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Professionisti all’indice: domicili digitali, le Istituzioni scrivono solo via PEC
Dal 6 luglio è attivo l’INAD, il registro che raccoglie i domicili digitali: tutte le comunicazioni con valore legale che un tempo arrivavano per posta verranno recapitate tramite PEC. Ma di questo cambiamento epocale si è parlato poco e male. Ne discutiamo con l’esperto di diritto digitale Ernesto Belisario
Avvocati, medici, ingegneri, giornalisti? Insomma, lavoratori iscritti a un albo professionale? Dite addio alle comunicazioni cartacee da parte della pubblica amministrazione. Niente più plichi dal Comune, cartelle esattoriali o le temute buste verdi: la corrispondenza con le istituzioni nazionali e locali, per chi ha una PEC e un domicilio digitale, d’ora in poi avverrà solo in forma virtuale – quantomeno per le comunicazioni con valore legale.
La novità è scattata dal 6 luglio 2023, e sancisce l’entrata in vigore dell’INAD (Indice Nazionale dei Domicili Digitali), registro aperto a tutti i cittadini dal 6 giugno scorso, ma che annoverava già da tempo tra i suoi iscritti sia i professionisti che le imprese italiane, obbligati a dichiarare indirizzo PEC e domicilio digitale all’INI-PEC dal 1 ottobre 2020, come da art. 37 del D.L. 76/2020.
Gestito dall’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale), tutti possono consultarlo e tutti possono registrarvisi, su base volontaria; l’obbligo è imposto solo a imprese, professionisti, PA e gestori di pubblici servizi, in una versione 4.0 di quelle che un tempo si chiamavano pagine gialle. O tempora, o mores.
Analizziamo la questione e le sue conseguenze insieme all’avvocato Ernesto Belisario, esperto di diritto digitale.
L’indice dei domicili digitali, raccomandate addio: anche le comunicazioni personali arriveranno via PEC
Che cosa rappresenta, quindi, una notizia del genere, malgrado il suo passaggio in sordina? Una transizione più o meno frettolosa? In meglio, o in peggio?
“A mio avviso, il domicilio digitale è un diritto-dovere”, ci spiega Belisario. “Come nel mondo 1.0 ci scrivevano al nostro indirizzo fisico, così oggi lo faranno attraverso la rete, facendo risparmiare tempo a noi – come quando arriva una raccomandata, non siamo in casa e dobbiamo ritirarla alla posta – e denaro alla pubblica amministrazione. I professionisti sono già abituati da anni ad avere le loro PEC comunicate all’Ordine; la novità è che queste PEC, se il professionista non fa alcuna scelta diversa, saranno utilizzate anche per le comunicazioni personali – come per esempio le multe – e non solo per quelle del loro Ordine di riferimento”.
Ha tutta l’aria di essere un sisma burocratico destinato a cambiare in modo drastico il rapporto con lo Stato e la PA di tutti coloro che sono registrati all’INAD. Ma quanto ne sono consapevoli i professionisti coinvolti?
“È un cambiamento importante perché, mentre fino a ieri avevamo una certa modalità di utilizzo dello strumento PEC, da oggi sarà importante controllarlo come un tempo facevamo con le cassette postali fisiche. I professionisti possono separare le comunicazioni professionali da quelle personali specificando un altro indirizzo PEC come parte del loro domicilio digitale. Mi sembra tuttavia che ci sia pochissima consapevolezza riguardo queste importanti novità.”
Anche perché non tutti i professionisti hanno dimestichezza con gli strumenti digitali. “Soprattutto in uno dei Paesi più indietro in Europa sulle competenze digitali (secondo i dati Eurostat l’Italia è quartultima in UE per le competenze digitali di base e terzultima per quelle riguardanti informazioni e dati, N.d.R.), queste transizioni andrebbero preparate a livello istituzionale con campagne tv e social, dalle Istituzioni e dagli Ordini”, chiosa Ernesto Belisario.
Ma i lavoratori in questione, visto che sono obbligati a usarlo da anni, non sono già abituati a confrontarsi con il digitale? “Utilizzare uno strumento per finalità lavorative non significa avere le conoscenze di tutte le implicazioni giuridiche che lo riguardano”.
Insomma, l’obbligo c’è, almeno per determinate categorie, e per chiunque abbia già registrato un domicilio digitale. Il consiglio, per chi l’ha fatto, è di abituarsi a controllare la PEC con cadenza quotidiana: se il postino suonava sempre due volte, i provider lo fanno una volta sola.
Photo credits: punto-informatico.it
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