Per una Firdaus sedicenne che vorrebbe partire, ce ne sono altre centinaia che lavorano, anche dall’età di nove anni, restando murate nelle case delle famiglie che le sfruttano. Come Maryuma, che vive nel villaggio di Bagamoyo e che non ha mai visitato altre zone della Tanzania, non è mai andata a scuola, e l’unica realtà che conosce è quella del lavoro. La mattina si sveglia presto e va a caricare i bottiglioni di acqua alla sorgente. Prepara la colazione, pulisce, lava a mano la biancheria dei componenti della famiglia, poi cucina, rassetta e si occupa anche dei figli minori dei padroni di casa. Non ha nemmeno uno spazio per sé, dorme su una brandina per terra e può chiamare la madre solo una volta a settimana dal telefono del suo “datore di lavoro”.
La vita di Maryuma sembra segnata come quelle di altre bambine della Tanzania. Quando piange al telefono la madre le dice che “deve ringraziare Dio che ha da mangiare”. Solo quello le danno, perché non ha uno stipendio, né un contratto. Non sa nemmeno cosa siano. Non è neppure consapevole di averne diritto. Crede, infatti, che ciò che fa non sia un lavoro come quello del meccanico, del medico, dell’avvocato. A cominciare a trasmetterle queste nozioni sono giovani donne che a Bagamoyo hanno costituito una piccola associazione per fare rete, lottare per i propri diritti e far emergere il lavoro nero e lo sfruttamento di cui sono state vittime da bambine e di cui sono ancora vittime bambine e giovani donne come loro.
Parlare alle bambine e ai bambini lavoratori di diritti e contratti, soprattutto quando questi minori non hanno nemmeno frequentato la scuola, è una sfida importante. Le lavoratrici domestiche in Tanzania possono contare oggi su una rete di piccole associazioni nate dal basso, che stanno chiedendo la ratifica della Convenzione ILO 189 sul lavoro domestico per proteggere se stesse e le future generazioni e spezzare questo meccanismo di sfruttamento.
Con loro operano anche associazioni di volontariato internazionali come la Comunità dei Volontari per il Mondo, CVM, che in Tanzania ed Etiopia sostiene progetti di formazione dedicati proprio alle lavoratrici domestiche, offrendo corsi gratuiti sulla sicurezza sul lavoro, sul diritto a orari, contratti e giorni di riposo, sulla cura della casa e della persona, su come trattare con i propri datori di lavoro e come contattare i sindacati. Spesso questi corsi, di cui si viene a conoscenza tramite il passaparola, hanno cambiato la vita delle bambine, aiutandole a prendere in mano le proprie vite e a diventare giovani donne consapevoli di essere anzitutto persone e non fantasmi, e di poter dire “no” e “voglio”.