Signore e signori disponiamoci alla meraviglia nell’incontrare l’intelligenza dell’uomo ai suoi limiti. L’Expo, meglio ricordarlo, è Esposizione, delle iniziative, delle previsioni, Universale, perché ogni Paese del mondo propone le proprie virtù. È un evento nel quale si profetizza il futuro di diversi argomenti (l’industria, l’acqua, le città, l’alimentazione), comparando in una gara di ricchezza e genio, i trionfi sulla potente natura, le sorti del progresso, la celebrazione degli eroismi e delle abilità umane, così come si può vedere in una galleria delle precedenti edizioni.
Dal 1851, questi sono i caratteri di un circo animato dallo spettacolo dell’uomo cannone e della mucca con due teste, della città automatica, delle stelle raggiungibili con un balzo e dei deserti che fioriscono.
Il gigantismo è il vero valore delle Esposizioni Universali, a Shanghai2010 c’erano 192 Paesi, 530 gli ettari occupati, 73 milioni i visitatori, 49,2 i miliardi di euro investiti. A Parigi per l’Esposizione universale, venne costruita la Torre Eiffel. Per quella di Bruxelles, il palazzo più bello era firmato Le Curbusier.
Il simbolo dell’Expo milanese è invece l’Albero della Vita, ottimizzato per la celebrazione televisiva, pensato da un organizzatore di matrimoni olimpici, di inaugurazioni monumentali. Forse più bello il nome che l’oggetto.
Il mondo, intorno all’Albero della Vita, è convocato sul tema della nutrizione. Dare da mangiare ad una popolazione in crescita senza distruggere l’ambiente e preservare le risorse anche per le generazioni future: una corretta alimentazione, uno stile di vita sobrio ed una migliore qualità favoriscono l’efficienza ecologica dei sistemi agricoli.
Ma siamo l’Italia. Ed Expo2015 presenta il meglio ed il peggio del nostro sistema. Grandi progetti, creatività, cambiamenti a buon rendere, mafie, retoriche, black-block, lavoro, abbiamo messo in gioco tutta la nostra gamma di positivo e negativo. Il progetto originario era visionario, ma ha perso i suoi contenuti. Milano doveva riscoprirsi nelle vie d’acqua, nel sistema delle cascine e dei parchi, nelle filiere ecologiche metropolitane, nella smart land (cfr. Aldo Bonomi), nel solco delle grandi modernità urbane. L’evento dovrebbe rendere visibili i piccoli contadini e gli antichi saperi della terra, le giovani start-up agricole, l’acquisto solidale, la vendita dis-intermediata, la diffusione del biologico, l’accesso per tutti al cibo di qualità e di miglioramento della salute.
Dietro le parole vita e sostenibilità, Expo sembra mascheri invece un sistema che potenzia le multinazionali dell’alimentazione, del biologico per certificati e dell’agricoltura industriale. Un’occhiata agli sponsor di Expo (tra cui McDonald’s, Coca-Cola, Nestlé, Monsanto) fa esplodere la contraddizione. Quelle industrie hanno il controllo mondiale sulle coltivazioni, sugli allevamenti, sul commercio delle sementi primarie e di quelle geneticamente modificate, decidono politiche e scelte normative, schiacciano l’attività agricola rurale: questo modello nulla ha a che fare con il ritorno alla terra. Si prevede il consumo sul solo sito di Rho, di 33 mila tonnellate di bevande e di 13 mila tonnellate di alimenti. Tutto nutrimento che verrà venduto a carissimo prezzo.