L’ingresso della tecnologia nelle istituzioni scolastiche e nella didattica, forzato dalla pandemia, è solo un abbaglio: è la tesi di Giulio Ferroni in “Una scuola per il futuro”, che recensiamo.
Guardiani del faro, quando mestiere è parente di mistero
Un’isola, un faro e i suoi tre faristi: sono tutti gli ingredienti necessari per un giallo affascinante. Recensiamo “I guardiani del faro” di Emma Stonex.
La navigazione è cambiata molto, con l’avvento dei mezzi di geolocalizzazione satellitari. Infatti oggi i naufragi sono molto rari, ed è difficile che un’imbarcazione sbagli rotta, o che un navigante non sappia con precisione dove si trova. Questo non vuol dire che i fari siano stati eliminati, anche se sono molto meno utili di una volta; e anche se sono automatizzati, c’è ancora chi deve controllarne l’efficienza.
Dunque, il mestiere del guardiano del faro, in particolare per i fari che si trovano in luoghi isolati, su penisole difficili da raggiungere, o su isolotti lontani dalla terraferma, esiste ancora. E ha caratteristiche molto particolari.
Un’isola, un faro, tre guardiani. E una storia che non potrebbe essere più complicata
Anche se ambientato qualche anno fa, prima dell’avvento delle tecnologie digitali, I guardiani del faro, di Emma Stonex, Mondadori editore, racconta proprio una storia che si tiene su un’isola talmente piccola da contenere soltanto un imponente faro e la piattaforma che lo circonda.
Se ne occupano tre addetti: il primo guardiano, il primo assistente e il secondo assistente. Ognuno di loro fa un turno di tre settimane sull’isola e due, di riposo, a casa. Tempi apparentemente abbastanza rilassati. Ma la vita dei faristi è piuttosto dura: il faro deve restare acceso per tutte le ore di buio, e quando c’è nebbia bisogna azionare un corno, un avviso sonoro.
L’isola è minuscola, il mare intorno spesso molto agitato, gli ambienti interni molto stretti, e la vita in comune dei tre uomini ha momenti di tensione, com’è naturale. Ma quel che accade dopo alcuni giorni di burrasca, durante i quali la barca che porta il cambio non ha potuto approdare al faro, e la radio era guasta, è stupefacente e misterioso.
I soccorritori che portano il cambio e dovrebbero aggiustare la radio trovano l’edificio del faro chiuso dall’interno, mentre i tre faristi sono scomparsi senza lasciare traccia. Si sommano qui due caratteristiche tipiche del giallo: la camera chiusa e il luogo isolato. Un po’ come in alcuni romanzi di Agatha Christie. Il mistero è fitto e i soccorritori non riescono a svelarne la chiave. Per risolverlo, tuttavia, è cruciale considerare la dinamica delle relazioni che si stabiliscono tra i tre guardiani.
I guardiani del faro, un giallo che esplora una professione unica al mondo
È vero che la gerarchia è rigida, e che il primo guardiano comanda, il primo assistente è il secondo in grado, mentre il secondo assistente è quasi sempre un novizio. Una scala di autorità molto semplice, che però non esclude ribellioni e gelosie. Chi aspira a migliorare la propria posizione può desiderare che chi occupa il gradino superiore, per esempio, si faccia da parte o addirittura sparisca. Ma è la vita quotidiana che ha caratteristiche insieme inquietanti e affascinanti.
Per cominciare i letti, poiché seguono la struttura rotondeggiante del faro, sono curvi, a forma di banana, per cui per dormire bisogna che i faristi stiano acciambellati. Abitudine tanto complicata da prendere, quanto difficile da perdere, per cui i guardiani tendono a dormire curvi anche quando tornano a casa, con la conseguenza di qualche problema domestico.
Lo spazio nell’edificio del faro è molto ristretto, e per non precipitare nel caos si deve tenere un ordine perfetto. I guardiani dei fari sono ossessionati dalle faccende domestiche e lavano, lucidano e riordinano ossessivamente tutto. La cucina occupa tre metri quadrati: se le cose non sono al loro posto, si rischia il caos.
Il faro “è un luogo che non sa cosa sia una famiglia”: ma i guardiani, anche se i rapporti tra loro non sono limpidi, sono costretti a vivere come un nucleo famigliare, con gli inevitabili attriti e le necessarie ipocrisie. Anche perché in un faro non ci sono posti in cui nascondersi, e se viene meno l’armonia si possono aprire conflitti drammatici. L’unico luogo di ritrovo è un salottino con un televisore: data la mancanza di svaghi, i guardiani finiscono per passare lì il loro tempo libero, fumando e bevendo il tè.
Anche la vita a terra, per i guardiani dei fari, è particolare. Le loro famiglie vengono alloggiate in case vicine, tutte uguali, per cui chi è in turno di riposo può incontrare i famigliari dei colleghi, con qualche rischio di gelosie, di pettegolezzi, di eccessi di famigliarità.
Il faro, il mare intorno, la luce che rotea incessantemente sopra di te, sono insieme una condanna e una malia. E chi torna a casa, dopo un turno al faro, è come un marinaio: disadattato, ci mette qualche giorno per abituarsi a una vita normale, e dopo un po’ sente nostalgia del faro e non vede l’ora di tornarci. Le mogli e i figli un po’ ne aspettano con ansia il ritorno, e un po’ non vedono l’ora che ritorni al faro. A lui, appena mette piede sulla terraferma, il faro manca già.
Perché leggere I guardiani del faro
Questo il ritmo di vite semplici ma speciali, questo il clima, queste le dinamiche dei rapporti umani da cui nasce il mistero. Il faro lo custodisce gelosamente e solo il narratore e noi lettori sapremo cos’è veramente successo.
Non si capisce se i faristi siano fuggiti, siano impazziti, siano morti, siano stati strappati da una tempesta particolarmente violenta, si siano uccisi a vicenda, siano incappati in entità mostruose o fantasmatiche, o siano stati rapiti. Lo scrittore onnisciente ce lo spiegherà, a conclusione del libro, ma lasciamo al lettore il gusto di sciogliere l’enigma.
Ci limitiamo qui a dire che un elemento decisivo del mistero viene proprio dalle caratteristiche del lavoro dei guardiani del faro: qui il libro, oltre a essere un giallo, è una sorta di saggio su una delle professioni più originali e peculiari che esistano.
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