Il coordinatore della Fondazione Base Italia, già ospite a Nobìlita, riflette sulla diminuzione dei salari e sul fenomeno delle Grandi Dimissioni: “In Italia scarsa produttività rispetto all’Europa. Colpa di dimensioni delle imprese, rischio fallimento e inefficienza della PA”.
Salari indietro tutta: -3,4%, si torna a prima della pandemia
OCSE e BCE fotografano una situazione che milioni di italiani hanno già avvertito nelle tasche e nel portafoglio: gli stipendi perdono altro potere, mentre si amplia ancora il divario con gli altri Paesi UE
I grilli parlanti di Giorgia Meloni hanno accusato i giornalisti USIGRai, in sciopero per difendere il diritto a un’informazione non pilotata dall’esecutivo, di aver diffuso fake news sulla politica del Governo. È strano e anche un po’ ridicolo, perché basta accendere qualsiasi edizione del TG1 per scoprire che la più gigantesca fake news viene lanciata ogni giorno proprio dal più importante TG della Rai, ormai occupato dai gendarmi di Palazzo Chigi, in particolare da quelli che durante lo sciopero hanno accettato l’opera di crumiraggio di un sindacatino di destra per mandare in onda il TG meloniano. Ecco alcune delle fake news: da quando c’è il governo Meloni l’economia va a gonfie vele, i redditi degli italiani sono sopravvissuti all’inflazione, l’occupazione è in crescita, dunque il salario minimo non è più un problema perché viene coperto dalla contrattazione.
Se avessero un po’ di dignità quei diffusori di fake news potrebbero leggersi gli ultimi rapporti OCSE e quelli della BCE sui salari italiani (dati relativi al 2022), e confrontarli con gli altri Paesi europei per capire il dramma di milioni di famiglie italiane che, pur lavorando, vengono classificate entro la soglia di povertà. L’occupazione dei cinquantenni può anche essere aumentata, ma l’enorme bacino del precariato è ormai stracolmo, senza contare il fatto che vi è una massa di giovani che è inattiva, e dunque fuori dalla statistiche sulla disoccupazione.
In un’interessante analisi del fenomeno Openpolis ci fornisce un dato assai eloquente: in Italia i salari sono tornati alla fase pre COVID-19, meno 3,4%. Quei numeretti sembrano insignificanti, ma se li traduciamo nelle condizioni di vita di milioni di salariati a fronte di un’inflazione che ha corroso per primi i salari reali ci rendiamo conto di quanta propaganda ci sia nelle grancasse di Governo. Gli analisti dell’OCSE spiegano infatti che, malgrado gli aiuti statali con indennità e bonus, alla fine dei conti si sta ritornando inesorabilmente ai salari pre pandemici – con l’aggravante che il divario tra i salari italiani e quelli di altri Paesi è cresciuto rispetto al 2019.
“Il Lussemburgo – rileva l’OCSE – è il Paese UE con i salari medi annui più elevati: quasi 80.000 dollari nel 2022. Seguono Belgio, Danimarca, Austria e Paesi Bassi con valori superiori ai 60.000 dollari. Ultimi invece i Paesi dell’Europa centro-orientale e meridionale, in particolare Grecia, Slovacchia e Ungheria, con cifre inferiori ai 30.000 dollari l’anno. L’Italia, con un valore pari a circa 45.000, è undicesima in Europa”.
In Italia ci sono stati anche momenti peggiori: tra il 2019 e il 2022 la variazione salariale aveva toccato punte del 4,8%; poi si è stabilizzata al 3,4% grazie agli incentivi statali, che essendo tuttavia temporanei (e poi affossati dall’abolizione del Reddito di Cittadinanza) non sono riusciti comunque a tenere la risalita come nei casi di Francia e Germania.
La principale responsabile di questa drammatica situazione salariale va ricercata nella mancata crescita dell’economia italiana negli ultimi vent’anni, che sempre secondo l’OCSE è risultata più bassa di Francia e Germania. Tra l’altro i profitti aziendali non hanno seguito lo stesso destino. Non meno responsabili sono state le mancate politiche di investimenti nella formazione, nella ricerca e nell’istruzione.
Non si può dimenticare poi il rifiuto da parte del governo Meloni di considerare il salario minimo come un intervento strutturale per colmare questo buco nero in Europa. A suo tempo il presidente del CNEL Brunetta motivò il giudizio negativo dell’organo da lui diretto sostenendo che i contratti di lavoro avrebbero ampiamente superato i 9 euro del salario minimo. Peccato che Brunetta e il Governo si siano dimenticati di quelle migliaia di persone che non sono coperte dalla contrattazione aziendale e nazionale, e che in Italia i grandi contratti in alcune aziende di rilievo siano scaduti da tre anni.
Dunque che dire? Avanti con le fake news.
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