantità di grano prodotta con parametri chiari, stabiliti in base alle proprie esigenze di pastificazione; dall’altro è un vantaggio per l’agricoltore, perché lo mette tranquillo sul fatto che tutto quello che produrrà avrà un acquirente finale certo, e che non sta lì a mercanteggiare. Ma il grano di filiera in ogni caso risente delle quotazioni delle borse nazionali e mondiali e il suo prezzo base di riferimento si fa là, non sul territorio locale. Vero è, però, che poi col grano di filiera scattano invece le premialità legate ad esempio al colore, alle proteine o alla qualità del glutine, ma è una valutazione che arriva dopo. Il fatto di cui si parla poco è che quando si arriva sui mercati mondiali, qualsiasi sia il prodotto, tutto acquisisce anche un valore speculativo. In energia mica sono cambiati i contratti con Putin, eppure ce la stanno facendo pagare di più perché si sa che i mercati vanno in tensione e da Amsterdam i grandi broker decidono per un continente intero, ma loro quell’energia l’hanno accumulata e pagata con costi di tutt’altro tenore. C’è ancora troppo non detto quando si parla di grano, e invece gli italiani dovrebbero sapere quello che succede dietro la pasta che comprano.</p>



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<p>Il <strong>prezzo del gas in Europa</strong> si decide in territorio olandese perché ad <strong>Amsterdam</strong> ha sede l’ICE Endex, che gestisce lo scambio dei contratti – i futures<em> </em><em>– </em>all’interno del Title Transfer Facility (TTF): una sorta di punto di scambio virtuale del gas che funge da hub per tutta l’Europa continentale e che rende l’idea di quanta distanza ci sia tra la fame e il dato, tra la vita in carne e ossa e la speculazione mai sazia.</p>



<p>Chi continua a collegare guerra e rincari del grano non vuole bene a questo Paese, né all’informazione trasparente a cui avremmo diritto da cittadini e da consumatori.</p>



<p>Non dovremmo più mangiare bugie.</p>



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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/grano/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Grano</a></strong>.</em></p>



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<p><em>L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.</em></p>



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<p><em>Photo credits: gea.com</em></p>


Il prezzo della pasta lo fanno Canada e Stati Uniti, altro che guerra e rincari


<p>Nella giungla italiana (del tutto diversa dalle giungle straniere) in cui gli operatori di food delivery hanno la possibilità di fare come gli pare senza che nessuna istituzione apra bocca, i primi a rimetterci sono stati quelli di Gorillas.</p>



<p>Il sistema adottato dalla società di food delivery tedesca si distingue dalle altre multinazionali che offrono lo stesso servizio a domicilio in due aspetti specifici, uno operativo, l&#8217;altro strategico. Gorillas rifornisce i suoi riders attraverso &#8220;dark store&#8221; concentrati capillarmente per quartiere, ovvero magazzini anonimi senza insegne in cui vengono stipati i prodotti che vengono ordinati tramite la solita app. L&#8217;altro aspetto differenziante riguarda il rapporto con i propri fattorini, i quali non vengono pagati a cottimo, ma sono assunti regolarmente attraverso il CCNL della logistica tanto osteggiato dalle società di food delivery (stiamo parlando nello specifico di Deliveroo, Glovo, Uber Eats e Social Food che aderiscono a Assodelivery) che negli anni passati, pur di continuare a perpetrare un modello insostenibile socialmente ed economicamente, si sono anche inventati <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/riders-si-scrive-contratto-collettivo-ad-hoc-si-legge-cottimo/">un Contratto Collettivo Nazionale ad hoc</a>.</p>



<p>Fortunatamente nè le sigle sindacali ufficiali, nè il Ministero gliel&#8217;ha fatta passare liscia.</p>



<h2 id="h-il-lockdown-e-stato-l-acceleratore-ma-la-normalita-e-il-freno">Il lockdown è stato l&#8217;acceleratore; ma la normalità è il freno.</h2>



<p>Questo tipo di servizi hanno raggiunto il loro apice di successo (e di visibilità) durante il lockdown quando le Persone, impossibilitate ad uscire, hanno scoperto che grazie ad un&#8217;app potevano ricevere spesa o pasti direttamente a casa. &#8220;Incredibilmente&#8221;, aggiungerei, questo fenomeno è emerso soprattutto a Milano e in parte anche a Roma, città dove le opportunità di scelta offerte dalle grandi catene di supermercati e dal quantitativo di attività commerciali  disponibili offrono numerose alternative, che però ci raccontano le cronache di quei tempi, sono andate letteralmente in tilt con le consegne: Esselunga pare non avesse sufficienti mezzi e personale per coprire le richieste.</p>



<p>Nei capoluoghi più a misura d&#8217;uomo e nelle città di provincia l&#8217;impatto del food delivery è stato decisamente meno consistente, sarà che ancora le relazioni umane e la presenza delle &#8220;botteghe&#8221; di fiducia in queste situazioni diventano più efficienti della tecnologia. </p>



<h2>Non sempre le buone intenzioni vengono premiate. Ma spesso è anche colpa della &#8220;droga da startup&#8221;</h2>



<p>Gorillas sbarca in Italia poco più di un anno fa e al momento della ritirata conta cinque sedi (Bergamo, Milano, Roma, Firenze e Torino) e circa 550 persone assunte. A questo, oltre a quanto detto sopra si aggiunga la disponibilità dei mezzi di trasporto per i fattorini: bici elettriche, sostituite da motorini elettrici solo su Bergamo a causa di una conformazione urbana ostile, fatta di salite e discese. Credo si possa affermare senza timore di essere smentiti che l&#8217;azienda si sia presentata nel nostro Paese con tutte le carte in regola. Ma allora che cosa non ha funzionato?</p>



<p>Difficile dirlo se nessuno dei giornali che ha riportato la notizia è riuscito a fare un minimo di analisi economica della situazione. Ciò in cui però tutti sono concordi nel bene o nel male è che il modello startapparo piace agli investitori nella parte di proposizione (in un anno Gorillas ha raccolto oltre un miliardo e mezzo di dollari in finanziamenti privati) e per alcune logiche modaiole (vedi NFT e metaverso), ma poi manca una componente manageriale e visionaria che supporti questi modelli a medio &#8211; lungo termine.</p>



<p>In questo caso possiamo dire anche a breve termine.</p>



<h2>Per fortuna esiste ancora l&#8217;attenzione alla sostenibilità</h2>



<p>Ciò che non è stato considerato nell&#8217;analisi di questo business &#8211; almeno per quanto riguarda il mercato italiano &#8211; è l&#8217;incidenza di margini minimi in un Paese pieno di supermercati e catene, ma anche di opzioni che permettono di accontentare a costi accessibili tanto gli amanti del trash food quanto chi è orientato ad una gastronomia di qualità. L&#8217;altro grande errore è stato quello di valutare come mercato di riferimento la città che conta il maggior numero di download per le app di questo genere: Milano. Non necessariamente il resto d&#8217;Italia condivide esattamente le stesse abitudini e le stesse scelte d&#8217;acquisto della città del business, ma anche all&#8217;interno della stessa città c&#8217;è chi, terminata l&#8217;emergenza, ha ripreso ad acquistare in maniera tradizionale.</p>



<p>Per fortuna accanto a chi sente l&#8217;impellente necessità di ricevere il sushino a casa, c&#8217;è anche chi &#8211; nel Paese attento alla bellezza e di riferimento alimentare per mezzo mondo &#8211;  ritiene che esista una decenza minima anche civile, sociale, relazionale che non può derogare i suoi principi unicamente all&#8217;innovazione e all&#8217;economia. </p>



<p>Come ha scritto (addirittura) Riccardo Luna: <em><strong>Il fatto è che&nbsp;la spesa in casa in 10 minuti&nbsp;non è questa grande idea. Se sei così pigro da non aver fatto la spesa, allora ordini direttamente la cena; altrimenti cucini con quello che trovi in frigo e nella credenza. La bravura è anche questa.</strong></em></p>



<p>Per quanto mi riguarda è deplorevole anche ordinare la cena a meno che tu non sia azzoppato e senza amici, ma ora non si può pretendere che in questo Paese i giornalisti si permettano di criticare gli inserzionisti di maggioranza dei giornali in cui scrivono&#8230;</p>



<p>I milioni di euro investiti da Deliveroo, Glovo, Getir per raccontare un modello che vorrebbe sembrare universale e imporre una narrazione della qualità della vita e del tempo &#8220;a propria disposizione&#8221; risparmiato nel fare la spesa, non sembrano aver di fatto scardinato abitudini e consumi degli italiani. Molte di più sono le polemiche sui social e le decisioni dei tribunali nei confronti di un modello per niente sostenibile e che ancora non vede questi grandi player uniformarsi alle aziende che operano nel nostro Paese dal punto di vista fiscale, retributivo e legale.</p>



<p>Tanto che anche<strong>&nbsp;Getir</strong>, altra startup, nata in Turchia e fondata nel 2015 e specializzata nella spesa online con consegna a domicilio,&nbsp;<strong>ha iniziato un processo di abbattimento dei costi</strong>. Secondo una nota interna all’azienda pubblicata da TechCrunch, la società ha deciso di tagliare l’organico del 14%. Tra i motivi principali “<em>L’aumento dell’inflazione e il deterioramento delle prospettive macroeconomiche in tutto il mondo</em>”, si apprende nella nota pubblicata da TechCrunch, “<em>spingono tutte le aziende, in particolare quelle nel settore tecnologico e quindi anche Getir, ad adattarsi al nuovo contesto”.</em> (<a href="https://www.tag24.it/331943-gorillas-chiude-in-italia-la-startup-della-spesa-a-domicilio/">fonte: Tag24</a>)</p>



<p></p>



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Non è giungla per Gorillas

<p>Staccare lentamente la spina, ridurre il problema fino a renderlo ininfluente. Vien da analizzarla così la sorte degli stoici <strong>navigator</strong> ancora attivi, rimasti in trincea a difesa del fortino dopo l’ultima proroga. Già, perché se da un lato il decreto Aiuti ha previsto a livello nazionale una continuazione per due mesi – giugno e luglio – dall’altro ha lasciato <strong>libero arbitrio alle Regioni</strong> rispetto alla possibilità di concedere <strong>un’ulteriore proroga di tre mesi</strong>, con richiesta ufficiale da depositare entro lo scorso 23 giugno.</p>
<p>Risultato? <strong>Ben cinque giunte regionali hanno deciso di non proseguire l’avventura</strong> fino al prossimo 31 ottobre, <strong>appiedando più di cinquecento lavoratori</strong>, che rimarranno senza contratto a partire dal primo agosto. E recidendo, de facto, l’opportunità di fornire ulteriore assistenza tecnica ai centri per l’impiego in un momento storico di totale affanno per le politiche attive. Scelta opinabile quella di <strong>Piemonte</strong>, <strong>Lombardia</strong>, <strong>Campania</strong>, <strong>Umbria</strong> e <strong>Veneto</strong>, anche perché le risorse economiche dell’operazione sono a totale carico dello Stato.</p>
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<h2 id="h-navigator-il-veneto-rifiuta-le-proroghe-anche-se-paga-lo-stato-l-assessora-donazzan-presa-in-giro-verso-persone-e-istituzioni">Navigator, il Veneto rifiuta le proroghe anche se paga lo Stato. L’assessora Donazzan: “Presa in giro verso persone e istituzioni”</h2>
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<p>Il numero complessivo dei navigator in forza è quindi destinato a diminuire di oltre un terzo, lasciando sul campo un manipolo di appena mille reduci. Interessante, in proposito, è il caso del <strong>Veneto</strong>, dove la comunicazione è arrivata dopo un’<strong>insistita azione sindacale</strong> condotta dalla segretaria generale UILTemp Veneto <strong>Maria Iorfida</strong>.</p>
<p>Contattata di persona, mi ha confidato di aver bussato più volte alla porta degli uffici regionali al fine di ottenere un incontro con l’assessora all’Istruzione, Formazione e Lavoro <strong>Elena Donazzan</strong>, per discutere sui contenuti dell’operazione. L’obiettivo era ottenere una proroga utile per continuare a credere nella stabilizzazione di un gruppo di lavoratori formati e, come già raccontato <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/11-600-nuovi-navigator-serviranno-ecco-cosa-dice-il-report-di-categoria/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">qui</a> un anno fa, senza dubbio competenti.</p>
<p>Per tutta risposta la Iorfida ha raccolto un <strong>diniego</strong> inequivocabile. Così, con l’avvicinarsi della scadenza, lo scorso 15 giugno è arrivata la decisione di <strong>scrivere ufficialmente in Regione</strong>, di comune accordo con le altre sigle, FeLSA CISL Veneto e NIdiL CGIL Veneto. “Il mio dovere è garantire un riscontro a tutti i lavoratori e di spiegare con trasparenza le decisioni assunte rispetto al loro futuro professionale. Difficile, però, se nessuno si siede al tavolo”.</p>
<p>La svolta, finalmente, arriva tredici giorni dopo, con l’agognato <strong>feedback</strong> protocollato da Regione Veneto, firmato da Elena Donazzan e inviato all’attenzione di UILTemp Veneto. Apriti cielo, visto che la nota dichiara la volontà di <strong>stoppare i contratti</strong> perché “un’ulteriore proroga rappresenterebbe unicamente la prosecuzione di uno stato di precarietà lesiva della dignità dei lavoratori”. Interpretazione immediata: <strong>ti lascio a casa ma lo faccio per te</strong>.</p>
<p>“Una lettera scritta soppesando ogni parola”, mi spiega al telefono la stessa assessora Donazzan. “Da sempre ribadisco che <strong>non avrei accettato altre proroghe</strong>. Un prolungamento di ulteriori tre mesi ha il sapore di una presa in giro verso persone e istituzioni”. <strong>Sicura che l’appartenenza politica non c’entri?</strong> “<strong>Non è una questione di partito</strong>, al contrario del Reddito di Cittadinanza, legge sbagliata e fallimentare in termini di risultati rispetto ai principi attesi”.</p>
<p>Opinioni. Un fatto, invece, è il <strong>nuovo concorso bandito in settimana</strong> per gli operatori del mercato del lavoro. “Se i navigator hanno già competenze specifiche saranno di certo avvantaggiati nella selezione. <strong>Senza corsie preferenziali</strong>”, conclude l’assessora. Dimenticando, però, che questi iter richiedono tempi non immediati, mentre nel frattempo i lavoratori salutano e con loro tutta l’attività ancora in corso, tra cui la mappatura delle realtà organizzative e soprattutto i rapporti con i percettori del Reddito.</p>
<p>Un vero peccato, a maggior ragione perché in Veneto – <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/navigator-in-veneto-ottimi-risultati-nonostante-lostracismo-della-politica/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">lo scri</a><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/navigator-in-veneto-ottimi-risultati-nonostante-lostracismo-della-politica/">vevo</a> alla fine del 2021 – nonostante una campagna politica demonizzante ha sempre prevalso lo spirito collaborativo tra navigator e centri per l’impiego. “<strong>Dove c’è cooperazione le cose funzionano</strong>”, <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/crisi-occupazionale-in-veneto-navigator-efficaci-o-inutili/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">raccontavano</a> sempre nel 2021 gli stessi operatori.</p>
<p>Non ne dubito, così come non dubito che si sta perdendo un’opportunità. Ancora una volta.</p>
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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/navigator/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Navigator</a></strong>.</em></p>
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<p class="has-text-align-right"><em>Leggi il mensile 116, &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/numero-116/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Cavalli di battaglia</strong></a>&#8220;, e il reportage &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/reportage/112-reportage-sua-sanita-pnrr/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Sua Sanità PNRR</strong></a>&#8220;.</em></p>
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Veneto, basta navigator. Ma senza alternative

Cinque Regioni fermano le proroghe ai contratti; il Veneto bandisce un concorso per operatori del mercato del lavoro che cancella le attività dei navigator. &#8220;Un prolungamento di ulteriori tre mesi ha il sapore di una presa in giro&#8221;: il commento a SenzaFiltro dell&#8217;assessora al Lavoro Elena Donazzan.

Veneto, basta navigator. Ma senza alternative - Informazione senza filtro

https://backend.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/immagine_2022-07-06_100349.png


<p>Il lavoro si paga.</p>



<p>Che sia tirocinio, stage, prova o una qualsiasi sottospecie contrattuale che in questo Paese a partire dagli studi professionali (tema tabù che in Italia i giornali si guardano bene dall&#8217;affrontare e ancor meno la politica che da sempre non ama mettersi in contrapposizione con Ordini Professionali e Associazioni di Categoria) fino alle stagionalità in stabilimenti balneari, ristoranti e alberghi di costa o di montagna, nel momento in cui una Persona svolge una qualsiasi mansione come può essere riordinare un archivio o lavare i piatti, o strategica come cucinare o seguire un&#8217;attività di segreteria, quella Persona partecipa al risultato di quell&#8217;organizzazione, ne alleggerisce il carico di lavoro, permette agli imprenditori di avere più clienti e pertanto va considerata alla stregua di qualsiasi altro lavoratore regolarmente assunto, retribuito e valorizzato. In proporzione all&#8217;esperienza e alle competenze, naturalmente.</p>



<p><strong>Io non credo ci sia altro da aggiungere</strong>. </p>



<p>La discussione è fin troppo banale; dopo almeno quattro anni in cui i giornali ospitano, supportano, alimentano la narrazione degli imprenditori che non trovano collaboratori di cui <strong>questo giornale</strong> &#8211; e ci tengo a sottolinearlo &#8211; <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/la-saga-dei-presidenti-che-non-trovano-lavoratori/">è stata una voce totalmente fuori dal coro</a> rispetto a Gazzettino Veneto e il Sole24Ore</strong> veri e propri pionieri di questa malata (e finta) epopea, seguiti a ruota da praticamente tutta la stampa nazionale e locale (<strong>il Tirreno e il Resto del Carlino</strong> in pole position) che ha trovato una modalità nuova per dar voce a inserzionisti, investitori e troppo spesso a imprenditori sgangherati o mitomani in cerca di visibilità.</p>



<p>Ma fino a che stiamo parlando di &#8220;testimonianze pop&#8221; lasciano il tempo che trovano; che in genere è il tempo di un caffè al bar, luogo prefissato per la lettura di quel tipo di notizie e spesso anche di quel tipo di giornali. O al massimo in contenitori televisivi per casalinghe mattiniere o pensionati pomeridiani utili a riportare la discussione il mattino dopo al bar di cui sopra, in un&#8217;economia circolare della non-notizia.</p>



<p>Ma quando a rilasciare certe dichiarazioni sono imprenditori con una loro credibilità e un ruolo presidenziale nelle Associazioni della Categoria di riferimento, allora è il caso di approfondire e verificare. E in questo l&#8217;informazione nazionale è venuta meno, scegliendo la strada del clickbait e inasprendo l&#8217;opinione comune nei confronti di capri espiatori a volte più, a volte meno credibili.</p>



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<h2 id="h-le-domande-che-non-posso-farle">Le domande che non posso farLe</h2>



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<p>Eppure, anzichè &#8220;reggere il microfono&#8221;, sarebbe bastato chiedere a quegli imprenditori:<br>&#8211; &#8220;come li state cercando?&#8221;<br>&#8211; &#8220;che contratto offrite?&#8221;<br>&#8211; &#8220;quali sono le condizioni proposte?&#8221;<br>per spegnere definitivamente una polemica costruita ad arte e che ha come uniche protagoniste una totale mancanza di politiche attive del lavoro, un dialogo interrotto da anni fra scuole specializzate e mondo del lavoro e non ultima <strong>una cultura del lavoro al ribasso</strong> dove ancora vale la logica per la quale &#8220;se <strong>ho un&#8217;azienda e offro lavoro è più che sufficiente per attivare un pellegrinaggio verso l&#8217;ufficio risorse umane e riconoscenza perpetua in caso di assunzione&#8221;.</strong></p>



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<h2>Mancano una cultura del lavoro sana e le competenze imprenditoriali per attrarre e assumere Persone</h2>



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<p>Anche nei contesti più strutturati spesso non esistono offerte di lavoro rintracciabili nelle principali piattaforme di recruiting on line, non esiste un&#8217;area &#8220;lavora con noi&#8221; all&#8217;interno dei siti web aziendali (alcuni dei quali sono talmente vetusti che è quasi una fortuna che nessuno vada a consultarli), non c&#8217;è una strategia minima di reclutamento del personale (presentazioni nelle scuole, partecipazione a qualche Career Day universitario per non spingermi nel <strong>Metaverso dell&#8217;Employer Branding</strong> che mi rendo conto possa sembrare fantascienza, di cui forse mi pento solo per averlo scritto), <strong>ma molto spesso sebbene quelle aziende siano strategiche per certi territori e ne rappresentino il fulcro dell&#8217;economia, non esiste nemmeno un ufficio del Personale che vada oltre alla registrazione delle presenze</strong>.</p>



<p>Eppure, nonostante l&#8217;evidenza dei fatti, i giornali hanno dato <strong>uno spazio ingiustificabile ad un tema che non esiste</strong>. Come non esiste la polemica intorno al Reddito di Cittadinanza i cui percettori sono un milione e mezzo circa, prevalentemente al Sud, con un sussidio medio di 500 euro. <a href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/08/11/reddito-di-cittadinanza-tutte-le-bugie-di-politici-e-giornali-lo-strumento-va-migliorato-ma-funziona-contro-la-poverta-ecco-i-numeri/6288731/">Dati attestati anche dalla Corte dei Conti che ha sgomberato il tavolo da retropensieri e bugie</a>, spiegando chiaramente che il RdC è stata una manovra fondamentale per abbassare la soglia di povertà nel nostro Paese.</p>



<p>E ammesso e non concesso che davvero esistano imprenditori così sfortunati da incontrare nelle loro selezioni esclusivamente i percettori del Reddito e ricevere costanti rifiuti, <strong>come mai questi imprenditori non si sono rivolti ai Centri per l&#8217;Impiego dove avrebbero potuto accedere alle liste dei percettori i quali, al terzo rifiuto si sarebbero visti sospendere il sussidio</strong>?</p>



<p>Non lo fanno perchè avrebbero dovuto dichiarare che tipo di contratto offrono, quali condizioni, quale retribuzione. E sarebbe cascato l&#8217;asino.  </p>



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<h2>Se non rispondono gli Italiani, risolviamo con gli Ucraini</h2>



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<p>Breve parentesi sulla recente proposta architettata inizialmente da un&#8217;organizzazione romagnola che risponde al nome di Riviera Sicura e che ha trovato larghissimo consenso non solo nel settore dell&#8217;accoglienza turistica costiera, ma anche da gran parte dell&#8217;industria &#8220;pesante&#8221;. La simpatica idiozia che prevede l&#8217;accoglienza e l&#8217;impiego di profughi provenienti dai territori in guerra, ieri è stata ufficializzata con squillo di trombe dal Comune di Lignano Sabbiadoro che ha riunito le migliori menti del territorio (il Presidente &#8220;mandatario&#8221; di Confcommercio, l&#8217;assessore alle politiche attive, la protezione civile e una delegazione di assistenti sociali) per partorire un progetto che &#8220;vuole essere di riferimento per tutti i Comuni&#8221;.</p>



<p>Invito tutti i nostri lettori a leggere <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/alla-fiera-dellest-per-due-soldi-una-cameriera-litalia-compro/">quanto abbiamo scritto qualche settimana fa</a>, quando queste geniali proposte iniziavano a circolare all&#8217;interno delle Associazioni, in cui abbiamo spiegato perchè queste proposte non solo non hanno nè capo nè coda, ma sono impraticabili e prive del minimo senso di etica.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2>Dal Reddito di Cittadinanza ai giovani che non fanno la gavetta, cambiano i capri espiatori ma il risultato è lo stesso.</h2>



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<p>E infatti, adesso che Confindustria è riuscita a farsi &#8220;girare&#8221; la paghetta del Reddito di Cittadinanza sotto forma di incentivo all&#8217;assunzione anche per contratti a tempo determinato, costringendo per legge i candidati ad accettare un lavoro da operaio a 70 km da casa a spese proprie anche solo per un mese di ingaggio, la narrazione ha trovato nuovi capri espiatori: <strong>i giovani che non vogliono fare la gavetta</strong>.</p>



<p>Quanto dichiarato da Alessandro Borghese e da Flavio Briatore non è niente di nuovo (è solo profondamente sbagliato). <a href="https://www.osvaldodanzi.it/non-trovano-collaboratori-rassegna-della-stampa-inutile-e-servizievole/">Lo scorso anno i giornali avevano già intervistato i due</a>, offrendo loro non solo ampio spazio, ma anche ampio consenso.</p>



<p>Cosa è cambiato quest&#8217;anno?</p>



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<h2>Il salto in avanti di Alessandro Borghese: lavorare per imparare</h2>



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<p>Il cambio di passo nella comunicazione di Borghese è un tentativo di rivedere le regole del gioco facendo leva su una notorietà che &#8220;fa brand&#8221;. Ma fino a qui nessuno scandalo: <strong>i &#8220;garzoni di bottega&#8221; ci sono sempre stati e non si discute del fatto che chi desidera intraprendere una carriera professionale (per esempio) nella ristorazione, aver lavorato una stagione nel ristorante di un brand come Alessandro Borghese, fa decisamente la differenza</strong>.</p>



<p>Ma questo può avere un senso solo ed esclusivamente in due casi:<br>a) se il tuo datore di lavoro ha DAVVERO un&#8217;esperienza tale o una competenza universalmente riconosciuta tale da insegnarti un mestiere e permetterti di fare la differenza quando domani ti presenterai in un altro ristorante, rispetto a chi magari ha fatto una stagione al Lido Beppino scaldando focaccette ripiene di prosciutto confezionato.</p>



<p>b) se quella gavetta la si fa in funzione di un&#8217;assunzione stabile, per la quale il &#8220;tirocinante&#8221; investe il suo tempo per migliorare, imparare le regole della casa e poi portarsi a casa uno stipendio all&#8217;altezza del ruolo.</p>



<p>E in ogni caso, sebbene quel tempo appartenga ad un apprendista, va riconosciuto economicamente.</p>



<p>Viene però da dire che la stragrande maggioranza dei datori di lavoro non si chiamano Alessandro Borghese, spesso e volentieri utilizzano questi tirocinanti per mansioni tutt&#8217;altro che professionali, non hanno niente da insegnare e come è stato rilevato lo scorso anno da oltre 300 controlli effettuati dall&#8217;ispettorato del lavoro nella sola settimana di Ferragosto e confermato dai sindacati della Riviera, molti di quei lavoratori non solo non erano coperti da contratto e da tutele minime, ma venivano loro negate pause, riposi e turnazioni. Di eventuali assunzioni a lungo termine, non stiamo nemmeno a parlarne.</p>



<p>Pertanto, parlare di gavetta, mi sembra un perfido esercizio di stile pur di non usare la parola appropriata che in bocca ad un Presidente di Categoria non starebbe bene. E quella parola è &#8220;sfruttamento&#8221;.</p>



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<h2>Non è più sufficiente che se ne parli: lo hanno capito anche i giornali. La debàcle delle aziende sui social.</h2>



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<p>E&#8217; cambiato il modo con cui anche i giornali(sti) più &#8220;obbedienti&#8221;, dopo aver riscontrato che i loro articoli postati sui social nella speranza di migliaia di like e di commenti ne ottenevano certamente tantissimi, ma di ben altro tenore rispetto a quanto sperato (insulti, minacce di disdetta di abbonamenti, commenti ironici e sprezzanti e spesso anche informazioni più attendibili da parte dei lettori rispetto agli autori stessi degli articoli), hanno cambiato strategia.</p>



<p>E così, da Wired al Fatto Quotidiano (quest&#8217;ultimo ha pubblicato un articolo molto letto ad opera di <strong>Charlotte Matteini</strong> che il nostro giornale ha avuto il piacere di ospitare a Nobilita Festival lo scorso anno, in cui abbiamo dedicato un intero panel di contro informazione sugli imprenditori che non trovano collaboratori, e siamo molto contenti di averle ispirato un articolo) negli ultimi due giorni non pochi giornali hanno invertito rotta, ricordandoci che il lavoro &#8211; anche se umile &#8211; va pagato, riconosciuto, valorizzato.</p>



<p>Benvenuti giornalisti, nel mondo del lavoro.</p>



<p></p>



<p class="has-text-align-center"><em>L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.</em></p>



<p class="has-text-align-center"><em>Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro.&nbsp;</em></p>



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La gavetta c&#8217;è sempre stata, non l&#8217;ha inventata Borghese. Ma vale se è utile ad imparare e ad assumere.


<p><strong>Rientrano a scuola ma non in classe</strong>, vengono considerati alla stregua degli inidonei, ma di fatto non lo sono, e dovrebbero continuare così fino al 15 giugno, data in cui scade l’obbligo vaccinale per la loro categoria.</p>



<p>Parliamo degli <strong>insegnanti di scuole di qualsiasi ordine e grado</strong> <strong>senza Green pass</strong> – perché “scaduto” o perché non hanno mai fatto il vaccino – che, nel silenzio di un’Italia per la quale il COVID-19 esiste ma non è più così importante, si trovano ad affrontare una situazione che non si era mai verificata prima d’ora.</p>



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<h2 id="h-quasi-4-000-insegnanti-senza-green-pass-a-scuola-senza-insegnare-e-con-l-orario-raddoppiato">Quasi 4.000 insegnanti senza Green pass: a scuola senza insegnare e con l’orario raddoppiato</h2>



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<p>Cosa fanno se non sono in classe?, verrebbe da chiedere.</p>



<p>Dall<strong>’1 aprile</strong> sono adibiti a lavori in biblioteca, in segreteria, a riordinare materiale di archivio, eccetera. Per effetto del Decreto Legge n. 24 del 24 marzo 2022 e delle note ministeriali dei giorni successivi <strong>possono rientrare sì a scuola</strong>, ma per svolgere “<strong>attività alternative a quelle di docenza</strong>”. Ma non finisce qui: per loro cambia l’orario, che diventa di <strong>36 ore alla settimana</strong>: <strong>il doppio</strong> delle 18 ore settimanali previste in aula, cui – come sa chi ha fatto l’insegnante – si aggiungono le ore di preparazione della lezione, di correzione compiti, di consigli di classe, riunioni con altri docenti. E la lista non finisce qui.</p>



<p>Ore al di fuori della classe che, però, di solito i docenti gestiscono in autonomia. Per chi invece è sprovvisto di Green pass non solo c’è la richiesta di fare attività più vicine al personale ATA che all’insegnamento, ma di <strong>svolgerle nell’unico luogo dove</strong>, secondo quanto precisa la nota ministeriale del 20 marzo scorso, <strong>sono stati assegnati dai dirigenti scolastici</strong>.</p>



<p>Il che significa dire addio al lavoro di studio, di ricerca e soprattutto alla<strong> relazione con gli studenti</strong>. Fino al<strong> 30 aprile</strong>, poi, come previsto per ogni luogo di lavoro, per questi docenti c’è anche l’<strong>obbligo di avere il Green pass base</strong>, quindi di fare un tampone ogni due giorni per entrare a scuola.</p>



<p>Di quanti insegnanti parliamo? In totale, come <a href="https://www.ilsole24ore.com/art/dal-1-aprile-docenti-no-vax-possono-tornare-scuola-senza-insegnare-AE76RnMB">riporta il </a><a href="https://www.ilsole24ore.com/art/dal-1-aprile-docenti-no-vax-possono-tornare-scuola-senza-insegnare-AE76RnMB" target="_blank" rel="noreferrer noopener nofollow">Sole</a><a href="https://www.ilsole24ore.com/art/dal-1-aprile-docenti-no-vax-possono-tornare-scuola-senza-insegnare-AE76RnMB"> 24 Ore</a>, basandosi sulla relazione tecnica allegata al Decreto COVID-19 e come conferma l’ANIEF (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori), si tratterebbe di<strong> 3.812 docenti</strong>, di cui <strong>2.677 di ruolo</strong> e <strong>1.135</strong> ancora precari. Per sostituirli, il totale di spesa calcolato dal MEF sarebbe di<strong> oltre 29 milioni di euro</strong>.</p>



<p>Per capire meglio la situazione abbiamo parlato con <strong>Marcello Pacifico</strong>, presidente di ANIEF, e con alcuni insegnanti con storie diverse tra loro: <strong>Serafina De Giglio</strong>, <strong>Rosario Santaniello</strong> e <strong>Arianna Maccarrone</strong>.</p>



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<h2 id="h-gli-inidonei-del-green-pass-persone-sane-che-vengono-squalificate">Gli inidonei del Green pass, persone sane che vengono squalificate</h2>



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<p>“Siamo in <strong>totale opposizione rispetto al decreto e l’interpretazione dell’ufficio legislativo del ministero è sbagliata</strong>, e va contro le normative inesistenti” afferma Pacifico senza mezze misure.</p>



<p>Per l’organo legislativo, infatti, le 36 ore settimanali sono necessarie e non farle effettuare “comporterebbe un arbitrario e inaccettabile dimezzamento dell’orario lavorativo”. Inoltre si tratterebbe, “stante la parità di retribuzione, di un trattamento privilegiato rispetto ai colleghi vaccinati”. Se il ministero la pensa così, non è di certo d’accordo il sindacato: “Secondo noi, c’è un <strong>equivoco di fondo</strong>: il ministero così dicendo si ostina a pensare che chi non è vaccinato possa avere un trattamento simile a chi non è idoneo. E in base a quale criterio può essere considerato tale <strong>se è sano</strong>?”.</p>



<p>L’estensione ai docenti non vaccinati dell’orario di 36 ore settimanali ha a che fare con quanto previsto dall<strong>’articolo 8 del CCNI scuola per i lavoratori cosiddetti fragili</strong>, chi cioè per svariati motivi non è più in grado di insegnare e la cui situazione viene normalmente vagliata da una commissione ad hoc.</p>



<p>“<strong>Tale utilizzo del contratto ci sembra irragionevole</strong>”, precisa Pacifico. “Inoltre, questi docenti non possono fare lezioni in presenza<strong> ma nessuno vieta loro di fare la DAD</strong>, che potrebbe essere richiesta dalle famiglie se i figli si trovano in quarantena o impossibilitati a partecipare alle lezioni. Una possibilità che di fatto <strong>dalle scuole</strong> <strong>non viene messa in campo</strong>. E perché questo non riguarda anche i dirigenti o il personale ATA? Adibire i docenti a mansioni più simili a quelle degli amministrativi <strong>squalifica la loro funzione</strong>. Ci si potrebbe invece avvalere del loro supporto per la gestione dei corsi di recupero online oppure per gestire il PTOF (<em>Piano Triennale dell’Offerta Formativa</em>, <em>N.d.R.</em>). O ancora per attività a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento che sono più in linea con il loro ruolo. Una soluzione simile invece è presentata <strong>come una punizione </strong>per quegli insegnanti che si ritiene debbano dare il buon esempio”.</p>



<p>A presentare<strong> ricorso </strong>finora sono stati 500 docenti, ci dicono da ANIEF, che si aggiungono ai 3.000 che l’hanno fatto contro l’obbligo vaccinale. “Lo Stato sta sbagliando nel <strong>continuare a umiliare la categoria docenti </strong>e chi ha fatto una scelta individuale ben precisa. La scuola non è un carcere e bisogna ridare dignità al personale” chiosa il presidente ANIEF.</p>



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<h2 id="h-i-docenti-non-vaccinati-obbligati-a-chiedere-le-ferie-per-pasqua">I docenti non vaccinati obbligati a chiedere le ferie per Pasqua</h2>



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<p>E con l’arrivo della Pasqua c’è anche il<strong> nodo ferie</strong>. Normalmente per gli insegnanti la sospensione delle lezioni coincide con il fatto di non andare a scuola, mentre – si legge sul sito di ANIEF – sono arrivate diverse segnalazioni di docenti non vaccinati e riammessi in servizio con altre mansioni che hanno ricevuto l’invito da parte dei presidi a <strong>richiedere quelle ferie che avrebbero di diritto</strong>.</p>



<p>Per il sindacato è <strong>una richiesta illegittima</strong> perché l’articolo 8 del DL 24 di fatto non richiama mai il CCNI sugli inidonei e non stabilisce l’inquadramento dei docenti senza Green pass nei profili ATA. Inoltre “non hanno sottoscritto uno specifico contratto individuale di lavoro di durata pari al periodo di inidoneità riconosciuta, così come stabilito dal contratto. A loro, pertanto, devono applicarsi le condizioni del CCNL riferite al proprio inquadramento e profilo.</p>



<p>“Non bastava l’illegittimità di chiedere loro di svolgere il proprio servizio nella misura di 36 ore settimanali, adesso si vorrebbero anche imporre gli istituti contrattuali previsti per il personale ATA, che nel loro caso nessuna norma prevede”.</p>



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<h2 id="h-serafina-insegnante-di-scuola-primaria-mi-ritrovo-a-scegliere-tra-lavoro-e-vita-privata">Serafina, insegnante di scuola primaria: “Mi ritrovo a scegliere tra lavoro e vita privata”</h2>



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<p>E mentre si parla di vacanze pasquali, c’è chi vivrà questo periodo senza sapere quale sarà il suo prossimo futuro. È il caso di <strong>Serafina De Giglio</strong>, insegnante di scuola primaria per le discipline scientifiche, con un contratto a tempo determinato da settembre a giugno.</p>



<p>“<strong>Sono vaccinata con due dosi</strong> <strong>e il Green pass mi scade il 14 aprile</strong>. Al momento non so quale sarà il mio destino, dalla segreteria mi è stato detto che prima di capire dovrebbe arrivarmi la lettera con invito a effettuare la terza dose. Io comunque non sono propensa a farla perché sono alla ricerca di un secondo figlio e, seguendo quanto mi ha detto la mia ginecologa, sarebbe meglio evitare, anche per la mia situazione personale. Quando mi sono vaccinata a ottobre avevo l’idea che potesse servire a qualcosa, ora invece sono restia e <strong>mi ritrovo a scegliere tra il lavoro e la vita privata</strong>.”</p>



<p>Se infatti fino al 14 aprile la docente può restare in classe, dal giorno successivo, senza la terza dose – considerando la finestra di tempo che viene data per mettersi in regola – andrebbe a ingrossare le fila degli insegnanti che dicono addio all’insegnamento fino a giugno.</p>



<p>“Finora non ho ricevuto nessuna comunicazione e immagino non saprò nulla se non dopo Pasqua. Non tornare nella mia classe è come un demansionamento, anche se ci viene presentato come parte del contratto. Sto quasi per finire l’anno, mi mancano due mesi. Mi sono vaccinata, e ora, perché non voglio proseguire, <strong>vengo trattata al pari di chi è inidoneo all’insegnamento</strong> – cosa per la quale è prevista una commissione ad hoc e ci vuole tempo per stabilire se è così o no. E poi che attività svolgerò? Una mia collega è rientrata da poco, sta facendo le 36 ore archiviando libri. Ci hanno detto che potremmo dare una mano a vari progetti, a correggere le prove INVALSI, ma c’è già del personale pagato apposta; di fatto è un trovare dei buchi da tappare.”</p>



<p><strong>Una situazione che mortifica non poco chi ama il suo lavoro</strong>, e questa passione traspare da ogni parola che Serafina usa per condividere il suo stato d’animo: “Che senso ha prendere una supplente e <strong>pagare un doppio stipendio</strong> quando io <strong>starei volentieri con i miei bambini in classe</strong>? Tutto ciò mi deprime non poco e ricade sulla mia famiglia. Io vivo per il mio lavoro, tutta la mia formazione, gli anni di studio (<em>a breve prenderà la laurea</em>, <em>N.d.R.</em>) sono in funzione di questo. E non poterlo fare mi destabilizza. Ai bambini, visto che non so come andrà, non ho ancora detto nulla”.</p>



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<h2 id="h-rosario-insegnante-alle-medie-sto-facendo-il-bibliotecario-ed-e-una-costrizione-psicologica">Rosario, insegnante alle medie: “Sto facendo il bibliotecario ed è una costrizione psicologica”</h2>



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<p><strong>Rosario Santaniello</strong>, 46 anni, è emigrato dalla Campania e da 17 anni vive a Milano. Insegna matematica e scienze alle scuole medie ed è uno di quegli insegnanti sospesi a gennaio per non avere adempiuto all’obbligo vaccinale e rientrato ad aprile.</p>



<p>“Faccio un tampone ogni due giorni per entrare a scuola, dove di fatto<strong> sto facendo il bibliotecario</strong>. Catalogo libri, da qualche giorno mi hanno dato un computer per metterli nel database mentre prima redigevo a mano lo schedario”.</p>



<p>La biblioteca dove lavora prima di lui era gestita da volontari. Ha un orario fisso: “Devo fare <strong>7 ore e 12 minuti ogni giorno per cinque giorni</strong>, secondo un prospetto che mi è stato dato dalla preside. Un orario che forse per una biblioteca scolastica, che certamente va riordinata, è anche eccessivo. Quando arrivo e quando esco <strong>firmo un registro in segreteria</strong>. Come l’ho presa? All’inizio male, a me piace stare in mezzo ai libri, ma è chiaro che se vado a scuola vorrei fare il mio lavoro. Sono isolato, senza vedere nessuno. È una<strong> costrizione psicologica</strong>”.</p>



<p>Rosario, a dire il vero, aveva pensato di vaccinarsi il 12 marzo del 2021, ma “quando ho saputo che cosa era successo con AstraZeneca e sono emerse le prime reazioni avverse, ho preferito rinviare”. Anche sua moglie è insegnante e lui, tra il serio e il faceto, ammette: “<strong>Siamo due idonei senza esserlo davvero</strong>. Lei lavora in una scuola per l’infanzia ed è in una specie di sgabuzzino a riordinare dei materiali. Le hanno dato qualcosa da fare, ma ovviamente sarebbe voluta rientrare a fare il suo lavoro”.</p>



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<h2 id="h-arianna-insegnante-al-rientro-dalla-maternita-torno-a-scuola-a-maggio-ma-non-so-ancora-per-fare-cosa">Arianna, insegnante al rientro dalla maternità: “Torno a scuola a maggio, ma non so ancora per fare cosa”</h2>



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<p>E al lavoro a maggio dovrebbe rientrare anche <strong>Arianna Maccarrone</strong>, maestra d’italiano in una scuola primaria, dopo essere stata in maternità per il secondo figlio e dopo che è scaduto il suo Green pass da guarita.</p>



<p>“Dovrei essere a disposizione del plesso e della mia classe visto che ritornerei dopo il 30 aprile, ma<strong> di fatto non so dove sarò</strong>. Ho chiamato diverse volte in segreteria per sapere qualcosa, ma non so molto. Se non che, in virtù dell’allattamento, giornalmente non potrò superare le sei ore. Certo, potrei restare in maternità, ma è pagata al 30% e poi ho voglia di tornare a scuola, anche se non potrò insegnare. Una mia collega è rientrata da poco ed è stata adibita alla segreteria, dove resterà per due mesi. Siamo educatrici, mi sembra assurdo che dobbiamo fare tutt’altro.”</p>



<p>E sulla questione <strong>demansionamento</strong> si è pronunciata anche UCDL, Unione per le Cure, i Diritti e le Libertà che ha annunciato una<strong> manifestazione a Roma il 19 aprile </strong>davanti alla sede del ministero dell’Istruzione. La manifestazione, dal titolo “<strong>Insegniamo a non discriminare</strong>”, vedrà una delegazione di docenti chiedere chiarimenti sulla situazione degli insegnanti senza Green pass, e presenterà la denuncia alla Corte dei conti per probabile danno erariale.</p>



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<p><em>Photo credits: supersud.it</em></p>


Demansionati gli insegnanti senza Green pass: il ministero preferisce spendere 29 milioni in supplenze

<p>Quindici giorni. Per i <strong>1.800 navigator</strong> <strong>rimasti</strong> il conto alla rovescia verso il <strong>30 aprile</strong>, data di fine proroga contrattuale, è ufficialmente iniziato. Non sono serviti tre anni di battaglie e due rinnovi per arrivare alla tanto agognata soluzione strutturale, in grado di garantire futuro professionale a un gruppo di lavoratori lanciati allo sbaraglio, e troppo spesso finiti nel tritacarne politico con l’etichetta di vittime sacrificali.</p>
<p>È possibile, comunque, che anche questa volta il Governo decida di calciare la palla un po’ più in là. La proposta di un <strong>ulteriore prolungamento</strong> dell’ultimo minuto è così lontana dalla realtà?</p>
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<h2 id="h-matteo-diomedi-presidente-a-n-na-orlando-si-prenda-responsabilita-politica-dei-navigator">Matteo Diomedi, presidente A.N.NA.: “Orlando si prenda responsabilità politica dei navigator”</h2>
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<p>“Non posso che essere incerto, in questo momento. Risposte non ce ne sono”. Non filtra certo ottimismo dalle parole di <strong>Matteo Diomedi</strong>, presidente di A.N.NA., Associazione Nazionale Navigator. “Il <strong>ministro Orlando</strong> ci ha nei fatti riferito che, in buona sostanza, <strong>una nuova proroga non è possibile</strong>, e se vuoi la mia opinione, l’idea di un altro periodo a termine fine a sé stesso ha poco senso. A che serve allungare il brodo, se non a creare ulteriori frustrazioni e paure, e a spingere altre risorse ad abbandonare il progetto?”.</p>
<p>E quindi, da che parte si rema? “<strong>Bisogna arrivare a una situazione stabile</strong>, che permetta a lavoratori stabili l’erogazione di servizi altrettanto stabili. Se non c’è questa volontà, dopo trentacinque mesi, è opportuno che <strong>qualcuno si assuma delle</strong> <strong>responsabilità politiche</strong>. Oggi quel qualcuno è proprio <strong>Orlando</strong>. Tutti sappiamo com’è iniziata questa storia, dal rapidissimo percorso di selezione e formazione, perché all’epoca servivano velocemente competenze nuove (<em>o forse proprio mere risposte politiche, N.d.R.</em>), alla promessa di consolidare nel tempo la nostra presenza. Promessa ovviamente mai mantenuta”.</p>
<p>A voler leggere un dato positivo, però, si potrebbe dire che intorno al movimento si è creato un grande <strong>senso di appartenenza</strong>. Come si spiega, altrimenti, il fatto che 1.800 professionisti siano ancora a bordo di un progetto a poche ore dal possibile tramonto? “Sì e no. Diciamo che è molto forte per una ristretta parte di noi, un 20-25%. Tanto che ci siamo chiesti, dialogando con esperti del settore, quali sono le cause di questa <strong>difficoltà nel creare una comunità più ampia</strong>. Anche con l’associazione non siamo riusciti a intercettare più di cinquecento iscritti, ed è un vero peccato perché c’è sempre stata, nel nostro percorso, la necessità di essere rappresentati. Soprattutto negli ultimi tempi, che registrano tra le fila dei navigator <strong>una continua diaspora</strong>”.</p>
<p>Emorragia peraltro logica: non ci sono garanzie per il futuro. “Questo è il paradosso. L’attuale contesto storico conta le importanti sfide che l’Europa ci chiede di rispettare in termini di politiche attive del lavoro, i finanziamenti del <strong>PNRR</strong>, la platea del <strong>Reddito di Cittadinanza</strong>, tutta la narrazione sulle <strong>fasce più deboli da proteggere</strong>, il programma <strong>GOL</strong> per la garanzia di occupabilità dei lavoratori. Mi domando: chi si occupa di queste attività? Andate a intervistare <strong>gli operatori dei CPI</strong>: <strong>molte volte non sanno come fare senza di noi</strong>. Parliamoci chiaro: ci sono ancora in campo quasi 2.000 persone, con competenze già acquisite, che tra due settimane chiuderanno la propria esperienza di servizio. Inspiegabile. Per questo i nostri sentimenti sono di ansia e rabbia. Ma anche di <strong>disgusto</strong>”.</p>
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<h2 id="h-navigator-per-sempre-le-competenze-in-dote-di-un-gruppo-ben-formato-e-selezionato">Navigator per sempre. Le competenze in dote di un gruppo ben formato e selezionato</h2>
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<p>Tra i tanti report interessanti sui risultati delle politiche attive, merita menzione <strong>l’indagine prodotta dalla Corte dei conti</strong>, che approfondisce le caratteristiche dei <strong>centri per l’impiego</strong>, rappresentati da un’età media che supera i cinquant’anni e da una situazione di digital divide preoccupante. Dall’altro lato i dati presentati all’audizione della Commissione Lavoro a Camera e Senato mettono in luce i <strong>navigator</strong> come un gruppo <strong>equamente suddiviso nel genere</strong>, con una predominanza femminile che si attesta al 54% e una <strong>formazione variegata</strong>, con tutte le discipline economiche, giuridiche e psicologiche coinvolte. Il 35% degli assunti ha meno di trent’anni, il 41% ne ha tra i trenta e quaranta e il 24% è over quaranta. Una popolazione “aziendale” a disposizione della pubblica amministrazione da non disperdere o, quanto meno, da valutare con attenzione. Peccato che l’esodo legato a questa infinita precarietà abbia già ridotto il gruppone quasi del 50%.</p>
<p>“<strong>Ma navigator si è per sempre</strong>, come gli alpini”. <strong>Mario Giaccone</strong> ha prestato servizio a Castelfranco Veneto fino a novembre dello scorso anno. Da dicembre ha cambiato professione, è passato a Milano, al coordinamento dei centri per l’impiego. “Quando ho capito che di futuro era difficile parlare, ho colto al volo l’occasione di questo concorso, che ho superato limitandomi a studiare il minimo indispensabile”.</p>
<p>Quasi a dire che l’esame superato per il posto da navigator ha selezionato profili di un certo livello. “Quel che resta della nostra esperienza è proprio <strong>l’importante bacino di competenze</strong> portate in dote da questo gruppo: già presenti grazie agli interessanti percorsi di studi e ulteriormente implementate negli ultimi tre anni. Sono convinto che chi si ricolloca – nei CPI la percentuale si avvicina appena al 20% – offre senza dubbio un fondamentale valore aggiunto”. Resta solo questo del vostro passaggio? “Sicuramente rimane il Reddito di Cittadinanza. <strong>Del nostro lavoro</strong>, invece, dal mio punto di vista <strong>non resta nulla</strong>, se non come detto <strong>ottimi profili</strong> formati con un certo stile”.</p>
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<h2 id="h-paradossale-concorrenza-tra-anpal-e-arpal-c-era-chi-ci-impediva-l-accesso-ai-cpi">“Paradossale concorrenza tra ANPAL e ARPAL, c’era chi ci impediva l’accesso ai CPI”</h2>
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<p>“L’opportunità è stata davvero importante per me”.</p>
<p><strong>Francesca Cagnetta</strong>, 28 anni e neolaureata in Giurisprudenza, ha sfruttato l’occasione di diventare navigator quasi per caso, partecipando alla selezione mentre preparava altri concorsi. “Ho abbracciato il progetto, in particolar modo perché il mondo delle politiche attive mi interessa abbastanza, tanto che ora sono in ARPAL Puglia, l’associazione regionale. La mia esperienza, unita ai primi giorni in quella attuale, mi permette di evidenziare con certezza quanto manchi una vera e propria cultura delle politiche attive in Italia”.</p>
<p>Immagino sia una vera corsa a ostacoli. “Almeno così l’ho vissuta io finora. <strong>In provincia di Taranto eravamo praticamente in autogestione</strong>, i nostri supervisor ci fornivano indicazioni molto larghe. <strong>Anche la rete di aziende è stata costruita partendo da zero</strong>, nei centri per l’impiego è del tutto assente. Gli strumenti forniti, come la piattaforma per la mappatura, sono un labirinto quasi inutile. Comunque un po’ di risultati li abbiamo portati a casa, e personalmente mi sono affezionata al mio lavoro. Sono cresciuta, e al contempo si stava creando una rete nazionale, grazie ad A.N.NA. e ai gruppi social su Facebook. Rete che manca del tutto nelle politiche attive nella Regione. Addirittura <strong>ANPAL</strong> e <strong>ARPAL</strong>, agenzie costruite per collaborare, si sono spesso opposte in una sorta di <strong>paradossale concorrenza</strong>”.</p>
<p>Davvero? “Pensa che, per esempio, in ARPAL Puglia tempo addietro è uscita una <strong>direttiva per impedire l’accesso ai navigator ai CPI</strong>”. E come siete riusciti a lavorare? “Costruivamo i patti per il lavoro da remoto, poi incontravamo gli utenti solo per la firma, ma li dovevamo accogliere all’ingresso del centro, perché all’interno per noi non c’era posto”.</p>
<p>Nel frattempo, però, sei passata dall’altra parte della barricata. Adesso hai un lavoro stabile. “A livello personale ho dovuto lasciare la posizione di navigator perché troppo incerta. Non per me, sono giovane ed è stata un’ottima palestra. Ma non vedevo in queste continue proroghe una parvenza di progettualità. C’è bisogno di costruire una logica, non ho ben capito come pensano di costruire politiche attive strutturali senza dare continuità a chi presta servizio. Inoltre, soprattutto nella prima fase con Parisi al timone di ANPAL, si guardavano solo i numeri. L’importante era produrre patti per il lavoro. La vera sfida, invece, è <strong>costruire percorsi veri di formazione e ricollocamento per i percettori</strong>. Non sfornare solo burocrazia”.</p>
<p>Con il 30 aprile alle porte non rimane che sperare in ARPAL, allora. “Anche se, per farti capire il punto di partenza, oggi i telefoni del mio ufficio non raggiungono i cellulari e i numeri esterni. Come possiamo costruire rete con le aziende se non abbiamo nemmeno le linee telefoniche funzionanti? La mia opinione, in ogni caso, è che le competenze dei navigator tornerebbero molto utili per ARPAL e per il futuro delle politiche attive a livello nazionale”. Telefono permettendo.</p>
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<p><em>Photo credits: sicilia.opinione.it</em></p>


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Navigator, non ne rimarrà neanche uno? Dal Governo stop alle proroghe

Le figure simbolo della lotta alla disoccupazione all&#8217;ultima svolta: il 30 aprile si concluderà la loro esperienza. Raccogliamo le loro testimonianze e quella di Matteo Diomedi, presidente A.N.NA.: &#8220;1.800 persone competenti e formate lasciate a sé. Rabbia e disgusto, Orlando si prenda responsabilità&#8221;.

Navigator, non ne rimarrà neanche uno? Dal Governo stop alle proroghe - Informazione senza filtro

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<p>Per azienda cliente, storica e solida, ricerchiamo</p>



<h1 id="h-disegnatore-progettista-cad-buyer-settore-meccanico"><strong>Disegnatore &#8211; Progettista CAD Buyer Settore Meccanico</strong></h1>



<p>Profilo ideale:</p>



<ul><li><strong><mark>Esperienza anche minima nel ruolo di disegnatore / progettista meccanico; gradito anche eventuale supporto nell&#8217;ufficio acquisti, buyer nei rapporti con i fornitori italiani per l&#8217;approvvigionamento delle materie prime maturata presso aziende meccaniche / metalmeccaniche oppure officine;</mark></strong></li><li><strong>Conoscenza di software di progettazione CAD;</strong></li><li><strong>Preparazione tecnica, acquisita attraverso una minima esperienza di lavoro sul campo;</strong></li><li>Diploma Tecnico / Professionale in Meccanica, Perito industriale e/o Laurea in Ingegneria Meccanica et similia;</li><li>Persona attenta e precisa, con forte senso pratico e cura di dettagli; persona dinamica, sveglia, dedita al proprio lavoro e di grande fiducia; ottime capacità relazionali e comunicative; capacità ed abitudine a lavorare sia in autonomia sia in team; persona capace, ordinata, determinata ed autonoma; forte motivazione ad ulteriore crescita professionale all&#8217;interno dell&#8217;azienda;</li><li>Gradita eventuale conoscenza intermedia della lingua inglese;</li><li>Domicilio a Milano Zona Sud o nelle aree limitrofe all&#8217;azienda; in alternativa si valutano profili da tutta Italia disponibili all&#8217;immediato trasferimento nelle vicinanze dell&#8217;azienda;</li></ul>



<p>Mansioni da svolgere:<br>Il/la candidato/a ideale, dopo un breve periodo di affiancamento, sarà in grado di svolgere le seguenti attività:</p>



<ul><li><strong>Disegno e progettazione di non-complesse macchine, dimensionando ed assemblando i prodotti a catalogo;</strong></li><li>Supporto nella fase di assemblaggio e montaggio meccanico ed elettrico per assicurarne la conformità al disegno tecnico nonché aiuto nell&#8217;individuazione di non-conformità con eventuale intervento per aggiustamenti e migliorie; supporto testing e collaudo;</li><li><strong>Supporto nella gestione del rapporto con i fornitori italiani settore meccanico&nbsp;</strong>per assicurare il corretto ed ottimale approvvigionamento delle materie prime necessarie alla produzione; supporto nella gestione del rapporto con i fornitori italiani settore meccanico per assicurare il corretto ed ottimale approvvigionamento delle materie prime necessarie alla produzione</li><li>Verifica congruità e conformità bolle e fatture nonché monitoraggio quantità, qualità, timing delle consegne;</li><li>Altre attività definite dal Management.</li></ul>



<p><strong>Inserimento: immediato / asap</strong></p>



<p><strong>Sede di lavoro: Milano Sud</strong></p>



<p>Inquadramento e retribuzione indicativi:&nbsp;<strong>assunzione diretta fulltime, ccnl metalmeccanico, 13 mensilità&nbsp;</strong>con compensi in linea con le competenze e le esperienze effettivamente maturate.</p>



<p><mark>I candidati interessati sono invitati ad inviare il proprio CV (<strong>&nbsp;RIF. 211081&nbsp;</strong>) all&#8217;indirizzo&nbsp;<strong>mariaelisascarcia@iqmselezione.it</strong>&nbsp;</mark>previa lettura dell&#8217;informativa privacy sul nostro sito a&nbsp;<a href="http://www.iqmselezione.it/privacy.htm">http://www.iqmselezione.it/privacy.htm</a>&nbsp;IQM selezione. </p>



<p>La selezione rispetta il principio delle pari opportunità (L. 903/77). Aut. Min. 1314 RS.</p>



<figure class="wp-block-image size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/11/disegnatore-progettista-cad-meccanico-milano.jpg"><img width="800" height="800" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/11/disegnatore-progettista-cad-meccanico-milano.jpg" alt="" class="wp-image-46922" /></a></figure>


Disegnatore &#8211; Progettista CAD Buyer Settore Meccanico


<p>I <strong>giovani</strong> leggono e interpretano il presente, e il futuro, attraverso una visione improntata a valori come <strong>trasparenza</strong>, etica, <strong>fiducia</strong>, inclusione e <strong>diversità</strong>. È quanto emerge dalla conferenza <em>Giovani generazioni: manuale per l’uso delle sfide che le attendono</em>, tra gli eventi della <strong>Family Economy Week 2021</strong>, giunta alla seconda edizione, svoltasi dal 18 al 22 ottobre con un fitto calendario online di appuntamenti.</p>



<p>Il panel ha evidenziato le ripercussioni innescate dal COVID-19, le potenzialità e le sfide di generazioni che fanno della sostenibilità – sociale, ambientale ed economica – la cifra distintiva del loro agire e sentire. Lo ha testimoniato <strong>Nicolò Santin</strong>, AD e cofondatore di Gamindo, che punta a esaudire il sogno di molti: salvare il mondo con i videogiochi. Gamindo, infatti, è la piattaforma dove si può convertire il tempo speso giocando ai videogiochi in donazioni a enti non profit.</p>



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<h2 id="h-non-solo-boomer-che-cosa-possono-fare-le-vecchie-generazioni">Non solo boomer: che cosa possono fare le “vecchie generazioni”?</h2>



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<p>La pandemia ha sancito la vittoria della <strong>rivoluzione digitale</strong> sull’analogico. Il lockdown, l’isolamento e la conseguente immersione nelle esperienze digitali hanno accelerato nei bambini e nei giovani notevoli <strong>cambiamenti cognitivi, ma anche emotivo-affettivi</strong>.</p>



<p>«<strong>Il pensiero è sempre più percettivo</strong>, meno simbolico, l’attenzione diventa sempre più multitasking e meno unidirezionale», spiega lo psichiatra e psicoterapeuta <strong>Tonino Cantelmi</strong>.</p>



<p>Si evidenzia soprattutto una <strong>frattura generazionale</strong> mai vista prima d’ora, dove alla I-gen si contrappongono gli “ok boomer”, adulti ormai poco credibili che hanno sottratto ai giovani il futuro in quanto responsabili del consumo del mondo. Sono adulti che non trasmettono più i saperi, perché le nuove generazioni costruiscono il proprio sapere attraverso comunità autoreferenziate. C’è quindi un enorme divario intergenerazionale in termini di visione del mondo.</p>



<p><strong>Gli adulti potrebbero ancora dire la loro</strong> e sostenere le nuove generazioni nella loro principale difficoltà: la capacità di entrare in relazione con l’altro in maniera empatica e compassionevole. La domanda da porsi è: sapranno far scoprire loro il terreno dell’intimità e della vicinanza oppure si riveleranno ancora una volta deludenti?</p>



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<h2 id="h-dal-pre-covid-al-post-pandemia-il-nodo-dell-apprendimento">Dal pre-COVID al post-pandemia: il nodo dell’apprendimento</h2>



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<p>L’emergenza sanitaria ha inferto cicatrici profonde anche sul <strong>fronte educativo</strong>.</p>



<p>«L’Italia è stata campione d’Europa della <strong>DaD</strong>, con conseguenze rilevanti. Lo evidenziano i risultati dei test INVALSI del 2021 rispetto a quelli del 2019: <strong>il livello di apprendimento è sceso del 10-15%</strong> da un anno all’altro, soprattutto nelle scuole medie e superiori, che più hanno ricorso alla Didattica a Distanza», commenta <strong>Vincenzo Galasso</strong>, docente di Economia politica della Bocconi di Milano e autore del volume<em> Gioventù smarrita. Restituire il futuro a una generazione incolpevole</em>. Il rischio è l’aumento nei prossimi mesi del tasso di abbandono scolastico. «La priorità sarà investire risorse per recuperare chi è rimasto indietro, anche promuovendo forme di tutoraggio psicologico».</p>



<p>Anche <strong>Giovanna Martinengo</strong>, fondatrice e presidente di Didael KTS, si concentra su questo aspetto gravemente trascurato: «Nel nostro Paese manca l’attenzione all’apprendimento, all’aspetto cognitivo dei nostri giovani. È fondamentale porre prima l’accento sul <strong><em>brainware</em></strong>, e solo dopo sull’hardware e sul software».</p>



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<h2 id="h-il-paradigma-dell-economia-collaborativa">Il paradigma dell’economia collaborativa</h2>



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<p>I tradizionali modelli di organizzazione aziendale risultano ormai obsoleti. Le tecnologie hanno costretto le imprese a cambiare per restare competitive. Le giovani generazioni, secondo Giovanna Martinengo, si muoveranno sempre più all’interno di un’<strong>economia collaborativa</strong>, e nelle aziende si interfacceranno con le generazioni precedenti e con intelligenze non solo naturali, ma artificiali.</p>



<p>Con <strong>Antonio Romano</strong>, l’architetto e designer fondatore di Inarea – il network internazionale e indipendente che opera nell’ambito dei sistemi di identità per imprese, istituzioni, prodotti e servizi – si sono analizzate le <strong>trasformazioni</strong> avvenute nella comunicazione, nel marketing e nella progettazione dei brand che i nativi digitali contribuiscono ad alimentare ogni giorno, mettendo gli stessi marchi al centro di un affollamento multimediale senza precedenti.</p>



<p>Sostenibilità, digital e <em>healthcare</em> declinano la sensibilità contemporanea dei consumatori e influenzano il branding: «La <strong>relazione</strong> è l’elemento che conta in quest’epoca. Il design della relazione diventa la leva con cui dare valore aggiunto all’esistenza».</p>



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<h2 id="h-donne-stem-e-salari-il-gap-esiste-ancora-nove-ingegneri-su-dieci-sono-uomini">Donne, STEM e salari, il gap esiste ancora: nove ingegneri su dieci sono uomini</h2>



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<p>Una delle sfide che le nuove generazioni devono ancora affrontare è la <strong>disparità di genere</strong>. La parità nell’educazione è ormai stata ampiamente raggiunta, resta però il divario nella scelta dei percorsi di studio delle <strong>materie STEM</strong>, considerate a ragione il pilastro dei lavori di oggi e domani.</p>



<p>«Nel settore della ricerca, a livello mondiale, <strong>solo il 30% dei ricercatori è donna</strong>, di cui la metà lavora in Asia centrale. Le ricercatrici <strong>pubblicano e guadagnano meno </strong>rispetto ai colleghi», sottolinea Giovanna Martinengo, che presiede anche l’Associazione Women&amp;Technologies – Donne e Tecnologie.</p>



<p>Negli ultimi cinque anni, il trend internazionale vede le ragazze continuare a prediligere le facoltà umanistiche; seguono le professioni sanitarie, le biotecnologie, il settore chimico-farmaceutico e l’architettura. «Solo la <strong>facoltà di statistica</strong> nel mondo è vicina alla parità. Resta significativa la forbice nelle facoltà di ingegneria, informatica, matematica e fisica».</p>



<p>Le donne si laureano con <strong>votazioni superiori a quelle degli uomini</strong>, ma poi quando accedono al mondo del lavoro non sono valorizzate; da qui i migliori tassi di occupazione maschili e il fenomeno del <strong>gender pay gap</strong>. Questo scenario vale anche e soprattutto per l’Italia che, in base al Global Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum, occupa la sessantatreesima posizione su 156 Paesi. </p>



<p>«<strong>L’83% di chi lavora nel cloud computing è uomo</strong>, così come il <strong>91% degli ingegneri</strong> del nostro Paese», puntualizza Giovanna Martinengo. Vincenzo Galasso e Antonio Romano rilevano un timido segnale di cambiamento nelle nuove generazioni, ma resta ancora molto da fare per raggiungere l’effettiva parità di genere, a partire dai role model femminili e dalla loro rappresentazione nei media.</p>



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<p><em>Photo credits: ihwjournal.com</em></p>


Family Economy Week 2021: anche tra gli I-gen gli stipendi fanno figli e figliastre

<p>“Quando qualcuno mi chiede <strong>perché faccio il navigator</strong>, perché è così importante questo lavoro, io rispondo semplicemente e con poche parole: perché qualcuno, spero, si fiderà di me”. Lo scrive <strong>Antonio</strong>, professione navigator nella regione Lombardia e autore di <em>Libera</em>, uno dei racconti dell’antologia dal titolo “<strong>Navigator (a vista)</strong>”, edita da Mimesis, che raccoglie testimonianze dirette sul ruolo simbolo del Reddito di Cittadinanza. Una frase che sembra centrare in pieno il nocciolo della questione, visto e considerato il fuoco incrociato politico e mediatico che questa figura professionale sta subendo fin dalla sua nascita.</p>
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<figure class="aligncenter is-resized"><img loading="lazy" decoding="async" src="https://www.mimesisedizioni.it/spool/i__id12044_mw600__1x.jpg" alt="" width="317" height="475" /></figure>
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<h2 id="h-giulia-elisa-martinozzi-a-n-na-un-libro-per-ripensare-i-navigator-e-i-percettori-di-rdc">Giulia Elisa Martinozzi, A.N.NA.: “Un libro per ripensare i navigator e i percettori di RdC”</h2>
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<p>Ben venga, quindi, una raccolta di esperienze divergente rispetto alla piatta cronaca sul tema. <strong>Giulia Elisa Martinozzi</strong>, già vicepresidente dell’associazione nazionale di categoria A.N.NA. (Associazione Nazionale Navigator) e operativa nella regione Lazio, è curatrice del testo, oltre che autrice della prefazione. <em>SenzaFiltro </em>l’ha raggiunta e intervistata.</p>
<p>“L’idea del <strong>contest letterario</strong> l’ho avuta subito dopo il primo lockdown, periodo nel quale oltre alle consuete critiche abbiamo subito anche accuse personali da chi ci vuole fannulloni incapaci”. Un progetto che ha visto la luce nelle scorse settimane, rafforzato da un accorato intervento del sociologo <strong>Domenico De Masi</strong>, presente al festival Nobìlita nelle tappe di Ivrea e Imola, che nell’introduzione fotografa con lucidità quanto la cultura dell’inclusione sia a rischio, a maggior ragione se si cerca di demolire in modo strutturale proprio coloro che avrebbero dovuto incrementarla.</p>
<p>Martinozzi, se la narrazione generalista è quella di un mondo sotto attacco e da escludere in toto, l’intento del libro è di <strong>difendere la categoria dei navigator</strong>? “Almeno in principio sì. Quando poi abbiamo iniziato a ricevere i racconti dei nostri colleghi, valutati e selezionati da una giuria esterna, mi sono resa conto che eravamo inconsapevolmente usciti dallo scopo primario. La difesa della categoria, infatti, è diventata attraverso gli scritti <strong>difesa di un altro gruppo di persone, i percettori del RdC</strong>. Tutto questo è servito a noi per condividere storie e trovare coesione, anche in considerazione del fatto che le Regioni lavorano a compartimenti stagni, ma in senso stretto ci siamo fatti portavoce di una categoria nascosta alla gran parte degli italiani”.</p>
<p>Una categoria spiegata con dovizia di particolari attraverso le storie descritte nel libro. In uno dei racconti, ad esempio, si spiega la mappatura delle opportunità professionali delle aziende come conseguenza diretta della prima attività di un navigator: <strong>tracciare il profilo dei beneficiari </strong>attraverso dettagliate interviste, al fine di <strong>analizzare l’offerta di lavoro</strong>. Quello che emerge da questi colloqui è il ritratto di una popolazione che porta a galla innumerevoli difficoltà di natura sociale: abbandono scolastico, passati di detenzione non ancora riabilitati dalla società, malattie, disabilità e delicate situazioni familiari sono solo alcuni casi citati tra i grossi impedimenti al lavoro con i quali si entra in contatto. Senza contare l’analfabetismo digitale, il basso livello di formazione e il difficile ricollocamento a causa di competenze unicamente legate a settori in profonda crisi.</p>
<p>Quello che si evince da questo e da altri racconti è uno spaccato dove nella stragrande maggioranza i <strong>livelli di competenze e di professionalità</strong> richiesti dalle organizzazioni strutturate sono <strong>ben lontani</strong> da quelli degli utenti che beneficiano del Reddito di Cittadinanza.</p>
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<p><strong>In effetti il vostro operato è reso arduo proprio dalle caratteristiche dei percettori, che spesso sono difficilmente ricollocabili. Forse sviluppare la vostra figura oltre il Reddito di Cittadinanza permetterebbe di lavorare con profili diversi. Però il libro racconta di un’esperienza sociale ad alto livello emotivo.</strong></p>
<p>Anch’io ritengo che i nostri servizi non dovrebbero limitarsi ai soli percettori. E sono onesta nel dire che se fossi un’imprenditrice difficilmente assumerei i nostri utenti medi. Proprio lì sta il tema che non viene approfondito a dovere: non è così semplice trovare il match tra domanda e offerta, serve un lavoro lungo e di qualità sulle persone, che non porta risultati nel breve periodo.</p>
<p><strong>Per queste ragioni i beneficiari vanno difesi a oltranza?</strong></p>
<p>Quel che ancora non si capisce è che, per esempio, le agenzie per il lavoro non seguono questa fascia di persone. L’utente medio che incontriamo noi non è appetibile per l’imprenditore. Nelle Regioni che ce lo permettono proviamo a mettere in contatto i vari servizi territoriali con le necessità dell’utente, questo è il valore aggiunto. Ritarare e personalizzare i percorsi è la missione. La povertà, anche di mezzi, non è una colpa.</p>
<p><strong>Nella prefazione hai scritto che avete provato a emanciparvi dal nome, da sempre marchio negativo di questa esperienza e non a caso titolo del libro, per rendere manifesta l’utilità del vostro lavoro. Ci state riuscendo?</strong></p>
<p>Emanciparsi da una parola è difficile, a maggior ragione per i continui attacchi di stampo politico. Noi, in fin dei conti, siamo dei collaboratori che attuano una misura politica, come se fossimo funzionari. Quindi l’essere figli di un partito politico ci spinge in automatico davanti al plotone d’esecuzione, beneficiari compresi.</p>
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<p><em>Un plotone composto, in diversi casi, anche dagli operatori dei centri per l’impiego ai quali i navigator sono stati assegnati. Non è una novità, e in molti racconti tra quelli raccolti se ne parla. Se a questo si aggiungono disorganizzazione e problematiche strutturali, si possono immaginare le gravose complessità legate alla mansione.</em></p>
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<p><strong>Senza voler approfondire ancora una volta le criticità organizzative dei centri e la mancanza di un coordinamento centrale, il libro può essere davvero un’occasione buona per rappresentare all’opinione pubblica lati nuovi della vostra missione?</strong></p>
<p>La domanda è se l’opinione pubblica è pronta a una narrazione diversa. In caso positivo si potranno trovare tante risposte nell’antologia di racconti, proprio perché raccontiamo storie. Se queste servono a dimostrare non solo che i navigator lavorano, cosa di una banalità assoluta, ma che una misura come il Reddito di Cittadinanza aiuta tante persone, allora siamo sulla strada giusta.</p>
<p><strong>Che cosa succederà dopo la scadenza del 31 dicembre?</strong></p>
<p>Io credo ci sia futuro per il nostro ruolo, ma non si accompagna a una contentezza diffusa se non viene cambiata l’arbitrarietà delle Regioni e il dibattito politico, che ritiene l’utente un <em>divanista</em>. Un neologismo orribile.</p>
<p><strong>Una questione non di forma contrattuale, ma di contenuto.</strong></p>
<p>Parliamoci chiaro: io ho bisogno di lavorare, ma questo non è di interesse. La mia battaglia è di riconoscere senso a questa misura; se manca senso possiamo anche continuare a svolgere la mansione, ma che lo facciamo a fare?</p>
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<p><em>Interessante punto di vista, a maggior ragione se si pensa che tre operatori su quattro hanno meno di quarant’anni, con un voto medio di laurea pari a 107 su 110 e con importanti esperienze professionali pregresse alle spalle. Un gruppo di lavoratrici e lavoratori che può continuare a rappresentare un valore aggiunto per l’economia del nostro Paese, ma che non dovrebbe incontrare troppi ostacoli se costretto a reinventarsi sul mercato del lavoro, nazionale o internazionale.</em></p>
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<p><strong>In sostanza, tanti di questi professionisti hanno scelto di intraprendere il ruolo per portare un concreto contributo sociale. Peccato, perché il rischio a fine ottobre è di finire in secondo piano rispetto all’agenda politica. Come ridare centralità al tema da qui alla fine dell’anno?</strong></p>
<p>Io non rappresento il sindacato, sono una semplice collaboratrice con un contratto in scadenza che, per rivendicare l’utilità della propria professione, ha avuto l’idea di curare un libro. Che cosa posso fare di più? Lo sciopero della fame?</p>
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<p>Meglio di no, c’è chi purtroppo già la fa. E senza scioperare.</p>
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<p><em>Photo credits: paperboysalerno.it</em></p>


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Navigator unanimi da nord a sud: i percettori RdC quasi mai adatti alle imprese

Giulia Elisa Martinozzi, dell&#8217;Associazione Nazionale Navigator e curatrice del libro &#8220;Navigator (a vista)&#8221;, intervistata da SenzaFiltro: &#8220;Cambiare la narrazione contro di noi e i percettori di RdC. Ma su di loro bisogna lavorare ancora a lungo&#8221;.

Navigator unanimi da nord a sud: i percettori RdC quasi mai adatti alle imprese - Informazione senza filtro

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<p>Tor &#8211; Recruitment &amp; HR Consulting, divisione di ricerca e selezione del Gruppo Lavoropiu Spa, ricerca una figura di PURCHASING MANAGER / SENIOR PROPOSAL ENGINEER per il team Engineered Solutions per azienda cliente operante nel settore della realizzazione di particolari finiti, a partire da semilavorati in materiale termoplastico &#8211; sede Arese (MI).</p>



<p><strong>Attività</strong></p>



<p>Riportando all’ES Manager, la risorsa dovrà &#8211; dopo aver ricevuto il progetto a disegno da parte dei clienti:</p>



<p>&#8211; Selezionare i fornitori più adeguati al tipo di lavorazione richiesta;</p>



<p>&#8211; Definire, insieme al fornitore, i costi relativi alle trasformazioni del semilavorato, stabilendo target e condizioni di acquisto;</p>



<p>&#8211; Gestire la preparazione delle quotazioni per i clienti a lui affidati per la realizzazione di particolari finiti in materiale termoplastico.</p>



<p>La figura si dovrà inoltre occupare di effettuare scouting per la ricerca di fornitori, con l’obiettivi di massimizzare l’efficienza dei processi di trasformazione dal semilavorato al particolare finito.</p>



<p>Infine, la risorsa dovrà coordinare il team di 5 Purchasing Support, acquisendo la leadership relativa alla parte tecnica di analisi dei disegni clienti, fattibilità, ricerca e sviluppo fornitori.</p>



<p><strong>Requisiti</strong></p>



<p>&#8211; Diploma tecnico / perito meccanico o Laurea a indirizzo meccanico o affini;</p>



<p>&#8211; Pregressa esperienza di 5/10 anni nel ruolo di PURCHASING MANAGER / SENIOR PROPOSAL ENGINEER;</p>



<p>&#8211; Ottima conoscenza ed interpretazione del disegno meccanico e delle principali lavorazioni per asportazione truciolo (valutazione tolleranze e comportamento dei materiali plastici);</p>



<p>&#8211; Pregressa esperienza nella gestione del team di lavoro;</p>



<p>&#8211; Buona conoscenza della lingua inglese e del pacchetto office.</p>



<p>E’ Gradita la provenienza dal settore plastica.</p>



<p>Caratteristiche personali: ottime doti relazionali e di negoziazione, leadership, flessibilità, problem solving, precisione, atteggiamento proattivo e propensione al lavoro di squadra.</p>



<p><strong>Si offre</strong>: contratto di lavoro a tempo indeterminato, full time.</p>



<p>Il livello di inserimento e il trattamento economico saranno commisurati all&#8217;esperienza e alle competenze maturate.</p>



<p><strong>Sede di lavoro</strong>: Arese (MI)</p>



<p>Per candidarsi a questa ricerca inviare il CV indicando il titolo dell’annuncio e il codice di riferimento all’indirizzo:&nbsp;<span class="has-inline-color has-vivid-cyan-blue-color">milano@tor.jobs</span></p>



<p>Questo annuncio è pubblicato da TOR – Recruitment &amp; HR Consulting, divisione di ricerca e selezione del Gruppo Lavoropiu Spa (Aut. Min. del 26/11/2004 _ Prot. 1104/SG), Sede di Milano. Il presente annuncio è rivolto ad entrambi i sessi, ai sensi delle leggi 903/77 e 125/91 e a persone di tutte le età e tutte le nazionalità, ai sensi dei decreti legislativi 215/03 e 216/03.</p>



<p>Ti chiediamo di prendere visione dell’informativa privacy consultabile al link lavoropiu.it/privacy e di inserire nel CV l’autorizzazione al trattamento dei tuoi dati personali ai sensi del Regolamento UE n. 679/2016 e della legislazione italiana vigente. Ti preghiamo di non inserire dati appartenenti a particolari categorie (dati che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale. TI ricordiamo che Lavoropiù non richiede mai, nella prima fase di ricezione delle candidature, l’invio di documenti di riconoscimento o di altra documentazione burocratica (ad esempio informazioni personali, dati, codici collegati a sistemi di pagamento) ed i nostri annunci riportano sempre un indirizzo mail per la ricezione delle candidature con uno dei seguenti domini aziendali: @lavoropiu.it / @tor.jobs / pyou.eu.</p>



<p>Diffida da chi, anche tramite annunci apparentemente legati al nostro brand, Ti chiede di inviare scansioni di documenti per partecipare a selezioni e/o colloqui, in particolare quando riporti nel testo indirizzi mail con domini differenti. In caso di dubbi, cerca sul nostro sito la filiale a Te più vicina per avere tutte le informazioni necessarie.</p>


PURCHASING MANAGER / SENIOR PROPOSAL ENGINEER (241.SDB.60)


<p>Succede che un dodicenne cerchi la compagnia di un ragazzo più grande di lui; ma che un ventitreenne cerchi l’amicizia di un dodicenne è decisamente strano.</p>



<p>Il fatto è che un po’ tutto quello che riguarda <strong>Gennaro, detto Genny</strong>, è strano. Napoletano triste, laureato in design al Politecnico di Milano, vive una sorta di periodo sabbatico, prima di affrontare la laurea specialistica. In attesa di superare il trauma della morte di una fidanzata condivide un miniappartamento con <strong>Kalidou</strong>, un collega senegalese, e fa il <strong>rider</strong>. Uno di quelli che recapitano cibo in bicicletta portando uno scatolone cubico sulle spalle. Ed è durante una consegna che incontra <strong>Luca</strong>, il dodicenne milanese che la madre ha lasciato a casa a guardarsi la partita del Napoli, con i soldi per ordinare pollo fritto e patatine a domicilio.</p>



<p>Sarà la comune passione per quella squadra a convincere Genny a violare una norma rigorosa, per i rider, che prevede che il contatto con i destinatari dei recapiti non superi mai gli stretti tempi della consegna.</p>



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<h2 id="h-le-balene-mangiano-da-sole-il-romanzo-metropolitano-sui-rider-di-rosario-pellecchia"><em>Le balene mangiano da sole</em>, il romanzo metropolitano sui rider di Rosario Pellecchia</h2>



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<p>Questo il nucleo della storia che racconta <strong>Rosario Pellecchia</strong> in <strong><em>Le balene mangiano da sole</em></strong> (Feltrinelli). Del perché Luca tifi per il Napoli, perché tra i due nasca la curiosa amicizia di cui si è detto, del perché si scopra che le balene mangiano da sole e perché finiscano per andare, loro due soli, in trasferta per veder giocare la loro squadra a Napoli accenneremo soltanto.</p>



<p>Quel che bisogna dire è che <strong>quel mestiere</strong>, che a noi sembra faticosissimo e assai poco affascinante, oltre che poco remunerativo, <strong>a Genny piace</strong>. L’ha affrontato perché l’amico Kalidou gli ha spiegato che “devi farti il culo, ti pagano una miseria e in inverno in bicicletta fa un freddo pazzesco”, ma è sempre meglio di stare otto ore chiuso in un call center. E a Genny piace perché gli permette di distrarsi dai suoi problemi, perché può incontrare gente sconosciuta e anche immaginare, sulla base della consegna da effettuare, chi incontrerà.</p>



<p>Come succede quando deve recapitare una pizza alla Bismarck, con uova e asparagi (per un napoletano un’eresia), si immagina di trovare un energumeno con la coda di cavallo e si ripromette di fare un’osservazione sarcastica sulla scelta effettuata. Ma gli apre una signora anziana, minuta, che gli racconta che quella era la pizza preferita dal marito morto, e quando lei gli chiede se la pizza alla Bismarck gli piace, lui, intenerito, mente: “Sì, signora, moltissimo”; e incassa una buona mancia.</p>



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<h2 id="h-gioie-poche-e-dolori-molti-dei-rider">Gioie (poche) e dolori (molti) dei rider</h2>



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<p>Un lavoro che sembra autonomo, ma in realtà ha dei risvolti di duro <strong>sfruttamento</strong>, perché impone molti obblighi e nessuna garanzia. Il rider viene contattato da una <strong>app</strong>, viene <strong>tracciato</strong> lungo tutto il percorso, ha <strong>tempi regolamentati</strong> che vanno rispettati rigorosamente. “Il Grande Fratello non ti perde mai di vista”, e se sullo schermo il puntino si ferma scatta subito l’emergenza e il telefono squilla nel giro di pochi secondi.</p>



<p>Ci sono società che impongono gli orari, e altre che permettono di lavorare quando si vuole. Mentre la bicicletta e lo smartphone se li deve procurare il rider. Quando si è presentato per l’assunzione, Genny ha detto che gli piaceva l’idea di vedere le persone, le facce, le storie: “Le vite degli altri: come nel film”. Ma il manager gli ha spiegato: “La <strong>conversazione più lunga</strong> che avrà con i suoi clienti sarà di <strong>cinque secondi</strong> sullo zerbino”.</p>



<p><strong>A Genny però bastano</strong>. Quando riceve un’ordinazione di un gelato “pistacchio salato e cioccolato fondente” immagina subito un gruppo di ragazzi, in prevalenza maschi, e ci indovina. Non ci indovina, invece, quando deve recapitare una piadina prosciutto e formaggio e si trova davanti al portone di una chiesa. Il prete lamenta che la volta precedente non c’era abbastanza formaggio, che il cibo è dono di Dio, ma che per colpa dell’uomo alle volte le cose non vanno nel verso giusto.</p>



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<h2 id="h-una-nuova-coscienza-di-classe-quella-dei-rider">Una nuova coscienza di classe: quella dei rider</h2>



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<p>Quando, durante la trasferta a Napoli, <strong>Luca sparisce</strong>, Genny non sa che pesci pigliare ed è terrorizzato all’idea di dover rispondere alla madre del ragazzino della sua sparizione. È Kalidou a metterlo in contatto con <strong>un gruppo di rider napoletani</strong> che intervengono subito, fanno ricerche e gli prestano una bicicletta per recuperare Luca. Perché, come una volta accadeva tra chi lavorava in fabbrica, tra i rider c’è una <strong>solidarietà</strong> che potremmo definire <strong>di classe</strong>, quella che caratterizza chi vive un disagio sociale e non è preso dalla competitività contemporanea.</p>



<p>Un mondo che risente di una <strong>condizione che unisce</strong>, invece di dividere, tanto che i rider– almeno in questo romanzo – si trovano anche dopo il lavoro, vanno in pizzeria e si raccontano le vicende più curiose. C’è chi si è visto aprire la porta da un signore magrissimo, in mutande, con dietro una signora grassissima, in mutande anche lei. Chi consegna il pranzo a un ragazzo cieco, che si offende se si cerca di aiutarlo. Chi ha portato una poke a un famoso calciatore e ci si è fatto un selfie insieme. Uno a cui hanno offerto una canna. E uno che sogna ancora una ragazza bellissima, che però non gli ha dato nemmeno la mancia.</p>



<p>A noi continua a sembrare un <strong>meccanismo di sfruttamento disumano</strong>. Ma sembra proprio vero che, al di là della fatica, sia un mestiere che mette in contatto con le sfaccettature più originali di <strong>un’umanità parcellizzata e sola</strong>. E lo si scopre pedalando, portando pranzi solitari a eremiti metropolitani che vivono, isolati, tra i milioni di persone che abitano la stessa città.</p>


Perché solo i rider hanno una coscienza di classe?

<p><strong>Inadeguata conoscenza dell’effettivo mercato del lavoro</strong>.</p>
<p>Suona come una stroncatura il giudizio emerso dall’indagine sul “<strong>Funzionamento dei centri per l’impiego</strong>” condotta dalla <strong>Corte dei conti</strong> e deliberata a fine settembre. Una pesante lacuna che, secondo l’analisi, impedisce ai CPI di costituire un concreto anello di congiunzione per un’occupazione sostenibile.</p>
<p>Proprio per fronteggiare questa inefficienza, al netto della scarsa offerta di lavoro legata al periodo pandemico, è stato istituito un <strong>sistema integrato di rilevazione delle opportunità occupazionali</strong>. Sistema – in pochi ne parlano – in totale gestione ai <strong>navigator</strong>, che tra le altre attività hanno così il compito di mappare le organizzazioni italiane, con l’obiettivo di incrociare le necessità tra imprenditori e beneficiari del Reddito di Cittadinanza.</p>
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<h2 id="h-centri-per-l-impiego-le-regioni-divise-per-metodi-e-risultati">Centri per l’impiego, le Regioni divise per metodi e risultati</h2>
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<p>A tal proposito è utile approfondire la lettura della Corte dei conti, soprattutto perché offre spunti in controtendenza alla superficialità con la quale il tema viene trattato di consueto.</p>
<p>Nel periodo compreso tra settembre 2019 e febbraio 2021 sono infatti ben <strong>588.521 le imprese contattate</strong> per la rilevazione dei fabbisogni. Un numero che poteva essere di certo superiore, senza la campagna di denigrazione e l’eufemistica diffidenza di Confindustria ai danni dei tremila laureati selezionati.</p>
<p>Nello stesso lasso di tempo il numero di persone incontrate in tutta Italia per un primo appuntamento di accoglienza (e di bilancio delle competenze) supera addirittura il <strong>milione</strong>. Un valore che, sembra incredibile, si riduce a <strong>489.054</strong> se si considerano i soggetti presi effettivamente in carico, cioè coloro che hanno firmato il <strong>patto per il lavoro</strong>, una sorta di impegno tra CPI e beneficiario per costruire un percorso costellato di azioni formative propedeutiche, corsi e valutazione di opportunità professionali. Cifra iniziale quindi <strong>sforbiciata del 50% per mancanza di collaborazione tra centri e navigator</strong>.</p>
<p>Il dato spacchettato per singola Regione offre un approfondimento ancor più chiaro. Com’è possibile che l’<strong>Emilia-Romagna</strong>, a fronte di 128.281 persone accolte, abbia avviato appena 7.284 patti per il lavoro? Conti alla mano, appena il <strong>5%</strong> degli accolti è stato poi seguito nel percorso previsto. Una percentuale irrisoria, capofila di molte altre situazioni meno drammatiche ma altrettanto sconcertanti. La <strong>Lombardia</strong>, ad esempio, si attesta sul <strong>30%</strong>, dato accettabile se confrontato con i colleghi emiliani, ma nefasto se rapportato ai valori assoluti dell’<strong>Abruzzo</strong>. Vediamoli: nella regione del Gran Sasso i beneficiari accolti sono stati 37.363, con <strong>19.282 presi in carico</strong>. I lombardi contano invece 55.857 persone colloquiate con solo 17.474 patti per il lavoro. Quasi duemila persone in meno nonostante l’importante quantità di primi appuntamenti.</p>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
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<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/10/immagine_2021-10-25_192000.png"><img loading="lazy" decoding="async" width="573" height="584" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/10/immagine_2021-10-25_192000.png" alt="" class="wp-image-46805" /></a></figure>
</div>
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<p>Come mai? È evidente che la <strong>mancanza di un coordinamento centrale strutturato</strong> permette ai singoli territori di affrontare con completa autonomia e discrezionalità una materia che, troppo spesso, è stata derubricata a mero fallimento causato da navigator e dalla presunta allergia al lavoro degli stessi beneficiari. Per la Corte è invece essenziale una definizione chiara di regole che, pur garantendo flessibilità legate alle specificità territoriali, goda di un’organizzazione centrale. Si badi bene, non tanto per omologare il servizio, quanto per assicurare una maggiore verifica dell’operatività dei CPI, proprio sulla base delle esigenze regionali.</p>
<p>Inoltre, come si sottolinea nell’analisi, anche dal punto di vista <strong>informatico</strong> la messa a punto del sistema unico avviene con notevoli difficoltà per una <strong>non adeguata dotazione a livello locale</strong> e un collegamento in rete non adatto alle funzioni dei “nuovi centri”.</p>
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<h2 id="h-veneto-e-navigator-la-cooperazione-pi-forte-della-strumentalizzazione-politica-mentre-in-campania">Veneto e navigator: la cooperazione più forte della strumentalizzazione politica. Mentre in Campania…</h2>
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<p>Infine, l’approccio diverso di ogni regione nei confronti di questa professionalità ha esacerbato le differenze, anche grazie ai <strong>casi virtuosi</strong>. Si pensi al <strong>Veneto</strong>, dove nonostante una campagna politica quasi demonizzante, ha prevalso lo spirito collaborativo. Su 16.436 beneficiari accolti, 11.599 sono stati quelli presi in carico, con una percentuale del <strong>70%</strong>. Dato che rivela, ancora una volta, la possibilità di interpretare in modo proattivo una convivenza magari non sempre politicamente digerita. Trasformare problemi in opportunità, per intenderci.</p>
<p>Spieghiamo meglio. L’indagine della Corte dei conti, tra gli altri, propone anche un <strong>dato qualitativo</strong>, cioè il numero dei contatti con i beneficiari del Reddito di Cittadinanza, per verificare i singoli piani personalizzati di accompagnamento al lavoro. Nella Regione veneta a fronte di <strong>10.154 piani</strong> (su, ricordiamo, undicimila presi in carico), ci sono stati addirittura <strong>110.092 contatti successivi</strong>, sinonimo di un’attenzione certosina degli operatori nei confronti dei percettori.</p>
<p>Citiamo a confronto ancora una volta la <strong>Lombardia</strong>, che con 17.454 presi in carico ha strutturato appena 6.548 piani, ai quali sono seguiti <strong>13.756 contatti di verifica</strong>. Una differenza abissale che, al netto della capacità dei CPI di trovare match tra domanda e offerta che si concretizzi in assunzioni, dimostra che <strong>offrire un servizio decente è possibile</strong>.</p>
<p>Altro dato interessante è quello <strong>campano</strong>, dove <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/11-600-nuovi-navigator-serviranno-ecco-cosa-dice-il-report-di-categoria/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">i navigator sono rimasti al palo per un anno</a> senza una minima forma di collaborazione con i centri per l’impiego. Ebbene, nonostante il ritardo, i <strong>51.604 accolti</strong> rappresentano in assoluto la buona volontà degli operatori, che sbatte contro gli appena <strong>855 piani concretizzati</strong> e i <strong>106 contatti successivi</strong>. Un vero peccato perché, a braccetto con il Veneto, la Regione presieduta dal <strong>governatore De Luca</strong> (altro storico oppositore politico della misura) vanta il maggior numero di imprese contattate per la mappatura dei fabbisogni delle imprese, a dimostrazione dell’impegno fattivo delle persone coinvolte nelle attività.</p>
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<h2 id="h-la-mestizia-dei-navigator-tanto-lavoro-per-cosa">La mestizia dei navigator: tanto lavoro per cosa?</h2>
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<p>Ma in tutto questo <strong>che cosa ne pensano i navigator?</strong></p>
<p>Il loro senso di scoramento, ancora una volta, &nbsp;è rappresentato dai numeri. La truppa, <strong>dai 3.000 iniziali</strong>, si è ridotta sensibilmente e oggi conta <strong>poco meno di 2.500 risorse</strong>. A questo bisogna aggiungere il clima di incertezza che da sempre aleggia all’interno della categoria, e che a due mesi dalla scadenza contrattuale prevista ha il sapore di una storia ai titoli di coda; non tanto per l’impossibilità di un’ulteriore proroga, quanto per la mancanza di contenuti sostanziali in grado di sviluppare quel che di buono è stato prodotto in questi anni.</p>
<p>L’obiettivo dichiarato è di sopravvivere evolvendo, magari rientrando a supporto del <strong>programma GOL</strong> (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori), il nuovo strumento di politica attiva pensato dal governo che coinvolge, oltre ai percettori del RdC, anche i lavoratori in cassa integrazione guadagni e in disoccupazione. Un interessante progetto suddiviso in cinque percorsi, dal reinserimento lavorativo per chi è facilmente ricollocabile, fino all’aggiornamento, alla riqualificazione e, oltre alla ricollocazione collettiva, ai percorsi di inclusione per i casi più complessi.</p>
<p>Per il momento la <strong>legge di bilancio</strong> incombe, e così anche una prima <strong>modifica sulla misura del RdC</strong>, con il Governo intenzionato a ridurlo in caso di rifiuto delle proposte di lavoro. E nel frattempo, tra una proposta e l’altra, il <strong>trentuno dicembre</strong> – data di scadenza della proroga contrattuale dei navigator – si avvicina a grandi passi, con la strada da percorrere ancora piuttosto in salita. Soprattutto se l’agenda politica e mediatica si limita a concentrare le forze su Green pass e neofascisti.</p>
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<p><em>Photo credits: gelestatic.it</em></p>


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Navigator, in Veneto ottimi risultati nonostante l&#8217;ostracismo della politica

La Corte dei conti tira le somme sull&#8217;efficacia dei navigator, con esiti insospettabili che variano da Regione a Regione. Il loro lavoro è spesso osteggiato dalle amministrazioni locali: ecco dove ha funzionato e dove no.

Navigator, in Veneto ottimi risultati nonostante l&#8217;ostracismo della politica - Informazione senza filtro

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<p><strong><em>Poliestere</em></strong> di <strong>Luca Bertolotti</strong>, uscito per Fandango, è un libro forte, netto, d’impatto, con una trama originale e profonda che non si dimentica.</p>



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<h2 id="h-la-fabbrica-l-arte-e-lo-sfruttamento-la-caduta-del-protagonista-di-poliestere">La fabbrica, l’arte e lo sfruttamento. La caduta del protagonista di <em>Poliestere</em></h2>



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<p>Per <strong>Livio</strong>, il protagonista, <strong>il lavoro è tutto</strong>: rappresenta la dignità necessaria per stare al mondo, il lasciapassare indispensabile al raggiungimento e alla legittimazione dei traguardi non solo professionali, ma anche della sua vita di uomo. Una mentalità derivata dall’educazione ricevuta dal padre, proprietario di una piccola verniciatura, e dall’essere nato e cresciuto in Brianza, nel distretto del mobile, nel quale il lavoro in quel settore è un destino prestabilito.</p>



<p>In Livio, però, arde il fuoco dell’<strong>arte</strong>: passione, attitudine e desiderio, sacrificati sull’altare della concretezza, rappresentata dalla piccola ditta del genitore. Una volta imparati i rudimenti lavorerà in un’altra ditta, ma tutto cambierà con la crisi del settore. Incontriamo il protagonista quando tutto questo è già accaduto, in un momento di grande sbandamento personale: si trova disoccupato a trentacinque anni, nel pieno di un vuoto esistenziale. Avrebbe diritto alla NASpi, ma non vuole l’aiuto dello Stato, convinto che il suo mestiere – operaio specializzato in verniciatura – lo metterà in condizione di trovare un nuovo datore di lavoro.</p>



<p>Livio conosce lo <strong>sradicamento emotivo e materiale</strong> di sopravvivere senza un impiego: il suo universo va in pezzi e in lui, sempre più alla deriva, si fa strada una sorta di alienazione che avrà come protagonista la sua magnetica attrazione per l’arte.</p>



<p>La svolta, però, arriverà con il volto di <strong>Elia</strong>, amico fraterno dall’infanzia all’adolescenza, perso di vista in età adulta. Diventato amministratore delegato di un’azienda del mobile, offre a occhi chiusi un lavoro a Livio, ma il contesto in cui lo colloca è tutt’altro che roseo.</p>



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<h2 id="h-poliestere-avvelenarsi-per-lavorare-lavorare-per-vivere"><em>Poliestere</em>: avvelenarsi per lavorare, lavorare per vivere</h2>



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<p><em>Poliestere </em>racconta bene, senza edulcorazioni (e qui risiede la sua forza), la cruda dimensione di un <strong>lavoro al limite</strong>: l’accettare, per necessità, di barattare la propria salute e sicurezza con un’occupazione.</p>



<p>La fabbrica di Elia è una piccola realtà che, per sopravvivere alla crisi, si accaparra commesse destinate all’estero, le quali si traducono in <strong>carichi di lavoro massacranti</strong> e senza respiro per i pochi operai. In nessun reparto le <strong>norme antinfortunistiche</strong> vengono rispettate; anzi sono viste – a volte dagli stessi operatori – come un ostacolo che rallenta i tempi serrati della produzione.</p>



<p>Niente della cabina di verniciatura di Livio è a norma: distanze, filtri, sostanze usate, aspirazione. Non si vernicia all’acqua perché non c’è il tempo di far asciugare i mobili per i minuti necessari, ma al contempo in busta paga non c’è l’indennità di nocività, perché vista come un “palliativo”. Insomma: <strong>spruzzare poliestere</strong> in quelle condizioni vuol dire <strong>avvelenarsi</strong> in maniera conscia, lavorando a ritmi sovrumani; il protagonista lo accetta solo perché, nella sua situazione, gli appare come il male minore.</p>



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<h2 id="h-la-fabbrica-e-i-suoi-dannati">La fabbrica e i suoi dannati</h2>



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<p>Bertolotti disegna agli occhi del lettore un particolareggiato, dettagliato e fedele universo-fabbrica: pian piano conosciamo reparti, mansioni, ritmi e soprattutto persone. I <strong>colleghi</strong> di Livio sono un altro punto di forza del romanzo: tratteggiati in maniera agile, ci appaiono vividi nella loro frenesia lavorativa, molto ben caratterizzati in approcci e idee diverse, spesso opposte.</p>



<p>La loro presenza letteraria si concretizza in voci, atteggiamenti, gesti e indoli: sono anime più che corpi, nonostante agiscano il mestiere tramite l’apoteosi della concretezza fisica. In ognuno troviamo la consapevolezza dei rischi corsi e la medesima <strong>delusione</strong> di Livio (a volte rabbiosa, altre rassegnata) davanti alle promesse infrante, remunerative o di miglioramento delle condizioni in fabbrica.</p>



<p>Quando il lavoro è ricatto il repertorio delle bassezze è pietosamente ricco: Elia ingaggia, con una <strong>cooperativa non in regola</strong>, anche gli ultimi fra gli ultimi. Un gruppo di pakistani, infatti, &nbsp;aiuta i suoi operai quando si rischia di non terminare tutto il lavoro in tempo per le consegne. A questo quadro tossico non manca nemmeno la <strong>corruzione</strong>, che viene attuata su controlli e certificazioni.</p>



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<h2 id="h-l-ambiguo-rapporto-tra-i-personaggi-principali-l-amicizia-che-conduce-allo-sfruttamento">L’ambiguo rapporto tra i personaggi principali: l’amicizia che conduce allo sfruttamento</h2>



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<p>Non solo fabbrica: <em>Poliestere</em> possiede un intreccio, un sottotesto che lo percorre e regge, in cui si parla di amicizia, della difficoltà e del <strong>bisogno di affrancarsi dal passato comune</strong>, e di come in nome della solidarietà e dell’appartenenza che tale sentimento produce si possa volontariamente valicare il confine fra giusto e sbagliato.</p>



<p>L’autore crea fra <strong>Livio</strong> ed <strong>Elia</strong> un raffinato gioco di specchi che rimanda <strong>più ombre che luci</strong>. Il loro essere da sempre due opposti non produce la distruzione del rapporto, bensì una sua costante conservazione nonostante tutto. Elia è un personaggio fortemente ambiguo, il cui bruciante contrasto fra gioventù ed età adulta lascia sul filo, intrigando, incuriosendo; se ne cerca una lettura univoca come una soluzione a un enigma.</p>



<p>In lui, infatti, abitano spinte contrarie: l’idealismo più puro e il peggior capitalismo, l’amore amicale e lo sfruttamento ingrato e indifferente proprio verso gli amici.</p>



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<h2 id="h-perch-leggere-poliestere">Perché leggere <em>Poliestere</em></h2>



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<p>È un libro che andrebbe letto per capire da dentro, da una situazione più reale che romanzata, come spesso la <strong>logica del profitto si scontri con il benessere</strong> delle persone e il loro diritto a un lavoro dignitoso. E che, ancor di più, la sicurezza è un diritto, non un premio, e non si può più accettare che certi datori di lavoro la barattino con l’occupazione, attuando un ricatto, né più né meno.</p>



<p><em>Poliestere</em> ha la forza del reale, del <strong>racconto autentico</strong> di una quotidianità spietata su cui, a torto, i riflettori si accendono solo quando accade la tragedia. Luca Bertolotti ha scritto un romanzo riuscito, in cui il lavoro si può definire coprotagonista, legante che tiene insieme tutta la trama, la quale poi risulta sorprendente negli sviluppi d’azione, attenta e ricercata nei suoi rimandi temporali e di senso, fine e acuta nel dipanarsi dei risvolti umani.</p>


Avvelenati dal lavoro. La classe operaia va all&#8217;inferno


<p>L&#8217;ultimo e più grave episodio si è verificato a <strong>Biandrate</strong>, in provincia di Novara. Un camion, guidato da un autista italiano di 26 anni, ha forzato il picchetto dei lavoratori delle cooperative travolgendo e <strong>uccidendo </strong><strong>Adil Belakhdim</strong>, responsabile trentanovenne del sindacato <strong>SI Cobas</strong>, che da giorni stava picchettando l&#8217;ingresso del centro distribuzione della Lidl.</p>



<p>Dall&#8217;inizio del 2021 però non è un caso isolato. A San Giuliano Milanese i picchetti alla FedEx si sono trasformati in scontri con le forze dell&#8217;ordine; lo stesso è successo anche alla sede di Piacenza, e a Tavazzano, nel lodigiano, l&#8217;azienda per sedare la protesta – secondo le ricostruzioni dei Cobas – avrebbe addirittura fatto ricorso alla sicurezza aziendale. Alcuni addirittura sostengono che in provincia di Lodi è andato in scena uno scontro tra gli operai iscritti ai sindacati CGIL-CISL-UIL e gli autonomi. È un&#8217;accusa che i confederali rimandano al mittente; sono in corso le indagini.</p>



<p>Il dato che emerge da questi mesi di <strong>scontri nel settore logistica</strong> è però quello di un nuovo soggetto sindacale, agguerrito, non sempre minoritario e che fa ricorso sempre più spesso a una pratica di lotta che sembrava scomparsa: il <strong>picchetto</strong>. A Stradella, dove ha sede la Ceva (altro gigante della logistica), da settimane gli autonomi bloccano l&#8217;ingresso della fabbrica, e la tensione sale anche in provincia di Pavia. Venerdì due operai sono arrivati alle mani (ed è spuntato anche un coltello), anche se le forze dell&#8217;ordine hanno specificato che non si tratta di questioni sindacali, ma di “futili motivi”. Tuttavia in molti hanno pensato che le discussioni che ci sono state nei mesi scorsi siano degenerate.</p>



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<h2 id="h-si-cobas-chi-sono-da-dove-vengono-e-che-cosa-fanno">SI Cobas: chi sono, da dove vengono e che cosa fanno</h2>



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<p>Nella pianura padana, e più specificamente lungo la via Emilia da Stradella a Piacenza, fino a Bologna, dal 2010 c&#8217;è un <strong>nuovo sindacato</strong>, i cui iscritti sono prevalentemente facchini e di origine straniera. Fino al 2014 si parlava di <strong>98% di stranieri</strong> (secondo le stime della ricercatrice Anna Curcio) con prevalenza di maghrebini.</p>



<p>«Negli ultimi anni – dice <strong>Alessando Delfanti</strong>, ricercatore dell&#8217;università di Toronto, con un libro in uscita su Amazon e la logistica nonché piacentino DOC – gli <strong>italiani</strong> iscritti ai SI Cobas sono <strong>aumentati</strong>, anche perché in molti hanno capito che le lotte radicali hanno restituito loro diritti e dignità».</p>



<p>Il nuovo soggetto si è inserito in un settore dove era rispuntata una parola che sembrava dimenticata, cioè <strong>caporalato</strong>. Addirittura l&#8217;ha usata la procura di Pavia alla fine di un&#8217;inchiesta del 2018 sul sito di Stradella, che ha portato ad arresti e confische ai danni di una cooperativa che lavorava alla Città del Libro.</p>



<p>«A Piacenza esistono – continua Delfanti – veri e propri quartieri ghetto per stranieri, così come all&#8217;interno del <strong>settore logistica</strong> esiste una vera e propria <strong>razzializzazione</strong>, con una gerarchia in base alla provenienza dei lavoratori».</p>



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<h2 id="h-dalla-primavera-araba-alla-primavera-emiliana">Dalla primavera araba alla primavera emiliana</h2>



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<p>Proprio la provenienza (in prevalenza nordafricana) di questo nuovo tipo di lavoratori ha introdotto <strong>forme di lotta che sembravano scomparse</strong>, ma che hanno preso in contropiede i sindacati confederali.</p>



<p>«I lavoratori immigrati – spiega a <em>SenzaFiltro</em> <strong>Aldo Milani</strong>, segretario nazionale dei SI Cobas – si sentivano abbandonati. Parecchi di loro erano entrati in contatto con i sindacati confederali per il permesso di soggiorno o come tramite dell’ufficio di collocamento; come agenzie di servizio, dunque. Noi gli abbiamo dato quello che loro chiamano la dignità, che poi ha pagato anche dal punto di vista degli accordi che si raggiungevano attraverso le lotte. Noi come SI Cobas da quest’anno abbiamo firmato anche <strong>accordi di secondo livello con valenza nazionale</strong> con i grandi nomi della logistica».</p>



<p>All&#8217;inizio del decennio scorso, infatti, la <strong>logistica</strong> ha cominciato a portare i propri hub tra Lombardia, Veneto ed Emilia. Nei grandi capannoni lungo le strade provinciali, spesso all&#8217;imbocco di autostrade, oltre ai nomi storici hanno trovato spazio una miriade di <strong>cooperative</strong> che vivevano di subappalti, disposte a fornire servizi a prezzi bassi e massima velocità grazie allo sfruttamento dei lavoratori, spesso stranieri, impiegati in <strong>turni massacranti</strong>.</p>



<p>Non di rado in molti ci hanno rimesso del denaro, dal momento che la struttura di queste cooperative era chiamata <strong><em>flight by night</em></strong>, cioè in grado di sparire in una sola notte. Una delle pratiche più diffuse, ad esempio, era quella di comunicare l&#8217;eventuale straordinario – obbligatorio – all&#8217;inizio della giornata, senza nemmeno chiedere la disponibilità. L&#8217;abolizione di questa prassi è stata una vittoria dei sindacati, che già nel 2010 hanno iniziato con scioperi e picchetti.</p>



<p>Per molti lavoratori nordafricani l&#8217;esempio era ciò che accadeva nei loro Paesi d&#8217;origine, la cosiddetta <strong>Primavera Araba</strong>. «Dopo trent’anni in Egitto Mubarak è stato cacciato», dice <strong>Mohamed Arafat</strong>, sindacalista SI Cobas, in un&#8217;intervista ad Anna Curcio. «Era una cosa che non immaginava nessuno. E anche quello che è successo alla TNT con la nostra lotta non se l’aspettava nessuno, per questo <strong>non l’abbiamo chiamato sciopero ma rivoluzione</strong>. Per noi è stato come in Egitto: la rivoluzione della TNT».</p>



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<h2 id="h-2021-odissea-nel-sindacato-accuse-tra-confederali-e-autonomi">2021 odissea nel sindacato: accuse tra confederali e autonomi</h2>



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<p>Nell&#8217;ultimo anno quello che a livello sindacale era un settore con pochissime regole ha fatto passi in avanti. Sono arrivati i primi accordi, firmati da CGIL-CISL-UIL con i grandi nomi. La strada della concertazione passa però anche però dalla <strong>conflittualità interne tra i sindacati</strong>, tra chi è abituato a forme di lotta radicale e chi invece ormai da anni ottiene risultati sedendo al tavolo con i datori di lavoro.</p>



<p>Le <strong>accuse incrociate</strong> non sono mancate. In provincia di Pavia i confederali hanno emesso un duro comunicato di condanna all&#8217;indomani delle intercettazioni pubblicate dalla <em>Provincia Pavese</em>, nelle quali nel 2018 emergevano trattative sottobanco tra uno dei responsabili dei sindacati autonomi e il proprietario di una cooperativa poi condannato per evasione e mancato rispetto della normativa sul lavoro.</p>



<p>Ma anche il 2019 e il 2020 sono stati anni di tensione. Da un lato l&#8217;obiettivo di CGIL-CISL-UIL è quello dell&#8217;<strong>internalizzazione di quanti lavorano nelle cooperative </strong>(a Stradella si è arrivati a ottocento); dall&#8217;altro cresce la rabbia di chi, lavorando in cooperativa, ritiene di avere un trattamento di serie B. C&#8217;è poi chi accusa i <strong>picchetti</strong> di <strong>danneggiare altri lavoratori</strong>.</p>



<p>«È un modus operandi fuori dalle regole», dice <strong>Gaetano Di Capua</strong> della CISL Pavia e Lodi. «La protesta la fai per ottenere qualcosa. Esercitando lo sciopero non si può ledere il diritto di un altro lavoratore. A Stradella ci sono trecento lavoratori che perderanno dieci giorni di lavoro e di stipendio. Noi ci atteniamo alle regole. Il problema vero è che lo Stato deve salvaguardare i diritti: se c&#8217;è qualcuno fuori dalle regole non devono intervenire altri sindacati, <strong>deve intervenire lo Stato</strong>».</p>



<p>Stato che negli ultimi mesi si è fatto sentire, dal momento che non sono mancate le cariche della polizia.</p>



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<h2 id="h-la-questione-della-rappresentanza-sindacale-nella-logistica">La questione della rappresentanza sindacale nella logistica</h2>



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<p>Il <strong>SI Cobas</strong> è nato come sindacato specifico riferito al <strong>facchinaggio</strong> e alla <strong>logistica</strong>. Negli ultimi anni si è guadagnato la fama di egemone nel mondo delle cooperative.</p>



<p>Anche perché, specialmente in Emilia, non sono mancate le accuse di <strong>connivenza</strong> tra <strong>CGIL</strong> e il locale sistema di <strong>cooperative rosse</strong>. I confederali, unici ammessi alle trattative con i datori di lavoro, dal canto loro hanno più volte ribadito di essere maggiormente rappresentativi.</p>



<p>Ricostruire i <strong>numeri</strong> non è facile. Fino circa al 2015 i SI Cobas parlavano di una totale assenza degli altri sindacati in un settore in cui mancavano molti diritti, ma oggi (alla luce anche degli accordi firmati ad esempio a Piacenza alla FedEx, che hanno permesso la ricollocazione di 270 persone) la ex Triplice sembra diventata un interlocutore ufficiale.</p>



<p>«La logistica – dice <strong>Massimo Colognese</strong>, segretario regionale dell’Emilia-Romagna – è un settore sindacalizzato in alcuni posti. La FILT Piacenza conta 2.500 iscritti. In Emilia-Romagna ci sono 20.000 iscritti, di cui 17.000 della logistica. Quando facciamo le assemblee per il contratto raccogliamo tantissime persone.»</p>



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<p><em>Photo credits: sicobas.org</em></p>


Logistica, aumentano picchetti e lotta radicale: il metodo SI Cobas fa primavera araba

<p>L’intesa tra le parti sociali è arrivata. La mediazione tra governo, Confindustria e sindacati ha prodotto l’impegno, per le aziende, di utilizzare gli ammortizzatori sociali prima di procedere con i licenziamenti. Sul tavolo un pacchetto di <strong>tredici settimane di cassa integrazione gratuita</strong>, mentre rimane il blocco per i settori più in crisi, come il tessile e la moda.</p>
<p>Di fatto un’estensione parziale e un concreto cuscinetto, che per ora rimanda ma non elude in via definitiva il rischio tanto paventato di una bomba sociale. Seguendo il ragionamento, nel breve periodo non dovremmo contare nuove fasce in bilico, anche se il tema del <strong>Reddito di Cittadinanza</strong> e delle politiche attive rimane in ogni caso di assoluta attualità. Se non altro nell’analisi del numero di beneficiari del Reddito, già di per sé piuttosto impattante.</p>
<p>Ad aprile 2021 sono infatti più di un milione e mezzo i percettori a sistema, di cui un milione soggetto al patto per il lavoro. Il 31% di questi, pari quindi a 327.555 cittadini, è in carico ai <strong>navigator</strong>, in un processo volto al reinserimento dei disoccupati nel mondo del lavoro. Dati senz’altro interessanti ed estrapolati dal report messo a punto a inizio giugno da A.N.NA., l’Associazione Nazionale Navigator, con l’obiettivo di contestualizzare il lavoro sin qui svolto da quella che, a tutti gli effetti, si può definire una nuova e molto discussa professione.</p>
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<figure class="aligncenter size-large"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/07/importo-rdc.jpeg"><img loading="lazy" decoding="async" width="719" height="363" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/07/importo-rdc.jpeg" alt="" class="wp-image-45372" /></a><figcaption><em>Fonte: report navigator <em>del 17/06/2021</em> realizzato da A.N.NA.</em></figcaption></figure>
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<h2 id="h-a-n-na-ha-scritto-un-report-l-associazione-dei-navigator-fa-il-punto-della-situazione">A.N.NA. ha scritto un report: l’associazione dei navigator fa il punto della situazione</h2>
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<p>Il report, presentato nei giorni scorsi al Comitato scientifico per la valutazione del Reddito di Cittadinanza, è nato con l’ambizione di raccogliere tutti gli elementi statistici su base nazionale, come racconta <strong>Antonio Lenzi</strong>, responsabile comunicazione di A.N.NA.</p>
<p>“Il principale scopo è di sistematizzare tutto quello che riguarda la nostra attività. I dati non sono nuovi, ma fino ad oggi sono stati troppo spezzettati. Con il <strong>report</strong> è invece possibile interpretare con un unico documento il nostro operato e, aspetto non secondario, è strumento utile per elaborare il contesto. Cerchiamo cioè di ricostruire il quadro di riferimento mettendo in luce quello che ha funzionato e denunciando quello che è mancato, soprattutto a livello infrastrutturale.”</p>
<p>Altro obiettivo di questo “libro bianco” è sottolineare i <strong>difetti strutturali del sistema Italia</strong> rispetto alle politiche attive, problemi odierni che se non affrontati ci saranno anche domani, per qualsiasi futura riforma. “Quello che diciamo nel documento è che bisogna ragionare, che bisogna vedere le cose a livello sistemico. Non è con il mero inserimento di 11.000 persone nei centri per l’impiego che si risolverà la questione”.</p>
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<h2 id="h-luca-sabatino-navigator-assumerne-altri-inutile-senza-una-cabina-di-regia">Luca Sabatino, navigator: “Assumerne altri è inutile, senza una cabina di regia”</h2>
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<p>Nel frattempo, però, il <strong>ministro del Lavoro</strong> <strong>Orlando</strong> sarebbe intenzionato a mettere a disposizione <strong>nove miliardi</strong>, tra risorse nazionali ed europee del Recovery, per riqualificare tre milioni di persone entro il 2025. Piano da varare entro l’anno che conta anche un miliardo e mezzo per le infrastrutture dei centri per l’impiego e, appunto, per l’assunzione di 11.600 nuovi operatori.</p>
<p>Inserimenti utili? Chissà. “Una riforma strutturale delle politiche attive del lavoro è necessaria per garantire, anzitutto, un sistema chiaro e organizzato. Perché, detto tra noi, possiamo assumere anche centomila persone, ma senza una <strong>cabina di regia</strong> funzionante, è impossibile analizzare il nostro operato, né quello di chi eventualmente arriverà in futuro”.</p>
<p>A parlare in questo caso è <strong>Luca Sabatino</strong>, coordinatore del report, convinto che il documento redatto possa aiutare a valutare l’attività dei navigator con un occhio professionale diverso. Questione di punti di vista, perché senza inquadramento e un doveroso approfondimento i dati sul Reddito di Cittadinanza rischiano di suffragare la percezione della platea che <strong>grida al fallimento dell’iniziativa</strong>. Platea che nelle ultime settimane popola, spesso senza contradittorio, le prime pagine di molte testate.</p>
<p>“Il numero senza commento può portare a conclusioni affrettate; da qui l’idea di un sunto necessario a evidenziare i <strong>punti di forza del nostro lavoro</strong> e le tante aree di <strong>miglioramento</strong>. Siamo stanchi di sentire sempre le stesse banalità.”</p>
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<h2 id="h-campania-un-navigator-su-cinque-fermo-per-un-anno-in-una-delle-regioni-pi-bisognose">Campania, un navigator su cinque fermo per un anno in una delle Regioni più bisognose</h2>
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<p>E in effetti a Sabatino gli argomenti originali non mancano. Campano, laureato in economia e management con specializzazione in marketing, ha iniziato la sua avventura a Capua, provincia di Caserta. Regione non proprio favorevole per un navigator: quasi trecentomila beneficiari, di fatto un terzo del totale nazionale, e appena quattrocento navigator in attività, diminuito di settanta risorse dalla cifra iniziale. Ciò significa, in media, dai settecento agli ottocento percettori per ogni operatore, contro i centocinquanta previsti a contratto.</p>
<p>“Tutto questo in un contesto politico penalizzante, che ha ritardato l’inizio del nostro mandato e che ancora oggi ci vede distanti dai centri per l’impiego, con i quali collaboriamo solo virtualmente. Abbiamo iniziato da un paio di mesi a prestare servizio in modo fattivo sui beneficiari, come i colleghi delle altre Regioni”.</p>
<p>In buona sostanza, su <strong>2.700 navigator</strong> ancora attivi in Italia, circa <strong>il 20% è rimasto ai box per un anno</strong>, per poi entrare in scena nel cuore della pandemia. E si tratta proprio dei <strong>campani</strong>, cioè di chi detiene il fardello più importante. Visto sotto questa luce, il 25% dei beneficiari che al 31 ottobre 2020 – su scala nazionale – ha stipulato almeno un contratto di lavoro gode di un peso specifico ben diverso.</p>
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<figure class="aligncenter size-large"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/07/flusso-navigator.jpeg"><img loading="lazy" decoding="async" width="723" height="381" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/07/flusso-navigator.jpeg" alt="" class="wp-image-45373" /></a><figcaption><em>Fonte: report navigator <em>del 17/06/2021</em></em>,<em> realizzato da A.N.NA.</em> </figcaption></figure>
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<p>Davvero quindi i beneficiari <strong>preferiscono il Reddito di Cittadinanza alle proposte di ricollocamento</strong>? “Non ti posso dire che tutti siano onesti, ma posso garantire quello che vedo sul campo: la maggior parte delle persone intende tornare in pista. Non serve un genio per capire che la liquidità garantita dal Reddito non è sufficiente per sfamare una famiglia. E non serve un genio per capire che <strong>le persone ambiscono al riconoscimento sociale, alla dignità del lavoro</strong>”.</p>
<p>Per restare al caso Campania, la <strong>mappatura per le opportunità professionali</strong> funziona? “Non conosco i numeri ufficiali, li detiene ANPAL. Io sono riuscito a mappare appena tre o quattro realtà con effettive ricerche di lavoro attive. Anche in questo caso è importante leggere il dato in maniera completa. Nella nostra Regione abbiamo fino a mille aziende a testa da schedare, e nella maggior parte dei casi non abbiamo strumenti per metterci in contatto. Tante piccole e medie imprese sono ancora sprovviste di sito internet ufficiale, e al telefono non rispondono. La situazione, in generale, non è paragonabile per ovvi motivi a quella dei colleghi di altri territori”.</p>
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<h2 id="h-il-report-non-una-difesa-corporativa-ecco-le-proposte-per-migliorare">“Il report non è una difesa corporativa: ecco le proposte per migliorare”</h2>
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<p>Tornando al report nazionale, invece, quali sono le idee dei navigator sul tavolo?</p>
<p>“Il progetto propone <strong>cinque linee guida</strong> per una riforma strutturale. Valorizzazione del capitale umano oggi esistente, sistema di governance efficace, sistemi informatici integrati, sinergia tra tutti gli attori coinvolti e navigator con un ruolo più ampio, con uno sguardo verso tutti coloro che hanno necessità di essere inseriti nel mondo del lavoro. Un documento che ha il merito di non essere una difesa corporativa del nostro lavoro, ma che offre un panorama esteso di proposte”, conclude Sabatino.</p>
<p>Facile a dirsi. Per il momento forse è meglio limitarsi agli elementi del report che a consuntivo evidenziano la bontà del progetto, se non altro per le condizioni di equità che di rado si trovano nelle aziende, anche le più lungimiranti. Le <strong>donne</strong>, infatti, sono <strong>in maggioranza nel gruppo navigator</strong> e rappresentano il 54% del totale. Il 76% dei selezionati ha meno di quarant’anni e il voto medio di laurea è 107 su 110. I titoli di studio spaziano da giurisprudenza a psicologia, passando per le scienze economiche, politiche, sociali e educative. Non mancano inoltre lauree in sociologia e in scienze delle pubbliche amministrazioni.</p>
<p>Insomma, una squadra che ha tutte le caratteristiche per garantire un <strong>valore aggiunto al sistema Italia</strong>, dove ancora oggi quattro milioni e mezzo di individui vivono in condizioni di povertà. Dove la marginalizzazione sociale e la mancanza di risorse non è un tema secondario. Dove a far da contraltare ci sono percettori di Reddito di Cittadinanza che, nonostante l’età media di trentacinque anni, soffrono a causa di una bassa scolarizzazione (il 72% ha appena la licenza media) e di un <em>digital divide</em> ancora troppo diffuso.</p>
<p>Un Paese dove permane, e questo è un fatto incontrovertibile, un <strong>disperato bisogno di competenze</strong>. Perché gli ammortizzatori sociali aggiuntivi, inutile dirlo, non sono sufficienti per chiudere la partita.</p>
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<p><em>Photo credits: siracusapress.it</em></p>


11.600 nuovi navigator, serviranno? Ecco cosa dice il report di categoria

L&#8217;Associazione Nazionale Navigator ha stilato il libro bianco della categoria: un bilancio di successi, insuccessi e aree di miglioramento. Ne parliamo con i navigator Antonio Lenzi e Luca Sabatino, coordinatore del report.

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