Emancipazione e sfruttamento sanno di fragole

Il caporalato, l’indipendenza economica e i primi assaggi di libertà: braccianti marocchine sfruttate in Spagna tornano nel Paese d’origine consapevoli e pronte a cambiare. Recensiamo “Fragole” di Chadia Arab.

Ogni lettore che si rispetti ha giurato fedeltà ad un filone letterario e l’emancipazione femminile è il mio.

Da donna bianca europea è difficile comprendere cosa vuol dire nascere nella “parte sbagliata” del mondo, dove il genere è dequalificante di per sé. Non so perché ho avuto questa fortuna e molto spesso me lo domando, ma ritengo sia giusto dare il mio contributo affinché si parli e scriva il più possibile della lotta quotidiana per stare al mondo di queste eroine anonime, coraggiose e senza nome.

Fragole, storie di braccianti marocchine sfruttate in Spagna

Di nomi, in Fragole, ne ho letti molti. Come quello di Saïda, che “ha le dita macchiate e rovinate dalla durezza del lavoro quotidiano” ma “gli occhi fieri”.

In questa citazione penso sia racchiuso il senso di Fragole: le donne invisibili della migrazione stagionale (edito in Italia da LUISS University Press e prefazione preziosa di Aboubakar Soumahoro), dove l’autrice Chadia Arab (ricercatrice e geografa francese di origine marocchina) denuncia le condizioni di sfruttamento di cui sono vittime le braccianti marocchine. L’obiettivo è far uscire le donne dall’invisibilità e dar loro un’insolita occasione di raccontarsi, capovolgendo l’idea di una migrazione femminile sempre subita e mai parte attiva del cambiamento.

Nel libro si rileva la condizione di fragilità lavorativa ed esistenziale di queste donne, calpestate dalla grande distribuzione organizzata, alla ricerca di una forma di riscatto ed emancipazione. Il saggio è frutto di un’analisi d’inchiesta etnografica durata diversi anni sulla condizione delle lavoratrici stagionali marocchine, che ogni anno partono dall’entroterra del Marocco per raccogliere le fragole nel sud della Spagna, a Huelva.

Di sfruttamento ed emancipazione: l’accordo tra Marocco e Spagna per la raccolta delle fragole

L’accordo tra il Marocco e la Spagna si iscrive nel quadro del programma AENEAS, lanciato nel 2004 e finanziato dall’Unione europea. È fondato su un “triplice obiettivo: una necessità economica della Spagna, un controllo dei flussi migratori dell’Unione europea, e lo sviluppo dei Paesi di origine da parte delle donne al loro rientro in Marocco”.

Il “Programma di gestione etica dell’immigrazione stagionale” ha come prerogativa specifici requisiti per l’assunzione, quali in primis essere donna (quindi una forza lavoro basata sul genere) e avere dei figli, così da poter prevedere il ritorno a casa a stagione conclusa. È lecito pensare che la scelta dei “contratti in origine” sia usata dal programma per evitare che le donne ottengano diritti e dignità socio-previdenziale, non garantendo occupazione, continuità lavorativa e permesso di soggiorno.

Abbandonate a se stesse, private della protezione umanitaria, ammassate in case bunker lontane dai centri abitati, analfabete e senza una rete di supporto, le donne diventano soggetti facilmente ricattabili e finiscono spesso nelle mani del caporalato e della tratta, succubi dell’autorità maschile che si esprime attraverso il ricatto sessuale, sia minacciato che subito.

Non considerate dal loro contesto natio, hanno tutte in comune un vissuto segnato da maltrattamenti, povertà, matrimoni-prigione, prostituzione ed emarginazione sociale e lavorativa. Come Arab, che parla della sua condizione di vedova marocchina, dove alla morte del marito “tutte le porte si chiudono” e ha di solito inizio “una vera e propria discesa agli inferi”.

Come Arab, tante faranno rientro in Marocco più consapevoli del loro valore e pronte a “continuare a essere attrici di questo cambiamento”, un’occasione resa possibile grazie anche ai loro guadagni e al denaro inviato a casa, che ha garantito una posizione più forte nelle famiglie di origine (molto spesso sono ripudiate) e complessivamente nella società. Questa nuova realtà ribalta completamente la condizione degli uomini rimasti in Marocco, il che permette un ridimensionamento dei ruoli famigliari, sociali e di genere, con tutte le problematiche che ne conseguono.

La scrittura di Fragole, precisa, esaustiva e lontana dalla retorica

Le donne descritte appaiono combattive, determinate e paradossalmente autoironiche, come rimedio alle atrocità subite.

Vivono una dualità fatta di accordi e compromessi, omertà e aiuto reciproco, ma nonostante lo sfruttamento e la vulnerabilità sociale scoprono per la prima volta il valore della libertà. Libertà che parte dall’abbigliamento, come può essere indossare un paio di jeans, e libertà sessuale: libere di uscire per piacere personale e non per retribuzione o imposizione famigliare.

Ma chi ci guadagna, da questa convenzione finanziata dall’Unione europea?

Di certo non le lavoratrici, a differenza della grande distribuzione che rende vulnerabili i braccianti consegnando il loro destino sociale e professionale ai datori di lavoro. Datori che, come testimoniano le braccianti, “si preoccupano del loro rendimento lavorativo, senza preoccuparsi del loro benessere e della loro integrazione”.

Quello che mi ha molto colpito è la chiave di lettura utilizzata da Chadia Arab, avulsa dalla logica del vittimismo che molto piace all’editoria, ma lucida e partecipata, data la sua indagine sul campo. Ci accompagna pagina dopo pagina nel mondo di queste donne e fornisce dati e interviste, spiegando perché la migrazione stagionale (nonostante tutto) può diventare un’insolita e lieve opportunità di emancipazione, se non l’unica.

Sicuramente si tratta di una lettura adatta a chi è interessato al fenomeno migratorio, e in particolare alla politica migratoria tra l’Unione europea e il Marocco. Difficilmente un lettore estraneo o poco sensibile al contesto potrebbe interessarsi a un libro di stampo accademico (del resto l’autrice è una ricercatrice e geografa), con uno stile analitico e a tratti decisamente ripetitivo sugli stessi concetti, cosa che forse lo rende meno incisivo di quanto avrebbe potuto essere.

Perché leggere Fragole

Consiglio di leggere Fragole per dare uno sguardo dietro le quinte dei cibi che compriamo e portiamo a tavola.

Per ricordarci che le braccianti possiedono un volto, un sorriso, un’anima e una rispettabilità da tutelare. Sono donne, mamme e lavoratrici da proteggere, in un’Europa sempre più lontana dai suoi valori e cieca riguardo i suoi doveri, che dovrebbe garantire la tutela dei diritti sindacali a fronte dell’avanzare delle nuove schiavitù lavorative.

Purtroppo la dignità di queste lavoratrici, a quanto ho compreso, vale meno di una filiera di fragole.

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