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Alessandra Todde e la biografia di cui la sinistra non parla
Il centrosinistra non ha comunicato quasi nulla della carriera della nuova presidente della Regione Sardegna, che pure è meritoria e piena di punti di valore. Forse è il suo passato da alta dirigente d’impresa che provoca qualche vergogna: “imprenditrice” è ancora una brutta parola?
Alessandra Todde, classe 1969, è la nuova governatrice della Regione Sardegna. L’evento, vissuto a sinistra come straordinaria vittoria, arriva per una manciata di decimali sul candidato di centrodestra Paolo Truzzu.
Alessandra Todde rappresenta ciò che piace ai progressisti di centrosinistra. È donna. Ed è di sinistra. A questo centrosinistra tanto basta. Il racconto è bello che servito, a favore di stampa e con la facile contrapposizione a mezzo social con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Nulla però è stato detto e raccontato davvero di questa donna, che non viene certo dal nulla, tranne quelle poche nozioni che si trovano facilmente sulla sua bio di Wikipedia. Innanzitutto che la sua storia politica in senso stretto (quello delle poltrone che contano, per intenderci) inizia circa sei anni fa, al rientro in Italia dopo esperienze da manager di altissimo livello in giro per il mondo, e prima di aver bucato le elezioni europee del 2019 con alle spalle un Movimento 5 Stelle fortissimo (anche in quel caso per una manciata di voti).
Nulla è stato detto di Alessandra Todde e della sua carriera “non politica” che l’ha vista in ruoli chiave in alcune aziende energetiche; oggi è dall’altro lato, in quella istituzione che la transizione ambientale dovrebbe guidarla in uno degli obiettivi chiave comunitari (e planetari) dl futuro prossimo.
Nulla è stato detto, a proposito di Alessandra Todde, su quello che in un Paese con un dibattito politico serio e concreto sarebbe stato il suo ruolo di maggiore importanza, quello su cui il Movimento dell’uno vale uno evidentemente aveva bisogno di un “uno” un po’ più forte: la delega alla gestione delle crisi industriali, nel periodo che va dal 2019 al 2022. Una patata bollente davvero, e non come quelle dei vergognosi titoli rivolti a Virginia Raggi che hanno suscitato maggior clamore mediatico.
Non è stato detto che Alessandra Todde è una di quelle che si rimboccava le maniche davvero e scendeva nelle fabbriche. Parlava con gli operai. Si confrontava davvero con loro. Cercava soluzioni con le istituzioni e i rappresentanti locali, in antitesi a quello che accade oggi, dove i segnali di centralizzazione da un lato e di autonomie differenziate (male) dall’altro lasciano scoperto il fianco a un Governo la cui trazione settentriocentrica è più che un lecito sospetto.
Non si è detto ad esempio della Todde interprete magistrale e interlocutore preferenziale al tavolo (certo, un tavolo dove i pugni sono stati spesso battuti con veemenza), che ha condotto l’ex Whirlpool di Napoli lontano dalla fine che ormai sembrava segnata in una delle vertenze simbolo del territorio italiano. Questo mentre altri nel suo Movimento, tra povertà sconfitte e altri proclami di dubbio gusto, poche settimane prima del suo insediamento come viceministro garantivano che “Whirlpool sarebbe rimasta a via Argine”.
Insomma, non è stato detto molto. La verità è che la storia di Alessandra Todde è ancora tutta da scrivere, in un ruolo chiave come quello di presidente di Regione in cui deve dimostrare ancora tutto. Quella bio da CEO che fa a schiaffi con quella sinistra dei circoli di partito e dei lavoratori che un po’ manca a questa Italia, da imprenditrice che un tempo sarebbe stata da sconfiggere, sembra davvero poco a sinistra.
Ma in questo appiattito dibattito pubblico in cui il concreto conta meno del simbolismo spicciolo da titolo urlato, Alessandra Todde è donna e di sinistra. E tanto basta.
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