Lo chiamano spettacolo viaggiante, ma è fermo da più di un anno. Ferdinando Uga, presidente ANESV: “Nonostante gli investimenti per riaprire in sicurezza abbiamo perso l’estate 2020 per colpa dei sindaci. Dallo Stato 970 euro a famiglia, la situazione è drammatica”.
Scena muta: doppiaggio in sciopero contro salari bassi e Intelligenza Artificiale
I doppiatori chiedono il rinnovo del CCNL, con paghe più alte, condizioni di lavoro migliori e tutele rispetto all’IA. Christian Iansante, voce di Bradley Cooper: “Un doppiatore fa in un giorno le scene che un attore fa in tre mesi, ma prendiamo le briciole”
Si chiude il 14 marzo la terza settimana di sciopero dei professionisti del doppiaggio italiano: doppiatori, ma anche direttori, assistenti e dialoghisti sono in stato di agitazione dal 21 febbraio.
Dopo mesi di trattative inconcludenti con la controparte, le organizzazioni sindacali SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL, insieme ai delegati delle associazioni professionali (ANAD, AIDAC e AIPAD), sono decisi a proseguire la protesta per il rinnovo del CCNL Doppiaggio, fermo al 2008 e quindi a un mercato dell’audiovisivo ormai superato dalle rivoluzioni di questi ultimi dieci anni. Dall’ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e digitali) è arrivata finalmente la disponibilità all’incontro, che dovrebbe tenersi martedì 14 marzo.
“Nel 1998 abbiamo scioperato tre mesi. Nessuno ci ascoltava, i magazzini delle reti erano pieni e non c’era l’urgenza di avere prodotti doppiati. Oggi lo scenario è cambiato e l’emergenza è montata nel giro di 15 giorni. Tra una settimana rischiano di andare in onda film e telefilm sottotitolati”, racconta Christian Iansante, attore, speaker, doppiatore di star come Bradley Cooper e Jeremy Renner e docente di doppiaggio. “L’intenzione è quella di non riprendere a doppiare fino alla conclusione di un accordo. Niente scioperi a singhiozzo, come in passato, che non hanno portati a risultati concreti”.
I motivi dello sciopero del doppiaggio: retribuzioni ferme a 15 anni fa
Al vuoto normativo di questi anni, tamponato con accordi ponte, si è aggiunta la proliferazione di piattaforme streaming di contenuti audiovisivi (Netflix, Amazon Prime Video, Disney+) con le loro logiche e imposizioni (misure di sicurezza capillari per entrare nelle sale di doppiaggio), oltre all’assenza di figure di riferimento con cui i lavoratori possano confrontarsi.
Uno dei nodi principali del rinnovo del contratto è l’aspetto retributivo.
“Ogni due anni abbiamo invocato un adeguamento ISTAT, che ci è sempre stato negato. Oggi chiediamo un aumento del 30% dei compensi di base. La tariffa di un doppiatore è data dal gettone di presenza e dal numero di righe doppiate”. I prezzi delle righe variano a seconda della tipologia di prodotto: cartone animato, soap opera, serie, film per la tv e titoli destinati al circuito cinematografico. L’avvento delle piattaforme ha cambiato le carte in tavola in questo senso, ed è un altro elemento da regolamentare nel nuovo contratto.
“Ci sono stati pagati come film televisivi progetti per le piattaforme che nulla hanno da invidiare ai film per la sala. La differenza di retribuzione corrisponde a 0,60-0,70 euro a riga, che non è poco se la moltiplichiamo per mille righe”, spiega Christian Iansante.
L’industria del doppiaggio italiano coinvolge almeno 1.500 professionisti, oltre 50 società specializzate e un fatturato di oltre 100 di milioni di euro l’anno. Sacrosanto, dunque, rivendicare il ruolo economico di una professione non sufficientemente considerata dagli imprenditori e dai vecchi e nuovi player del settore.
“Noi muoviamo un mercato importante, rispetto al quale prendiamo le briciole. In base a contrattazioni private, un professionista può ottenere maggiorazioni quando doppia una star, che però guadagna milioni di dollari”. All’adeguamento delle retribuzioni, ferme da 15 anni, si aggiunge la richiesta di ridurre i tempi di pagamento delle fatture da parte delle società di doppiaggio.
I ritmi di lavoro dei doppiatori: “In una giornata facciamo una quantità di scene pari a tre mesi di lavoro di un attore”
Un’altra fondamentale ragione alla base dello sciopero è il miglioramento delle condizioni di lavoro, a partire dalla riduzione delle righe per turno. I professionisti italiani sono costretti a ritmi di produzione sempre più sostenuti e pressanti, con tempi di consegna sempre più ridotti e aumenti importanti delle righe da interpretare.
“Doppiare anche 50 righe in più per un film in un turno di tre ore significa andare veloce, a scapito della cura delle scene, per poter chiudere senza sforare. L’aggiunta di altri turni ricade infatti sulla società di doppiaggio, che ha già stabilito un prezzo con il cliente”.
Christian Iansante non ne fa una questione di qualità del doppiaggio in senso assoluto, “perché non è solo una questione di tempo, ma anche di capacità personali e della direzione”, ma di condizioni più umane di vita e di lavoro.
“Un doppiatore oggi fa una quantità di scene in una giornata che equivale a tre mesi di lavoro di un attore in presa diretta di una serie/fiction. Ci piacerebbe poter lavorare meglio per restituire agli attori quello che sono riusciti a dare con la loro interpretazione”.
L’Intelligenza Artificiale, la nemica numero uno per i doppiatori
A preoccupare la categoria è poi la mancanza di “tutele per quanto riguarda la cessione dei diritti, che mette quotidianamente a repentaglio l’intero settore, alimentando i rischi di un uso improprio dell’Intelligenza Artificiale”, scrive l’ANAD nei suoi comunicati.
“Siamo stanchi di essere sotto ricatto, di essere forzati a firmare – prima o a lavorazione ultimata – liberatorie che prevedono la cessione dei diritti all’uso della nostra voce. E se non firmi, non lavori”, precisa Christian Iansante. “Sembra paradossale, ma una clausola di una liberatoria concedeva l‘uso della mia voce sempre, dovunque, in tutti i pianeti dell’universo. Se aprissero un cinema sulla Luna, non potrei pretendere nulla”.
“Sicuramente – continua il doppiatore – le nostre voci sono state usate per allenare i software di machine learning”, che saranno sempre più in grado di replicare le voci di attori-doppiatori, consentendo un notevole risparmio di costi e tempi ai produttori.
Il mestiere è dunque a rischio? È una possibilità concreta, se pensiamo alla startup londinese Flawless, che corregge visivamente la meccanica delle labbra degli attori, e alla realtà israeliana DeepDub, che usa l’IA per apprendere i tratti caratteriali delle voci, registrarli e applicarli in una lingua diversa.
“Per quanto riguarda lo speakeraggio – spot pubblicitari, traileristica – e il doppiaggio dei documentari, il rischio che il doppiatore sia soppiantato dall’IA è alto e imminente. Perché funziona”, commenta Iansante. Le implicazioni economiche e morali si sprecano. Cedere una parte fondamentale della propria identità, come la voce, ha un costo; ma che cosa succederà quando gli algoritmi di IA creeranno una voce “nuova” partendo da quella di tre doppiatori diversi? Per i professionisti sarà difficile far rivalere i propri diritti.
“Per quanto concerne la riproduzione delle emozioni umane per un lungometraggio o una serie, ritengo che il processo possa essere più lungo. Ho ascoltato degli esperimenti con i cartoni animati e la differenza con le voci caratterizzate dei doppiatori è ancora evidente. Temo comunque una realtà come quella di Tel Aviv, che prende Robert De Niro e lo fa recitare in francese, tedesco e spagnolo. Non si può escludere che, con il progresso incessante della tecnologia, la riproduzione effettuata dall’IA diventi alla fine credibile, decretando la fine del nostro mestiere”.
I doppiatori stanno facendo da apripista a una serie di agitazioni condotte dai sindacati e dalle associazioni professionali di altre categorie di lavoratori del sistema cineaudiovisivo italiano, che chiedono un rinnovo contrattuale. Lunedì 13 marzo è stato convocato il tavolo al ministero della Cultura tra la sottosegretaria Lucia Borgonzoni e le organizzazioni sindacali di categoria per analizzare la situazione dell’intero settore e facilitare la ripresa del confronto negoziale. Un passaggio indispensabile per aggiornare condizioni contrattuali obsolete e tutelare i diritti di lavoratori che, come i doppiatori, rappresentano un patrimonio artistico e professionale ingente.
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