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Turismo sostenibile: che cos’ha da insegnarci la Scandinavia?
“Ciò che è sostenibile è rigenerato”: la docente dell’Università di Bari Angela Stefania Bergantino indica come realizzare un turismo a misura di territorio.
Sostenibile uguale rigenerato. Ricreato. Nel momento in cui si deve costruire ex novo e utilizzare spazi, risorse e materiali, lasciando che il vecchio (ma recuperabile) accresca gli Everest di rifiuti più o meno smaltibili, la sconfitta sociale è incassata a pieno titolo. Anche e soprattutto quando si parla di turismo sostenibile, nel nostro Paese.
Ne è convinta Angela Stefania Bergantino, professore ordinario di Economia Applicata all’Università degli Studi di Bari, coautrice di alcuni libri sul tema, tra cui “Mobilità e sviluppo turistico sostenibile. Una prospettiva economica”. Un tema di scottante attualità, perché se da un lato l’industria del turismo ha subito dal COVID-19 una delle peggiori batoste su scala planetaria, dall’altro il Bel Paese è stato negli ultimi anni sempre più impegnato a proteggere i suoi tesori da calche di stranieri, non sempre educatissimi e rispettosi, e troppo concentrati nel tempo e nei luoghi.
Mobilità e turismo sostenibili, due componenti inscindibili
Oggi il turismo deve fare anche i conti con preferenze nuove dettate dalle regole anti-contagio, che hanno visto sempre più italiani scegliere la casa al posto dell’hotel, il camper o la tenda al posto dell’appartamento in condominio, e i luoghi meno affollati in sostituzione della mondanità chiassosa. Stessa cosa per la mobilità, che ha visto scegliere, quando possibile, il mezzo privato anziché quello pubblico, dove il distanziamento sociale a tratti vacilla. Ma che cosa significano mobilità e turismo sostenibili?
“La mobilità sostenibile – spiega la professoressa Bergantino – è una componente del turismo sostenibile, ma più in generale dell’economia, perché poi dipende dalla motivazione del viaggio. La mobilità sostenibile può infatti riguardare anche il turismo, ma deve riguardare anche tutta una serie di altri spostamenti, perché la domanda di trasporto è una domanda derivata. Quindi io posso avere una mobilità sostenibile per i passeggeri, per i pendolari, per i privati, per il settore del trasporto pubblico, e posso avere mobilità e trasporto sostenibile anche per le merci.”
“Va chiarito il campo: parliamo di una mobilità sostenibile per la società tutta. Turismo sostenibile è un insieme di elementi che devono essere messi a sistema, all’interno del quale la mobilità è l’elemento principale, poiché il turismo implica lo spostamento proprio nella sua definizione. È la mobilità intesa sia come mobilità di accesso, cioè il mezzo con il quale si parte e si arriva, sia all’interno e tra i luoghi in cui poi si sviluppa il percorso turistico.”
Sostenibilità, a partire dai trasporti. Il modello della Scandinavia
Un atteggiamento, dunque; un puzzle armonico di infrastrutture e mezzi ecocompatibili che giochino un ruolo chiave in tutto il tessuto economico del Paese, e che l’Italia certamente non ha ancora completato, ma sul quale ha sia da imparare che da insegnare. Il termine di paragone più vicino e istintivo è l’Europa, e in particolare il Nord, la Scandinavia, da sempre impegnata a curare il marketing di una reputazione di bio-rispettabilità oggi appannata.
Un’attenzione sempre più affaticata sul rispetto dell’ambiente, i continui e non sempre fruttuosi summit tra gli operatori per un piano di turismo sostenibile, il nodo tutt’altro che risolto del trattamento dei rifiuti nei luoghi di villeggiatura naturali. Anche i Paesi scandinavi pagano il loro scotto ambientale. È però partita da qui l’attenzione complessiva alla mobilità urbana che oggi ispira anche l’Italia.
Vanno premesse le grosse differenze geo-culturali. I Paesi scandinavi sono caratterizzati da grandi territori sui quali sono distribuiti pochi cittadini. La densità di popolazione, nettamente inferiore a quella italiana, si concentra nelle grandi città, dove la rete dei mezzi pubblici “deve” funzionare, per superare le avversità imposte dai rigori delle temperature. Grandi spazi, dunque, paesaggi suggestivi e incantati, hanno preteso una lettura diversa del territorio, che non vanta certo l’offerta culturale della culla del Rinascimento.
“Al Nord – continua la Professoressa Bergantino – c’è effettivamente una sensibilità diversa rispetto alla mobilità urbana, per molti motivi. Prima di tutto perché l’organizzazione delle città e delle strade è molto diversa rispetto a quelle delle nostre città principali, e quindi è più facile avere una mobilità meno impattante. I Paesi del Nord Europea sono stati comunque i primi ad andare verso una mobilità elettrica, anche se qui si potrebbe aprire il dibattito sugli effetti, nel lungo periodo, dello smaltimento delle batterie.”
“Lo stesso vale per l’attenzione al trasporto marittimo. Parliamo di registri aperti, di bandiere ombra, cioè quando le navi che sono di fatto proprietà di un armatore di un Paese battono bandiera di un altro Paese, e sono quindi iscritte in un registro straniero. La Norvegia da sempre ha una tassazione molto favorevole al settore dello shipping; stiamo parlando di navi che fanno trasporto di media-lunga distanza. Per prima ha introdotto un secondo registro internazionale cui le navi potevano iscriversi per essere fiscalmente agevolate, ma imponendo fossero navi nuove o quasi, e soprattutto poco inquinanti. Ecco, questa è un’attenzione all’ambiente, con una guida un po’ dall’alto, che consta anche in un incentivo per gli operatori. Un’impronta questa, che tiene alto l’interesse sulla sostenibilità che crea valore economico, anche per le imprese, e che dalla cultura anglosassone nordeuropea sta arrivando anche qui in Italia.”
“Ciò che è sostenibile è rigenerato”: quando il turismo valorizza le strutture preesistenti
Non a caso nota come “il giardino d’Europa” per il fascino dei paesaggi, dal mare ai colli, dalle montagne ai laghi fino ai borghi, l’Italia ha in sé anche uno scrigno di inestimabili monumenti e opere artistiche a cui il nostro occhio è ormai abituato, ma che non ha pari al mondo per entità e bellezza. Più arduo, giocoforza, si fa il compito di proteggere e riqualificare, tutelando e sincronizzando la fisiologia della storia con quella della natura. Ed è qui che il nostro Paese ha qualcosa da insegnare: quando si tratta di riproporre ed esaltare quella che potremmo definire la “biodiversità della tradizione italiana” .
“Nell’ambito del turismo sostenibile – conclude la professoressa – l’Italia ha delle realtà che sono delle eccellenze a livello mondiale. Parlo dell’albergo diffuso, della riqualificazione delle reti ferroviarie dismesse, che a mio avviso hanno delle potenzialità incredibili per lo sviluppo del turismo di qualità. È l’idea di comunicare questo patrimonio agli stranieri, che possono venire da tutto il mondo e rivivere l’esperienza di un treno che sale su per le montagne, alimentato non più a carbone o a gasolio, ma a idrogeno. Ancora: pensiamo alla serie di progetti di piste ciclabili che seguono le vecchie ferrovie non più utilizzate. Qui quello che ritengo sia importante, visto anche l’investimento fatto e la possibilità di riutilizzare l’infrastruttura così com’è, non è tanto la trasformazione della ferrovia in pista ciclabile, ma eventualmente l’abbinamento. Cioè riuscire, ad esempio, a creare dei percorsi dove, utilizzando i treni storici, portando la bicicletta e organizzando soste in determinati posti che sono sperduti, ma che hanno recuperato degli immobili prima in disuso, si possa – magari – organizzare delle degustazioni di prodotti tipici locali.”
“Ecco, bisogna portare sviluppo alle ‘periferie’, che di fatto sono i luoghi non vicini alla costa ma nell’entroterra, e che hanno queste risorse che possono essere valorizzate per portare occupazione. Questo è il turismo sostenibile: non è altro che riuscire a rendere valorizzabile ciò che già c’è. Se devo costruire l’albergo, il ristorante, la strada, sto facendo qualcosa di nuovo. E quindi non è più sostenibile. Ciò che è sostenibile, è rigenerato”.
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