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Una cittadella del lavoro all’Aeroporto di Bologna
“Una cittadella di 3.000 persone, 500 dipendenti diretti e 2.500 dipendenti delle aziende presenti in aeroporto”. Ero all’incontro “Facciamo correre l’Emilia Romagna” organizzato dal Corriere della Sera, e queste sono state le parole con cui il presidente Enrico Postacchini ha definito l’Aeroporto di Bologna. Quel termine – cittadella – mi è rimasto in testa, e […]
“Una cittadella di 3.000 persone, 500 dipendenti diretti e 2.500 dipendenti delle aziende presenti in aeroporto”.
Ero all’incontro “Facciamo correre l’Emilia Romagna” organizzato dal Corriere della Sera, e queste sono state le parole con cui il presidente Enrico Postacchini ha definito l’Aeroporto di Bologna. Quel termine – cittadella – mi è rimasto in testa, e quando il giorno dopo ho incontrato Nazareno Ventola, Amministratore Delegato del Guglielmo Marconi, la mia curiosità è caduta proprio lì. E lui non si è limitato a confermare i numeri, ma ha fatto un quadro molto chiaro di come funziona l’intera struttura: si è addentrato nelle professioni coinvolte e ha spiegato come affronteranno la crescita in previsione per il 2030.
L’aeroporto è infatti una macchina complessa, indipendentemente dalle dimensioni. Il Marconi ad esempio ha una vocazione internazionale molto forte, e a differenza di altri aeroporti internazionali è molto vicino alla città. Nel corso dell’intervista ho scoperto che il rapporto con Bologna è davvero molto più stretto di quello che potevo pensare. La città, del resto, è riuscita a sviluppare un modello che ha fatto cambiare passo al territorio; ed è proprio da qui che iniziamo.
A proposito di Bologna. C’è stato un periodo, qualche anno fa, in cui girando per il centro, davanti al gran numero di turisti stranieri, si sentiva spesso mormorare che era tutto merito di Ryanair.
C’è una parte di verità, ma questa è una semplificazione eccessiva. Ryanair ha già festeggiato i dieci anni pieni di attività a Bologna perché arrivò nell’ottobre del 2008, quando l’aeroporto decise di allargare il proprio portafoglio clienti introducendo anche il low cost che non esisteva. Abbiamo fatto una scommessa e il risultato più grande è stato quello di riuscire a mantenere nel tempo un equilibrio tra il segmento low cost e quello delle compagnie tradizionali. Ryanair è stato uno strumento efficace per far conoscere Bologna in Europa, però la città ha investito tanto sull’accoglienza. Ryanair è un pezzo della storia, un pezzo portato dall’Aeroporto di Bologna e dal suo azionista di maggioranza (la Camera di Commercio di Bologna). Una scelta consapevole e concretizzata senza alcun tipo di contributo pubblico. Ryanair poi, se trova buone condizioni operative, una struttura che funziona e accordi commerciali di reciproca soddisfazione, è in grado di portare milioni di passeggeri in tempi davvero rapidi rispetto ad altre compagnie, anche perché ha meccanismi decisionali molto snelli ed efficaci. Chiaramente questo è un vantaggio, poi bisogna stare attenti a non farsi fagocitare. Non bisogna dimenticare che ci sono aeroporti hanno puntato tutto sul low cost e che poi si sono trovati in difficoltà. Grazie alla città che ha risposto molto bene, noi siamo riusciti a trovare un accordo soddisfacente per tutti.
In effetti poi quello di Bologna si conferma un aeroporto anche e soprattutto votato al segmento business piuttosto che al turismo, giusto?
In realtà a oggi le percentuali quasi si equivalgono. Circa un terzo dei passeggeri viaggia per motivi di lavoro, un altro terzo viaggia per motivi di svago e turismo e poi c’è un altro terzo che è classificato come VFR (Visiting Friends and Relatives, N.d.R.). Questo traffico di passeggeri è strettamente legato alle caratteristiche della città, alla presenza dell’università e di centri sanitari di eccellenza. Il traffico verso il Sud Italia per esempio comprende passeggeri che viaggiano sia per lavoro, sia per studio, sia per motivi sanitari. Questo segmento è proprio caratteristico di Bologna, perché nelle altre città ha un peso diverso.
Avete un confronto con altri aeroporti?
Il traffico business per noi vale il 30%; mediamente per gli altri aeroporti vale il 20%. Ovviamente questa differenza nasce dalle caratteristiche del nostro territorio, fatto di piccole medie imprese che hanno una fortissima vocazione all’export.
In effetti in Emilia-Romagna non viaggiano solo i manager, ma anche i tecnici.
Oltre alle aziende del packaging, che mandano in giro per tutto il mondo i tecnici per verificare e manutenere le macchine, c’è anche tutto lo staff della Motor Valley che fa assistenza ai Gran Premi. Tra l’altro l’aereo della Emirates per Dubai ha una “pancia” cargo dove si possono caricare anche moto, automobili e supercar.
Ora che abbiamo mostrato il legame intenso con la città, direi che è il momento di entrare nella cittadella.
Diciamo che volendo usare una metafora ardita possiamo pensare alla società aeroportuale come agli uffici comunali della cittadella. Gestiamo l’aeroporto con una concessione quarantennale e al suo interno sono coinvolte molte altre realtà: compagnie aeree, attività commerciali, enti di stato (polizia, vigili del fuoco, la dogana, la finanza) e società di servizi. Come diceva il presidente Postacchini ieri, il nostro ruolo è progettare, costruire, sviluppare e affittare. Mettiamo a disposizione spazi commerciali per i negozi e la ristorazione, ma anche infrastrutture per il volo (controlli di sicurezza per i passeggeri, gate di imbarco, piazzali di parcheggio e piste di decollo e atterraggio). L’aeroporto ha sostanzialmente due anime: una regolata ed estremamente normata, con controlli molto presenti di soggetti pubblici, e una più libera che comprende l’area dei parcheggi e dei negozi dove forniamo direttamente servizi ai passeggeri. In pratica siamo una società privata che mette a disposizione le infrastrutture necessarie per svolgere un servizio pubblico.
Quindi la gestione è quella tipica di un’azienda privata.
Abbiamo una struttura di staff che è quella di una normale azienda, con uffici dedicati all’amministrazione, al controllo di gestione, al personale. Un grande ruolo è svolto dall’ufficio legale, che deve controllare tutte le normative, la gestione degli appalti pubblici e anche la parte finanziaria, che va monitorata a stretto giro visto che siamo quotati in Borsa. Abbiamo inoltre due direzioni commerciali che sviluppano il business aeronautico (verso le compagnie aeree) e quello non aeronautico (il business verso tutti gli altri soggetti).
E invece nelle attività più legate all’aeroporto quali figure sono coinvolte?
Nella gestione delle infrastrutture sicuramente ingegneri e tecnici sono quelli che più di tutti si occupano di progettare e realizzare le infrastrutture del domani. Poi c’è un’area operativa di gestione della messa a disposizione delle infrastrutture, dove sono coinvolte diverse figure come i manutentori e il personale a contatto con il pubblico che fa assistenza presso i terminal. Ma i dipendenti più numerosi sono sicuramente gli operatori della security.
Quanti sono esattamente gli addetti alla security?
Sono 160 colleghi su 500. Sicuramente rappresentano la percentuale più elevata e quella che è cresciuta di più negli ultimi anni. Hanno il compito delicatissimo del controllo bagagli e del contatto diretto con il pubblico, che devono eseguire rispettando rigide normative, ad esempio presidiando gli archetti e le macchine radiogene. L’aumento del personale dedicato alla security è cresciuto seguendo l’aumento dei passeggeri, e il loro compito è diventato sempre più complesso e anche stressante.
Il masterplan di crescita al 2030 prevede un aumento della capacità del terminal da 9 a 12 milioni di passeggeri. Avete già fatto qualche previsione anche sull’aumento del personale?
Sicuramente le figure che cresceranno insieme all’aumento dei passeggeri sono gli addetti alla sicurezza, ma la rivoluzione tecnologica e i fenomeni di digitalizzazione porteranno anche la necessità di competenze nuove e non del tutto prevedibili. Dovremo imparare tutti, e la velocità di cambiamento oggi è veramente superiore al passato.
Come vi state preparando alla crescita e al cambiamento?
Abbiamo definito dei percorsi di formazione strutturati, grazie a una location dedicata. Il training center è stato infatti inaugurato quest’anno e siamo stati tra i primi aeroporti italiani a dedicare una intera struttura alla formazione per tutti i 3.000 dipendenti della cittadella.
Che tipo di formazione avete messo in campo?
Come società abbiamo l’obbligo di formare tutti gli operatori che lavorano in aeroporto, non solo nostri, ma di fatto l’infrastruttura logistica separata ci ha permesso di allargare i percorsi alla formazione manageriale. Inoltre abbiamo intrapreso un’attività di formazione sull’Agenda 2030 dell’Onu chiamando docenti esterni e lavorando per sensibilizzare tutti i colleghi su questi temi. Si aggiungeranno diversi segmenti nei prossimi anni, e anche se le incognite sono molte dobbiamo farci trovare preparati. Negli ultimi anni abbiamo assunto parecchi giovani, ma non senza difficoltà perché a Bologna c’è una discreta concorrenza sulle figure professionali tecniche e specializzate. Non è facile trovarle; del resto questa è un’area che funziona, e ci dobbiamo confrontare con un’offerta ampia.
In effetti a livello di attrazione non è facile competere con Ducati, Ferrari e Lamborghini, ma è anche vero che Repubblica vi ha definito l’aeroporto in cui si lavora meglio in Italia.
È vero, e questo è un grande stimolo. E anche se la realtà degli aeroporti è un mercato ristretto questo è un gran bel segnale.
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