L’effetto dell’INVALSI, secondo Raiola, è l’interruzione della normale attività didattica, che viene condizionata dalla presenza delle prove, alle quali viene finalizzato l’insegnamento.
“Dietro l’INVALSI ci sono interessi importanti, non di natura didattica: basti considerare il volume di affari delle case editrici per i libri; lo stesso istituto costa centinaia di milioni di euro allo Stato e ha personale proprio, ma si avvale di personale della scuola a costo zero. Negli anni si è assistito a diversi tentativi di legare gli stipendi degli insegnanti ai risultati INVALSI.”
“Mettere in concorrenza le scuole, sulla base dei risultati delle prove, sarebbe un disastro educativo”, prosegue Raiola. “Si punta ad accaparrarsi fondi e iscritti, abbassando il livello di formazione scolastica. Se una scuola decide di sopravvalutarsi, ha tutti gli strumenti per farlo. Il fatto che le prove siano uguali su tutto il territorio nazionale potrebbe essere ritenuto un punto di forza, ma di fatto non si tiene conto del programma svolto, si somministrano domande chiuse, è un elemento che condiziona molto l’insegnamento. Si verifica il ‘teaching to text’, cioè si attua una didattica improntata al superamento dei test, lasciando da parte il programma si lavora solo su quello”.
“Per quanto riguarda i ragazzi disabili, con bisogni educativi speciali e con disturbi specifici di apprendimento, spesso non hanno gli strumenti dispensativi e compensativi che spettano loro, mentre alcune scuole li mandano fuori dall’aula per evitare di abbassare il rating della scuola. Si parla della personalizzazione dell’apprendimento scolastico, ma somministrando le prove INVALSI va nel versante opposto.”
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