628 euro per una singola, fino a 1.500 per 70 metri quadri: Milano è la città più cara per costi immobiliari. I prezzi dell’hinterland, però, sono molto simili; così i lavoratori sono costretti a vivere – e a viaggiare – a distanze sempre maggiori
In Sicilia il tragitto è già un lavoro
C’è chi percorre 264 chilometri alzandosi nel cuore della notte e viaggiando attraverso ben quattro province, c’è chi varca lo Stretto di Messina due volte a settimana e vive con il borsone in mano. Con Emanuele, Valerio e Anna ripercorriamo alcuni tragitti di lavoro in Sicilia
C’è chi si sposta da una provincia all’altra della Sicilia e impiega tre ore e mezza per arrivare sul luogo di lavoro e chi due volte a settimana parte da un paesino in collina, arriva a Messina per poi andare in Calabria e viceversa. Il tutto scegliendo orari strategici per non incorrere nel traffico quotidiano o evitare i flussi di turisti, facendo poi i conti con meteo, incidenti e tutto quello che si può trovare per strada.
Spostarsi per lavoro è di per sé un lavoro? Se si abita nell’isola e non si ha la fortuna di avere un impiego a pochi passi da casa, probabilmente sì.
Com’è la vita di un pendolare in Sicilia
La vita di un pendolare in Sicilia, infatti, non è semplice a causa di mezzi pubblici non sempre così efficienti, ed è per questo che in molti fanno ricorso all’auto privata.
Chi come me è nato in questa bella isola sa bene che senza una patente non si va da nessuna parte, a meno che non si abbia voglia di fare lunghe attese, aspettare (o perdere) coincidenze e allungare di molto il tragitto casa-lavoro. E anche quando ci si sposta con l’auto bisogna fare i conti con rallentamenti, tratti di autostrada interrotti come quello sull’A18 Messina-Catania all’altezza di Letojanni, dovuto a una frana di ben otto anni fa.
D’altra parte, come dimostrano i dati di Moovit, per quanto riguarda le province di Palermo e Trapani, il tempo medio di un viaggio – quindi solo un’andata o un ritorno – nel 2022 è aumentato dai 37 minuti del 2020 ai 41 minuti del 2022.
82 minuti, tra andata e ritorno, che sono comunque poca cosa rispetto a quanto vivono due vigili del fuoco, Emanuele Rondinella e Valerio Raneri, che due volte a settimana partono da Castellammare (provincia di Trapani, appunto) per raggiungere Randazzo (Catania) dove si trova la loro caserma. Tempo medio di percorrenza: 210 minuti, tre ore e mezza a tratta.
Con loro e con Anna, funzionario amministrativo, che si sposta invece per andare in Calabria, cerchiamo di ripercorrere le tappe di un tragitto che è tutt’altro che semplice.
Un’aggiunta dovuta, prima di continuare. Scrivere questo articolo mentre la Sicilia è devastata dagli incendi è straziante. Avrete di certo visto le immagini e i video delle persone che abbandonano le loro case senza sapere se e come le ritroveranno, per non pensare anche a chi deve spostarsi per lavoro e deve cercare di evitare un fuoco che non si arresta. Avere due testimonianze di vigili del fuoco, in un momento come questo, e poter raccontare com’è la vita di chi salva vite, mi sembra un piccolo modo per poter dare il mio contributo.
Emanuele, vigile del fuoco: tre ore e mezza di viaggio con thermos di caffè e soste
Emanuele Rondinella ha 43 anni ed è padre di una bimba di otto mesi. Quando lo raggiungo al telefono è nella sua Castellammare del Golfo. Come vigile del fuoco ha dei turni lavorativi particolari: “Faccio 24 ore continuative per poi avere tre giorni liberi; mi trovo a Randazzo perché, quando ho chiesto il trasferimento, nella provincia di Trapani non c’erano posti liberi, né tantomeno in quelle di Palermo o Messina, più vicine. All’inizio pensavo di restarci pochi anni e invece ne sono passati quattro”.
Emanuele viaggia due volte a settimana, in macchina, da solo: “Sapevo fin dall’inizio che sarebbe stato così perché c’era quel solo posto disponibile e la mia squadra attuale è composta da persone che vivono nella provincia di Messina, pertanto fanno un percorso diverso. Al momento non ho alternative, potrei dividere il viaggio solo se una persona lasciasse il posto in un’altra squadra, cosicché possa subentrare io”.
Per arrivare in tempo per il turno, che inizia alle 8 del mattino, Emanuele percorre circa 264 km, alzandosi nel cuore della notte: la sua sveglia suona alle 3.45. “Mi preparo, giusto il tempo di un caffè e massimo alle 4.30 sono in macchina. Cerco di anticipare la partenza perché viaggiando da solo voglio fare una sosta ogni ora circa per riposarmi e bere dell’altro caffè: porto con me un thermos perché in tutto il tragitto non ci sono sempre gli autogrill, anzi ne incontro giusto due”.
Percorrere così tanti chilometri, peraltro, richiede molta strategia e diverse prove. Emanuele attraversa ben quattro province: Trapani, Palermo, Messina e Catania. “Parto da Castellammare, arrivo a Palermo, prendo l’autostrada per poi uscire a Rocca di Caprileone, dove ci sono da scavallare i Nebrodi per poi arrivare a Randazzo. Faccio questa strada perché passo attraverso i vari paesini e viaggiando da solo è un percorso che preferisco, tanto a quell’ora dormono tutti. Questo è il mio percorso estivo, in inverno cambia tutto, anche perché posso incontrare neve o ghiaccio. Quando fa freddo, prendo la Palermo-Catania e passo dall’entroterra seguendo il fiume Alcantara, che si mantiene abbastanza basso; allungo di 70 km e così devo anticipare la partenza di almeno 30 minuti, ma almeno evito di mettere le catene”.
Questo è il tragitto dell’andata, quando tocca essere puntuali per dare il cambio ai colleghi, ma al ritorno le cose cambiano: “Ci sono dei punti in cui trovo molto traffico, come a Palermo, perché ci arrivo nelle ore di punta”.
E se le strategie possono aiutare a fare la strada migliore, non bisogna dimenticare lo stress fisico e mentale che accompagna viaggi di questo tipo: “Un po’ di apprensione c’è, devo stare attento a ogni cosa senza dimenticare il nostro lavoro: qualche giorno fa ho vissuto una nottataccia, siamo usciti alle 21 per degli incendi e siamo rientrati alle 11 di mattina (quando il turno era finito da 3 ore, N.d.R.) e a quel punto dormire non aveva più senso. Allora sono partito per tornare a casa, ma essendo stanco ho fatto parecchie soste e tutto il viaggio è durato più del dovuto: ben cinque ore. Inoltre, in situazioni simili, la spossatezza fisica è tanta che mi trascino per tutto il resto della giornata”.
Quali sono le prospettive future per Emanuele? “Sicuramente quella di riuscire ad avvicinarmi, ma con l’anzianità che ho nella migliore delle situazioni potrei arrivare a Sant’Agata di Militello (Messina), e sarei così a due ore circa da casa. Un tragitto simile mi cambierebbe la vita”.
Valerio, vigile del fuoco: “Il viaggio ti stanca, ma al lavoro devi essere al 100%”
Anche Valerio Raneri è vigile del fuoco e, come Emanuele, percorre due volte a settimana il tragitto Castellammare-Randazzo. A differenza del collega, divide il viaggio con altri due colleghi e questo sicuramente aiuta, ma allo stesso tempo richiede una buona predisposizione e organizzazione.
“Ognuno di noi ha diverse esigenze, inoltre può capitare che c’è chi sta male e allora ti ritrovi a viaggiare da solo. In genere, ci alterniamo alla guida facendo in modo che nell’arco di un mese ognuno di noi prenda la propria auto tre volte. Chi guida la macchina quel giorno, infatti, completa il suo percorso facendo andata e ritorno. Ovvio che è tutto a carico nostro, benzina, costi per mantenere l’auto: se sei pendolare è perché sei tu ad avere scelto la sede dove trasferirti. Nel mio caso sono arrivato qui da Saronno, dove sono stato per quattro anni.”
Valerio a un certo punto, infatti, si è ritrovato a scegliere dove costruire la sua famiglia – ha 35 anni ed è padre di due bambine, una di sei anni e l’altra di 16 mesi – e ha deciso di tornare nel suo paese di origine, dove peraltro, può contare sull’aiuto dei genitori visto che la moglie lavora. “Alcuni colleghi si trasferiscono vicino alla caserma, ma se anche avessi potuto farlo, mi sarebbe mancato tutto il supporto famigliare per tenere i figli”.
Viaggiare così tanto quanto pesa? “Molto, devi essere predisposto a farlo e a sapere che la tua routine viene interrotta a giorni alterni. Dovendomi alzare alle 3.45, il giorno prima cerco di andare a letto alle 22, ma non è semplice perché i bambini vogliono attenzioni, inoltre non è detto che mi addormenti subito visto che quando non lavoro vado a dormire a mezzanotte. La sera prima del turno dormo tre ore e mezza. Per non parlare del rientro: se fisicamente sono KO cerco di organizzarmi per lasciare i bambini a mia suocera e così poter riposare con maggiore serenità. Non bisogna dimenticare che, dopo 24 ore (se tutto va bene), si torna a casa e c’è la famiglia”.
Si tratta di ritmi che non si possono sostenere per molto tempo: “Puoi farlo finché sei giovane e per alcuni anni, poi diventa troppo stancante. Inoltre, questo è un lavoro che richiede di essere al 100%. Una volta sono andato in caserma pur non essendo in forma, ho avuto una giornata pesantissima, stavo male e questo poteva mettere la squadra in difficoltà. Da quella volta in poi, se sto poco bene, evito di rischiare: il lavoro di vigile del fuoco richiede che tu dia il massimo”.
Non solo prestanza fisica, ma anche tanta “strategia” oltre che attenzione costante alla guida: “Noi per arrivare a Randazzo prendiamo l’A20, usciamo all’altezza di Brolo (ME) per poi fare una strada tutta curve. A Floresta (ME) arriviamo in quello che è il punto più alto, ossia 1.300 metri sul mare (Randazzo è a 700) e in inverno c’è spesso ghiaccio, neve e bisogna considerare che gli spazzaneve passano più tardi rispetto a quando partiamo noi. Per questo guardiamo con la webcam com’è la situazione e cerchiamo percorsi alternativi. Ma c’è capitato di rimanere bloccati dalla neve e di arrivare in ritardo. Ritardo che non solo non viene retribuito, ma che mette in difficoltà anche gli altri: non possono andarsene se non diamo loro il cambio. Ogni squadra deve avere almeno cinque persone per garantire di poter intervenire in maniera tempestiva”.
Anna, dalla Sicilia alla Calabria due volte a settimana: “Sono la ragazza con il borsone”
Anna, funzionario amministrativo, fa un tragitto diverso: due volte alla settimana si sposta da Mandanici, piccolo paese in provincia di Messina di 500 abitanti, per andare a Catanzaro, dove condivide la casa con altre persone, percorrendo 200 chilometri e attraversando lo Stretto di Messina.
“La mia vita da pendolare”, ci racconta in un sabato in cui ha deciso di non tornare in Sicilia, “inizia di solito il venerdì pomeriggio, quando esco dall’ufficio e torno nell’isola, dalla quale riparto la domenica pomeriggio o il lunedì mattina presto”.
Anna viaggia di solito fino a Villa San Giovanni da sola, con la propria auto, per poi incontrare altre due colleghe con cui compie il tragitto fino all’ufficio, mentre qualche volta traghetta con la sua macchina: “Da casa mia in Sicilia per arrivare a Messina ci vogliono circa 45 minuti, poi il tempo di traghettare, venti minuti circa, e da Villa fino a Catanzaro un’ora e mezza; nel complesso, circa due ore e trenta minuti”.
Un tragitto che, peraltro, non è così sostenibile: come sa chi attraversa lo Stretto spesso, è conveniente farlo in macchina se l’andata e il ritorno rientrano in tre giorni consecutivi. La tariffa allora è di 45,50 euro, altrimenti se ne spendono 70.
“Mi organizzo per fare in modo che sia così ed evitare un aggravio delle spese. Inoltre, prendendo i traghetti della Caronte&Tourist che sono ogni venti minuti, devo prendere l’uscita Messina Boccetta anziché Messina Centro, il che vuol dire fare i conti con un maggior traffico. Il lunedì mattina, per esempio, mi sveglio alle 4.50 per cercare di prendere il traghetto delle 6.40 ed essere in ufficio alle 9.”
In generale per Anna è un organizzarsi di continuo: “Ormai io mi descrivo come ‘Anna e il borsone’, ce l’ho sempre con me, a volte non ho neanche la forza di disfarlo e neanche mi conviene perché ho portato delle cose che nemmeno ho usato. Spostarsi di continuo vuol dire avere delle cose da una parte e dall’altra, e persino perderle. Inoltre è molto stancante: il giovedì sera sai già che dovrai preparare tutto per andare in ufficio e partire il venerdì dopo 9 ore di lavoro senza passare da casa. Quando rientro a Catanzaro la domenica, la giornata non è così di riposo: devo arrivare al massimo alle 19 a Messina, il che vuol dire che già alle 17 devo pensare di andare via”.
C’è poi l’ansia preventiva: “Sto già pensando a come organizzarmi per le ferie per non fare lunghe file ai traghetti dato che in molti scelgono la Sicilia come meta per le vacanze. Mi è già successo a Natale e ho dovuto attendere due ore, e non è corretto visto che, a differenza dei turisti, mi sposto per lavoro”.
E se Anna volesse pensare di spostarsi con i mezzi, lo stress aumenterebbe: “Dal mio paesino in collina dovrei comunque trovare qualcuno che mi accompagni a Roccalumera e da lì prendere un mezzo per arrivare a Messina, ma se anche imboccassi tutte le coincidenze in Sicilia, una volta arrivata in Calabria non sarebbe semplice. Catanzaro, nonostante sia il capoluogo di una bellissima regione qual è la Calabria, non è così servita dai mezzi, inoltre essendo dislocata su una collina i treni arrivano a Catanzaro Lido e da lì poi sarebbe un problema arrivare in città”.
Spostarsi per lavoro da una Regione all’altra, o da un capo all’altro della stessa Regione, è un lavoro a sé. Pensare di farlo più volte alla settimana va perfino oltre quello.
Photo credits: messina.gazzettadelsud.it
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