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Navigator, non ne rimarrà neanche uno? Dal Governo stop alle proroghe
Le figure simbolo della lotta alla disoccupazione all’ultima svolta: il 30 aprile si concluderà la loro esperienza. Raccogliamo le loro testimonianze e quella di Matteo Diomedi, presidente A.N.NA.: “1.800 persone competenti e formate lasciate a sé. Rabbia e disgusto, Orlando si prenda responsabilità”.
Quindici giorni. Per i 1.800 navigator rimasti il conto alla rovescia verso il 30 aprile, data di fine proroga contrattuale, è ufficialmente iniziato. Non sono serviti tre anni di battaglie e due rinnovi per arrivare alla tanto agognata soluzione strutturale, in grado di garantire futuro professionale a un gruppo di lavoratori lanciati allo sbaraglio, e troppo spesso finiti nel tritacarne politico con l’etichetta di vittime sacrificali.
È possibile, comunque, che anche questa volta il Governo decida di calciare la palla un po’ più in là. La proposta di un ulteriore prolungamento dell’ultimo minuto è così lontana dalla realtà?
Matteo Diomedi, presidente A.N.NA.: “Orlando si prenda responsabilità politica dei navigator”
“Non posso che essere incerto, in questo momento. Risposte non ce ne sono”. Non filtra certo ottimismo dalle parole di Matteo Diomedi, presidente di A.N.NA., Associazione Nazionale Navigator. “Il ministro Orlando ci ha nei fatti riferito che, in buona sostanza, una nuova proroga non è possibile, e se vuoi la mia opinione, l’idea di un altro periodo a termine fine a sé stesso ha poco senso. A che serve allungare il brodo, se non a creare ulteriori frustrazioni e paure, e a spingere altre risorse ad abbandonare il progetto?”.
E quindi, da che parte si rema? “Bisogna arrivare a una situazione stabile, che permetta a lavoratori stabili l’erogazione di servizi altrettanto stabili. Se non c’è questa volontà, dopo trentacinque mesi, è opportuno che qualcuno si assuma delle responsabilità politiche. Oggi quel qualcuno è proprio Orlando. Tutti sappiamo com’è iniziata questa storia, dal rapidissimo percorso di selezione e formazione, perché all’epoca servivano velocemente competenze nuove (o forse proprio mere risposte politiche, N.d.R.), alla promessa di consolidare nel tempo la nostra presenza. Promessa ovviamente mai mantenuta”.
A voler leggere un dato positivo, però, si potrebbe dire che intorno al movimento si è creato un grande senso di appartenenza. Come si spiega, altrimenti, il fatto che 1.800 professionisti siano ancora a bordo di un progetto a poche ore dal possibile tramonto? “Sì e no. Diciamo che è molto forte per una ristretta parte di noi, un 20-25%. Tanto che ci siamo chiesti, dialogando con esperti del settore, quali sono le cause di questa difficoltà nel creare una comunità più ampia. Anche con l’associazione non siamo riusciti a intercettare più di cinquecento iscritti, ed è un vero peccato perché c’è sempre stata, nel nostro percorso, la necessità di essere rappresentati. Soprattutto negli ultimi tempi, che registrano tra le fila dei navigator una continua diaspora”.
Emorragia peraltro logica: non ci sono garanzie per il futuro. “Questo è il paradosso. L’attuale contesto storico conta le importanti sfide che l’Europa ci chiede di rispettare in termini di politiche attive del lavoro, i finanziamenti del PNRR, la platea del Reddito di Cittadinanza, tutta la narrazione sulle fasce più deboli da proteggere, il programma GOL per la garanzia di occupabilità dei lavoratori. Mi domando: chi si occupa di queste attività? Andate a intervistare gli operatori dei CPI: molte volte non sanno come fare senza di noi. Parliamoci chiaro: ci sono ancora in campo quasi 2.000 persone, con competenze già acquisite, che tra due settimane chiuderanno la propria esperienza di servizio. Inspiegabile. Per questo i nostri sentimenti sono di ansia e rabbia. Ma anche di disgusto”.
Navigator per sempre. Le competenze in dote di un gruppo ben formato e selezionato
Tra i tanti report interessanti sui risultati delle politiche attive, merita menzione l’indagine prodotta dalla Corte dei conti, che approfondisce le caratteristiche dei centri per l’impiego, rappresentati da un’età media che supera i cinquant’anni e da una situazione di digital divide preoccupante. Dall’altro lato i dati presentati all’audizione della Commissione Lavoro a Camera e Senato mettono in luce i navigator come un gruppo equamente suddiviso nel genere, con una predominanza femminile che si attesta al 54% e una formazione variegata, con tutte le discipline economiche, giuridiche e psicologiche coinvolte. Il 35% degli assunti ha meno di trent’anni, il 41% ne ha tra i trenta e quaranta e il 24% è over quaranta. Una popolazione “aziendale” a disposizione della pubblica amministrazione da non disperdere o, quanto meno, da valutare con attenzione. Peccato che l’esodo legato a questa infinita precarietà abbia già ridotto il gruppone quasi del 50%.
“Ma navigator si è per sempre, come gli alpini”. Mario Giaccone ha prestato servizio a Castelfranco Veneto fino a novembre dello scorso anno. Da dicembre ha cambiato professione, è passato a Milano, al coordinamento dei centri per l’impiego. “Quando ho capito che di futuro era difficile parlare, ho colto al volo l’occasione di questo concorso, che ho superato limitandomi a studiare il minimo indispensabile”.
Quasi a dire che l’esame superato per il posto da navigator ha selezionato profili di un certo livello. “Quel che resta della nostra esperienza è proprio l’importante bacino di competenze portate in dote da questo gruppo: già presenti grazie agli interessanti percorsi di studi e ulteriormente implementate negli ultimi tre anni. Sono convinto che chi si ricolloca – nei CPI la percentuale si avvicina appena al 20% – offre senza dubbio un fondamentale valore aggiunto”. Resta solo questo del vostro passaggio? “Sicuramente rimane il Reddito di Cittadinanza. Del nostro lavoro, invece, dal mio punto di vista non resta nulla, se non come detto ottimi profili formati con un certo stile”.
“Paradossale concorrenza tra ANPAL e ARPAL, c’era chi ci impediva l’accesso ai CPI”
“L’opportunità è stata davvero importante per me”.
Francesca Cagnetta, 28 anni e neolaureata in Giurisprudenza, ha sfruttato l’occasione di diventare navigator quasi per caso, partecipando alla selezione mentre preparava altri concorsi. “Ho abbracciato il progetto, in particolar modo perché il mondo delle politiche attive mi interessa abbastanza, tanto che ora sono in ARPAL Puglia, l’associazione regionale. La mia esperienza, unita ai primi giorni in quella attuale, mi permette di evidenziare con certezza quanto manchi una vera e propria cultura delle politiche attive in Italia”.
Immagino sia una vera corsa a ostacoli. “Almeno così l’ho vissuta io finora. In provincia di Taranto eravamo praticamente in autogestione, i nostri supervisor ci fornivano indicazioni molto larghe. Anche la rete di aziende è stata costruita partendo da zero, nei centri per l’impiego è del tutto assente. Gli strumenti forniti, come la piattaforma per la mappatura, sono un labirinto quasi inutile. Comunque un po’ di risultati li abbiamo portati a casa, e personalmente mi sono affezionata al mio lavoro. Sono cresciuta, e al contempo si stava creando una rete nazionale, grazie ad A.N.NA. e ai gruppi social su Facebook. Rete che manca del tutto nelle politiche attive nella Regione. Addirittura ANPAL e ARPAL, agenzie costruite per collaborare, si sono spesso opposte in una sorta di paradossale concorrenza”.
Davvero? “Pensa che, per esempio, in ARPAL Puglia tempo addietro è uscita una direttiva per impedire l’accesso ai navigator ai CPI”. E come siete riusciti a lavorare? “Costruivamo i patti per il lavoro da remoto, poi incontravamo gli utenti solo per la firma, ma li dovevamo accogliere all’ingresso del centro, perché all’interno per noi non c’era posto”.
Nel frattempo, però, sei passata dall’altra parte della barricata. Adesso hai un lavoro stabile. “A livello personale ho dovuto lasciare la posizione di navigator perché troppo incerta. Non per me, sono giovane ed è stata un’ottima palestra. Ma non vedevo in queste continue proroghe una parvenza di progettualità. C’è bisogno di costruire una logica, non ho ben capito come pensano di costruire politiche attive strutturali senza dare continuità a chi presta servizio. Inoltre, soprattutto nella prima fase con Parisi al timone di ANPAL, si guardavano solo i numeri. L’importante era produrre patti per il lavoro. La vera sfida, invece, è costruire percorsi veri di formazione e ricollocamento per i percettori. Non sfornare solo burocrazia”.
Con il 30 aprile alle porte non rimane che sperare in ARPAL, allora. “Anche se, per farti capire il punto di partenza, oggi i telefoni del mio ufficio non raggiungono i cellulari e i numeri esterni. Come possiamo costruire rete con le aziende se non abbiamo nemmeno le linee telefoniche funzionanti? La mia opinione, in ogni caso, è che le competenze dei navigator tornerebbero molto utili per ARPAL e per il futuro delle politiche attive a livello nazionale”. Telefono permettendo.
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Leggi il mensile 110, “Di tutte le Russie“, e il reportage “Aziende sull’orlo di una crisi di nervi“.
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