Ospedali e Case della Comunità, le Marche li piazzano senza criteri

Negli atti regionali viene solo riportato un elenco delle strutture previste con la loro ubicazione: numerose disomogeneità sul territorio. L’opinione di Franco Pesaresi, direttore dell’azienda servizi alla persona dell’Ambito 9 di Jesi.

“Il problema principale nelle Marche è che le nuove strutture finanziate dal PNRR sono state distribuite senza programmazione, non so in base a quali criteri, senza fare in modo che ogni territorio abbia accesso alle stesse medesime opportunità di cura. Qualunque giunta regionale si insedierà dopo l’attuale, a seguito di questa distribuzione squilibrata delle strutture, impiegherà decenni a dare ai territori delle Marche uguali opportunità di cura. È un aspetto critico dell’attuazione del PNRR in sanità: decidere senza criteri una simile ripartizione delle strutture sanitarie porta a risultati aberranti e iniqui.”

Non usa mezzi termini nell’analisi dei progetti di revisione dell’assistenza territoriale, finanziati dal PNRR sanità per la Regione Marche, Franco Pesaresi, direttore dell’azienda servizi alla persona dell’Ambito 9 di Jesi (Ancona). L’investimento complessivo sarà di 70.700.000 euro, per realizzare 29 Case della Comunità, 9 Ospedali di Comunità e 15 Centrali Operative Territoriali.

Franco Pesaresi: “Case della Comunità dislocate senza criteri”

“Per quanto riguarda le Case della Salute, definite Case della Comunità, la Regione ha predisposto un piano che ne prevede 29. In questo caso il problema è la loro distribuzione territoriale: è previsto che ciascuna Casa della Comunità copra un territorio con popolazione compresa tra 40-50.000 abitanti, andrebbero disposte sul territorio in modo equo in base alla popolazione residente. Nelle Marche attualmente esistono già le Case della Salute, di cui le Case della Comunità sono un’evoluzione. La programmazione sanitaria regionale ne prevedeva 41, ne sono state realizzate solamente 20, con una ripartizione significativa nel territorio regionale. Per realizzare le 29 nuove Case della Comunità avrebbero dovuto distribuirle partendo da quelle già esistenti e da quelle già previste negli atti regionali”.

Le nuove Case della Comunità però non sono state dislocate sul territorio tenendo conto delle strutture già esistenti, e questo crea una serie di squilibri territoriali, sostiene Pesaresi: “La Regione che cosa fa per localizzare le nuove Case di Comunità? Dovrebbe soddisfare le esigenze delle venti case della salute mai costruite. In realtà delle 29 nuove case della salute, solo 5 coprono la realizzazione di quelle già previste nella programmazione regionale; le restanti 24 sono strutture nuove, in precedenza non previste”.

“Leggendo gli atti regionali, l’ente nella distribuzione di queste 29 strutture non si affida a nessun criterio, viene solo riportato il loro elenco e non si tiene affatto conto delle Case della Salute già esistenti. I risultati sono aberranti perché iniqui. Esaminando i dati, chi avrà più Case della Comunità in rapporto al numero di residenti sarà il distretto sanitario di Senigallia: ce ne sarà una ogni 13.200 abitanti. All’opposto si trova il distretto sanitario di Pesaro, con una Casa della Comunità ogni 69.500 abitanti. Il tutto nella stessa Regione. Nella media i distretti di Macerata e Camerino, con 24.300 e 23.500 abitanti per Casa della Comunità.”

Gli Ospedali di Comunità nelle Marche generano ulteriore disomogeneità

Poco cambia per i cosiddetti Ospedali di Comunità, con la realizzazione di 9 nuove strutture. La programmazione regionale non guarda alla corretta distribuzione territoriale nemmeno in questo caso, sostiene Pesaresi.

“Le nuove strutture sono ripartite senza nessuna programmazione tra i vari territori. Questo comporta che, a causa della distribuzione squilibrata, non ci saranno le stesse opportunità di cura nelle varie zone delle Marche. Gli Ospedali di Comunità già esistenti sono 16, le Marche ne hanno di più in quanto sono stati riconvertiti una serie di piccoli ospedali, dunque i nuovi da realizzare andrebbero distribuiti in base alla popolazione residente. Un aspetto importante è che nella prima previsione degli Ospedali di Comunità, nella programmazione regionale sanitaria precedente al PNRR, non è stata effettuata una scelta di distribuzione territoriale equilibrata, la destinazione era obbligata dalle strutture esistenti. Ora grazie ai fondi del PNRR ci sarebbe la possibilità di riequilibrare tra territori la localizzazione delle strutture sanitarie, con l’obiettivo di offrire a tutti le medesime opportunità di cura. In realtà la delibera regionale non indica nessun criterio nell’allocazione e presenta un mero elenco degli Ospedali di Comunità. I risultati sono straordinariamente disomogenei e iniqui.”

“Al termine della realizzazione del piano le Marche raggiungeranno 40 posti letto ogni 100.000 abitanti, perché già in precedenza avevano molti posti letto. Il picco più alto di posti letto sarà a Urbino, con 106 posti ogni 100.000 abitanti per gli Ospedali di Comunità; 10 volte in più di Senigallia, 10 posti letto ogni 100.000 abitanti, senza alcun bisogno legittimo. Ad esempio in provincia di Macerata sono previsti l’Ospedale di Comunità di Tolentino, già finanziato, Corridonia e Treia: alla fine il distretto di Macerata avrà 95 posti ogni 100.000 abitanti, il doppio della media. Alla vicina Camerino, invece, andranno circa 17 posti letto ogni 100.000 abitanti.”

Il personale sanitario manca: intervenire ora per risolvere tra qualche anno

Un altro nodo da sciogliere per far funzionare le nuove strutture sarà quello del personale.

Secondo il recente studio ANAAO, nel 2025 – che è dietro l’angolo – mancheranno ben 937 medici ospedalieri, di cui 148 in medicina d’urgenza, 132 pediatri, 74 cardiologi, 71 psichiatri, 64 per radiodiagnostica, 62 anestesisti rianimatori e 53 medici di chirurgia generale.

“Per realizzare la piena funzionalità delle strutture e dare piena attuazione ai progetti finanziati con il PNRR serve il giusto numero di personale”, aggiunge Pesaresi. “Sono previste nuove strutture sia per le Case di Comunità che per gli Ospedali di Comunità. Per renderle operative serve una quantità di medici, infermieri e operatori sociosanitari che attualmente non ci sono. Allo stato attuale i provvedimenti del Governo non risolvono il problema. Servirà un intervento straordinario per reperire almeno una parte del personale necessario, che non si trova con la bacchetta magica. Per avere un nuovo infermiere servono i tre anni di studio, più il tempo richiesto per prepararsi all’esame di iscrizione all’albo. Solo provvedimenti presi oggi, in modo straordinario, daranno i loro frutti tra qualche anno. Se si continua a traccheggiare non si avranno novità, i risultati immediati non esistono, salvo che si faccia una campagna per riportare in Italia medici e personale sanitario impegnato a lavorare all’estero”.

“Andrebbe attuata una soluzione strutturale, ampliando il numero degli ammessi ai corsi universitari. Il Miur ha stabilito provvisoriamente un aumento del 3,5% dei posti, del tutto insufficiente. È un aspetto su cui le università frenano, sia per problemi logistici che per gli insegnamenti. Ci sono evidenti responsabilità. Il ministro della Salute Speranza ha preparato un altro decreto che prevede un numero più alto di posti, ma non ci sono all’orizzonte interventi straordinari, si va avanti in una situazione di inadeguatezza e di incertezza.”

“Per quanto riguarda i fondi per assunzioni di personale per i progetti sanitari del PNRR, nell’ultima finanziaria – anche se con linguaggio oscuro – per il 2022 hanno stanziato pochi soldi, ma per gli anni 2023, 2024 e 2025 è stato previsto circa il 50% del fabbisogno, segno che la classe politica ha iniziato a comprendere il problema”.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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