Un robot a energia solare si prende cura di una bambina dalla salute precaria in una società di uomini modificati per essere ultraperformanti; una delicata riflessione sul significato di umanità. Recensiamo “Klara e il Sole”, di Kazuo Ishiguro.
Non chiamatelo (più) femminismo: quando le donne provarono a reinventare il lavoro
Un movimento locale mette in scacco un sistema globale usando come leva il rapporto tra le donne e il lavoro: la recensione di “Oltre il lavoro domestico” di Lucia Chistè, Alisa Del Re e Edvige Forti,
Oltre il lavoro domestico, di Lucia Chistè, Alisa Del Re e Edvige Forti, è stato un vero e proprio manifesto, redatto in un periodo estremamente delicato per le dinamiche sociali italiane.
L’idea di liberare le donne dalla tradizionale e condizionante attività domestica era intimamente legata alla critica radicale del sistema capitalista. Partire dalla propria situazione locale, in questo caso quella delle lavoratrici di Padova, doveva servire non per capire come includere un nuovo attore sociale – le donne – in un sistema non previsto per loro, ma per criticare e trasformare quel sistema in modo che non fosse un altro meccanismo di sfruttamento, ma una realtà di liberazione.
L’intento era svelare, raccontare, esprimere quella liberazione attraverso una lotta chiara e aperta a un ruolo secolare; il linguaggio di quella intenzione oggi appare senz’altro datato, ma non morto. Le parole sono forti e decise, il tono polemico e critico perché il momento vede contemporaneamente scontrarsi forze opposte: la volontà di uscire per sempre da un passato di sfruttamento e il desiderio di un avvenire costruito, pragmatico, il fondamento di un femminismo immediatamente riconoscibile in una realtà di lavoro.
Il tempo avrebbe invece mostrato che quelle istanze di lotta non si sarebbero realizzate “così”, ma sarebbero sparite, come in un fenomeno carsico, per riemergere più forti e più ricche altrove nel tempo.
I tre punti focali del rapporto tra donne e lavoro
Abbiamo quindi oggi un documento storico, nel quale troviamo un’analisi dei tre modi nei quali articolare il rapporto tra donne e lavoro.
Il primo è la questione della riproduzione della specie: questo lavoro non può essere del tutto abbandonato, e deve trovare il modo di venire svolto da una donna che ora esce di casa, ha ambizioni diverse per le quali però non ci sono strutture, appoggi, linguaggi.
In seconda battuta c’è da definire che cosa può essere il lavoro femminile in una società che, sostanzialmente, non l’ha mai visto. C’è da rispondere a domande molto urgenti: quali ambienti sono pronti ad accogliere corpi diversi, mai visti in quelle posizioni; quale forma contrattuale, quale orario; che tipo di rapporto col datore di lavoro, che tipo di organizzazione sindacale; che forma dare a un inserimento che non sia un semplice adeguamento a qualcosa che per le donne non è mai stato immaginato.
Ultimo punto, c’è da ragionare su tutte le prestazioni che fanno parte della tutela di chi lavora quando ci si ammala, ci si infortuna, si va incontro a condizioni invalidanti, al pensionamento, al licenziamento.
Quando un movimento locale mette in scacco un sistema globale
Come se non bastasse, il libro si poneva come obiettivo polemico anche i movimenti femministi dell’epoca più in voga: quello che voleva lottare perché fosse salariato anche il lavoro domestico e quello che puntava tutto su una emancipazione “totale” di tipo socialista – tra l’altro allora in vigore (misteriosamente) in altri Paesi.
La forza ancora viva di queste pagine è quella di chi crede nella pratica di una liberazione, dopo la quale, forse, arriva la teoria. Probabilmente, oltre al valore documentale, la ricchezza di Oltre il lavoro domestico sta qui: nel dimostrare come una prassi concreta, portata avanti da un gruppo locale in un luogo preciso, possa avere la capacità e gli strumenti di porre una sfida a un intero sistema.
In un mondo nel quale guardiamo – giustamente, sia chiaro – a pratiche economiche che dai luoghi più lontani riescono a impartire lezioni di metodo a un capitalismo tanto rigidamente spietato quanto pericolosamente elastico, non va dimenticato che quei tentativi li abbiamo avuti in Italia, molto ben pensati e messi in pratica. Il fatto che non abbiano avuto allora il successo che volevano ottenere probabilmente dice qualcosa sulla loro possibilità di attuarsi, non sulla correttezza della loro impostazione, sulla opportunità della loro impostazione, sull’ampiezza delle loro prospettive.
Perché leggere Oltre il lavoro domestico
Leggere oggi questo testo non è solo un’operazione storica o nostalgica.
Si tratta, io credo, di una riappropriazione, di una re-identificazione necessaria con un movimento che fa parte della nostra storia economica e sociale. Se questa riappropriazione di certo non si può più tradurre in un esempio da seguire materialmente, credo sia assai utile come ispirazione per un cambiamento radicale delle condizioni lavorative di tutte e di tutti.
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