Dopo il cameraman, l’altra figura professionale del mondo dell’informazione e della comunicazione in trincea, che ha combattuto con le problematiche dovute alla pandemia da COVID-19, è quella dei fotoreporter. I fotogiornalisti, al pari degli operatori di ripresa, si sono trovati a fronteggiare maggiori criticità sul campo: dalle misure di sicurezza che in qualche modo restringono […]
Coronavirus in Francia: la ricetta del confinamento è à l’italienne
Secondo dati ufficiali, dal 24 gennaio 2020 a oggi (5 aprile 2020) la Francia ha registrato 89,953 casi confermati di coronavirus. Sono 7,560 le persone decedute dall’inizio dell’epidemia, 15,438 i ricoverati e 6,838 i casi gravi. «Siamo in guerra», ha dichiarato il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron lo scorso 16 marzo, in occasione di […]
Secondo dati ufficiali, dal 24 gennaio 2020 a oggi (5 aprile 2020) la Francia ha registrato 89,953 casi confermati di coronavirus. Sono 7,560 le persone decedute dall’inizio dell’epidemia, 15,438 i ricoverati e 6,838 i casi gravi. «Siamo in guerra», ha dichiarato il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron lo scorso 16 marzo, in occasione di un discorso a reti unificate che la stampa ha definito “marziale”. E dunque, stop agli spostamenti e via libera a tutta una serie di misure restrittive, come la chiusura di scuole e università, ma anche di musei, cinema, teatri, bar, ristoranti e brasserie. E le stazioni della metropolitana, benché attive, registrano un fortissimo calo di presenze.
In definitiva, il modello del confinamento à l’italienne ha fatto breccia nel cuore del governo francese e le misure adottate dal Paese sono decisamente simili a quelle nostrane. Pur con qualche specificità.
Francia, coronavirus: un sito web per (auto)valutare i sintomi
Nasce maladiecoronavirus.fr, il portale a cura del Ministero della Salute, che permette a tutti coloro i quali pensano di essere affetti dal COVID-19 di fare un test. Anonimo, gratuito e immediato.
Il sito, frutto dalla collaborazione ministeriale con l’Istituto Pasteur e un team di specialisti, propone all’internauta ventiquattro domande sui sintomi, sulla storia clinica e sull’età. E suggerisce poi le opzioni: l’isolamento, il consulto medico generalista o la chiamata al 15, l’omologo del nostro 118.
È chiaro, il portale non sostituisce la valutazione medica; ma al tempo stesso si tratta di uno strumento semplice per orientare il cittadino e ridurre le chiamate inutili verso il SAMU, il servizio di medicina d’urgenza. Dopo il lancio di mercoledì 18 marzo, il sito ha registrato più di 600.000 connessioni in tre giorni.
Questo tampone non s’ha da fare
Durante il discorso alla nazione del 16 marzo, Macron ha rassicurato i cittadini, garantendo la massima trasparenza in materia di diffusione dei dati. Eppure, il numero dei test somministrati non è stato ancora reso noto dai canali ufficiali. E venerdì 27 marzo, la portavoce del governo Sibeth Ndiaye si è limitata a dichiarare che ne saranno erogati 30.000 nelle prossime settimane.
Nel frattempo, sono tanti i nostri concittadini in Francia che si interrogano sulla questione, e nel confrontare la gestione italiana con quella del Paese d’accoglienza c’è anche chi si sente, talvolta, poco tutelato. Perché la Francia ha scelto di somministrare il test solo ai casi più gravi e di gestire le situazioni borderline con l’isolamento a casa. E le persone condividono le proprie esperienze attraverso i gruppi in rete e raccontano di casi al limite.
Come quello di R.M., che vive a Lyon con suo marito, 50 anni e un figlio di 20. «Venerdì sera mio marito ha cominciato a sentirsi male e, nelle ore successive, la temperatura è salita a 38,5°. Così, abbiamo deciso di monitorare la situazione, soprattutto tenendo conto del fatto che nel nostro condominio abita una famiglia positiva al COVID-19, che potremmo avere incontrato in ascensore nel periodo precedente al confinamento», racconta R.M.
Nel frattempo la situazione dell’uomo non migliora e il 23 marzo la coppia decide di consultare un medico. «In Francia i casi di COVID-19 vengono valutati tramite video-consultazione, con l’obiettivo di tutelare il medico dal rischio di contagio, quindi a mio marito è stata somministrata una visita sommaria, basata semplicemente sull’anamnesi». La video-consultazione, infatti, non consente di stabilire se uno strumento, come il termometro, è adeguatamente tarato, né di eseguire un prelievo ematico o di monitorare lo stato di salute dei polmoni. «Quando la visita è terminata il medico ha dichiarato che i sintomi sono compatibili con un quadro da COVID-19, ma che non sarebbe stato possibile richiedere il tampone per accertarlo. Perché mio marito, benché affetto da morbo di Parkinson, non rientra fra i soggetti a cui praticare il test (personale medico, anziani ricoverati nelle case di riposo…), se non a fronte di una grave crisi respiratoria».
Proteggersi dalle fake news
Non solo pandemia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità oggi ci troviamo di fronte a una vera e propria infodemìa, legata al numero altissimo di fake news che circolano su scala mondiale insieme al COVID-19. Ma la stampa francese si mobilita e, a fianco dei consigli medico-sanitari, compaiono sempre più spesso suggerimenti di ordine pratico per evitare il panico ingiustificato.
Eccone alcuni: fare attenzione al passaparola sul digitale (in particolare su Facebook e WhatsApp) e ai messaggi provenienti da autorità generiche, il cui nome non è menzionato; ma anche consultare fonti attendibili, esercitarsi al fact-checking, limitare le catene di Sant’Antonio e, soprattutto, imparare a gestire le proprie emozioni. Perché le fake news giocano sui nostri sentimenti (la rabbia, l’angoscia, l’indignazione) per propagarsi. Esattamente come un virus.
Gli incentivi alle aziende, e non solo
Intanto, la Francia mette in campo deroghe al pagamento di tasse e imposte, la sospensione del pagamento degli affitti e delle bollette di luce, acqua e gas per le PMI in difficoltà, e un corrispettivo di 1.500 euro a imprese e liberi professionisti, grazie al fondo di solidarietà.
Il governo, inoltre, sostiene che continuerà a supportare i lavoratori attraverso il dispositivo dello chômage partiel (la nostra disoccupazione), rinforzato e semplificato sulla base del modello tedesco, e delibera un sostegno economico alla Banque de France, per facilitare la rinegoziazione dei prestiti bancari. «Una cellula di continuità economica è stata attivata il 3 marzo presso il Ministero dell’Economia. Questa cellula permetterà di ottenere tutte le informazioni necessarie sulla situazione economica del Paese in tempo reale, di gestire meglio l’impatto di questa crisi sanitaria sulla nostra economia, prendendo decisioni quotidiane che potrebbero rivelarsi necessarie», è la dichiarazione ufficiale.
Inoltre, secondo dati ACOSS, sono in arrivo una serie di “indennità eccezionali”, destinate ai lavoratori a domicilio e agli operatori nel campo dei servizi per l’infanzia. L’obiettivo? Permettere alle imprese individuali di accedere al dispositivo dello chômage partiel, per garantire una continuità retributiva ai redditi più bassi, la cui attività è fortemente ridotta a causa dell’emergenza sanitaria. Il dispositivo entrerà in vigore lunedì 30 marzo.
Infine, in occasione del discorso di mercoledì 25 marzo — non più dall’Eliseo, ma dall’ospedale militare di Mulhouse, fra le zone più colpite del Paese — Macron annuncia l’erogazione di un premio straordinario, destinato al personale che si occupa di assistenza (la première ligne), ma anche l’impegno a mettere in piedi un piano massiccio di investimenti e di rivalutazione delle carriere nella sanità pubblica. E dichiara: «Organizzare meglio e proteggere il lavoro: è quello che dobbiamo alla nostra nazione».
Ma anche l’attuale gestione della sanità ha i suoi lati oscuri e, contestualmente al discorso del capo di Stato francese, alcuni assistenti ne denunciano la scarsa coerenza, tra parole e fatti e, attraverso una tribuna collettiva pubblicata sul quotidiano Le Monde, tre medici mettono in evidenza la gestione degli ospedali pubblici — definita “aberrante” — secondo il principio “de flux“: il malato deve “scivolare verso l’uscita”, in un percorso fluido. Nulla deve ostacolare l’impianto “idraulico” della cura. Perché nulla deve ostacolare il raggiungimento di un profitto.
Il caso Auchan e il giornalismo à la française
Un premio di 1.000 euro a 65.000 dipendenti, «per rendere omaggio al loro eccezionale impegno nella crisi sanitaria del COVID-19»: è quanto annuncia la nota catena francese di supermercati e ipermercati attraverso un comunicato stampa diffuso domenica 22 marzo. Perché «l’impegno impeccabile dei dipendenti ha permesso di mantenere aperti tutti i negozi, i drive e i servizi di consegna», ha dichiarato il gruppo. Un’iniziativa a cui hanno aderito Danone e Total e caldeggiata dal Ministro dell’economia e delle finanze Bruno Le Maire, che lo scorso 20 marzo ha invitato le imprese dei settori essenziali a versare un premio defiscalizzato di 1.000 euro ai propri dipendenti.
Ma si tratta davvero di un modo per ringraziare i soggetti più esposti all’emergenza sanitaria? Secondo i detrattori, non proprio. Perché il premio citato da Le Maire non è altro che il “premio Macron”, distribuito dalle imprese nel 2019 in risposta al movimento dei Gilets jaunes. Inoltre, l’indicazione ministeriale non è chiara e sembra che il premio potrà essere erogato solo ai dipendenti che svolgono la propria attività sul posto. Escludendo, de facto, il télétravail.
L’iniziativa di Auchan non è isolata e sono diverse le aziende francesi che, a mano a mano, riconoscono sul fronte retributivo l’impegno di chi non può restare a casa. «Radio France e France Télévisions (il servizio pubblico radiotelevisivo francese, N.d.R.) hanno deciso di continuare a retribuire i collaboratori occasionali, anche se questi non svolgeranno la propria attività», commenta Léa Loroni, giornalista di France Tv. In un Paese in cui l’ordine professionale non è presente e il rilascio della carte de presse (il nostro tesserino) è deciso da un organismo governativo (il CCIJP), iniziative come questa sono caldeggiate dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti.
Quando l’isolamento favorisce la violenza domestica
Dopo il boom cinese di denunce per violenza domestica e di richieste di divorzio, anche la Francia si interroga sulla sicurezza delle donne che vivono in isolamento con il loro aggressore. Il Segretario di Stato francese per le pari opportunità Marlène Schiappa avverte: la violenza domestica non cesserà con l’epidemia; il periodo di crisi che stiamo vivendo e il confinamento a casa rischiano, al contrario, di creare un terreno propizio.
Una situazione che accomuna Francia e Italia, che oggi fanno fronte comune. Tant’è che, in base a quanto diffuso attraverso un comunicato stampa del 20 marzo, il Segretario di Stato Schiappa e il Ministro italiano per le pari opportunità Elena Bonetti si rivolgono congiuntamente al Commissario europeo per l’uguaglianza Helena Dalli, affinché l’UE «sostenga, nel quadro dello sforzo eccezionale mobilitato, i dispositivi per le donne vittime di violenza e le imprese detenute dalle donne». Nel frattempo, «Francia e Italia continueranno a non lasciarsi sfuggire nulla».
Prendi i soldi e scappa
Ricordate gli esodi di massa verso le seconde case, l’assalto ai treni diretti al Sud Italia e il boom di presenze negli impianti sciistici, al grido di “la neve è più forte”? Se pensate che la fuga sia una prerogativa del Belpaese, sarete costretti a ricredervi.
Sì, perché alla vigilia del discorso che il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha rivolto il 12 marzo alla nazione, anche i francesi hanno abbandonato le proprie fisse dimore. «In tanti hanno deciso di partire proprio in quel periodo», chiarisce Léa Loroni. «In Francia si è registrato un vero e proprio esodo e i francesi hanno preso d’assalto le principali località di villeggiatura, al mare e in montagna. Un fenomeno che ha riguardato soprattutto i parigini, che a loro volta sono stati oggetto di violente forme di stigma sui social network più diffusi, come Facebook e Twitter».
In definitiva, è davvero il caso di dirlo: di fronte al COVID-19, tutto il mondo è paese.
E chi la casa non ce l’ha?
Secondo il Ministro delle Politiche abitative Julien Denormandie, saranno duemila i posti supplementari che la Francia metterà a disposizione dei senzatetto: così lo Stato si organizza per mettere al riparo i più poveri, mobilitando da un lato duemila posti negli alberghi del Paese, e dall’altro aprendo i primi siti di confinamento per i senzatetto colpiti dal COVID-19 che non necessitano di ricovero in ospedale.
L’annuncio, divulgato attraverso un comunicato stampa del 21 marzo, dichiara anche che sarà stanziato un importo di 50 milioni di euro per far fronte all’emergenza dei senzatetto. Ma anche la questione dei clochard ha il suo lato oscuro e, mentre in Francia aumenta il numero dei morti fra i senza fissa dimora, scattano le primissime multe nei confronti di chi non rispetta le regole del confinamento: perché una casa non ce l’ha.
«Sono stati riportati casi di senzatetto, multati per aver violato il divieto di spostarsi», commenta Léa Loroni. «Le misure di tutela nei confronti dei senza fissa dimora sono state annunciate da Macron in occasione del discorso del 16 marzo; ma fino a ora non è chiaro in che modo ed entro quali tempi queste misure saranno messe in atto». Una questione squisitamente politica? «Sì: l’attuale governo adotta di continuo forme di comunicazione sfumate, su come le istituzioni francesi intendano mettere in atto quanto dichiarato».
I gesti alla prova del virus
«Gli autocontatti, che lo psicologo Paul Ekman definisce anche body manipulators, sono gesti che sfuggono in grandissima parte alla coscienza della persona», commenta Valérie Brunetière, linguista, semiologa esperta di Corpo e Gesti e docente all’Université Paris Descartes – Université de Paris. «Gli autocontatti non sono coscienti; ne è la prova il fatto che, quando si vede qualcuno compierli (ad esempio toccarsi la guancia, grattarsi il naso, gesticolare con i capelli) e si chiede loro di ripeterli, è raro che la persona riesca a farlo esattamente allo stesso modo, perché non ha la minima idea di cosa stesse facendo prima».
Ma cosa accade quando l’autocontatto diventa più complesso, perché intralciato da guanti e mascherine e, in ogni caso, sconsigliato dagli esperti? «L’autocontatto non è solo involontario, ma è anche una firma gesto-corpo della persona», prosegue Brunetière. «È un gesto intimo, che si realizza nello spazio privato e la cui funzione è adattiva e di rassicurazione rispetto al contesto. Questi gesti svolgono una funzione psicologica molto importante: toccandomi, mi assicuro di essere a mio agio in una certa situazione. E nell’interagire».
«Quindi, con l’attuale emergenza sanitaria, il problema è duplice: da una parte, bisognerebbe ridurre drasticamente gli autocontatti quando si hanno legami con l’esterno (quando si continua a lavorare, si va a fare la spesa o in farmacia), a causa del seguente percorso: superficie potenzialmente contaminata, quindi contatto della mano con la superficie e, infine, autocontatto con il viso. Dall’altra parte, però, non si hanno i mezzi per controllarli, poiché questi sono gesti inconsapevoli. Certo, si potrebbe tentare di renderli coscienti, ma sarebbe insostenibile farlo a lungo e, dopo un po’, si allenterebbe inevitabilmente l’attenzione, perché la tensione sarebbe troppa. Inoltre, siccome questi gesti ci aiutano a rassicurarci, il fatto di sopprimerli — nel caso in cui si riesca a farlo — rischia di sortire l’effetto opposto, e cioè di destabilizzarci. In un momento in cui abbiamo più che mai bisogno di sentirci a nostro agio.»
Socializzare a distanza
L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID-19 non ha cambiato solo le prassi lavorative, benché la formazione a distanza, non ancora standardizzata — il Ministero dell’Educazione nazionale non ha fornito indicazioni sulle piattaforme da utilizzare e ogni istituzione fa caso a sé — meriterebbe un discorso a parte. In ogni caso, accanto agli uffici a casa crescono anche in Francia le iniziative culturali destinate ai confinés. Come i tour virtuali al Louvre, le masterclass al Centre Pompidou e le visite guidate al Musée d’Orsay e alla Reggia di Versailles.
Ma il confinamento à la française non è fatto di sola cultura. E, determinati a mantenere i legami sociali nonostante l’isolamento forzato, i francesi scoprono nuove forme per stare insieme. Squisitamente on web. «Gym at home è un workout group nato dall’iniziativa di una ricercatrice all’Istituto Pasteur e coinvolge tutta una serie di persone che si sono trovate a Parigi per un certo periodo della propria vita», racconta Laura Cantini, ricercatrice presso il CNRS e residente nella capitale francese da quattro anni. «Facciamo sessioni di Insanity tre o quattro volte a settimana e ci ritroviamo su Teams per condividere il desiderio di fare sport, ma anche per stare insieme». E mentre Gym at home continua a crescere, l’Université de Paris lancia l’app Tous en Forme, per monitorare la forma fisica degli studenti durante il periodo a casa.
Ma le nuove pratiche legate alla socialità coinvolgono i francesi anche su altri fronti. Nasce l’aperitivo su Skype, spesso internazionale e quasi sempre allargato: agli amici e agli amici di amici. Arriveremo al settimo grado di collegamento, come avviene su LinkedIn? Ancora non lo sappiamo, ma di certo l’Apéro Skype — ribattezzato subito coronapéro e “degustàbile” anche su piattaforme come Discord, Teams e Zoom — è un modo per bere un verre in compagnia, fare quattro chiacchiere con gli amici, conoscere gente nuova e, perché no, per rispolverare l’inglese che avevamo riposto nel cassetto dopo quell’ultimo viaggio all’estero. Una chicca: l’apéro su Houseparty, che permette di integrare i giochi di società. La novità della settimana? Il live house party, con tanto di dj set e rigorosamente depuis chez soi. La prossima frontiera? La Pasqua a distanza. Naturalmente, ciascuno con un calice di champagne e il proprio uovo di cioccolato.
Born to run
Per la Francia lo sport è un fatto importante. E fra le raccomandazioni che gli esperti dell’Inserm hanno rivolto a medici e pazienti fa capolino l’attività fisica, prescritta come un vero e proprio farmaco — esercizi diversi per patologie differenti — ma in quantità uguale per tutti: almeno tre volte a settimana. L’obiettivo? Combattere le patologie croniche e ridurre le ri-ospedalizzazioni.
Non stupisce, quindi, che in Francia siano consentiti gli spostamenti: brevi (al massimo un’ora al giorno), in solitaria e in prossimità del proprio domicilio (entro un chilometro), finalizzati all’esercizio dell’attività motoria. Sono consentite, inoltre, le passeggiate, anch’esse brevi e in prossimità del domicilio, in compagnia di chi risiede con noi. Una decisione che, però, non piace al Consiglio di Stato, la più alta giurisdizione amministrativa, che da un lato rifiuta l’idea del confinamento generale della popolazione, e dall’altra chiede al Governo di riconsiderarne le deroghe: in particolare quelle legate allo sport, giudicate troppo ampie e da limitare ai casi più urgenti.
A Paris si corre al parco, nei giardini e sul Lungosènna ma oggi, con la chiusura dei terreni recintati, i runner ne percorrono i perimetri esterni; spesso armati di mascherine, in genere a debita distanza e sempre sotto lo sguardo attento della Police. Che, dopo ogni controllo di rito, non può che augurare a tutti… bon courage.
In copertina foto by Fran Boloni on Unsplash
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