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Caos badanti. Quando il saggio indica il lavoro nero, lo Stato guarda il Green Pass
Solo il 10% dei lavoratori domestici non è vaccinato, ma non basta: a ottobre aumentano i licenziamenti in un settore dove il lavoro nero impedisce di effettuare i controlli sul Green pass. L’opinione di Alberto Gallas di Gallas Group, Andrea Zini di Assindatcolf ed Emanuela Loretone di FILCAMS CGIL.
L’introduzione del Green pass nel settore delle lavoratrici e dei lavoratori domestici aveva sollevato fortissime preoccupazioni rispetto a possibili problematiche e disservizi che avrebbero pesato negativamente sul benessere di famiglie e anziani. Diversamente, a quasi due settimane dall’entrata in vigore dell’obbligatorietà della certificazione, la situazione non sembra essere così tesa e complessa, almeno per quanto riguarda la parte in chiaro del comparto. Ma quali sono le motivazioni e i comportamenti che stanno dietro a questa calma?
Ne abbiamo parlato con Alberto Gallas, CEO e Founder di Gallas Group; Andrea Zini, presidente Assindatcolf; ed Emanuela Loretone, Responsabile FILCAMS CGIL Nazionale del CCNL per il Lavoro Domestico.
Badanti, solo il 10% non è vaccinato. Ma aumentano i licenziamenti
“Appena uscito il decreto ufficiale si era pensato che la maggior parte delle badanti (in prevalenza straniere) sarebbe tornata nei Paesi d’origine, e che ci sarebbe stato un grosso problema nel coprire le assistenze”, racconta Alberto Gallas, di Gallas Group (un’agenzia del lavoro specializzata nella ricerca e nella selezione del personale domestico, che conta ventisei filiali distribuite nelle regioni di Nord e Centro Italia). “In realtà da quel momento in poi la maggior parte delle lavoratrici ha provveduto a vaccinarsi”, continua. “Le nostre filiali seguono 8.000 badanti, e ad oggi quelle che hanno deciso di non vaccinarsi sono circa il 10%, una percentuale molto più bassa delle aspettative iniziali”.
Un dato che, secondo Gallas, è dovuto a ragioni prettamente economiche: “Molte di queste lavoratrici hanno un grande bisogno di lavorare, e questo ha prevalso sulla paura e la diffidenza nei confronti del vaccino. Tante famiglie, inoltre, pur di non perdere le loro collaboratrici si sono rese disponibili a sostenere il costo dei tamponi. Questa decisione è stata presa soprattutto nel caso di rapporti consolidati e duraturi, la cui interruzione avrebbe comportato un danno alla famiglia o all’assistito”.
Negli altri casi, secondo Gallas, lavoratori e datori hanno risolto la questione nelle settimane precedenti l’introduzione della certificazione facendo ricorso a dimissioni e licenziamenti. “La nostra associazione ha registrato un ottobre anomalo rispetto agli anni precedenti: generalmente per noi è un mese tranquillo, con poche sostituzioni e tanti lavoratori disponibili da cui attingere per eventuali selezioni. Quest’anno invece abbiamo conteggiato un leggero aumento dei licenziamenti e un 15-20% di richieste in più per sostituire le badanti che sono tornate nei loro Paesi, oltre a una minore disponibilità di lavoratori liberi. Per noi è comunque un numero contenuto, viste le stime drastiche che erano state fatte”.
Dello stesso parere si dice anche Andrea Zini, presidente del sindacato Assindatcolf: “Quei 15-20 giorni di anticipo prima dell’introduzione del Green pass hanno permesso alle famiglie di organizzarsi per sistemare le cose. Nei giorni precedenti all’introduzione del certificato verde c’è stato un aumento dei licenziamenti da parte delle famiglie (+7-8%), a cui mi aspetto seguirà un progressivo aumento delle assunzioni di nuovo personale dotato di Green pass”.
Sanzioni e sospensione alloggio: che cosa rischiano badanti e datori di lavoro
La correlazione tra questi licenziamenti e l’assenza di Green pass resta speculativa, dato che da un lato le FAQ sul sito del Governo non indicano che un lavoratore domestico possa essere licenziato in assenza di Green pass, e che dall’altro il CCNL prevede che si possa licenziare un lavoratore domestico senza dover precisare una motivazione specifica.
Vengono invece specificate dal Governo le sanzioni a cui vanno incontro badanti e famiglie (da 600 a 1.500 euro per i lavoratori e da 400 a 1.000 euro per il datore), e viene indicato che se il lavoratore domestico non possiede una versione valida del Green pass deve essere considerato assente ingiustificato. Questa condizione comporta fin dal primo giorno la sospensione della retribuzione e di tutti gli emolumenti (compreso il vitto e l’alloggio in caso di convivenza) e lo stop al pagamento dei contributi INPS e CAS.SA.COLF.
Si è espressa su questo tema Emanuela Loretone, responsabile FILCAMS CGIL Nazionale del CCNL per il lavoro domestico: “Servono delle risposte in tempi rapidi da parte del Governo su tale questione. La sospensione dell’alloggio per molti di questi lavoratori può essere un serio problema, soprattutto se teniamo conto che tra coloro che sono sprovvisti di Green pass non ci sono solo quelli che non si vogliono vaccinare, ma anche coloro che hanno fatto un vaccino non riconosciuto nel nostro Paese, come lo Sputnik”.
Gli esodati del vaccino: con lo Sputnik niente Green pass
La questione dei vaccini stranieri richiede necessariamente una risposta in tempi rapidi in un settore caratterizzato da un’alta presenza di lavoratori provenienti da altri Paesi. Sono infatti 150.000 i lavoratori in Italia a essere sprovvisti di Green pass pur essendo vaccinati, di cui 50.000 nel settore dei lavoratori domestici.
A tal proposito, Loretone sottolinea il pericolo che molti lavoratori si trovino costretti giocoforza a ripetere il vaccino con uno di quelli riconosciuti pur di poter lavorare, anche se la sicurezza o meno di questa scelta sulla salute non è stata ancora chiarita. Su questo tema interviene anche Gallas, secondo cui al momento molte famiglie hanno mantenuto attivi i rapporti di lavoro con persone che hanno fatto un vaccino non riconosciuto nel nostro Paese, considerando comunque il lavoratore come vaccinato.
Per ora il Governo non si è espresso, ma la speranza dei sindacati è che venga adottata una soluzione simile a quella dell’accordo con San Marino, prorogato al 31 dicembre.
E c’è attesa di chiarimenti anche rispetto ai controlli sia da parte dei datori di lavoro che da parte delle istituzioni, anche se ad oggi le realtà intervistate non hanno ricevuto segnalazione di verifiche e di multe afferenti all’assenza di Green pass per la categoria dei lavoratori domestici. Per i datori di lavoro non è stato precisato come risolvere le situazioni di difficoltà a fare il controllo, come nel caso di persone – magari anziane e sole – sprovviste di smartphone o prive di competenze digitali per effettuare queste verifiche.
Inoltre non sono state fornite indicazioni neanche rispetto alle modalità di controllo nelle abitazioni private da parte di soggetti esterni. D’altro canto il tema dei controlli è sempre stato una spina nel fianco per questo settore, anche rispetto al lavoro nero. Come evidenzia Zini, infatti, è probabile che le persone che continueranno a non volersi vaccinare troveranno una nuova occupazione solo senza contratti formali.
La piaga del lavoro nero impedisce di applicare le norme sul Green pass
L’ampia estensione del lavoro nero è un fenomeno che da sempre caratterizza questo settore: a fronte di circa due milioni di operatori del settore, infatti, solo 850.000 hanno un rapporto di lavoro dichiarato, mentre il restante 60% lavora senza contratto.
Su questo tema Loretone dichiara: “Il lavoro nero è un problema atavico di questo settore, che nasce ben prima del Green pass e richiede una sua regolazione in tempi rapidi. Il PNRR ad esempio prevede lo stanziamento di fondi per la regolarizzazione del lavoro femminile: questa è un’occasione importante per fare in modo che ci sia una regolarizzazione di chi entra nel nostro Paese a svolgere questo lavoro. Alcuni passi avanti erano stati fatti negli ultimi anni con il Decreto Flussi, grazie al quale c’è stato un aumento nella regolarizzazione di colf e badanti, che però non basta”.
Ci troviamo così di fronte a un paradosso per cui, vista la percentuale di lavoratori in nero nel settore, non è possibile garantire l’applicazione della normativa legata al Green pass proprio in un comparto che è invece fondamentale per la salute della famiglia e della persona. In aggiunta alle risposte pronte rispetto ai vuoti normativi legati all’introduzione del Green pass, ciò che sembra ancora più urgente rispetto al settore del lavoro domestico è quindi un’azione forte del Governo rispetto alla questione del lavoro nero.
L’attenzione dei sindacati e degli altri portatori di interesse resta alta. La speranza è che le nuove misure previste dal Governo nel PNRR potranno far fare dei passi in avanti alla regolarizzazione di tanti rapporti di lavoro, che negli anni invece sono rimasti nell’ambito del lavoro sommerso.
Photo credits: primalavaltellina.it
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