Il libro di Giovanna Fullin ospita le testimonianze di un campione di lavoratori di servizi al cliente, raccolte tramite contatti personali, passaparola e associazioni sindacali. Il tema delle molestie sul lavoro emerge con forza dai racconti delle lavoratrici.
“Ha sorpreso anche me”, dice Fullin, “il tema è emerso dalle interviste con una frequenza impressionante. Si tratta di un fenomeno pervasivo e diffuso nei contesti più insospettabili. Ne ho voluto parlare perché mi sono accorta che moltissime ragazze – le molestie sono quasi sempre rivolte alle lavoratrici – tendono a dare per scontato approcci indesiderati da parte dei clienti. Battute a doppio senso, occhiate, contatti fisici indesiderati. Alcuni datori di lavoro minimizzano, dicono che ‘fa parte del lavoro’. Lo trovo inaccettabile, bisogna parlarne di più”.
In definitiva, i lavori di servizio al cliente sono buoni o cattivi lavori? La domanda attraversa tutto il libro, difficile giungere a una risposta univoca. Chiedo all’autrice se, durante la stesura del libro, abbia scoperto qualcosa di sorprendente sui lavori che stava prendendo in esame. Mi risponde di essere rimasta colpita dalla ricchezza della relazione tra lavoratori e clienti.
“In certe situazioni, come al bancone del bar o alla cassa del supermercato, gli scambi possono essere brevi, eppure sono la ricchezza di questi impieghi, anche se allo stesso tempo rendono vulnerabili i lavoratori”.
Penso di nuovo al mondo dei call center. Mi è capitato di rispondere a chiamate di numeri sconosciuti e trovare all’altro capo una voce registrata. La professoressa boccia senza appello questa scelta che le aziende sembrano compiere sempre più spesso. “Credo proprio che nessuno rimanga ad ascoltare la voce registrata per più di due secondi. I servizi passano attraverso la relazione tra due persone, mettere una voce registrata fa cadere la comunicazione. Non si può fare a meno della relazione personale, da lì passano le emozioni, gli aspetti intangibili che sono propri delle relazioni umane”.