Sì, ma quali obiettivi?
Lo strumento che viene scelto per spiegare come le cose non vadano si chiama PIP, e lo sciopero ruota tutto attorno a quello. La sigla sta per Performance Improvement Plan e, scrivono i sindacati nel loro comunicato, è «un programma che, pur presentato come un’opportunità formativa, si è rivelato uno strumento coercitivo e punitivo per i 2.700 dipendenti della tech company specializzata in servizi alle imprese. Il PIP è stato introdotto dall’azienda senza criteri chiari, obiettivi definiti né un confronto preventivo con le rappresentanze sindacali, generando un clima di tensione e insicurezza inaccettabile. In alcuni casi il PIP è stato utilizzato per spingere i dipendenti a lasciare volontariamente l’azienda, con espliciti inviti a “non restare nell’organizzazione” qualora non condividessero le modalità di gestione del piano. A queste criticità si aggiungono le preoccupazioni relative all’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi aziendali, che potrebbe comportare una riduzione dei posti di lavoro senza adeguate tutele per il personale».
I lavoratori e i loro rappresentanti puntano il dito contro la scarsa trasparenza da parte dell’azienda, che sta mettendo in atto un piano che la impoverirebbe. È proprio quell’invito messo nero su bianco a “non restare nell’organizzazione” che solleva dubbi: che significa?, si chiedono gli scioperanti. L’ipotesi è che se qualcuno non dovesse raggiunge gli obiettivi verrebbe lasciato a casa (come è successo con le partite IVA) oppure spostato di mansione; ma soprattutto si domandano come faranno a raggiungere gli obiettivi, se gli obiettivi non sono noti.
Al momento il bilancio è di 107 agenti esterni che hanno perso il lavoro – quelli che sono stati licenziati con la famigerata e-mail – ma la paura è che ce ne possano essere altri. Per il momento di risposte non ne arrivano e con l’azienda non è stato aperto un tavolo di confronto, ma i lavoratori sperano si possa aprire uno spiraglio per il futuro di una realtà in crescita, che negli ultimi mesi però ha visto diverse defezioni da parte di chi non condivide le decisioni del management aziendale.
In mancanza di risposte dell’azienda, cominciano gli appelli alla politica: in Calabria ad esempio, dove la sede Cerved di Cosenza è uno dei pochi presidi sul territorio, si è chiesto l’intervento dell’amministrazione locale per aprire un tavolo di confronto.
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In copertina, un fotogramma dal servizio realizzato da Milano Pavia TV.