Costo dei libri scolastici: un caffè al giorno. Sicuri sia troppo?

I libri scolastici “costano troppo” e “nelle nuove edizioni cambia poco”: la risposta di Marco Griffa, della casa editrice Loescher.

È una calda domenica di inizio settembre e sono a Sant’Agata Feltria, un paesino sulle colline romagnole, in cerca di un po’ di fresco e di un periodico da leggere. A Sant’Agata c’è una bellissima edicola gestita da moglie e marito, che come spesso succede nei negozi di paese è “multifunzione”.

Quindi è anche cartoleria e libreria. Mentre sfoglio l’ultima copia di Internazionale butto l’occhio a terra e vedo una decina di sporte piene di libri scolastici con fattura annessa. Comincio a sbirciare la borsa più piena, con il mio occhio non proprio di falco, e la prima cifra che vedo è 383 euro. Mi viene un colpo e cerco di capire se magari si riferisce a una famiglia con due figli; dalla fattura non capisco, quindi decido di chiedere direttamente alla commessa, che mi spiega che è di una ragazza che fa le superiori. Poi butto l’occhio dentro le altre borse (leggermente più leggere) e vedo cifre per me più umane, tra i 125 e i 250 euro.

Rientrando a casa penso che la polemica sul costo dei libri di scuola sia vecchia come me, ma non ho mai avuto occasione di affrontarla seriamente. Così per prima cosa chiedo un commento a due amici, che sono genitori e hanno figli di età diverse.

Libro di scuola, quanto mi costi (e in che classe)?

Michela, che ha una figlia che frequenta l’ultimo anno del Liceo “Laura Bassi” a Bologna, mi conferma che “la botta più grande” è arrivata in prima e in terza superiore (300 euro), mentre in seconda ha speso un po’ meno perché alcuni libri valgono per il biennio. Tornando indietro nel tempo ricorda che quando sua figlia frequentava le medie ha speso molto meno per i libri, ma il totale è stato comunque alto a causa del materiale richiesto per educazione artistica e tecnica.

Mi aspettavo fosse in vena di polemiche, invece quando le ho chiesto se secondo lei l’importo è giustificato, mi ha risposto serenamente: “Diciamo che la botta è pesante perché arriva tutta in una volta, ma se penso che mia figlia su quei libri ci deve studiare un anno intero, a volte anche due, per me rimane una spesa ragionevole. Tanto che non ho mai pensato di comprarle libri usati”.

Marco invece, che ha un figlio che ora frequenta l’università, ha dei toni molto meno sereni. Matteo ha frequentato il liceo scientifico, e il padre a settembre ha sempre speso tra i 350 e i 400 euro, a cui bisognava aggiungere alcune spese di laboratorio. Marco non discute la cifra di per sé, ma quello che trova incomprensibile è che sua nipote, che ha frequentato a distanza di tre anni lo stesso liceo facendo la stessa specializzazione, “non sia riuscita a utilizzare praticamente neanche un libro di suo cugino.” A tre anni di distanza i titoli sono cambiati praticamente tutti, ma secondo Marco sfogliando i libri le differenze sono davvero poco evidenti.

Marco Griffa, Loescher: “Due anni di lavoro e più di dieci professionisti per realizzare un libro scolastico”

È proprio dopo aver parlato con lui che decido di contattare un altro Marco, che avevo incontrato l’anno scorso a Torino a The Publishing Fair, una fiera dedicata ai professionisti dell’editoria libraria. Il Marco in questione è il dottor Griffa, direttore generale di Loescher Editore, divisione di Zanichelli Editore S.p.A..

Il direttore in occasione della fiera era intervenuto sulle variabili del prezzo del libro, spiegando molto chiaramente che non esiste un algoritmo per calcolare il prezzo del libro scolastico. “Come editore la certezza di quanto mi è costato un libro ce l’ho solo quando lo macero, perché anche il macero ha un costo”: questa fu la frase che mi colpì di più. Così ho contattato Marco Griffa, non solo per sapere come avrebbe risposto alle obiezioni del mio amico Marco, ma anche per capire come la pandemia ha inciso su quelle variabili.

Anche l’anno scorso la sua azienda ha investito molto sulle nuove edizioni, ma il COVID-19 ha chiuso le porte delle scuole e quasi nessuno ha adottato i libri nuovi che erano già stati stampati. “Le circolari ministeriali sono arrivate molto tardi e quando c’è stata la possibilità di fare i consigli di classe le adozioni dei libri nuovi sono state pochissime. Noi però avevamo già fatto sia le politiche dei prezzi sia gli investimenti. I libri nuovi sono stampati da tempo, ma dovremo tenerli in magazzino. Li venderemo forse l’anno prossimo, ma con un ingente danno imprevisto per l’azienda”.

Tutti gli editori oggi si stanno chiedendo cosa avverrà e come, e quando i loro propagandisti potranno tornare a incontrare i docenti. “Nessuno di noi – continua Griffa – può prevedere cosa succederà nei prossimi mesi. Solo un dato può rimanere certo, e cioè che la dotazione scolastica di un ragazzo mediamente costa 1 euro al giorno alla famiglia”.

In sostanza la dotazione per le elementari è a carico dello Stato, con prezzi definiti dallo Stato; tutte le altre classi, dalle medie alle superiori, hanno dei tetti di spesa, cioè un importo massimo che il consiglio di classe può decidere di spendere. A quel punto gli editori organizzano i prezzi anche tenendo conto di tali limiti. Il direttore mi spiega che questi tetti di spesa negli ultimi anni non sono aumentati. Gli editori attuano politiche di prezzo differenziate in base alle loro strategie di mercato, ma cercano sempre di considerare tali tetti massimi.

Affrontiamo le polemiche sulle nuove adozioni. Vogliamo rispondere ai genitori che si trovano costretti ad acquistare libri diversi per due fratelli o cugini che vanno nella stessa scuola, nella stessa sezione, ma che hanno tre anni di differenza?

Questa è una diatriba che dura da anni, ma rispondo con un esempio. L’anno prossimo nei libri di storia come potremo non parlare di pandemia? Cosa saranno il cinema e la letteratura dopo la pandemia? Non possiamo pensare di parlarne nel 2025. Di norma gli insegnanti vedono nel libro nuovo dei miglioramenti che non sempre sono nel contenuto, ma che possono riguardare gli aspetti pedagogici. I libri possono cambiare anche il modo di fare lezione. Ad esempio, i libri che usciranno il prossimo anno terranno conto di tutta l’esperienza accumulata in mesi di didattica a distanza.

Quindi l’insegnante sceglie il libro che gli garantisce più prestazioni?

È più o meno così, e mi sento di smentire quelle voci che girano e che dicono che dei libri cambiano solo le copertine. Per prima cosa perché c’è un codice di autoregolamentazione: i libri per essere definiti “nuova edizione” devono avere almeno il 30% di contenuti diversi. Ad esempio, le leggi della termodinamica sono sempre le stesse. Così come se parlo della Seconda guerra mondiale i contenuti sono palesemente simili, però possono cambiare gli articoli a supporto, gli esercizi, gli approfondimenti. Può arricchirsi la parte digitale.

Praticamente a volte i contenuti non cambiano, ma cambiano gli strumenti a supporto dei contenuti.

I cicli della nostra scuola sono di tre anni di medie, poi il biennio e il triennio alle superiori. E bisogna considerare anche la posizione degli insegnanti. In tre anni la didattica cambia. Io capisco le esigenze della famiglia di ottimizzare la spesa, ma anche l’insegnante ha bisogno di nuove metodologie e di nuovi stimoli. A volte il professore non solo cambia l’edizione, ma cambia completamente l’editore perché ne sente la necessità. Quello che mi dispiace è che sfugga il rapporto tra l’utilità del libro e il costo dell’istruzione. Stiamo parlando del futuro dei nostri figli, e un euro al giorno mi sembra un investimento ragionevole. Oggi molte famiglie per altri beni o servizi come i cellulari spendono molto di più.

Mi metto dei panni di un genitore. Forse sulle nuove tecnologie è più semplice capire l’innovazione e giustificare la spesa, mentre il lavoro che c’è dietro un libro scolastico può rimanere più nascosto.

I costi fisici come la stampa e la distribuzione probabilmente sono i più semplici da individuare, anche per chi non è del settore, ma poi c’è anche tanto altro. Non tutti sanno che per fare un libro scolastico servono circa due anni e che attorno a esso possono lavorare anche più di dieci persone tra autori, redattori, grafici e correttori di bozze. Poi c’è la versione interattiva e digitale, che ha un costo molto elevato e comprende immagini e filmati. Ci sono persone che per mestiere si occupano “soltanto” dei diritti delle immagini che inseriamo nei libri. E poi, ad esempio, un libro di storia delle superiori che ha circa 800 pagine costa in media una trentina di euro, ma è stampato a quattro colori e ha a supporto materiali multimediali.

Dove vuole arrivare?

Lei prenda un libro di narrativa di un autore famoso, guardi quante pagine ha, quante immagini, guardi la qualità della carta e infine guardi il prezzo. Però giustamente non ho mai sentito nessuno lamentarsi di quanto è caro un libro di un grande autore. Gli editori di scolastica hanno tutta una serie di variabili e costi che non permettono di produrre un libro a costi più bassi. Nel rischio industriale complessivo devo considerare anche un libro che non funziona, che non piace agli insegnanti e che quindi non venderò. Esattamente come la pandemia, che ci impone di tenere i libri stampati in magazzino e allo stesso tempo di ristampare libri di edizioni precedenti.

Anche questo fa parte del rischio d’impresa, esattamente come chi fa automobili e per mesi le ha dovute tenere ferme nei piazzali.

Vero, però a differenza di altre imprese per noi gli incentivi di Stato non esistono: i genitori non possono neanche detrarre fiscalmente il costo dei libri.

Sicuramente se oggi incrociassi una fattura da 383 euro per una borsa piena di libri non rimarrei così basita. Allo stesso tempo però non posso fare a meno di chiedermi: davvero posso scaricare dal 730 i costi del veterinario e anche la palestra di mia figlia, ma non i suoi libri di scuola?

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