I miei collaboratori mi evitano. Sono molto gentili e cordiali, ma io me ne accorgo: mi evitano. Non nel senso che non mi salutano o che cambiano strada quando mi vedono, no: mi evitano sul lavoro. Mi evitano mentre stanno lavorando. Eppure io sono il loro capo, dovrebbero fare riferimento a me, seguire le mie […]
Selezioni troppo difficili bloccano l’assistenza sanitaria giapponese
La necessità di risorse per il settore sanitario in Giappone ha spinto il paese a cercare persone all’estero ma la selezione per ottenere le qualifiche lavorative è una barriera per l’ingresso.
Ogni anno l’assistenza sociale giapponese deve fare i conti con i risultati di un test di abilitazione del Ministero del Lavoro e della Salute. La lista con gli esiti che viene pubblicata corrisponde al numero di stranieri che sono riusciti a superare le prove e possono entrare in Giappone come lavoratori qualificati nel settore sociale e sanitario. Il governo giapponese permette solamente a chi ottiene questo certificato di trovare lavoro nelle strutture abilitate.
Per riuscirci, però, devono dimostrare ottime referenze e qualifiche, esperienza lavorativa, ma soprattutto devono conoscere in modo sufficiente la lingua giapponese, così da garantire di poter dialogare con gli assistiti o leggere il nome di alimenti e medicinali. Una sfida che ferma alla griglia di partenza buona parte dei candidati, come dimostrano i numeri. Nella primavera dello scorso anno, quando sono usciti i risultati del 2014, erano in totale 78 coloro che avevano ottenuto il certificato ministeriale per l’anno fiscale 2014, circa il 45% dei partecipanti. Nonostante i risultati siano migliori dell’anno precedente, quando sono passati il 36% degli stranieri che hanno fatto domanda, il numero risulta ancora troppo basso. Ma soprattutto non riesce a coprire la crescente domanda giapponese di personale che si prenda cura di una popolazione in progressivo invecchiamento, e dove il calo delle nascite non fa crescere le risorse a disposizione.
Per ampliare il numero di persone e agevolare l’ingresso di stranieri il governo ha modificato e cercato di facilitare i test, ma i risultati finora non sono rilevanti. L’ultima mossa risale al febbraio di quest’anno, quando ha aperto le porte a lavoratori qualificati che possono entrare come ospiti nel Paese all’interno di specifici programmi economici per cercare lavoro. Adesso potranno anche essere assunti dalle strutture singolarmente e non a coppie di persone dalla stessa nazione. Un requisito che il governo aveva imposto per facilitare il loro inserimento in Giappone, ma che che rendeva ancora più difficile l’assunzione.
La mancanza di risorse nel settore sanitario è un’emergenza che il Giappone ha riconosciuto da tempo e che spesso diventa argomento di dibattito nelle campagne politiche. Il governo ha già fatto presente che mancheranno più di 300mila assistenti professionisti per il 2025, quando in tutto il Paese ne serviranno più di 2,5 milioni.
Ai giapponesi, poi, il lavoro nel settore dell’assistenza non sembra interessare molto. In un sondaggio nazionale a scopo conoscitivo che risale al 2010 il 65% degli intervistati diceva che il lavoro di badante era troppo duro a livello sia fisico sia mentale. E il 12,5% lamentava le paghe troppo basse. Per migliorare l’immagine del settore il governo ha deciso di investire nel settore 90 miliardi di yen a partire dall’anno fiscale 2015. Con il leggero aumento della disoccupazione e con le difficoltà economiche, i numeri potrebbero tuttavia presto cambiare.
Per ora a sfidare la rigida burocrazia e per fare in modo che le selezioni vadano incontro alle esigenze interne, ci provano soprattutto persone dal sudest asiatico. Tra di loro ci sono in particolare indonesiani e filippini. Con questi ultimi il governo giapponese ha firmato nel 2009 accordi bilaterali (Japan-Philippines Economic Partnership Agreement ) per migliorare in generale i rapporti commerciali tra i due Stati. Le loro difficoltà si uniscono a quelle di lavoratori di altri settori, in un paese dai confini impenetrabili per chi vuole rimanere. Oltre alla difficoltà generale nell’ottenere visti lavorativi, ci si può spingere al dato significativo sulla politica dei rifugiati per avere un quadro più completo della situazione. Nel corso del 2015 il governo giapponese ha respinto il 99% delle domande dei richiedenti asilo, accettando in tutto 27 persone. Si tratta comunque di un aumento del 50% rispetto all’anno precedente.
Adesso, nei rispettivi Paesi, sono in atto i nuovi corsi preparatori per l’esame di giapponese di 340 candidati per il ruolo di assistenza. La prova si terrà quest’anno, dopo un periodo di educazione in Giappone. Un risultato su cui tutto il Paese tiene gli occhi puntati.
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