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Graduatorie scolastiche o mercato dei titoli?
Il caos delle nuove graduatorie scolastiche, cambiate in corsa alle porte della ripresa: una sindacalista CISL Scuola ci aiuta a inquadrarlo.
In vista del rinnovo delle graduatorie scolastiche, con la novità dell’istituzione di quelle provinciali, nei mesi scorsi si è consumata la corsa ad acquisire titoli, in modo da avere punti preziosi e scalare posizioni nella classifica da cui viene attinto il personale che dovrà lavorare nel mondo della scuola: coprire cattedre di ruolo vuote da anni, con i duecentomila precari della scuola italiana che vivono giornate di attesa per sapere quale sarà il loro destino.
Docenti in cerca di cattedre: è corsa ai titoli per avere un posto in graduatoria
L’esercito di circa 850.000 docenti della scuola italiana in questi primi giorni di avvio dell’anno scolastico non è completo: solo a Milano e provincia ne mancano 5.100, una cattedra su cinque, e questo in Lombardia, la regione con il più elevato numero di scuole e studenti in Italia, che dunque richiede più insegnanti.
Puntuale come l’inizio di ogni anno scolastico, si consuma il valzer delle nomine: nell’anno scolastico 2019/2020 i contratti di docenti a tempo determinato sono stati 109.195 secondo il ministero dell’Istruzione, ben 187.000 secondo i sindacati.
Nonostante le domande per essere inseriti nelle graduatorie per le supplenze (GPS) siano scadute lo scorso 6 agosto, originando una riserva di circa 200.000 posti a cui attingere, il caos non è ancora terminato. Piovono ricorsi, nella mole di circa 753.000 domande inserite nel sistema che denunciano la voglia di avere un posto da insegnante, perché a partire dai problemi del sistema informatico che ha supportato l’inserimento telematico delle domande, il cambio in corsa di metodologia ha comportato problemi.
C’è chi ha speso soldi e tempo per posizionarsi in modo migliore, chi ha lottato contro il blocco da lockdown e il tempo sborsando 500 euro per acquisire i famosi 24 crediti formativi universitari in materie pedagogiche (che molti non hanno potuto inserire nel loro piano di studi) e ancora non è riuscito a vedere dopo mesi la certificazione degli esami sostenuti. Si possono spendere da 500 fino a 1.800 euro per corsi online, erogati da una pluralità di università o agenzie di formazione telematiche, per ottenere uno o due punti in più in graduatoria e sperare così di insegnare; nel migliore dei casi per una supplenza annuale, in altri per ottenere un titolo di perfezionamento nell’insegnamento della classe di concorso di competenza.
Ci sono classi di concorso “sovraffollate” come la A018 (Filosofia e scienze umane), su cui convergono i laureati di numerose facoltà umanistiche, o la A065 (Teoria e tecnica della comunicazione), in cui insegnare è un vero e proprio miraggio: basti pensare che nel concorso ordinario per docenti appena indetto sono state messe a bando solo due cattedre in tutta Italia.
Il caos delle nuove graduatorie provinciali
L’innovazione delle GPS voluta dal ministro Lucia Azzolina si sta rivelando un’arma a doppio taglio. Spiega Monica Manfredini, segretaria regionale della CISL Scuola Lombardia, una delle regioni in cui i problemi sono più accentuati: “Le graduatorie provinciali sono in qualche modo un ritorno all’antico; prima che fossero istituite le graduatorie di istituto esisteva la possibilità di fare delle convocazioni a livello provinciale. Sono anni che i cosiddetti precari non abilitati si rivolgono a clienti che dicono loro quali sono i loro punteggi e i loro titoli, e poi le scuole danno loro la possibilità di attingere singolarmente a queste graduatorie”.
“La situazione non era facile prima, ed è stata resa ancora più complicata per una decisione presa nonostante le organizzazioni sindacali avessero fatto presente che esistevano graduatorie di istituto valide che si rinnovano ogni tre anni, per cui si poteva pensare a un’innovazione, ma questo non era l’anno da scegliere: si sarebbe potuto far terminare l’anno, e poi pensare a un’altra graduatoria. Si è deciso di cambiare con delle graduatorie già valide, con tempi stringenti e a ridosso concreto dell’inizio delle scuole.”
“Lo si è fatto con questa procedura e un programma che non era testato: i miei colleghi sindacalisti, che hanno aiutato coloro che hanno presentato domanda, hanno constatato problemi di inserimento. La presentazione delle domande è stata un caos. Poi i risultati finali sono stati questi: domande sbagliate, titoli immessi in un posto anziché in un altro, in alcuni casi riconosciuti e in altri no, gente che si è vista azzerare o triplicare i punteggi. Questo ha comportato che nella fase di analisi e di pubblicazione delle graduatorie diversi responsabili territoriali si sono trovati in grosse difficoltà.”
Una delle maggiori problematiche riscontrate da chi ha presentato domanda è stata ad esempio la valorizzazione di supplenze spezzate nei punteggi, rispetto a chi ha prestato servizio annuale. Lo spiega sempre Monica Manfredini: “In Lombardia i numeri sono più elevati che altrove perché qua c’è la maggioranza delle scuole e la maggioranza degli studenti. La mancanza di personale con titoli è annosa. Questo ha fatto sì che si realizzasse la tempesta perfetta: a caos si sovrappone altro caos”.
“A seconda delle province abbiamo risultati diversificati; a questo si aggiunge la decisione di non pubblicare graduatorie provvisorie. È difficile per chi opera, per i provveditorati, riuscire a far fronte a una mole di lavoro davvero incredibile, per il controllo e la verifica dei titoli. Il governo ha ammesso alcune modifiche, cioè di delegare il controllo dei servizi nel momento in cui si deve sottoscrivere un contratto: possiamo scaricare il lavoro di controllo alle amministrazioni scolastiche. E poi cosa succede nel caso i servizi siano stati valutati erroneamente? Si creano problemi”.
Titoli, sì, ma chi li controlla?
L’esame dei titoli e le nomine in concomitanza con l’avvio dell’anno scolastico hanno fatto il resto, commenta la sindacalista: “Abbiamo fretta e necessità, l’obiettivo è di far partire la scuola e quindi di garantire la presenza dei docenti. Stiamo collaborando e aiutando il più possibile, ma i miracoli non si possono fare. Sono anni che sono nella scuola; la chiamata dei supplenti è un momento complicato, ci sono tante situazioni. Siamo in un momento davvero difficile. La Lombardia è la regione che ha sofferto di più per il COVID-19; veniamo da delle esperienze che hanno segnato le nostre comunità, il desiderio di ripartire è ancora più evidente da noi rispetto ad altre regioni”.
“Le scuole inizieranno a tempo parziale senza docenti; poi occorrerà vedere se i supplenti faranno test sierologici, o entreranno come tutti gli altri. All’atto iniziale non erano personale scolastico e sottoporsi al test era su base volontaria. Si entrerà, poi vedremo. Tutti questi ritardi hanno ripercussioni in termini di qualità del servizio e di sicurezza sanitaria, questo è indubbio. Il COVID-19 evidenzia la situazione critica già esistente.”
“Ha ragione il ministro Azzolina, il caos c’è sempre stato, ma questa è l’occasione buona per domandarsi perché. Noi avevamo già fatto delle proposte pratiche. Il GPS può essere una grande idea, e ne discutiamo; affrontare il COVID-19 con delle graduatorie già predisposte avrebbe consentito alle persone di presentare la domanda, capire cosa vogliono fare, le conseguenze di presentare domanda in una classe di concorso o in un’altra. Comunque si poteva garantire il servizio con le graduatorie già in essere.”
Il mercato di titoli nel far west della scuola post-COVID
Una situazione pluriennale, quella del rinnovo delle graduatorie di supplenti, intorno a cui fiorisce un’offerta formativa diversificata, sia con la serietà di atenei storici o telematici ufficialmente riconosciuti, che con titoli di abilitazione acquisiti all’estero. Si registra il caso di docenti di sostegno che hanno acquisito il titolo di specializzazione (che in Italia richiede la frequenza di corsi universitari ufficialmente riconosciuti solo in pochi atenei, con un esborso di oltre tremila euro di tasse universitarie, esami, laboratori e stage da sostenere con tesi finale) in Romania o Spagna.
Afferma Manfredini: “È una cosa vecchia, il mercato dei titoli per la corsa ad acquisire i famosi punti. Ora sono apparsi altri titoli universitari, lauree prese in altri Stati europei, che complicano la procedura di controllo. Diciamo che il commercio dei titoli purtroppo non lo scopriamo adesso, è già iniziato anni fa. Ci sono centri e università che li forniscono. I famosi 24 CFU in alcuni casi sono stati sudati; va controllata la serietà delle agenzie che li erogano, poi sta alla responsabilità dei singoli la scelta di come conseguirli. Sono i famosi crediti con cui si cerca di colmare certe lacune dal punto di vista formativo, ma le offerte formative vanno pensate e strutturate”.
“Uno dei grossi problemi che ha la scuola italiana, e che le graduatorie non possono risolvere, è la disponibilità di personale con titoli nelle discipline scientifiche e tecniche. In Italia è una carenza da sempre: non abbiamo i professori di matematica, fisica e altri indirizzi scientifici, non molto appetibili per i giovani italiani, ma che quando vengono portati a termine danno la possibilità di avere ben altre prospettive di carriera”.
Per l’ottenimento dei crediti piovono migliaia di euro da parte di chi attende da anni un posto di lavoro, direttamente nelle tasche di università telematiche, grazie a pacchetti già pronti che non sempre chi si affaccia al mondo dell’insegnamento è in grado di valutare. Sul sito del ministero c’è la lista degli atenei telematici ufficialmente riconosciuti, ma andrebbe elaborato un certificato di qualità in questo settore, che al momento è un vero e proprio far west in cui chi lavora con responsabilità e serietà si mescola a chi, pur rispettando formule legali, offre dietro compenso titoli e certificazioni.
Foto di copertina di Monia Orazi
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