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Ma che sapore ha questa longevità
Chi non cerca l’elisir di lunga vita? Basta scandagliare ogni giorno i media per trovare scoperte scientifiche e nutrizionali che aspirano al Sacro Graal della longevità. Sotto questo profilo le Marche offrono un punto di osservazione privilegiato sul tema, poiché si trovano da molti anni tra le prime regioni d’Italia per numero di ultracentenari (oltre […]
Chi non cerca l’elisir di lunga vita? Basta scandagliare ogni giorno i media per trovare scoperte scientifiche e nutrizionali che aspirano al Sacro Graal della longevità. Sotto questo profilo le Marche offrono un punto di osservazione privilegiato sul tema, poiché si trovano da molti anni tra le prime regioni d’Italia per numero di ultracentenari (oltre 550 in un’indagine di Confartigianato) e popolazione over 65.
La speranza di vita della popolazione si colloca a 83,364 anni, con Pesaro-Urbino e Ancona che superano la media regionale, toccando rispettivamente 83,75 e 83,6 anni. A stabilirlo l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, condotto dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma elaborando i dati Istat raccolti tra il 2005 e il 2016, che premia la dinamica demografica delle Marche, precedute da Firenze e dalle province autonome di Bolzano e di Trento.
«Vivere bene e a lungo non è una circostanza fortuita; secondo studi recenti, la genetica inciderebbe solo per il 10%. Escludendo il peso della sorte, il resto bisogna conquistarselo a partire da semplici regole di vita quotidiana: stili di vita, dieta, esercizio fisico», spiega il professor Roberto Bernabei, direttore Area dell’Invecchiamento, Ortopedia e Riabilitazione della Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs. «La longevità è il prodotto di un buon livello di qualità di vita, che trova nutrimento nella famiglia e nella socialità, cui si affiancano un’alimentazione sana e morigerata, un moderato esercizio fisico e il contatto con la natura. Non ultima, la prevenzione, finalizzata a tenere sotto controllo il proprio stato di salute ed evitare l’insorgenza delle patologie più temibili dell’età adulta-anziana come quelle infettive, a partire dall’influenza», aggiunge Bernabei, che è anche presidente di Italia Longeva, la Rete nazionale sull’invecchiamento attivo che agisce a livello istituzionale per consolidare la centralità degli anziani nelle politiche sanitarie.
Le Marche come Blue Zones?
L’osservazione delle comunità più longeve del mondo ha portato alla scoperta delle “Blue Zones”, le cinque aree nelle quali si vive più a lungo e più felici: Icaria (Grecia), Loma Linda (Usa), Nicoya (Costa Rica), Ogliastra (Italia) e Okinawa (Giappone).
Le Marche, secondo Roberto Bernabei, presentano molti caratteri di queste “zone di lunga vita”. «L’analisi scientifica delle genti marchigiane mostra che i motivi di una più lunga prospettiva di vita risiedono nelle specifiche caratteristiche orografiche, climatiche, sociali e in conseguenza di profonde abitudini diffuse: la propensione delle persone alla vita borghigiana e rurale, l’assenza di metropoli, la diffusione degli orti, l’incontro di mare e terra hanno incentivato l’abitudine verso stili di vita dinamici, relazionali e soprattutto verso specifiche nutrizionali che presentano qualità positive, perché basate su tecniche e tradizioni gastronomiche affinate nei secoli, che hanno favorito la diffusione e le pratiche di una dieta sana».
La quotidianità degli ultracentenari nelle aree più longeve al mondo è caratterizzata dal continuo movimento: si tratta principalmente di popolazioni dedite all’agricoltura che lavorano in campagna fino a tarda età. Le Marche – per il 66% agricole – sembrano corrispondere a questo profilo. L’Inrca (Istituto nazionale di Ricovero e Cura anziani) di Ancona, l’unico Irccs a occuparsi di geriatria in Italia, porta avanti per la regione il progetto europeo Sprintt, che mira a prevenire la disabilità legata all’aumento della fragilità fisica. All’iniziativa aderisce Coldiretti Marche. «Abbiamo cercato – spiega la presidente Maria Letizia Gardoni – tra i nostri pensionati, i cosiddetti “over per sempre”, dei soggetti interessati a partecipare allo studio che, in tutta Italia, si è fissato l’obiettivo di valutare 1500 pazienti over 70». Per due anni i soggetti sono seguiti da una équipe medica, sottoponendosi a un programma clinico legato ad attività fisica, alimentazione ed educazione alla salute. «Lo studio terminerà nel 2019, ma già possiamo dire che i nostri partecipanti godono di ottima salute, proprio per la corretta vita che hanno condotto e che, in molti casi, continuano a condurre per dare una mano in campagna a figli e nipoti».
Laboratorio di longevità attiva
Gli over 65, oggi un quarto della popolazione, nel 2050 diventeranno più di un terzo, vale a dire venti milioni di persone, di cui oltre quattro milioni avranno più di 85 anni. Per questo, individuare modelli organizzativi in grado di rispondere in maniera efficace alle sfide dell’invecchiamento diventa fondamentale. Istituita nel 2011 dal ministero della Salute e dall’Inrca, Italia Longeva ha ricevuto nella sua costituzione proprio il supporto della Regione Marche, per volontà dell’allora governatore Gian Mario Spacca.
Si rende così ancora più evidente la vocazione del territorio alla tutela – in tutte le sue declinazioni – della terza età, riflessa nello sviluppo della tecnologia e della domotica all’interno del comparto industriale marchigiano (strettamente correlate al tema del potenziamento della tecno-assistenza per la presa in carico degli anziani) e nell’eccellenza sanitaria. Oltre al già citato Inrca, ricordiamo l’Istituto Grimani Buttari di Osimo, in provincia di Ancona, la prima residenza sanitaria assistita in Italia cui è stato conferito il Certificato Sigillo Qualità Italia Longeva.
È importante che l’anziano non si senta un peso, non viva isolato, bensì inserito in contesti sociali attivi. «La regione si è dotata di una delle leggi sulla longevità attiva più all’avanguardia d’Italia», sottolinea la presidente di Coldiretti Marche Gardoni. «Questo aspetto è stato evidenziato anche a livello nazionale durante il Villaggio Coldiretti, tenutosi a Roma a ottobre, quando i marchigiani, tra cui la vicepresidente della giunta regionale Anna Casini, sono stati chiamati a raccontare l’esperienza della regione», che è pioniera nell’agricoltura sociale. Il settore è stato regolato e si è investito sulla multifunzionalità delle aziende: agrinido e agriasilo montessoriani, ma anche attività agricole come terapia per anziani e orti sociali.
«Gli anziani sono inoltre la nostra memoria storica», aggiunge Gardoni; un ponte necessario di trasmissione alle nuove generazioni. L’integrazione intergenerazionale è un fattore di specificità delle Marche, sostiene Roberto Bernabei. «Giovani e anziani condividono abitudini, tradizioni, spazi: la rete sociale basata sul dialogo, sullo scambio, sulla condivisione e sul reciproco aiuto, rinforza l’individuo. Stare insieme nel proprio luogo significa conservare memorie e senso, condividere storie e abitudini».
Un modello a rischio
Questo ecosistema biologico e sociale favorevole alla longevità sembra essere però in pericolo dopo gli ultimi quattro decenni di sviluppo industriale, soprattutto guardando in ottica futura.
La visione di Francesco Orazi, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Politecnica delle Marche, è pessimistica. Parlando di fattore ambientale determinante la longevità della popolazione, Orazi sottolinea come a incidere sia il fatto che «ancora in un passato recente, la popolazione marchigiana era distribuita lungo continuum interni e rurali poco antropizzati e a basso impatto dell’impronta ecologica. La stessa industrializzazione marchigiana nella sua fase iniziale si è spalmata sul precedente assetto rurale del territorio».
Oggi la situazione è decisamente mutata. A cambiare «la concentrazione demografica dei marchigiani: oltre il 70% vive addensato sulla costa con ovvie ripercussioni sul piano ambientale e delle relazioni sociali. Le tanto retoricamente decantate Marche dei paesaggi e delle colline leopardiane hanno conosciuto un’antropizzazione spesso disordinata e sono oggi uno spazio vuoto e demograficamente depresso, ovvero aree interne in costante declino economico. Il continuum urbano costiero e le sue città hanno svuotato l’interno; solo il Pesarese mantiene un certo equilibrio, ma sempre più precario anche in ragione di una crisi economica che ha fatto evaporare il 25% della capacità produttiva. A tutto questo si aggiunga il recente terremoto, ferita che difficilmente potrà essere rimarginata se non tra qualche decennio. Città storiche come Camerino, Tolentino, Matelica, sia pure a diverso grado, sono state colpite duramente dal sisma e i loro intorni si sono svuotati».
A preoccupare, segnala Orazi, anche l’eccesso di patologie oncologiche rispetto al resto della regione e dell’Italia centrale registrato nel Comune di Falconara Marittima, dove è attiva la raffineria petrolifera. «La deindustrializzazione marchigiana sta per certi versi ri-meridionalizzando la regione: crescono povertà e disagio sociale, come più precarie sembrano le condizioni del lavoro», continua il sociologo. «Esistono oasi di eccellenza e in linea di massima la ricchezza patrimoniale accumulata dalle famiglie lungo i tre decenni d’oro dello sviluppo regionale rappresenta un buon ammortizzatore sociale. Ma le Marche longeve, tranquille, industriose e felici sono un ricordo, spesso malamente mitizzato di un passato che oggi viene stucchevolmente reinventato. Nelle Marche si vive ragionevolmente bene, ma l’oasi di paradiso è tale solo perché in molte aree del Paese a esse limitrofe, come ad esempio Roma, la qualità della vita e le condizioni sociali sono precipitate ai minimi storici».
Photo Credits: Claudio Colotti
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