La sociologa e presidente del Comitato tecnico scientifico incaricato di formulare proposte per riformare il RdC, intervistata da SenzaFiltro, definisce il concetto di povertà in Italia e parla dei possibili miglioramenti alla misura di sostegno al reddito.
I Comuni non stanno dietro al RdC: e se i progetti di impiego diventassero volontari?
Solo un Comune su quattro ha implementato almeno un Progetto Utile alla Collettività (PUC). Colpa del labirinto burocratico richiesto per attivarli, e non solo.
I progetti partiti in tutto sono quasi 20.000. Si chiamano PUC e prevedono che le amministrazioni locali possano utilizzare i percettori di Reddito di Cittadinanza per lavori di pubblica utilità. Nonostante le fatiche iniziali, il progetto in diversi Comuni è decollato, con iniziative che impiegano dai 5 ai 200 percettori di Reddito a seconda delle dimensioni del centro. Ma i numeri sono ancora esigui.
A fine 2021, su 2.600.000 percettori di Reddito solo 76.000 erano impiegati nei PUC. Eccessi di burocrazia, difficoltà a reperire risorse e progetti che si adattino alle competenze di ognuno, e spesso personale comunale sovraccarico di lavoro, hanno limitato quella misura auspicata da chi si augurava che i percettori di Reddito, “visto che comunque li paghiamo”, si spendessero in lavori per la comunità.
Mentre nelle città (in particolare quelle del Sud si sono rivelate virtuose) realizzare questi progetti non è stato molto difficoltoso, i piccoli Comuni, che hanno a disposizione minori risorse in organico, sono risultati i più svantaggiati, soprattutto nel ricollocare quanti hanno una preparazione specifica. Infatti, la stessa regola di offrire un lavoro commisurato alla competenza del percettore di Reddito vale anche per chi vuole partecipare ai progetti organizzati dalle amministrazioni comunali. Per questo motivo, lo stesso ministero ha messo a disposizione di tutte le amministrazioni comunali una serie di progetti già realizzati ai quali attingere.
Reddito di Cittadinanza, un esercito di lavoratori dequalificati
Le amministrazioni comunali spesso si trovano a praticare la strada più semplice, che è quella di utilizzare i PUC per realizzare dei progetti che richiedano una generica manovalanza.
Questa abitudine però esclude automaticamente una parte dei percettori di Reddito di Cittadinanza, cioè coloro che hanno competenze più specifiche, che per legge non possono essere impiegati per lavori generici. Ad esempio, tra i modelli proposti dal ministero del Lavoro c’è un progetto del comune di Padova indirizzato ai detenuti che prevede il loro reintegro attraverso l’opera di riordino dell’archivio comunale.
Altre amministrazioni comunali hanno deciso di usare i percettori di Reddito di Cittadinanza come sorveglianti dei musei o in generale delle attrazioni turistiche. Il comune di Vicenza, facendo da capofila ai limitrofi, ha addirittura stilato un albo dei percettori di Reddito di inclusione, che possono svolgere mansioni di manutenzione e pulizia, di guardiania e sorveglianza, di assistenza anziani, di baby-sitting, magazzino, segreteria, supporto agli educatori dei centri diurni, scodellamento pasti e attività laboratoriali (falegnameria, sartoria, agricoltura etc.).
Il labirinto burocratico per ottenere i PUC
Una volta deciso l’ambito nel quale si dovrà operare, e stabilita l’eventuale collaborazione con qualche realtà del territorio, l’amministrazione comunale deve caricare sull’apposito portale il progetto nella speranza che questo venga poi accettato.
I progetti hanno infatti dei paletti piuttosto stringenti. Ad esempio hanno una durata che oscilla tra le 8 e le 16 ore settimanali, e una volta terminato il periodo in cui lavora per il Comune, il percettore di Reddito deve lasciare spazio a un altro; quindi il progetto non può essere rinnovato per la stessa persona. Questo comporta che il Comune (al quale compete la formazione dei soggetti) ogni volta debba ricominciare da capo. Per il lavoratore poi le stesse competenze acquisite rischiano di perdersi.
L’altro problema che le amministrazioni comunali devono risolvere è quello di trovare chi è disponibile. Ad esempio la legge esclude dalla possibilità di lavorare chi ha più di 65 anni, le cosiddette Pensioni di cittadinanza, ma anche chi ha un’invalidità non è tenuto all’obbligo di lavoro per le pubbliche amministrazioni.
“Abbiamo iniziato oltre un anno fa con i PUC – dice Antonio Costantino, sindaco di Gambolò, un Comune in provincia di Pavia – e abbiamo contattato diverse decine di percettori di Reddito. Alla fine ci siamo trovati con due casi che potevano rientrare nella casistica del servizio proposto. Uno di fatto è risultato irreperibile, l’altro invece si era nel frattempo trasferito. Su questo tema non vogliamo mollare per nulla, ma ora ci troviamo costretti a ricominciare da capo.”
Disabile e percettore di RdC: “Voglio lavorare, ma non c’è posto per me”
Vincenzo Russo è il presidente dell’MDA, un movimento che da anni si occupa dei diritti dei diversamente abili. Lui stesso ha una disabilità, riconosciuta dall’INPS, per la quale percepisce una piccola pensione di invalidità che si somma al Reddito di Cittadinanza.
“Sono un percettore di Reddito – spiega – non avendo un lavoro da anni. Mi sono reso disponibile per l’amministrazione comunale della città dove vivo per svolgere dei lavori. I PUC del Comune prevedono che i percettori di Reddito svolgano mansioni di manutenzione oppure di sorveglianza alle scuole. Quando sono stato contattato ho spiegato ai servizi sociali che non posso svolgere attività che non siano d’ufficio, che in quel progetto non erano disponibili, perciò mi è stato detto che, a meno che non sia io a richiedere espressamente di svolgere altre mansioni, potevo considerarmi esonerato”.
Tolte le categorie che godono di un’esenzione, come pensionati o invalidi, tutti gli altri percettori di Reddito sono tenuti a svolgere lavori per la comunità, pena la revoca dell’assegno stesso.
I numeri impietosi sui PUC: solo 20.000 progetti dal 2019
Il laborioso meccanismo non ha prodotto grandi risultati, fino a questo momento. I tempi lunghi e le tante carte da compilare spesso hanno scoraggiato le amministrazioni comunali.
Dal 2019 in tutto sono stati realizzati 20.000 progetti, che hanno coinvolto parte dei percettori di Reddito, ma la macchinosità del sistema a fine 2021 restituiva numeri piuttosto bassi.
Secondo i dati forniti dall’Osservatorio dell’INPS su Reddito e Pensione di Cittadinanza: “Nel mese di giugno 2022 i nuclei beneficiari di Reddito di Cittadinanza sono 1,03 milioni (90%) mentre i nuclei beneficiari di Pensione di Cittadinanza sono circa 120.000 (10%), per un totale di 1,15 milioni di nuclei. A fronte di circa 1,15 milioni di nuclei percettori sono state coinvolte 2,46 milioni di persone. I nuclei con disabili sono 193.000 e rappresentano il 17% dei nuclei beneficiari, coprendo il 18% delle persone interessate. Sul complesso dei nuclei con disabili, i nuclei monocomponenti sono 76.000 e rappresentano il 40% del totale. Di 2,46 milioni di persone coinvolte, 606.000 sono under 18 (il 25%)”.
Una ricerca di Giulia Fabris dell’Università Cattolica del Sacro Cuore pubblicata a fine 2021, quando i dati non differivano granché dagli attuali ha restituito un’immagine impietosa della situazione: “In conclusione, è importante una prima considerazione trasversale: è evidente come in Italia il numero di PUC attivi sia esiguo, sia rispetto al numero di Comuni coinvolti, che di precettori di RdC coinvolti nei vari progetti. Infatti, solo il 26% degli Enti locali si è attivato nell’implementazione di almeno un progetto, e i posti totali disponibili sono appena 76.897 a fronte delle 2.649.356 persone coinvolte nella misura (al lordo, è bene precisare, degli esclusi e degli esonerati dagli obblighi)”.
Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.
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