Tirocinanti in “formazione” per decenni: non potrebbero lavorare come dipendenti pubblici ma lo fanno, senza contributi, ferie o malattia. Una stortura alimentata da fondi europei e dal voto di scambio. Ne parliamo con il sindacalista USB Saverio Bartoluzzi e con l’assessore al Lavoro della Regione Calabria Fausto Orsomarso.
Gianclaudio Bressa, Commissione parlamentare d’inchiesta: “Infortuni sul lavoro costano 47 miliardi all’anno”
Il senatore Gianclaudio Bressa, intervistato da SenzaFiltro, parla delle azioni governative per contrastare morti e infortuni sul lavoro.
La notizia non piacerà di certo alle facoltose Regioni del Nord Ovest e tanto meno alla moderna Lombardia, che si vanta di essere all’avanguardia nelle relazioni industriali, ma le recenti cifre sulle morti sul lavoro parlano chiaro: il triste primato va al Nord Ovest con il 38,7%, e in particolare alla Lombardia con il 26 per cento.
In questa infelice classifica la Campania occupa il secondo posto con l’11,7%. Viene smentita dunque la voce che sia il Sud il principale imputato di questa infinita tragedia. La notizia del primato lombardo emerge da una conversazione che il senatore Gianclaudio Bressa, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, ha accettato di fare con SenzaFiltro.
Secondo lei di chi sono le responsabilità di questa tragedia? Abbiamo ancora in mente le parole del direttore dell’Ispettorato del Lavoro, Bruno Giordano, a Nobìlita: “Le morti sul lavoro non sono infortuni, ma omicidi”.
Diciamo che è impossibile determinare le responsabilità di questo triste fenomeno. C’è un problema culturale, questo è certo. Le aziende che non fanno il loro mestiere, i lavoratori che a volte agiscono con troppa sicurezza, magari senza elmetto o altri sistemi di protezione. E poi c’è il problema altrettanto importante che riguarda i controlli: non è stata ancora definita l’autorità che abbia il potere di un controllo efficace. Nel testo unico di pubblica sicurezza si è cominciato a parlare di un sistema informativo sulla sicurezza, ma dopo l’introduzione dell’articolo 5 non c’è stato coordinamento. Le morti sul lavoro, malgrado l’evidenza dei fatti tragici che ogni giorno accadono, non sono vissute ancora come una parte importante della nostra esistenza. Una cosa è certa, se vuole ci torniamo: è necessario avere sanzioni più severe, se no non se ne esce.
L’ex presidente dell’INPS, Tito Boeri, in un’intervista a SenzaFiltro ha puntato il dito sui mancati controlli, sostenendo che all’Ispettorato mancano i dati per monitorare le morti o gli incidenti sul lavoro. Lei cosa ne pensa?
Ho letto l’intervista che ha fatto a Tito Boeri. È vero, c’è un problema di controlli, ma mi permetto di aggiungere che rispetto alle iniziative prese dal Governo e dall’Ispettorato il professor Boeri forse non è aggiornato. Proprio in questi giorni abbiamo potenziato il ruolo e la quantità degli ispettori assumendone 2.144, oltre al rafforzamento del nucleo ispettivo dei carabinieri che passano da 560 a 670. Tutto ciò nell’ambito del rafforzamento dell’Ispettorato del Lavoro attraverso il decreto legge 146, articolo 13. Vi segnalo inoltre che nel decreto fiscale è stata introdotta una nuova figura: il preposto. È colui che nelle imprese ha l’incarico di controllare la sicurezza e di segnalare casi anonimi. Una figura simile dovrebbe essere una garanzia, perché è in grado di fare dei controlli più ravvicinati. Nel decreto si mette un tassello importante per risolvere problemi posti anche dal professor Boeri a proposito dei dati. Si affida all’INAIL il coordinamento della banca dati in possesso di INPS e Ispettorato, senza i quali i controlli sono impossibili. D’altronde la banca dati è propedeutica a stabilire se un’impresa è qualificata a operare con i sistemi di sicurezza previsti dalla legge. Comunque, non è facile capire di che cosa stiamo parlando, glielo assicuro. Le faccio un esempio: se un lavoratore si taglia una falange e poi racconta che è caduto dalle scale per paura o per altre ragioni, per gli ispettori è difficile stabilire le responsabilità. Il tema è sempre quello della formazione per i lavoratori, ma anche – se non soprattutto – per gli imprenditori. E tenga conto che abbiamo scoperto molti corsi falsi. Insomma, deve passare l’idea che la sicurezza è un bene insopprimibile. Deve essere vissuta come un investimento sulla vita, non come un costo che peraltro paga la comunità
In che senso?
Le do un dato significativo dell’INAIL relativo al 2009, non molto diverso da quelli che stanno elaborando rispetto agli anni successivi. Il costo complessivo dei danni da lavoro era di 47 miliardi, di cui 39 spesi dalla collettività. I dati europei ci dicono che gli infortuni sul lavoro si sono ridotti, ma purtroppo in Italia l’infortunistica è superiore alla media europea
Un triste primato. E se si considera il lavoro nero?
Il quadro peggiora sensibilmente. I dati di cui abbiamo parlato finora prescindono dal lavoro nero e dallo sfruttamento. Il professor Boeri si riferisce per esempio ai subappalti e alla possibilità di controllare la sicurezza in tutta la catena, e non solo nella società appaltante. È proprio a questo che serve la banca dati. Nell’edilizia c’è il Durc, uno strumento che serve a verificare la regolarità contributiva di tutte le imprese che partecipano a un appalto. Sarebbe utile anche un patto dei cantieri, ma spesso nei cantieri ci sono lavoratori che hanno altri contratti. Io, dopo tanti anni che lavoro sul tema sicurezza, sono convinto comunque che soprattutto sui casi di lavoro in nero ci debbano essere sanzioni più severe. Le faccio un esempio: la Commissione, che ha poteri ispettivi e giudiziari, ha scoperto che una cooperativa che raccoglieva pomodori aveva tre addetti. Essendo lavoro nero sicuro l’abbiamo sequestrata. Non era possibile che soltanto tre addetti potessero fare tutto quel lavoro. A conclusione di questa nostra conversazione le vorrei dire che noi tutti, legislatori e addetti ai lavori, dovremo prendere atto che il mercato del lavoro in questi anni è cambiato, è molto più frammentato. Allo stesso modo dovrebbe cambiare la legislazione, ad esempio lo Statuto dei lavoratori.
Taranto, imprenditore insegue e sperona due ispettori. Bruno Giordano: “Abbiamo toccato un nervo scoperto”
In coda a questa conversazione con il senatore Bressa, riportiamo una notizia assai eloquente del clima che si respira in alcune aziende in tema di sicurezza.
ll titolare di un’azienda alla quale erano state notificate delle sanzioni per mancata applicazione delle norme sulla sicurezza ha minacciato due ispettori tecnici in servizio presso l’Ispettorato territoriale di Taranto, poi li ha inseguiti e ha speronato l’auto di servizio, provocando ingenti danni.
“Manifesto la mia piena solidarietà – ha commentato il direttore capo dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, Bruno Giordano – ai due ispettori tecnici vittime dell’aggressione. L’Ispettorato sta lavorando sodo, effettuando i controlli finalizzati a verificare le condizioni di sicurezza e di legalità negli ambienti di lavoro, a tutela dei lavoratori e dell’economia sana. La nostra intelligence ispettiva ci consente di indirizzare le ispezioni laddove vi sono più illeciti, e se arrivano reazioni come quella registratasi in provincia di Taranto, significa che abbiamo toccato un nervo scoperto.”
È evidente, conclude, che “chi è riottoso rispetto all’applicazione delle regole mal sopporta il nostro lavoro, che da qualche mese è stato incrementato. Lo Stato ha il dovere istituzionale e morale di agire per far sì che la sicurezza diventi condizione imprescindibile di ogni rapporto di lavoro”.
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