I processi online non fanno giustizia: nei tribunali è caos digitale

Il processo telematico scontenta tutti e crea paradossi giuridici con la prassi della trattazione scritta, ledendo il diritto al contradditorio: annullati i confronti tra le parti, i giudici decidono da soli.

Coniugi che si ritrovano avviati al divorzio senza volerlo, perché la loro rinuncia agli atti non viene recepita dal sistema. Genitori condannati a pagare alimenti a figli quasi trentenni ed in piena carriera professionale. Madri lasciate impunemente sole nel mantenimento dei figli. Padri costretti a versare assegni all’ex moglie per il sostentamento dei figli, affidati congiuntamente ad entrambi i genitori, ma che in realtà vivono esclusivamente con il padre. Sono solo alcuni dei paradossi della giustizia italiana all’epoca della pandemia, che gli avvocati imputano alla lesione del diritto al contraddittorio, esito delle tele-udienze.

La giustizia diventa digitale: si moltiplicano i paradossi giuridici

La ratio del provvedimento che di volta in volta viene preso dai giudici è il doveroso rispetto della distanza sociale e la riduzione massima dei contatti. Di qui la scelta dell’udienza da remoto. I tempi delle comunicazioni però, come pure quelli del dibattimento, condizionano non poco il procedimento giudiziario, che tra una stortura e l’altra genera i paradossi descrittici da una avvocata del Foro di Padova, Anna Ciardullo.

“Va premesso – dice – che mai come ora i tribunali sono stati sicuri. Se un tempo si stava ammassati in sale d’attesa sature e insalubri, oggi ci si presenta in aula solo se chiamati e perché strettamente necessario. Purtroppo però non esiste un modo di operare comune: ogni tribunale di ogni provincia d’Italia, come pure ogni singolo giudice, ha adottato in questo periodo un proprio modus operandi. Può capitare di essere avvisati solo la sera prima che l’udienza prevista per il giorno dopo è stata rinviata perché era stato scelto dal giudice di non farla in presenza e poi si scopre che non era possibile nemmeno farla da remoto, per svariati motivi. Serve quindi un’altra soluzione. E in questo periodo è sempre più frequente, anzi frequentissimo, l’imperversare di una nuova prassi per lo svolgimento delle udienze civili, che a nostro avviso lede completamente il diritto al contraddittorio: la trattazione scritta.”

Per evitare il confronto fisico, infatti, molti giudici si avvalgono di questa prassi che, impedendo di fatto lo scontro dialettico fra le parti e fra queste e il giudice, perché va depositato per iscritto e in anticipo quello che andrebbe invece discusso in udienza, indebolisce e snatura l’esercizio della difesa.

L’udienza per trattazione scritta – continua l’avvocato Ciardullo – implica che io depositi le mie note di udienza (ovvero il contenuto di ciò che solitamente viene messo a verbale durante lo svolgimento dell’udienza in presenza) nel fascicolo elettronico che poi andrà automaticamente in mano al giudice, e questo deposito bisogna farlo entro cinque giorni prima dell’udienza stessa. Il collega di controparte ha così la possibilità di leggere in anticipo le mie argomentazioni, e su queste ribattere o addirittura produrre in alcuni casi ulteriori documenti. È altamente improbabile, infatti, il deposito in simultanea delle note di trattazione da parte dei rispettivi difensori delle parti. A quel punto io non ho alcuna possibilità di controreplicare o ulteriormente dedurre, perché tale modalità di svolgimento dell’udienza non lo consente. In questa maniera l’udienza, oggi, di fatto, la fanno i giudici”.

Processo telematico, pagano gli avvocati. E i siti della giustizia boccheggiano

Così, anche quella che poteva essere un’occasione per velocizzare e snellire l’iter burocratico della giustizia si è trasformata invece in una farraginosa e “pericolosa” (dal punto di vista delle garanzie) nuova prassi.

“Parlando in generale, oggi si fa tutto per via telematica con l’intento pregevole di voler velocizzare i tempi della giustizia, ma a ben vedere questo non accade”, continua la Ciardullo. La legale spiega infatti che un tempo gli atti venivano depositati a mano, in cartaceo, e veniva applicata una marca da bollo di valore variabile a seconda della natura e dell’entità della causa. Successivamente, con l’introduzione del processo telematico, è stata data agli avvocati la facoltà di depositare telematicamente gli atti giuridici, e con riferimento al ricorso introduttivo era possibile fotocopiare la marca da bollo contente il contributo unificato, riservandosi poi di portare l’originale in cancelleria alla prima occasione.

“Ora, in questo periodo di pandemia, non è più così. Tutto, e sottolineo tutto, deve svolgersi telematicamente: l’avvocato deve pagare il contributo dal proprio conto corrente, attraverso il sito della giustizia che, esplicitamente, ti dice di non essere in grado di garantirti la protezione da hacker. L’assistito deve quindi anticipare i soldi con una procedura online, estremamente macchinosa e lunga, resa ancora più difficoltosa dai frequenti blocchi del sistema telematico dovuti molto più spesso a lavori di manutenzione dei siti e delle piattaforme della giustizia che a un blocco degli stessi per sovraccarico di utenti collegati. Tutto sommato oggi alle più evolute procedure telematiche si sommano le procedure di un tempo”.

L’udienza si fa per iscritto: annullati i confronti tra le parti, aumentano i ricorsi (e i costi)

E siamo alle storture di oggi. Alcuni esempi.

Una coppia decide di separarsi e avvia la causa. Stavolta però i tempi procedurali giocano a favore del matrimonio. I coniugi, infatti, appianano le loro divergenze e decidono di ridare fiducia al loro matrimonio, di non separarsi. Non si presentano quindi all’udienza, il che fa cadere automaticamente il procedimento. Il giudice però, interpretando la loro assenza come un fraintendimento sulle modalità dell’udienza, da remoto e non in presenza, ha proceduto facendo scattare la separazione legale tra i due (ex) coniugi… che ora devono capire come risposarsi.

Moltissimi poi i casi di provvedimenti ingiuntivi e di ricorsi. Tra i cittadini rimasti incastrati tra i tempi della giustizia e la trattazione scritta, ci sono padri intrappolati in assegni famigliari da versare a figli adulti e perfettamente autonomi, mariti costretti a versare mantenimenti a ex mogli che vantano così un non meglio giustificato vitalizio, e madri abbandonate a crescere i figli senza alcun sostegno dall’ex marito.

“Il mio timore – conclude la legale – è che i giudici, mancando il vero esercizio del contraddittorio, con avvocati e parti in presenza che si confrontano più o meno vivacemente fra di loro, mancando l’ascolto delle parti (importantissimo nei giudizi di separazione e divorzio o che coinvolgono diritti dei minori), si attengano strettamente al testo scritto, emettendo provvedimenti in base alle note di trattazione depositate prima dell’udienza. Note che magari rappresentano situazioni o circostanze che nel frattempo (ovvero durante i cinque giorni prima dell’udienza) sono radicalmente cambiate, e che solo una discussione in presenza può consentire di chiarire, ai fini dell’emanazione di un provvedimento che tenga nella debita considerazione ogni aspetto.”

“Gli effetti di questa modalità di svolgimento del processo civile sono spesso provvedimenti che costituiscono dei veri e propri paradossi giuridici. Con la conseguenza che in materie delicate e complesse come il diritto di famiglia, dove gli interessi da tutelare concernono soprattutto i minori o il coniuge economicamente più debole, gravi e immediati sono i pregiudizi a carico delle persone coinvolte in questi contenziosi.”

“Accade spesso, inoltre, che per rimediare a provvedimenti presi nel corso di udienze in cui non ci si è potuto difendere in presenza, non c’è stato l’ascolto delle parti, non è stato possibile produrre in udienza documentazione magari rilevante ai fini del giudizio, e non si è potuto ulteriormente replicare a quanto sostenuto dalla controparte, sia necessario promuovere in corso di causa ricorsi per modifiche dei provvedimenti presi. Il che comporta ulteriori costi per il cliente, e soprattutto il protrarsi del procedimento principale di separazione e divorzio. Velocizzare i processi civili di diritto di famiglia, diventa così sempre più un’utopia.” “Ci si auspica che con lo scemare dell’emergenza sanitaria si ritorni a una normalità processuale, ovvero a fare le udienze nelle aule dei tribunali, e che la trattazione scritta torni a essere una modalità eccezionale di svolgimento delle cause, così come del resto è contemplata nel nostro ordinamento.”

Photo credits: zoomnews.it

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