Che cosa resta oggi di quella Bagnoli? Una storia da raccontare, una storia di lavoro che era simbiosi con la vita stessa. Di lavoro che uccideva e andava bene così: il “purché si lavori”, le cui tossine ancora si respirano oggi, era all’epoca regola e legge.
Una memoria che però sembra già svanire. I giovani – e anche i meno giovani tra i giovani – accettano ruderi e ciminiere come un dato di fatto, appartenente alla loro quotidianità e al loro tessuto urbano.
“Il problema del bagnolese è quello dell’essere umano: si abitua a tutto”, sostiene Casertano. “Bagnoli è assuefatta nell’attesa. È un po’ come la descrive Bennato (di nuovo, N.d.R.) nella Bella Addormentata, ferma lì in attesa che qualcuno compia un miracolo per risvegliarla”. In questa lunga attesa da un lato si continua a morire per l’età che avanza, dall’altro per patologie che hanno una coda lunga. “Ma se mi chiedi se sono più incazzato di mia mamma o mio padre”, confessa Casertano, “direi che sono più deluso”.
Un sentimento latente, quello della delusione, in un quartiere disilluso e pieno di volti stanchi. Gli occhi che luccicano sono pochi: all’ex circolo ILVA ogni tanto si accendono, tra i testimoni (sempre meno) di quella storia industriale a metà tra la gloria, la morte e la retrospettiva rosea (nei limiti del possibile), di quegli anni in cui fabbrica e quartiere erano una cosa sola.
Non come oggi. “I ragazzi – sottolinea Sansone – questo quartiere lo hanno conosciuto come è oggi: senza punti di aggregazione. Non come noi”. E sciorina circoli di partito, dopolavoro, CRAL, polisportive con logo PCI o DC. Altro mondo, altri tempi. “Ora, invece, i giovani che tengono?”, si chiede Sansone.
L’unica cosa che di certo appartiene alle nuove generazioni di bagnolesi e di flegrei, in effetti, è uno stato dell’arte immutato da trenta e passa anni, durante il quale i loro famigliari hanno atteso – spesso rassegnati – che venisse scritta la parola “ripartenza” in questa storia, tra chi la vede vicino e chi ancora non ci crede. Per questo è impossibile raccontare Bagnoli senza parlare della fabbrica, fulcro della vita, inferno obbligato. Maledetta e benedetta. Un po’ come ogni cosa, in questa città.
L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.
Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro.
Sottoscrivi SenzaFiltro
Photo credits: fondoambiente.it