Quando la scuola diventa parte della società. Il direttore del Centro Elis: “Entriamo nelle case, da noi si iscrivono le famiglie intere”.
Formula Student, l’università che corre verso il lavoro
Un progetto dell’UniMoRe avvicina università e lavoro: “Team di studenti realizzano veicoli che poi corrono in campionati internazionali”.
Il sistema universitario italiano viene spesso criticato per l’elevato divario fra l’educazione fornita agli studenti e le competenze richieste dalle imprese sul mercato del lavoro. In altre parole le università del nostro Paese tengono troppo tempo gli studenti sui libri e troppo poco sulla pratica.
A riprova di questa convinzione, secondo un recente studio dell’European House Ambrosetti (2020), sono gli stessi studenti a evidenziare insoddisfazione nei confronti della preparazione pratica ricevuta durante il percorso universitario. In aggiunta, nell’European Skill Index (che analizza l’efficienza dei sistemi di competenze negli Stati europei), l’Italia ha perso tre posizioni fra il 2016 e il 2020, finendo all’ultimo posto in Europa.
Una via per correre ai ripari sembra emergere dalle analisi Almalaurea, secondo cui per i datori di lavoro è fondamentale che i laureati abbiano maturato esperienze lavorative e/o stage durante il percorso di studi. La presenza di un tirocinio nel proprio curriculum aumenterebbe del 9,1% le probabilità di essere occupati a un anno dalla laurea. Un miglioramento non indifferente se si calcola che, a un anno dal conseguimento del titolo, i neolaureati italiani che risultano occupati sono il 50,9% a fronte di una media UE del 74% (elaborazione European House Ambrosetti su dati Eurostat, 2020).
Ci sono università che hanno capito l’importanza di questi fattori prima di altre, e che già da anni si impegnano a proporre iniziative che consentano agli studenti di toccare con mano il mondo del lavoro durante il percorso di studi.
“Col progetto Formula Student gli studenti lavorano in team e si interfacciano con le aziende”
Proprio in quest’ottica si inseriscono percorsi alternativi come quello promosso dall’Università di Modena e Reggio Emilia “Automotive Learning by Doing – progetti Formula e Moto Student”.
L’esperienza inizia già dal 2003, quando l’Ateneo, insieme ad altre università italiane, decide di impegnarsi nella competizione della Formula Student. Nato nel 1998, Formula Student è l’evento ufficiale di Formula SAE, che impegna in tutto il mondo team multidisciplinari di studenti nella realizzazione di veicoli a motore per competizioni internazionali. Il percorso di creazione di questi veicoli porta non solo gli studenti a lavorare tra loro, ma a interfacciarsi con aziende, soggetti e dinamiche relativi al mondo dell’automotive e della meccanica.
Per capire il contributo in termini di competenze e di possibilità lavorative abbiamo parlato di questa esperienza con il faculty advisor del progetto Matteo Giacopini (docente di Costruzione di Macchine e Progettazione meccanica presso il Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari”, UniMoRe), e con gli studenti Eugenio Maniero (team leader Combustion, 25 anni, studente del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria del Veicolo, UniMoRe) e Matteo Prati (team leader Hybrid, 24 anni, studente del corso di Laurea Triennale in Ingegneria informatica).
Esordisce il professor Matteo Giacopini: “Il progetto Formula Student, con il team Combustion, è attivo presso il nostro Ateneo dal 2003. Dall’anno accademico 2018/2019 il progetto si è ampliato con due ulteriori team: quello di Formula Student Hybrid e Formula Student Driverless, nati per seguire i nuovi trend del mercato e le richieste delle aziende su veicoli ibridi e a guida autonoma. Il progetto Formula Student è stato inoltre affiancato nel 2016 dal progetto Moto Student”.
“Per partecipare a questi campionati internazionali, dedicati a studenti universitari, si devono costruire una vettura monoposto a ruote scoperte (nel caso della Formula Student) e una moto elettrica (per la Moto Student). Sono coinvolto nel progetto da nove anni, e ho potuto vedere la sua evoluzione in termini di risultati ma anche di investimenti dell’università. Si tratta di un progetto fondamentale, in quanto integra competenze e conoscenze che difficilmente si incontrano in un normale percorso universitario.”
Di quali competenze si tratta, e come fanno ad acquisirle gli studenti?
Eugenio Maniero: Questa esperienza sopperisce a una mancanza del percorso universitario italiano, ancora troppo nozionistico. Prima di tutto, prevede l’organizzazione degli studenti partecipanti in un team di tipo aziendale, suddivisi in ruoli diversi in base a competenze e obiettivi. Dalla progettazione alla produzione, dalla gestione di contatti e sponsor al marketing e alla promozione eventi. All’interno del team sono presenti studenti provenienti da differenti dipartimenti e corsi di laurea (prevalentemente ingegneria, economia e comunicazione), con diversi approcci alla gestione e al problem solving, che possono così imparare a lavorare in gruppo e a trasferirsi a vicenda le conoscenze necessarie per svolgere i compiti assegnati. In tal senso essere un team leader significa non solo organizzare il lavoro del proprio gruppo, ma soprattutto facilitare questo sistema di scambio e relazioni.
Matteo Prati: Un altro aspetto fondamentale è il rapporto con le aziende e le competenze che si sviluppano attraverso questa relazione. Siamo noi studenti ad avere a che fare con le aziende, sia per trovare gli sponsor che per gestire poi i rapporti di collaborazione per la progettazione e la produzione dei pezzi. Questo progetto ti permette di capire molte dinamiche reali che difficilmente uno studente potrebbe conoscere. Banalmente, si impara che non tutti i pezzi che vengono progettati possono poi essere prodotti da un’azienda, per problemi di costi, tempi, macchinari. Capire le esigenze aziendali, le modalità di funzionamento, i problemi, e ancora sviluppare e applicare competenze manuali, sono tutte cose che in genere non si apprendono in un corso universitario. Per alcune produzioni ci troviamo anche a entrare fisicamente nelle aziende. Tocchiamo materiali e tecniche di lavoro che sono basilari nel settore dell’automotive. E una volta laureati ci troviamo così a conoscere già i processi produttivi.
Qual è l’interesse degli studenti verso questi progetti?
Matteo Giacopini: Fino a cinque anni fa i partecipanti medi alla Formula Student erano circa una cinquantina all’anno. Complice anche l’aumento dei progetti, l’anno scorso erano coinvolti circa 300 studenti. Il loro impegno ha portato a grandi risultati per i team di lavoro, come la vittoria nel 2019 del team Combustion alla “Formula Student UK 2019” di Silverstone, dove il MoRe Modena Racing ha conseguito il suo miglior risultato di sempre in una singola competizione.
Come partecipano le aziende?
M. G.: Vi sono aziende che fanno da sponsor solo a livello economico, e altre coinvolte direttamente nella realizzazione dei pezzi e della componentistica. In totale ci sono circa cinquanta aziende della meccanica e dell’automotive coinvolte, molte delle quali ci seguono dall’inizio del progetto.
Quali sono le ricadute per gli studenti?
M. G.: La differenza fra uno studente normale e uno che si laurea avendo partecipato a questi progetti è percepita dalle aziende, soprattutto da quelle direttamente coinvolte nel progetto come sponsor. Si tratta di un biglietto da visita importante per avere accesso immediato a settori e ambiti di lavoro che richiedono anche esperienza pratica, insieme alle conoscenze teoriche. Circa il 10% delle aziende coinvolte nel progetto assume almeno il 30% degli studenti partecipanti. Abbiamo comunque registrato che anche il restante 70% degli studenti che prendono parte al progetto, al termine della laurea, trovano un’occupazione che nella stragrande maggioranza dei casi è connessa al settore automotive.
Molti risultati positivi e indubbi benefici per gli studenti, ma se volessimo trovare qualche criticità?
M. G: Facendo un paragone con ciò che vediamo nei Paesi vicini, il rapporto fra azienda e università è più distaccato in Italia. Facciamo fatica ad agganciare aziende potenzialmente interessate, che a loro volta faticano a capire che investire nella Formula Student significa investire nelle competenze trasversali dei loro futuri lavoratori. Quando però riusciamo a coinvolgerle, le aziende capiscono davvero il valore di questo progetto. Sarebbe utile concretizzare una rete che favorisca il rapporto fra azienda e mondo dell’università. C’è ancora strada da fare, ma sicuramente progetti come quelli della Formula Student ci aiutano a portare al di fuori dalle nostre aule un’immagine diversa del mondo accademico. Fortunatamente per noi, le aziende dell’Emilia-Romagna si stanno dimostrando più propense al cambiamento, dimostrando che questa regione, prima di altre, sta colmando questo gap.
Nella foto di copertina, una vettura da corsa realizzata dagli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia per il progetto Formula Student.
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