Quando il velo può diventare un pomo della discordia. Un simbolo che, anziché unire, potrebbe dividere. O addirittura essere considerato motivo di “imbarazzo” in certi contesti lavorativi. Un elemento destabilizzante nella costruzione dell’immagine aziendale. Ancor più se il Regolamento interno all’azienda parla chiaro sulla necessità che lavoratori e lavoratrici indossino un abbigliamento neutrale. Senza rendere visibili […]
Parola di HR: quando è il lavoro che cerca le persone
Non trova personale chi non è in grado di disegnare percorsi di recruiting adeguati e una strategia di comunicazione efficace. Un gruppo di HR provenienti dal master “Umane Risorse” di FiorDiRisorse ha intervistato alcuni direttori del personale. Che cosa occorre, come si svolge un processo di selezione e in quanto tempo: tutto ciò che serve per trovare e trattenere i collaboratori.
Puntuale come il cenone a Natale e il pranzo a Ferragosto, anche il mondo del lavoro ha la sua tradizione stagionale. La “Saga delle Aziende che non trovano collaboratori” si potrebbe equiparare al Carnevale, in cui certi giornalisti alla ricerca di click facili, e sospettiamo anche di qualche inserto pubblicitario, salgono sui carri allegorici delle Associazioni di Categoria, raffigurate con il faccione dell’imprenditore che si strappa i capelli perché non è in grado di far fronte alla crescita esponenziale della sua azienda a causa della mancanza di “figure specializzate”.
Una volta a causa delle scuole che non preparano, una volta a causa della poca voglia di lavorare, una volta a causa del Reddito di Cittadinanza, sembra insomma che i motivi per cui i candidati non rispondano alle offerte di lavoro dipenda sempre da agenti esterni e mai dalle offerte o dalla reputazione di quelle aziende.
Esperti della meccanica e dell’industria per la collezione autunno-inverno, professionisti del turismo per la collezione primavera-estate, le offerte sembrano andare sempre deserte. Peccato però che, a fronte di questi scoop giornalistici in cui i nostri cronisti d’assalto non ritengono mai opportuno fare una domanda (“come li avete cercati?”, “che inquadramento proponete?”, “che retribuzioni offrite?”), alla lente del fact checking, di queste mirabolanti offerte di lavoro non si trova quasi mai traccia sui siti istituzionali, sui social, sulle pagine Corporate di LinkedIn, né sui siti specializzati di recruiting, o più genericamente sull’internet”.
Molto più facile invece leggere commenti amari in calce agli articoli promossi dai giornali sui social, in cui ex candidati, ex dipendenti e spesso anche i sindacati raccontano episodi ben diversi da quelli riportati: precariato, contratti non rispettati, turni e ferie inesistenti, condizioni di lavoro impossibili. Per non parlare del fatto che le figure tanto dichiarate “specializzate” in realtà siano operai e camerieri con qualifiche (e stipendi) base.
Su questo tema il nostro giornale si è espresso più volte, al fine di completare “l’offerta informativa”; sia a vantaggio di quei giornali e giornalisti che perseguono nel cercare la polemica a tutti i costi, sia per quegli imprenditori intellettualmente onesti ma che non hanno gli strumenti adatti per far fronte alle loro esigenze.
Con un lavoro di squadra corale, condotto da alcuni dei partecipanti al Master in Accelerazione al Ruolo di HR Business Partner organizzato da FiordiRisorse, abbiamo individuato e intervistato i responsabili delle Risorse Umane e della selezione di alcune aziende (piccole e grandi, famigliari e multinazionali) che hanno costruito la loro reputazione e i processi di selezione nel tempo, alimentando dunque anche la loro visibilità e attrazione di candidati.
Umane Risorse, il master
Umane Risorse è il nome che abbiamo dato al master di FiordiRisorse “in accelerazione al ruolo di HR Business Partner”. Un master che nasce dopo due anni di pandemia in un mondo del lavoro profondamente cambiato, in cui è necessario che soprattutto le Persone che si occupano di gestire, coordinare, assumere, formare e dirigere collaboratori, a qualsiasi livello, rivedano il proprio approccio e le proprie competenze. Il Master “HR” di FiordiRisorse abbraccia dunque temi come la reputazione, l’analisi dei dati, il benessere in azienda, le analisi di clima, la gestione del lavoro da remoto e quella delle performance per consentire ai responsabili di guidare le proprie risorse in contesti del tutto diversi da quelli di due anni fa. Per uscire dall’impasse costruita ad arte della narrazione quotidiana delle aziende che non trovano lavoratori, abbiamo individuato alcune imprese che sappiamo essere dei punti di riferimento per i processi di selezione, e abbiamo chiesto ad alcuni dei nostri masteristi – da collega a collega – di intervistare i responsabili del personale di queste aziende. Perché una buona selezione nasce prima di tutto da una consapevole cultura del lavoro.
Per informazioni sul master, clicca qui.
Julia Sciuto, HR Electrolux: “Non è importante la selezione, ma il progetto che c’è dietro”
Di Sara Maria Marcolini, HR recruiter Cooperjob S.p.A.
Intervistiamo Julia Sciuto, HR Business Partner di Electrolux, azienda famosa nel settore degli elettrodomestici contraddistinta da un processo di selezione strutturato, contrassegnato dalla collaborazione di tre principali attori.
Julia, come funziona il processo di selezione in Electrolux?
Il processo di ricerca e selezione chiama in scena tre figure (per evitare gli inglesismi e per rendere più facile la lettura anche a chi non è un esperto di risorse umane, chiameremo queste figure il “responsabile delle assunzioni” e il “selezionatore”; l’HR Business Partner rimane così perché è una figura che ricorre in molte organizzazioni e attiene ai colloqui e alla gestione finale della selezione, N.d.R.). Il responsabile delle assunzioni fornisce al selezionatore tutte le informazioni necessarie relative al profilo da ricercare, al fine di rendere la ricerca il più precisa possibile; il selezionatore influenza e guida il processo di selezione; infine, l’HR Business Partner effettua il colloquio finale. Ciò che si guarda dei candidati non è solo la conoscenza tecnica della materia, ma soprattutto la Persona e i suoi potenziali in vista di una crescita futura. Per questa ragione, una volta all’anno si svolge un’analisi delle competenze che rappresenta un momento importante per valutare l’efficacia della selezione, la crescita professionale della persona all’inaffianca fornendo loro consigli utili e feedback.
Come viene condotta e che peso ha la gestione delle diversità in un’azienda globale come l’Electrolux?
Prima di avviare un processo di ricerca e selezione viene sempre fornita una lista di elementi importanti da tenere in considerazione sulla diversità. È un lavoro di grande impegno da parte di tutti che viene portato avanti con piccole azioni quotidiane per far maturare l’autoconsapevolezza sui pregiudizi che ingannano la nostra mente, allontanando la selezione dall’oggettività. Le analisi delle competenze sono occasioni anche per affrontare questo aspetto: si vogliono dare a tutti le stesse possibilità e opportunità indipendentemente da età, genere, provenienza. Lo stesso processo di selezione, svolto da più persone, permette un riscontro finale il più oggettivo possibile.
Chiedete mai ai candidati la loro opinione in merito al processo di selezione?
Certo. Ogni volta che si conclude una selezione inoltriamo sempre un sondaggio ai candidati, i quali manifestano molto spesso apprezzamento per la figura del selezionatore, che rappresenta un “ponte” tra candidati e azienda. Una figura neutra, che li affianca fornendo loro consigli utili e feedback.
Come vengono motivati e incentivati i dipendenti?
Le azioni che vengono messe in campo per far emergere e crescere i potenziali delle persone sono numerose: possono venire effettuate attività ad hoc per preparare la persona a svolgere nuove mansioni, programmare meeting tra profili giovani ed esperti per trattare di determinate tematiche, si può stimolare l’apprendimento anche semplicemente tramite l’osservazione, programmare incontri cadenzati tra profili esperti e meno esperti con la finalità di far sviluppare determinate competenze. Non è importante la selezione in sé, quanto il progetto che c’è dietro la selezione.
Quale consiglio possiamo dare ai futuri recruiter?
Ai futuri recruiter consiglio di coltivare la curiosità e un carattere esplorativo e di apertura, privo di pregiudizio. Questo ci permette di accrescere la conoscenza del contesto lavorativo, delle persone che ci circondano e anche di noi stessi: solo così possiamo diventare partner dell’azienda e delle Persone, e non
semplici recruiter.
Andrea Aldrighetti, Pedrollo: “Conoscersi, osservare, assumere. La variabile vincente della selezione è il tempo”
Di Michele Adami, HR manager di Upa Servizi Verona.
L’intervista ad Andrea Aldrighetti, HR manager di Pedrollo: “Ai profili interessanti si fanno colloqui anche quando non si ha bisogno di loro. E i reparti dell’azienda vanno coinvolti nel processo di selezione, per valorizzare al massimo le risorse”.
Andrea, come fate a trovare le persone in Pedrollo?
In una selezione noi cerchiamo persone ancor prima che professionisti. Capita che stabiliamo contatti anche molto tempo prima dell’assunzione. Ci sono relazioni che vanno avanti per anni, coltiviamo contatti e poi arriva il momento giusto. Questo è importante prima di tutto nell’ottica di non lavorare costantemente sull’emergenza, ma di guardare avanti, prima ancora di aver bisogno di qualcuno all’ultimo minuto e poi farselo andare bene. Quindi, stabilendo contatti nel tempo, riusciamo anche a conoscerci meglio e ad allineare i valori della persona ai valori dell’azienda.
In pratica è come costruire una tela con grande pazienza. Ma è un metodo efficace?
È fondamentale che le persone conoscano molto bene l’azienda prima di entrare. Spesso si tratta di profili interessanti che si candidano in un momento in cui non si ha bisogno di loro, ma li incontriamo comunque. Dopodiché è fondamentale non perderli di vista. In pratica costituiamo un “osservatorio” di persone con cui rimaniamo in contatto sapendo che prima o poi potrebbero essere interessanti per le loro caratteristiche professionali o personali. Questo è un processo vero e proprio che comporta tempo e cura nel tenersi reciprocamente in allineamento anche sui cambiamenti del loro curriculum. Perché poi il curriculum è una fotografia di un momento storico che va bene fino a un certo punto, mentre quello che non cambia è proprio la persona, l’essere umano. Ed è quello ciò di cui abbiamo bisogno.
Quali sono i benefici nel curare le relazioni in maniera così “compulsiva”?
Mi viene in mente un giovane ingegnere che avevo visto qualche tempo fa: davanti a una proposta di assunzione, lui ha comunicato il suo desiderio di partire con una piccola startup di ingegneri giovani come lui che stavano facendo dei servizi per Pedrollo, dei quali poi siamo diventati clienti. In questo caso il processo di selezione più maturo e ragionato ci ha permesso prima di tutto di non soffocare le attitudini di una persona che in quel momento aveva un obiettivo preciso, e secondariamente di valutare una collaborazione diversa e più soddisfacente per entrambi rispetto all’assunzione. Il tempo ci permette una forte aderenza e un allineamento sul piano culturale tra il valore della persona e i valori dell’azienda, e di conseguenza un minore turnover. Perché quando le persone entrano con delle radici così profonde è perché hanno potuto maturare la loro decisione nel lungo termine; una specie di fidanzamento lungo.
La pandemia ha influito sui vostri processi di selezione?
Sulla selezione in quanto processo, direi di no. Ha cambiato magari gli strumenti. I colloqui da remoto sono all’ordine del giorno e abbiamo dovuto imparare a essere più empatici rispetto a un colloquio di persona.
Molte aziende lamentano di non trovare personale…
Anche noi abbiamo molte sollecitazioni da parte degli stabilimenti; credo che non esista stabilimento che non si senta sottorganico. Tuttavia anche noi siamo un numero finito, e non possiamo dedicare tutto il giorno a fare colloqui. Queste tensioni le risolvi coinvolgendo i reparti nella selezione. Quando inseriamo un operaio cerchiamo sempre di coinvolgere la linea presentando i candidati ai capireparto, a volte anche a più capireparto contemporaneamente. La selezione non deve essere un lavoro specializzato dell’ufficio personale: mettiamo tutti nelle condizioni di essere selezionatore, così che ciascun capo reparto maturi un po’ di competenze nella selezione e nell’ascolto, e successivamente nella valorizzazione delle sue risorse. La scelta finale non è dell’ufficio personale, ma del caporeparto, che si sceglie la persona e se ne assume la responsabilità. È fondamentale che il candidato si senta scelto da quel capo, in un legame fiduciario che
è anche un momento educativo per i capi della linea. Le persone sono un “affare” di tutta l’azienda.
Che cosa pensano i candidati del vostro iter di selezione?
Ciò che pensano dell’iter di selezione non lo so e non mi interessa. Mi interessa invece sapere che impressione hanno fatto le persone dell’azienda quando incontrano il candidato. Al termine del colloquio la domanda che faccio sempre in chiusura è come si è trovato, che impressione abbiamo fatto, se è andato tutto bene, se è riuscito a esprimersi in maniera libera.
Micaela Di Giusto, Gruppo Pittini: “Perché i recruiter dovrebbero leggere Il piccolo principe”
Di Claudia Campisi, psicologa, formatrice e career coach.
Micaela Di Giusto, direttrice del personale del Gruppo Pittini di Udine racconta i processi di selezione che hanno portato l’azienda a una percentuale di stabilizzazione del 98-99% su più di cento risorse inserite ogni anno.
Come avviene il processo di selezione in Pittini?
Negli anni abbiamo selezionato e integrato diversi canali in base alle professionalità ricercate. Per l’inserimento di profili junior privilegiamo i contatti diretti con gli ITS di cui siamo soci fondatori o
sostenitori, e che rappresentano un’importante fucina di talenti. Collaboriamo anche con gli istituti scolastici dei territori di riferimento. All’interno della nostra strategia di employer branding rientrano anche le partecipazioni a eventi di settore, career center e una comunicazione in target sui principali social network. Per quanto riguarda il recruiting diretto a professionalità senior, ad oggi, i canali di maggior successo sono rappresentati dalla nostra pagina carriera presente sul portale aziendale e LinkedIn. L’attuale asset dell’ufficio Risorse Umane del gruppo, caratterizzato da un team specializzato e impegnato su aspetti differenti del processo, ha contribuito a ridurre sensibilmente negli anni il ricorso a società esterne di executive research. Ogni anno in media il team HR è impegnato nell’inserimento di circa 120/140 risorse. Il Gruppo Pittini è in costante sviluppo e le risorse contribuiscono alla crescita dell’azienda, a supporto di progetti ad alto contenuto tecnologico. I numeri del recruiting non sono pertanto dettati dal fenomeno del turnover, che è basso e legato a un naturale ciclo di assestamento
– soprattutto generazionale – dei nostri colleghi in produzione. Il nostro iter selettivo comincia con un
primo contatto con l’HR. Si prosegue con un secondo colloquio tecnico a cui partecipano assieme HR e referente del reparto d’inserimento. Sono previste, inoltre, alcune prove tecniche orientate alla valutazione di potenzialità e caratteristiche utili per ricoprire il ruolo oggetto di selezione. L’iter in genere si conclude con un ultimo colloquio tenuto da me in qualità di responsabile gestione e sviluppo Risorse Umane del Gruppo. All’interno di progetti specifici dedicati per esempio a tecnici e ingegneri, selezioniamo i candidati attraverso assessment center strutturati su più prove, sia di gruppo che individuali. Si tratta di proposte elaborate all’interno del team HR. Partendo da specifici obiettivi legati alla nostra attività di recruiting, introduciamo di continuo nuovi canali e idee, testando il ritorno di tutte le scelte operative intraprese negli anni.
Quali sono i ritorni e i risultati di queste attività?
Un processo strutturato, sicuramente oneroso ma che ci sta facendo attestare su numeri decisamente rassicuranti: si arriva aduna stabilizzazione nel 98-99% dei casi con i candidati incontrati. I partner e i canali da cui arriva il supporto maggiore sono gli ITS e le scuole, e LinkedIn per ciò che attiene i profili senior.
Quale impatto ha avuto la pandemia sul processo di selezione?
Dopo lo stop nazionale di circa quindici giorni del lockdown nel 2020, la produzione ha subito ripreso l’attività seguendo il protocollo di sicurezza. Gli impiegati in egual misura, sulla base di una pianificazione accurata, hanno ripreso a recarsi in azienda seguendo una turnazione flessibile, che ha previsto l’introduzione di giornate di smart working. Un’organizzazione del lavoro che ad oggi è ancora attiva e apprezzata in azienda. Per quanto riguarda il processo di recruiting, abbiamo dovuto sospendere sul
momento le visite in azienda. Questo per le specificità della nostra realtà organizzativa ha rappresentato un limite non da poco. Ci impediva, infatti, di comunicare e mostrare i tratti distintivi e identitari del Gruppo Pittini. Faccio specificamente riferimento all’opportunità di vedere con i propri occhi che cosa rappresenta per noi la sicurezza, ma anche l’effort tecnologico dei nostri stabilimenti. Per ovviare a questa limitazione abbiamo creato un virtual tour: uno strumento che ha dato voce e volto ai colleghi, che raccontano nel dettaglio i ruoli e le possibilità di sviluppo per ogni singola mansione. Per ciò che attiene la nostra operatività HR abbiamo anche noi introdotto i colloqui online, che attualmente continuiamo a
adoperare nella prima fase conoscitiva.
Come vengono selezionati e formati i selezionatori?
In ambito HR le risorse dedicate al recruiting sono tutte psicologi del lavoro, me compresa. Per la loro individuazione abbiamo fatto ricorso ai canali che scegliamo per le selezioni di profili middle/senior. L’iter articolato su più colloqui è valso anche per i colleghi HR. Una volta inseriti sono stati coinvolti in un periodo di affiancamento con l’affidamento di progettualità con un gradiente di difficoltà crescente, sempre più sfidante. Un aspetto che ci caratterizza come gruppo è l’attenzione alla formazione per ogni collega, qualunque ruolo ricopra in azienda. Da qui la scelta, già nel 2003, di aprire una propria corporate school interna, Officina Pittini per la formazione, al servizio del Gruppo, che è diventata negli anni un laboratorio di conoscenze aperto a tutti: collaboratori del Gruppo, aziende e persone del territorio. Va da sé che, come funzione HR, siamo i primi fruitori di formazione e opportunità di sviluppo delle competenze.
Che cosa ne pensano i candidati del vostro iter di selezione?
Spesso lo chiediamo direttamente ai nostri candidati, o arrivando alle ultime fasi di selezione sono loro stessi a raccontarcelo. I feedback che raccogliamo sono positivi. Qualche candidato, probabilmente, preferirebbe qualche colloquio in meno, ma alla maggior parte arriva il messaggio dietro la struttura del nostro processo. Per noi sono fondamentali i valori della trasparenza e della chiarezza d’obiettivo; aspetti che influiscono in modo significativo sul match, ma soprattutto sulla relazione nel tempo. Sul finire dell’iter selettivo, rivolgendomi soprattutto ai candidati più giovani, spesso chiedo dei feedback sull’esperienza e se hanno compreso quali saranno le attività e le aspettative professionali in azienda al
loro ingresso.
Dei consigli di lettura da dare ai recruiter?
Scelgo questi tre libri per dare spunti sia prettamente tecnici che di riflessione: Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, dove la famosa frase “l’essenziale è invisibile agli occhi” suggerisce l’atteggiamento che il recruiter deve avere quando si approccia al candidato; Fish! di Stephen C. Lundin, Harry Paul e John Christensen, perché mette al centro la squadra, la passione e l’energia verso il proprio lavoro, fondamentali in qualsiasi ruolo; L’assessment in azione. Esperienze aziendali di valutazione delle
risorse umane, di Gian Carlo Cocco e Angela Gallo, un manuale tecnico ricco di spunti operativi per gestire al meglio l’assessment center.
Marco Scippa, Angel Company: “Anche il pranzo di lavoro diventa un colloquio”
Di Marianna Napolitano, sociologa.
Intervista a Marco Scippa, direttore Risorse Umane di Angel Company, Bari. Concede l’intervista in poche ore (cosa alquanto insolita per chi fa il suo mestiere e ricopre il suo ruolo), e commenta: “Che cosa fa un HR se non mettersi a disposizione delle persone?”.
How it works è la guida dei recruiter di Angel Company. “Come funziona” dunque il processo di selezione, lì da voi?
Questo libricino fa due cose: illustra bene il processo di selezione dalla job description fino al monitoraggio del colloquio e fornisce indicazioni valide su come condurre un’intervista strutturata, come investigare ad esempio determinate aree e competenze.
Esistono poi diverse modalità di selezione a seconda che si tratti di figure junior (ad esempio neolaureati per i quali si organizzano incontri sul territorio con le università) o senior, ma gli step iniziali sono gli stessi. Si compila una scheda che ci consente di acquisire la maggior parte delle informazioni (analisi del CV) e successivamente, durante il primo colloquio, viene somministrato un test – The Predictive Index – che ci permette di analizzare cinque dimensioni: la motivazione a ricoprire quel ruolo, la capacità di comunicare, lo stile di leadership, l’attitudine a rispettare le regole, l’attenzione al particolare. Si tratta di un test molto attendibile, che ci permette di indagare le competenze trasversali. Durante il secondo colloquio si verificano eventuali incongruenze emerse da test e viene coinvolta la line. Infine un ultimo colloquio indaga l’effettiva motivazione del candidato o della candidata. Per figure di livello più alto (quadri/dirigenti) è prevista un’ulteriore prova, ovvero il cosiddetto pranzo/cena di selezione per verificare tutto ciò che è emerso dal test e dai colloqui. Durante il pranzo o la cena, a cui sono invitati il potenziale responsabile, un HR e due potenziali futuri colleghi del candidato, non si parla di lavoro e tutti sono “briffati” in precedenza per osservare una serie di comportamenti del candidato. È la tecnica usata nei sistemi di selezione dalle Frecce Tricolori: per farne parte non serve solo essere bravi, ma essere in sintonia con gli altri.
A proposito: che cosa significa essere bravi secondo te?
Siamo tutti talenti se siamo nel contesto giusto e ricopriamo il giusto ruolo. È il contesto che fa la differenza; è il ruolo che ricopri che ti permette di esprimere al meglio il tuo talento.
Un consiglio ai recruiter su come gestire al meglio il processo di selezione?
Investigare di più la vita non lavorativa del candidato o della candidata fa scoprire tante cose. Crea un bridge emozionale. Solo così si può essere capire se la persona che si ha di fronte è quella giusta per la propria organizzazione.
Deike Rickers, FAAC: “Selezione, la chiarezza prima di tutto. Un job title vale più di mille parole”
Di Marianna Napolitano, sociologa.
Intervista a Deike Rickers, HR Specialist per FAAC a Bologna: “Anche i manager e i capireparto partecipano alla selezione, sia di persona che su piattaforma digitale”.
Come avviene il processo di selezione?
In genere, quando si parla di reclutamento e selezione, le aziende possono adottare modelli “make” (internalizzazione del processo di acquisizione risorse) o “buy” (esternalizzazione). La scelta dipende dalle dimensioni dell’azienda, dalle scelte in termini di struttura dei costi e, naturalmente, dai volumi di recruitment. Il modello “make” è quello adottato da FAAC: cerchiamo di rispondere idealmente a tutte le esigenze del business ricorrendo in misura non superiore al 20% al supporto di società specializzate. Coerentemente con questa strategia, abbiamo strutturato la nostra squadra HR con specialisti della selezione che gestiscono il processo in stretta sinergia con il business e gli HR business partner. L’anno scorso siamo riusciti a chiudere in autonomia il 93% dei nostri processi di recruiting in Italia. Quando scegliamo invece di ricorrere alla consulenza, ci affidiamo a società di recruitment di fiducia per l’individuazione di un numero ristretto di candidati, che entreranno poi nel nostro processo standard di selezione. Tornando al modello “make”, riusciamo a supportare da Bologna – dove si trova la nostra direzione generale – anche le nostre consociate estere: questo in caso si aprano posizioni qualificate e strategiche (per es. finance manager), oppure in quelle filiali dove non abbiamo una funzione HR dedicata.
Come entrate in contatto con i candidati?
Dobbiamo distinguere la ricerca attiva dalle candidature che provengono da un job posting, ovvero un annuncio pubblicato sul nostro sito o sulle varie piattaforme di selezione. La ricerca attiva si concentra soprattutto su candidati “passivi”, che contattiamo noi, per esempio tramite LinkedIn o da network, perché potrebbero avere un’esperienza inerente, un profilo interessante per la nostra realtà e/o posizione. È un’attività che richiede tempo e che bisogna condurre con una certa sensibilità. Qualunque sia la provenienza del candidato arriviamo poi al processo di screening, che si svolge all’interno del nostro Application Tracking System (ATS, ovvero il gestionale utilizzato dalle società di selezione per la gestione dei processi, N.d.R.). ATS non è una novità; quello che per noi funziona molto bene è però il coinvolgimento del responsabile diretto della persona da assumere – che potrà visionare direttamente i
CV, comunicare e confrontarsi con il team HR, lasciare commenti. Il tutto sulla piattaforma, senza inviare mille email: nella nostra esperienza, una bella accelerazione del processo. Nei colloqui di selezione il candidato incontrerà di solito il manager (o più manager) e un collega del team HR. Le nostre interviste si basano, oltre che sull’approfondimento del percorso accademico e professionale, su domande comportamentali basate su situazioni specifiche o su sfide che il candidato ha affrontato nel passato, e
sulle modalità con cui le ha gestite, usando quelle competenze che abbiamo identificato come fondamentali per il ruolo che stiamo cercando.
Quali sono i ritorni e i risultati di queste attività?
I colleghi del team HR, e in particolare io come responsabile della selezione, siamo misurati su due metriche:
- tempo di approvazione di una richiesta
di assunzione; - tempo di chiusura della ricerca (dall’ok all’assunzione fino alla firma della offer letter).
Utilizziamo un Visual Kanban (un modello utilizzato prevalentemente nella lean e che ha la caratteristica
di rendere in formato “visuale”, grafico, i singoli stadi del processo, N.d.R.) per tutta la trafila, per ogni singola posizione gestita; pertanto, riusciamo a identificare con facilità gli stati di avanzamento delle selezioni. Alla fine dell’anno, posizione per posizione, sappiamo quelle su cui abbiamo rispettato i tempi concordati con il cliente interno e quelle sui cui abbiamo sforato. Al di là delle metriche, puntiamo su un processo di selezione strutturato che, come risultato, ci porti a bordo un nuovo collega motivato, dove il candidato è convinto di aver scelto l’azienda giusta per il suo percorso professionale, e noi di aver scelto il candidato giusto per la nostra realtà e posizione.
Quale impatto ha avuto la pandemia sul processo e sul fenomeno grandi dimissioni?
Abbiamo avuto sempre dei volumi abbastanza stabili di recruitment, anche durante l’anno 2020. Una parte degli inserimenti si è però spostata piuttosto verso il secondo semestre, fenomeno comprensibile alla luce del primo lockdown. Come per tutti, il vero cambiamento è stato non tanto il maggior uso di video-interviste, ma la conversione online delle fasi di coinvolgimento e di accoglienza. Relativamente al fenomeno grandi dimissioni: abbiamo analizzato con accuratezza le metriche di recruiting e retention (la capacità di un’azienda di trattenere le sue persone, N.d.R.), misurando quantità e motivi dietro alle dimissioni degli ultimi 24 mesi: i volumi all’interno della nostra realtà sono stabili, ma vediamo una dinamica che interessa i più giovani. Ovvero, a turnover costante (storicamente da noi piuttosto basso), cambia leggermente il mix: le dimissioni interessano i più giovani con due, massimo tre anni di esperienza, contro la fascia 32-36 anni e oltre.
Come vengono formati i selezionatori?
Prima di tutto distinguiamo chi sono i selezionatori: HR, certo, ma anche e forse soprattutto i manager di linea. Alla fine saranno loro a selezionare una persona da inserire nel loro team di competenza, per cui sono la parte fondamentale del colloquio di selezione. Se sono di nuova nomina, quindi non hanno ancora tanta esperienza nello svolgimento di colloqui di selezione, li formiamo noi internamente prima che affrontino il processo. Dopo ogni incontro con i candidati, facciamo assieme un accurato de-briefing per confrontarci e sottolineare, laddove ce ne fosse bisogno, errori nella gestione del colloquio. Al di là dell’esperienza del manager, cerchiamo comunque costantemente l’interlocuzione con lui, prima, durante e dopo ogni singolo processo selettivo. Per noi del team, invece, cerchiamo di tenerci aggiornati e formati sui vari sviluppi del mercato attraverso riviste specializzate, conversazioni in rete o incontri di categoria. Abbiamo un obiettivo individuale di auto-apprendimento che concordiamo con il direttore HR.
Che cosa ne pensano i candidati del vostro iter di selezione?
Posso riportare solo i feedback raccolti in maniera spontanea dagli assunti, ma anche da qualche candidato che alla fine non è poi entrato in FAAC: cerchiamo di essere più trasparenti possibile, sia per quanto riguarda le responsabilità del ruolo, ma anche relativamente al processo selettivo – e quindi diamo anche un feedback negativo laddove non andremo avanti nel processo selettivo, cosa spesso apprezzata dal candidato. Di certo non siamo perfetti, e quindi abbiamo anche noi le nostre aree di miglioramento; alla fine è un processo gestito da persone e soprattutto da diversi interlocutori, per cui anche la comunicazione interna è molto importante.
Dei consigli di lettura per i recruiter?
Ci sono tanti libri da consigliare, dalla comprensione del business e l’organizzazione aziendale, all’utilizzo di LinkedIn e la comprensione delle diverse competenze che le aziende cercano (sia tecniche che sociali). Ma ogni tanto vale la pena di considerare anche delle cose che al primo sguardo magari c’entrano di meno con il mondo HR e recruitment, come per esempio dei film o serie TV: mi viene in mente Lo stagista inaspettato, un film che racconta la vita di una fondatrice di una startup che si relaziona con uno stagista “con molta esperienza”. Poi ci sono serie TV, come per esempio la serie americana The Office, dove si può imparare in modo simpatico e sarcastico come non fare alcune cose in azienda… o le domande da non fare assolutamente ai candidati. Penso a una scena in cui “vendono” a una candidata una posizione da “office manager” che in realtà si rivela essere un ruolo da receptionist, o quando le chiedono se è incinta. Al di là della rappresentazione scenica, ci sono degli spunti da non sottovalutare. Per esempio, riflettere bene sul job title è una cosa fondamentale: se non siamo chiari sul profilo e le attività da svolgere, non si candidano le persone giuste e tutte le persone coinvolte nel processo rimangono insoddisfatte.
Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.
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