Decreto flussi, schiaffo a Salvini: l’economia continuano a salvarla i rifugiati

L’entrata in vigore del decreto flussi, il 27 gennaio, farà cadere la distinzione tra tipologie di migranti voluta dalla Lega di Matteo Salvini: trovare un lavoro regolare sarà più semplice anche per i migranti economici. L’opinione dell’economista Bruno Anastasia.

Sono circa 70.000 (69.700) i lavoratori extracomunitari che attendono con ansia la fatidica data del 27 gennaio 2022.

Non si tratta del godibile giorno di paga di chi ha la fortuna di avere un lavoro stabile a tempo indeterminato, ma del giorno in cui il decreto sui flussi migratori approvato prima di Natale dal Governo Draghi diventerà operativo, consentendo così a migliaia di extracomunitari di accedere per vie regolari al mercato del lavoro italiano nei settori in cui c’è da tempo una richiesta di manodopera, che non viene coperta tra l’altro da lavoratori italiani o comunitari. Si tratta del settore edilizia, di autisti su gomma, di braccianti agricoli, di badanti e del settore ristorazione, in particolare cuochi e camerieri.

Forse a causa del caos mediatico sull’elezione del Presidente della Repubblica, i giornali italiani, distratti dalla battaglia per il Quirinale, hanno messo poca enfasi su un aspetto che avrà un peso politico enorme all’interno della compagine governativa che vede seduti allo stesso tavolo i teorici dei respingimenti e quelli dell’integrazione.

Decreto flussi, cade la distinzione tra rifugiati e migranti economici

Se si spulcia il Dpcm del 21 dicembre, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 gennaio, serie generale n.12, si scopre infatti che cade finalmente uno dei muri più insidiosi eretti dall’ex ministro degli Interni, Matteo Salvini: la distinzione tra chi parte dal proprio Paese in veste di rifugiato e chi fugge dal Paese di origine per ragioni economiche. Una distinzione infarcita di demagogia e priva di senso che ha consentito alla Lega di guadagnare consensi, ma che ha al tempo stesso bloccato intere aree del mercato del lavoro: ora non c’è più.

Come sostiene l’esperto di emigrazione Gilet Merrit, l’emigrazione è prima di tutto una questione economica, viste le condizioni disastrose nelle quali versano le economie dei Paesi da cui arriva l’immigrazione. È la fame, prima ancora della guerra, la molla che spinge gli emigranti a fuggire dal loro paese.

L’economista Bruno Anastasia non ha dubbi: “Questo decreto segna la fine di un’ipocrisia e incentiva la regolarità”. Altrettanto netto Oliviero Forti, responsabile della Caritas: “Questa è un’occasione simbolica per sbloccare il Paese, per anni ostaggio della narrazione salviniana, e per riaprire una stagione di legalità di cui hanno bisogno imprenditori, famiglie e associazioni”.

Il contenuto del decreto flussi che fa infuriare la Lega di Salvini

Si legge nel decreto flussi: “Nell’ambito della quota, sono riservati 20.000 ingressi per motivi di lavoro subordinato non stagionale, nei settori dell’autotrasporto merci per conto terzi, dell’edilizia e turistico-alberghiero dei cittadini di Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, Guatemala, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina e dei Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere accordi di cooperazione in materia migratoria”.

Ci sono poi 42.000 quote che riguardano gli ingressi di cittadini non comunitari per lavoro subordinato turistico alberghiero. “Nell’ambito di tale quota, sono riservate 14.000 unità ai lavoratori dei medesimi Paesi le cui istanze saranno presentate, in nome e per conto dei datori di lavoro, dalle seguenti organizzazioni: CIA, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri, Alleanza delle Cooperative (comprende Lega cooperative e Confcooperative)”.

Si capisce perché la Lega di Matteo Salvini si sia opposta fino all’ultimo a questo decreto. Lo spirito è l’opposto della politica del respingimento. Anzi, se la messa a terra del decreto funzionerà verranno disincentivati gli ingressi clandestini e rivitalizzati i settori produttivi per i quali fino a ora si è verificata una carenza di manodopera straniera, che comunque non veniva coperta dalla manodopera domestica.

Certo, l’ombra della burocrazia incombe. Anzi si può dire che il principale nemico dell’attuazione di questo decreto è e sarà la mostruosa macchina burocratica statale che avrà il difficile compito di accogliere e valutare le domande di lavoro ex novo che vengono dall’estero ma soprattutto di convertire lavori precari già operativi in Italia in lavori subordinati.

L’economista Bruno Anastasia: “La crescita di occupazione degli immigrati è superiore a quella degli italiani. Ecco perché”

L’attuazione del decreto flussi renderà comunque ancora più evidente un fenomeno che emerge dal rapporto INPS “Lavoratori dipendenti e indipendenti”: tra gli extracomunitari il tasso di crescita dell’occupazione è maggiore, soprattutto in alcuni settori.

Scrive l’economista Bruno Anastasia su la Voce, analizzando il rapporto INPS: “Nell’arco del periodo 2014-2019 si segnala la modestissima crescita della quota femminile (dal 43,3 al 43,4 per cento), l’incremento più consistente di quella giovanile (dal 15,1 al 15,5 per cento) e l’aumento robusto di quella degli extracomunitari (dall’8,4 al 9,5 per cento), mentre in direzione opposta è andato il peso del Sud, sceso dal 26,9 al 26,6 per cento (…) gli extracomunitari incidono massicciamente tra i domestici (46 per cento) e gli operai agricoli (21 per cento); rilevante è anche la loro incidenza tra i commercianti (10 per cento); ovviamente non sono presenti tra i dipendenti pubblici e costituiscono un’esigua minoranza di amministratori”. SenzaFiltro lo ha contattato per chiarire questi numeri.

Professor Anastasia, a fronte di questi dati si può dire che si configurano due mercati del lavoro che vanno in direzioni opposte? Quello degli extracomunitari in crescita e quello domestico in decrescita?

“In linea di massima i due mercati vanno nella stessa direzione, ma siccome gli italiani, come ci dice la demografia, stanno diminuendo, il tasso di occupazione degli extracomunitari potrebbe crescere anche se il mercato del lavoro è in discesa. Poi c’è da dire che molto dipende dai settori: se va male l’industria manifatturiera va male per tutti, se invece prendiamo il settore costruzioni il rapporto tra i due mercati cambia. E tenga conto che quando parliamo di extracomunitari non abbiamo tenuto conto degli stranieri europei, che in alcuni segmenti, come il mercato delle colf e dell’agricoltura, hanno un peso molto importante”.  


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Photo credits: meltingpot.org

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