Dalla scuola si comprende la capacità di un Paese di immaginare e costruire il futuro. Secondo Sabrina Carreras nelle periferie andrebbero inviati gli insegnanti migliori, pagandoli meglio.
Laura Fumagalli, MyEdu, a Didacta: “Scuola sommersa di burocrazia: i docenti non hanno più tempo di insegnare”
Intervistiamo l’AD di MyEdu Laura Fumagalli in occasione della fiera dell’innovazione didattica: lo stato dei progressi della cultura digitale nella scuola
Ad affiancare le parole scuola e innovazione si rischia di sembrare poco credibili se non si chiariscono prima alcuni aspetti.
Il primo è che la scuola è diventata pesante, anzi appesantita, si è affaticata, il fiato si è fatto corto: dentro la scuola ormai ci si è infilato tutto, dal dover sopperire alle lacune delle famiglie al surrogare il ruolo di un orientamento professionale per i ragazzi che, fuori di lì, non fa più nessuno. Il secondo è che proclamare innovazioni ai quattro venti non serve a nulla se non si supera il bias più rischioso, che sta nel dire DaD per intendere che si è innovata la scuola; una parte per il tutto, nel caso della scuola, non regge come figura retorica.
Laura Fumagalli, AD MyEdu: “La cultura digitale degli insegnanti non dipende dall’età o dalla geografia”
Dialogo con Laura Fumagalli, AD di MyEdu, poco prima che prenda la parola a Didacta 2023 per presentare il loro ultimo progetto, tutto improntato sulla cultura della sostenibilità ambientale. Si tratta del “Kit di pronto soccorso per il pianeta Terra”, ultimo arrivato in casa MyEdu, l’unica piattaforma che dal 2013 vanta un protocollo di intesa col ministero dell’Istruzione per affiancare ragazzi, famiglie e docenti sulla didattica digitale. Dal 2022 è entrata anche nella Green Community del piano RiGenerazione Scuola del ministero stesso. Appena inizio a parlare con lei intuisco che la strada dell’intervista potrebbe arrivare proprio dove vorrei portare il confronto: i docenti sono davvero capaci di affiancare i ragazzi in una cultura digitale o sono loro i più carenti, i più restii? Per dirla bene, da anni MyEdu crea contenuti digitali: non crea e non vende hardware, genera stimoli e pensieri tematici per le scuole, da fruire su tablet o su LIM.
“Un paio di cose le ho sfatate, negli anni, riguardo ai docenti e riguardo a questa domanda, che forse è la più complessa perché non ha una risposta a senso unico: la cultura digitale degli insegnanti non ha niente a che vedere né con l’età né con l’area geografica. Abbiamo tante esperienze di insegnanti trentenni che non ne volevano sapere di digitale nelle scuole, così come una grande casistica di over 50 appassionati – curiosi è la parola giusta – non solo perché magari dopo anni di insegnamento intravedono un canale di conoscenza nuovo anche per sé, ma soprattutto perché capiscono che il digitale può fare da traduttore moderno tra loro e i ragazzi. Se trovassimo solo insegnanti digitalmente immaturi o senza voglia, il lavoro che facciamo con MyEdu sarebbe finito da tempo”.
E arriviamo al cuore del problema, quel punto esatto in cui la scuola smette di rispondere alla propria fisiologia di insegnamento per diventare una pura macchina operativa, uno dei tanti passacarte della pubblica amministrazione.
“Il tempo che i docenti riescono a dedicare alla didattica vera e propria è inesistente, ormai. Intendo proprio il tempo per preparare le lezioni e farle effettivamente coi ragazzi, dedicarsi a loro e al rapporto con loro. La scuola è stata sommersa di burocrazia, di progetti di ogni genere da seguire, di carte e registri da compilare. Per non parlare del fatto che da diversi anni quasi il 20% di ogni classe riporta ragazzi con bisogni educativi speciali. Impossibile fare gli insegnanti con queste premesse”.
Più parliamo, più affiorano le ipocrisie della politica. “Ci tengo a dire quanto sia assurda l’assegnazione di fondi per innovare la scuola se poi si fa ricadere sugli istituti, già in sofferenza di risorse umane, il carico di dover provvedere a compilare, modulare, rispettare scadenze. Quei soldi o metti le scuole in condizione di poterli ricevere o è meglio non illuderle nemmeno”.
Ai due miliardi di euro di fondi dal PNRR destinati anche alle scuole, di cui 1,7 miliardi per nuovi progetti, si è dedicata ultimamente anche Openpolis che dichiara come “l’effettiva erogazione di queste risorse non può essere ancora data per certa. La palla adesso passa agli istituti scolastici, che dovranno presentare a stretto giro i progetti che intendono realizzare con i fondi assegnati. Un passaggio non scontato, perché le procedure amministrative richieste per accedere alle risorse del PNRR sono complesse: la carenza di personale e di competenze adeguate può costituire un ostacolo”.
Anche SenzaFiltro se ne è più volte occupata in questi due anni parlando di Comuni e PA: in Italia, prima ancora dei soldi, mancano persone e competenze.
L’Osservatorio sulla didattica digitale firmato Doxa e MyEdu
Dopo l’esperienza della DaD, non tutto è da buttare.
Ecco cosa pensano le famiglie italiane sulla scuola digitale: per più di 7 genitori su 10 la tecnologia, ormai percepita come prezioso ausilio all’apprendimento verso una nuova normalità, sarà essenziale anche in futuro. La connessione a internet è stata un problema per meno di 2 famiglie su 10, mentre 3 mamme su 10 manterrebbero la scuola “ibrida”, in presenza ma con la possibilità di seguire le lezioni da remoto.
Solo il 17% dei papà ha seguito i figli in DaD – contro il 67% delle mamme – mentre la materia tipicamente più ostica – la matematica – è in realtà anche la più amata dagli studenti, con il 26% delle preferenze. Le ansie dei genitori sono cresciute per il 65% post pandemia: non tanto per il contagio in sé, quanto per gli effetti psicologici del distanziamento sui ragazzi (oltre 4 su 10). Infine, per rendere la didattica più stimolante, i genitori propongono un ritorno alle esperienze dirette nelle attività sul territorio: largo a fattorie, aziende agricole, aziende alimentari.
È quanto emerge dall’analisi annuale dell’Osservatorio sulla didattica digitale di MyEdu, piattaforma di formazione digitale fondata nel 2013 a Milano, partner del ministero dell’Istruzione attraverso il protocollo d’intesa “per la realizzazione di azioni a supporto dell’innovazione didattica e digitale nella Scuola Italiana”.
In collaborazione con l’istituto di ricerche BVA Doxa, MyEdu ha portato a termine un’indagine statistica che offre uno spaccato su come la scuola digitale, e in particolare la didattica a distanza, siano state percepite dagli studenti delle scuole primarie attraverso un campione totale di 3.500 tra alunni dai 5 ai 13 anni e i genitori che hanno vissuto l’esperienza della DaD a stretto contatto con i propri figli.
“Questo biennio di DaD ha accelerato di almeno cinque-sei anni il grado di utilizzo degli strumenti di didattica digitale da parte di docenti e alunni”, commenta ancora Laura Fumagalli, presidente di MyEdu. “Per analizzare che cosa è mancato in questo periodo e per migliorare l’offerta di contenuti e risorse digitali è fondamentale partire dalle esperienze dirette di chi ha vissuto questa fase così delicata in prima persona. Investire sulla didattica digitale integrata oltre la fase emergenziale è oggi essenziale per rendere questi strumenti sempre più rispondenti alle reali esigenze del mondo della scuola e della famiglia”.
“Durante la pandemia la tecnologia è stata protagonista delle giornate in modo più evidente che negli anni precedenti, un’occasione per i genitori per coglierne i diversi aspetti e le potenzialità. Di fronte a una situazione tanto anomala si sono abbattute barriere radicate nel tempo”, sostiene Cristina Liverani, Kids & Special Projects Unit Manager di BVA Doxa. “I genitori dei ragazzi tra i 5 i 13 anni, infatti, vedono nei device tecnologici ‘oggetti’ utili come supporti per la didattica e la formazione (33% dei genitori intervistati), per passare il tempo (30%) o per mettersi in contatto con amici e parenti (24%). Oltre al digital, la ricerca ha voluto dare spazio anche alla ‘normalità’ della giornata, con una domanda specifica sulle attività svolte in aggiunta all’‘andare a scuola’. Si è delineata una sostanziale voglia di uscire dalle mura di casa: in un anno passano dal 13% al 28% i ragazzi che dicono di essere usciti con gli amici; calano di 8 punti percentuali quelli che hanno guardato la TV; aumentano quelli che sono andati a giocare fuori casa, passando dal 7% al 14%; calano anche i ragazzi che hanno giocato ai videogiochi (dal 25 al 21%)”.
In questo panorama si inserisce la ricerca svolta nelle scuole da MyEdu, che ha focalizzato anche le paure e le speranze dei genitori degli alunni in età scolare.
L'indagine: genitori e figli promuovono il digitale, matematica croce e delizia
Che cosa non ha funzionato durante la DaD? Dalle risposte emerge che il 21% dei genitori intervistati lamenta che la DaD non abbia stimolato abbastanza l’attenzione dei propri figli. Altro fattore che ha influenzato in modo negativo la scuola durante il lockdown è stata l’impossibilità da parte dei genitori di seguire i propri figli, perché in smart working (17%). Subito dopo seguono con il 16% i genitori soddisfatti, circa 1 su 5. Il collegamento a internet è stato un problema per il 14% degli intervistati, dato che rincuora rispetto a statistiche molto più pessimistiche.
Che cosa si salva dell’esperienza DaD? Il 39% degli intervistati spera che questa situazione emergenziale non si verifichi più, mentre il 29% manterrebbe la possibilità di seguire le lezioni da casa: vuol dire che anche se i propri figli sono a casa per ragioni diverse dal COVID-19, i genitori preferirebbero che continuassero le attività scolastiche anche da remoto. I genitori manterrebbero anche l’uso di device tecnologici (17%) e contenuti digitali per l’apprendimento (15%).
Chi ha seguito di più i vostri figli in DaD? Dall’analisi statistica emerge che le mamme sono state coloro che hanno seguito di più i bimbi in DaD: il 67% degli intervistati. Se la sono comunque cavata i papà, con il 17%, mentre un buon 9% è rappresentato da nonni, particolarmente “tecnologici”.
Durante la pandemia l’aspetto che ha preoccupato di più i genitori è quello sociale-psicologico dovuto al forzato isolamento e distanziamento (44%), più del contagio stesso, che si attesta però al secondo posto con il 33%. Il calo dei risultati, influenzato dalla nuova modalità di insegnamento a distanza, ha preoccupato invece solo il 16% dei genitori. Quasi 8 genitori su 10 si dicono inoltre preoccupati per l’istruzione e il futuro dei propri figli; tra questi il 65% afferma di aver peggiorato il proprio stato di preoccupazione rispetto al periodo antecedente la pandemia, mentre per il 32% la percezione non è cambiata.
Il giudizio sulla tecnologia digitale applicata alla didattica raccoglie un 75% di consensi. Tale è la percentuale che esprime un’opinione favorevole sulla tecnologia applicata alla didattica, con un 15% che invece resta indifferente.
Che tipo di attività suggerireste per rendere più stimolante la vita a scuola? La maggior parte degli intervistati (27%) propone esperienze dirette nelle attività del territorio come visite in fattorie o aziende alimentari. Seguono i laboratori tecnologici 23% e le esperienze di scuola-natura 20%.
L’indagine ha anche offerto l’opportunità di capire le preferenze e le inclinazioni dei figli. Tanto che alla domanda su quale sia la loro disciplina preferita, emerge – a sorpresa – che la materia preferita dalla maggior parte dei ragazzi è la matematica (26%). Segue l’italiano con il 12% delle preferenze e, a pari punti, inglese e arte e immagine (11%).
Per quale disciplina i figli hanno più bisogno d’aiuto? In apparente contrasto con il trend della domanda precedente, risulta che la disciplina per la quale i figli necessitano più aiuto è proprio la più amata, la matematica (29%); seguono l’italiano (22%) e l’inglese con il 20% delle segnalazioni.
Per quale disciplina ci sarebbe più bisogno d’aiuto per supportare al meglio i vostri figli? Anche in questo caso la percentuale maggiore riguarda la matematica, che risulta la materia più ostica anche per i genitori (24%). La seconda materia per la quale i genitori hanno bisogno di supporto è l’inglese (23%), cui segue l’italiano con il 18% delle risposte.
Quali strumenti vorreste che vostro figlio avesse a disposizione per studiare in modo più efficace? Dall’analisi del questionario risulta che lo strumento che vorrebbe il maggior numero di genitori sono i giochi didattici per allenarsi nel tempo libero (20%). Subito sotto con il 19% ci sono le mappe concettuali digitali e personalizzabili, gli esercizi interattivi da fare con il tablet (18%) e le videolezioni di ripasso suddivise per materia (17%).
Che cosa vi servirebbe per affrontare meglio lo studio dei vostri figli? Ciò che maggiormente interessa ai genitori per affrontare meglio la formazione dei ragazzi è uno strumento che stimoli e invogli i figli a studiare, risposta data della maggior parte degli intervistati (34%). Il 27% vorrebbe percorsi digitali e interattivi, mentre il 19% un supporto che permetta loro di seguire i figli nei compiti.
Photo credits: tech-gnius.it
Leggi anche
La scuola azienda è un assegnificio? Esiste davvero chi sceglie di insegnare pur di avere uno stipendio più basso del 30% rispetto alla media europea? Parliamo del ruolo dell’istituzione scolastica e delle nuove assunzioni di docenti (con diverse presenze maschili in più) con Carlo Giuffrè, segretario UIL scuola.
La scorsa estate mia figlia ha trovato un lavoro particolare: aiutare l’Università di Kyoto in un progetto di sviluppo di machine learning per tradurre dall’inglese all’italiano. Contento del suo ingresso nel “mio” mondo tecnologico e sapendo come traduzione e interpretariato rimangano ad oggi una delle sfide più difficili per un robot, ho lasciato che facesse […]