Entriamo nel movimento dei trattori che sta agitando l’Italia e l’Europa per capire le richieste e le differenze interne che lo agitano. Viller Malavasi (COPOI), uno dei capi della protesta intervistato da SenzaFiltro: “Avere prodotti green adesso significa averne di meno”
Marche, Fileni alleva milioni di polli. Ma la sveglia la cantano gli attivisti
Cinque polli per ogni abitante: così Fileni ha disseminato il territorio di stabilimenti. I comitati di cittadini denunciano una situazione invivibile e maltrattamenti sugli animali; l’azienda risponde.
Risuona da tanti schermi televisivi lo slogan “Fileni bio”, ma dietro la pubblicità battente che fa del terzo player italiano nel settore degli avicoli un protagonista delle réclame c’è la realtà molto diversa descritta dai comitati che vivono il territorio marchigiano, in cui questa azienda a conduzione familiare affonda le sue radici.
Secondo i dati raccolti dai comitati, basati sulla Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe zootecnica, la percentuale di produzione biologica è tra il 3,7% e il 5,7% del totale sui 24 milioni di polli prodotti in un anno tra gli stabilimenti nelle province di Ancona e Macerata.
Boom di vendita per le carni bio. E Fileni cavalca il trend
Fileni si definisce leader italiana nella produzione di carni bianche biologiche, puntando, specie nel dopo pandemia, sul pollo biologico delle Marche, come evidenziato dall’indagine commissionata dalla stessa azienda a Nomisma.
“L’indagine dell’osservatorio The World after Lockdown di Nomisma segnala che l’attenzione del consumatore verso attributi come ‘100% origine italiana’, ‘sostenibilità’ e ‘biologico’, fattori guida fondamentali per la scelta dei prodotti alimentari, si fa ancora più forte quando si parla di prodotti freschi e in particolare di carne: per questo prodotto la quota di chi ritiene importante l’origine 100% italiana sale al 78% (71% la ritiene importante per la spesa alimentare in generale) mentre la percentuale di chi ricerca il marchio biologico aumenta fino al 54% (51% lo ritiene importante per la spesa alimentare in generale). Altri fattori determinanti per la scelta della carne sono: l’assenza di antibiotici (per il 75% dei consumatori), la preferenza verso prodotti ottenuti da allevamenti all’aperto (66%), l’assenza di OGM nei mangimi utilizzati (65%) e l’alimentazione con soli mangimi vegetali (56%)”.
Secondo il rapporto Bio in cifre di Sinab e Ismea, sostenuto dal Mipaaf e altri enti, in Italia sono stati allevati 3.952.000 polli in modo biologico, in crescita del 13,5% rispetto all’anno precedente. Sempre nello stesso rapporto si evidenzia come il trend di spesa per la carne tra il 2019 e il 2020 sia cresciuto del 3,3%, mentre per la carne biologica del 22,2%.
Si legge nel rapporto: “Nello stesso periodo di riferimento, è positiva, invece, la tendenza per il comparto avicolo in cui il pollame cresce del 14% raggiungendo quasi 4 milioni di capi”. Bastano questi numeri a inquadrare il forte interesse di mercato per i polli biologici.
Motivazioni comprensibili e condivisibili, che fanno spingere maggiormente verso la produzione biologica, in cui Fileni è ormai attiva da anni. Tuttavia è richiesta maggiore trasparenza per non indurre erroneamente i consumatori ad associare le qualità del pollo bio al resto della produzione, allevata con metodo convenzionale.
L’azienda, interpellata, rileva che “Fileni è di gran lunga il più grande produttore nazionale e probabilmente (non ci sono dati ufficiali a riguardo) europeo di carni biologiche, sia di pollo e tacchino, sia di altre specie. Il 30% di tutti i ricoveri-pollai, il 100% di tutte le stalle della filiera, sono biologici. Le percentuali di allevamento biologico Fileni dal 2014 sono aumentate del 91%”.
Cinque polli per ogni abitante: i comitati si ribellano contro gli stabilimenti Fileni
Gli attivisti dei comitati denunciano le criticità di allevamenti intensivi che rendono difficile la residenzialità, soprattutto nella zona ribattezzata la “valle dei Polli” da Andrea Tesei, che di fronte alla sua villa in località Monteroberto osserva la costruzione di un nuovo stabilimento Fileni. Tesei ha presentato un ricorso al TAR, che è stato respinto.
“In una zona a cavallo tra le province di Ancona e Macerata si concentrano undici stabilimenti, a cui si aggiunge quello in costruzione di Monteroberto. Ci sono 5,3 polli ogni abitante, il quintuplo della media nazionale, dove la media è di circa un pollo pro capite. In Vallesina si è costituito il comitato Salva Vallesina e nella vicina Cingoli il comitato Salva Cingoli, da quando – dieci anni fa – è nato lo stabilimento in zona Rangone di Cingoli, che produce 1.400.000 polli annui. Si tratta di otto nuovi capannoni da tremila metri quadrati, per una produzione stimata in due milioni e mezzo di polli l’anno.”
“Come comitati, per avere il numero esatto di polli biologici prodotti da Fileni da parte del Ministero della Salute, siamo dovuti ricorrere al difensore civico. Li abbiamo ottenuti dopo tre mesi di lotte. Eppure si tratta di dati che dovrebbero essere disponibili, essendo registrati dall’anagrafe avicola nazionale. Basta fare un giro per toccare con mano i disagi: in dieci anni sono stati costruiti dieci nuovi stabilimenti. C’è chi aveva acquistato la casa e si trova con il valore immobiliare anche dimezzato, vista la prossimità con gli allevamenti intensivi; per non parlare della puzza, che si sente distintamente anche a due chilometri di distanza. Inoltre negli stabilimenti è tutto automatizzato, lavorano non più di due o tre persone”.
Fileni dice di non volersi sottrarre al confronto con i comitati: “I comitati in questione hanno avuto ampia disponibilità da parte di Fileni al confronto da lungo tempo. Da almeno sei mesi siamo in attesa di ulteriori confronti, che non sono stati più richiesti. Il numero di animali per abitante è un criterio discutibile. Per nostra fortuna viviamo in una terra bellissima, vocata a un’agricoltura di qualità, una terra che a differenza delle altre aree italiane ad altissima concentrazione di abitanti e contemporaneamente di allevamenti (fra cui Veneto, Lombardia, Romagna), ha una concentrazione di allevamenti più che compatibile con il territorio, che presenta minore densità di popolazione”.
24 milioni di polli tra Ancona e Macerata, ma è bio solo il 3,7%
I comitati Salva Cingoli e Salva Vallesina hanno reso pubblici i dati ottenuti.
Nelle Marche ci sono 133 allevamenti di polli, per un totale di 4.100.000 polli a ciclo (che dura in media 55 giorni). Tra le province di Ancona e Macerata, la Fileni – che ha un fatturato di 452 milioni annui, 1.834 dipendenti e 300 centri di allevamento – alleva 24 milioni di polli l’anno. Sono stati elaborati i dati della Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe zootecnica, adeguati a quelli riportati dalla Fileni nella richiesta di AIA (l’Autorizzazione Integrata Ambientale), presentati per il progetto di un nuovo stabilimento a San Lorenzo in Campo, che è stato bocciato con decreto regionale lo scorso 27 aprile.
In base ai dati AIA, tra le province di Ancona e Macerata si allevano 24.200.000 polli l’anno. Quelli biologici sono 901.000, con un’incidenza del 3,7% sulla produzione totale e il 95,5% degli esemplari allevati in modo convenzionale. Secondo i dati della Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe zootecnica, al 31 dicembre 2019 è Jesi la “capitale” dei polli, con 3.458.000 esemplari (di cui 318.000 biologici); seguono Apiro con 2.253.000 (25.200 biologici), Cingoli con 1.483.000 capi, Falconara con 1.376.000 capi (200.000 biologici), Serra San Quirico con 1.345.000 e San Marcello con 1.168.000 polli. Alcuni stabilimenti Fileni bio sono a Piandelmedico di Jesi, non lontano dall’aeroporto di Falconara.
I dubbi sul benessere degli animali e la risposta dell’azienda
In Italia, secondo i dati Istat, nel 2020 sono stati macellati 573.845.000 polli, per un peso medio a capo vivo di 2,6 kg. Il tempo tra l’abbattimento e la macellazione è cruciale nei guadagni aziendali, perché il pollo perde peso, come rileva Andrea Tesei: “I polli Fileni, prima di arrivare al macello di Collicelli di Cingoli e di Castelplanio, perdono circa 15 grammi di peso l’ora. Per questo viene dato loro mangime di continuo: per non far calare il peso”.
Sulle condizioni di allevamento negli allevamenti intensivi l’associazione internazionale Animal Equality denuncia come “il tasso di crescita di un pollo da carne al giorno d’oggi è sei volte maggiore a quello di novant’anni fa. Il pollo broiler – la razza più diffusa per l’allevamento – raggiunge il peso di macellazione in sei settimane, contro le tredici settimane necessarie nel 1950. In cinquant’anni il peso di un pollo da allevamento intensivo è aumentato del 400%”.
Anche l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, denuncia nelle conclusioni del documento Slaughter of animals: poultry: “In totale sono stati identificati 35 rischi relativi al benessere dall’arrivo degli avicoli all’’impianto di macellazione fino alla morte. Sono state identificate dieci conseguenze negative sul benessere che possono essere vissute dal pollame durante la macellazione. Sono: coscienza, stress da calore, stress da freddo, sete prolungata, fame prolungata, limitazione dei movimenti, dolore, paura, angoscia e distress respiratorio. Gli uccelli subiscono le conseguenze negative dei pericoli a cui sono sottoposti solo quando sono coscienti”.
L’EFSA precisa che “la mancanza di formazione del personale è una delle principali cause di molti dei rischi (28 su 35). Una buona progettazione del macello è considerata un prerequisito per salvaguardare il benessere degli animali. Anche in un ambiente ben progettato e in un impianto di macellazione attrezzato, la formazione del personale è fondamentale per garantire la protezione degli animali”.
Sollecitata da SenzaFiltro, Fileni risponde nel merito riguardo alle condizioni di benessere degli animali: “Il trasporto degli animali (che naturalmente non può che essere a digiuno, contrariamente a quanto si potrebbe dedurre da quanto scritto) è uno dei punti di attenzione per il benessere, e la perdita di peso è strettamente associata a condizioni di possibile disidratazione, e quindi possibile sofferenza durante il trasporto. Se abbreviamo il trasporto, garantiamo un benessere migliore. Gli allevamenti convenzionali sono quelli strettamente normati dai regolamenti comunitari e dalle direttive nazionali sul benessere, che non solo impongono standard sempre più forti sul benessere, ma impongono controlli continui sui parametri obiettivi di benessere: mortalità, lesioni, stato degli organi interni. Il confronto fra i sistemi di allevamento o le razze selezionate pre-guerra con quelli di oggi sono semplicemente improponibili”.
Photo by James Wainscoat on Unsplash
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