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Numero verde coronavirus: chi ci lavora, dietro?
Ravviso i sintomi del coronavirus e mi prende il panico. Non voglio uscire incautamente. Devo parlare con qualcuno che mi spieghi, che mi rassicuri, che ne sappia davvero. E subito. Come? È qui che voci senza volto diventano l’ancora di salvataggio dei privati cittadini e dei nosocomi, che in assenza di questa valvola di sfogo […]
Ravviso i sintomi del coronavirus e mi prende il panico. Non voglio uscire incautamente. Devo parlare con qualcuno che mi spieghi, che mi rassicuri, che ne sappia davvero. E subito. Come?
È qui che voci senza volto diventano l’ancora di salvataggio dei privati cittadini e dei nosocomi, che in assenza di questa valvola di sfogo collettiva si troverebbero al collasso più di quanto non lo siano già. Sono gli operatori dei numeri verdi istituiti a livello nazionale e locale, per far fronte all’emergenza straordinaria provocata dal diffondersi dell’epidemia. Per loro il cambio di passo è istantaneo. Una sorta di appendice agli ospedali da campo allestiti nell’Italia delle urgenze. Uno sportello invisibile al quale, con il semplice uso del telefono, chiunque può virtualmente recarsi e trovare informazioni utili, senza correre rischi di contagio.
Come nasce un numero verde per le emergenze. Il caso dell’Emilia-Romagna
La Regione Emilia-Romagna è stata tra quelle che hanno fatto scattare l’allarme nel corso del fine settimana, a margine del focolaio di Vo’, in Veneto. Lepida S.c.p.A. è la società in house a totale capitale pubblico strumentale alla Regione Emilia-Romagna, che ne è socio di maggioranza, e agli enti pubblici soci, che ha approntato su richiesta della regione il numero verde per far fronte all’emergenza.
La società costituisce un polo aggregatore a supporto dei piani nello sviluppo dell’ICT (Informazione Comunicazione Tecnologia) regionale. Il servizio è attivo da lunedì. Niente di così prodigioso, ci spiegano dall’area comunicazione, perché l’infrastruttura c’era già, come pure i call center, impostati appunto anche per questo tipo di eventualità. È stato adeguato l’albero vocale, cioè la risposta interattiva che smista le richieste facendo premere tasti diversi. È stato inoltre creato un vero e proprio operatore virtuale in grado di rispondere ai vari quesiti degli utenti sul Covid19 e pronto a intervenire negli orari in cui il call center è chiuso, benché sia prevista un’apertura straordinaria per questo fine settimana – fermo restando la pagina web della società è continuamente aggiornata sul da farsi. Anche se servono indubbiamente delle abilità che al momento della crisi devono esserci già: coordinamento, competenza, infrastrutture, e naturalmente operatori già preparati a far fronte a crisi.
Dentro il numero verde: chi sono gli operatori e come lavorano
Ma che figura professionale è quella dell’operatore? Quanto guadagna, e quanto rischia in situazioni come quella che stiamo vivendo? E in casi straordinari come un’epidemia, la tecnologia gli permette di lavorare da casa o è vincolato al call center?
Vediamo il caso Lepida. Per mettere a disposizione 33 dei suoi operatori in organico, di cui 30 fissi e solo 3 recentemente assunti a tempo determinato, 12 sono stati stornati da altri settori. A questa figura professionale viene applicato il contratto nazionale del lavoro Terziario, Distribuzione e Servizi, a cui si aggiunge il Contratto Integrativo. Lo stipendio oscilla intorno ai 1.500 euro, ma un dato medio reale sarebbe impreciso, perché tra gli operatori figurano sia professionisti di lunga data che neoassunti.
Insieme, dalle 8 alle 18 di lunedì scorso, fino a ieri hanno risposto a 30.000 chiamate, di cui solo 2.000 evase dall’operatore virtuale approntato per la situazione specifica. La maggior parte dei cittadini chiede e ottiene di parlare con un operatore, con una persona “vera”. Solo ieri mattina l’87% delle telefonate aveva avuto risposta diretta. Ad alcuni operatori è stato possibile anche applicare il telelavoro, per contribuire allo sfollamento dei locali della società. Così, scheda informativa della Regione Emilia alla mano, gli operatori hanno risposto e risponderanno ai cittadini, avvalendosi delle continue integrazioni che, sempre dalla regione, arrivano man mano che le informazioni sul virus si arricchiscono – per ora non molto, per la verità, o almeno non quanto le ansie della gente.
Un servizio essenziale basato su calma, equità e sicurezza
Le domande più frequenti riguardano il comportamento da tenere in presenza di sintomi o se si è stati nelle zone a rischio, quali siano realmente le zone a rischio, a chi rivolgersi, chiarimenti sulle applicazioni dell’ordinanza o informazioni su eventuali limitazioni alla circolazione sul territorio nazionale e all’estero. Nella casistica delle chiamate figura infatti anche una piccola percentuale di studenti non residenti, di turisti e di persone che solo temporaneamente si trovano in questa regione.
Una macchina che non può incepparsi, dunque; viene da chiedersi che cosa provino gli addetti ai lavori nel farla funzionare, in un tempo in cui le fake news corrono come missili sui social, travolgendo la gente comune, soprattutto quella più vulnerabile al virus e quindi predisposta al panico. E ancora una volta la calma di quella voce senza volto, che sa gestire i toni e pesare le parole, in base a chi sente dall’altro capo del telefono, giocano un ruolo importante.
“Ci si trova in ogni momento a dover bilanciare l’equità con la sicurezza”, risponde Gianluca Mazzini, direttore generale di Lepida. “Stiamo tenendo aperti dei servizi essenziali. Servizi che per la loro strategicità, per il loro impatto, per le loro ricadute e per indeferibilità, hanno questa peculiarità. Sono essenziali. Forziamo e invogliamo i nostri cittadini a fare azioni online il più possibile, ma non possiamo discriminare chi non è in grado di usare internet. Allora lo sportello diventa l’unico strumento di effettiva azione con il pubblico. In questo contesto il museo non è essenziale. In questo contesto il cinema non è essenziale. La scuola può essere chiusa per qualche tempo, come lo è a Natale e a Pasqua e tutta l’estate. Non può essere chiuso invece il luogo dove si fanno azioni essenziali. Può sicuramente essere organizzato per ridurre le code, gli assembramenti, le presenze, favorendo l’online. Tutte misure che abbiamo attuato e continueremo ad attuare”.
Perché anche chi si occupa di servizi del genere in questi casi deve ritoccare il proprio stile, come precisano dall’area comunicazione. “A seguito dell’ordinanza emessa dal Ministero della Salute e da Regione Emilia-Romagna relativa alle azioni per contrastare la diffusione del coronavirus, la direzione di Lepida ha adottato una serie di misure straordinarie volte a ridurre al minimo le attività dei dipendenti presso soggetti terzi o presso luoghi altamente frequentati, invitando a utilizzare gli strumenti di videoconferenza per dare continuità alle normali attività e per mantenere valide le pianificazioni”.
“È stata inoltre favorita l’attivazione della modalità di lavoro in smart working per tutti i dipendenti che lo hanno contrattualizzato, aggiungendo ulteriori giorni rispetto alle giornate annuali pianificate. Inoltre, dal 25 febbraio e per il solo periodo di emergenza definito dai decreti in corso di efficacia, Lepida ha esteso la stessa possibilità anche ai dipendenti che non hanno già contrattualizzato questa modalità di lavoro, pur nel rispetto delle risorse minime che rappresentano il vincolo organizzativo per mantenere la società a un livello di funzionamento efficace, senza costi ulteriori e a condizione che le risorse che vogliono aderire abbiano già a disposizione una connessione Internet, un PC e un recapito telefonico”.
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