L’email del CDR ripercorre proprio questo tunnel, sempre più oscuro.
“L’anno che si chiude è stato sofferto e difficile, assai deludente per tutti noi. Il nostro giornale continua a perdere copie, abbonamenti e non riesce a trovare una strada nel digitale. E questo, a nostro avviso, per la mancanza di una chiara strategia di investimenti, marketing, obiettivi, collocazione nel panorama editoriale. Nonostante gli sforzi titanici di tutti noi. La difesa dell’identità di Repubblica (che sembra importare solo a noi giornaliste e giornalisti che amiamo questo quotidiano e il lavoro che facciamo) ci ha impegnato in un anno che ha segnato la per noi traumatica disgregazione di quello che era il più importante gruppo editoriale del nostro Paese, smembrato e dismesso da un editore il cui progetto resta per noi incomprensibile, oltre che frutto di preoccupazione”.
Il giudizio dei giornalisti di Repubblica non riguarda solo le strategie del gruppo, ma tocca i nervi scoperti del lavoro: “Come sappiamo nel futuro prossimo ci sono ancora tagli, riduzione del perimetro giornalistico, mortificazione di competenze e professionalità”. Si legge ancora: “Il 2024 si preannuncia un anno di dura battaglia a difesa del nostro posto di lavoro, del nostro nome, della nostra professionalità. Dovremo affrontarla tutte e tutti insieme, perché da questa caduta rovinosa non si salva nessuno”.
Ed ecco il passo più impietoso. “Vedere Repubblica che viene abbandonata come una nave che affonda è motivo di particolare amarezza in questi mesi. Ma dobbiamo pensare a noi che restiamo e al futuro del giornale, certi che solo l’unione in questo frangente può fare la forza”.