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Venditori senza accademia
Da circa dieci anni lavoro a stretto contatto con figure commerciali di vario genere: dal venditore puro, al tecnico-commerciale, al manager; fino all’imprenditore stesso, che non di rado si occupa delle vendite in prima persona. Esprimo il mio punto di vista da un osservatorio privilegiato, quindi, quello di chi da trainer o consulente ha incontrato […]
Da circa dieci anni lavoro a stretto contatto con figure commerciali di vario genere: dal venditore puro, al tecnico-commerciale, al manager; fino all’imprenditore stesso, che non di rado si occupa delle vendite in prima persona. Esprimo il mio punto di vista da un osservatorio privilegiato, quindi, quello di chi da trainer o consulente ha incontrato e aperto il cuore a centinaia di persone, uomini e donne, che fanno questo splendido lavoro.
Prima ancora, ho venduto io stessa. Da imprenditrice di una startup fondata a ventisei anni, ho fatto di tutto, dal magazzino agli acquisti. Ma la mia vera vocazione, come ho scoperto “scendendo in campo”, è la vendita, l’unica attività aziendale ancora priva di dignità accademica.
Proliferano i corsi di laurea in Marketing, ma non esistono, che io sappia, lauree in Area Vendite. Tant’è che spesso, a differenza del direttore amministrativo o di produzione, il direttore vendite non è necessariamente laureato. E il lavoro del commerciale, cruciale per l’esistenza stessa dell’azienda perché determina il fatturato, spesso si sottovaluta, nella pia illusione che il prodotto si venda da solo o che addirittura il venditore non sia più nemmeno necessario, nel tempo di Internet, e-commerce e procurement strutturato.
Venditori cercasi
D’altro canto è un dato di fatto che la funzione commerciale sia quella più richiesta negli annunci di ricerca di personale, e molte aziende lamentino la difficoltà di trovare venditori. Però, se si gratta un po’ sulla superficie, emergono alcune criticità.
Per esempio i contenuti della mansione. Che cosa significa vendere? La job description di un venditore formato contiene diverse competenze: sicuramente tecniche di vendita e skills di comunicazione interpersonale, dato che bisogna presentare e presidiare incontri, fiere ed eventi. Ma occorre avere anche capacità negoziali (la trattativa è un po’ scienza e un po’ arte), sapere quando concedere e quando negare, e capire se il cliente sta bluffando (“l’altro fornitore mi fa un 20% di sconto”).
Per non parlare di questioni contabili: la scontistica, anche quando non governata direttamente dal venditore, è comunque una disciplina matematica. E anche per quanto riguarda la remunerazione, oggi incentivi, obiettivi e KPI sono sempre più formulati in modo quantitativo e articolato. Inoltre molti commerciali vengono giustamente misurati in base al margine, non solo al volume di vendita, perché in realtà l’azienda paga i costi fissi col margine e non con il fatturato. Budget, forecast, offerte speciali, calcolo dei mix e valutazione dei marginalità richiedono di sapersi destreggiare con Excel, o per lo meno con la calcolatrice.
I contenuti della mansione prevedono poi il saper monitorare la concorrenza e rilevare e tracciare le informazioni sui clienti, premesse necessarie per l’analisi competitiva e la profilazione dei clienti: tutte attività di marketing propedeutiche – ad esempio – a un buon uso del CRM (amato o odiato da molti venditori).
Il “disallineamento orizzontale” tra marketing e vendite
E qui emergono altre criticità. In primo luogo, per l’appunto, la sinergia che dovrebbe esserci, e spesso manca, tra marketing e vendite. Se il compito istituzionale del marketing è lo studio del cliente e della concorrenza, esso ha bisogno di attingere questi dati dalla funzione vendite, o magari di acquisirli direttamente affiancando i venditori nelle visite ai clienti. Ma questo accade di rado. Spesso chi lavora nel marketing non ha contatti sistematici e strutturati con i venditori. E il risultato è che a volte i materiali di comunicazione prodotti dal marketing vengono descritti dai venditori come poco centrati e quindi poco utilizzabili, chiaramente non per colpa di chi lavora nel marketing.
Non in tutti i settori però si riscontra questa lontananza tra vendite e marketing: la vendita a domicilio, fondata sul rapporto diretto e immediato con il consumatore, è un esempio diverso. “Nel nostro settore, nessuna strategia di marketing può prescindere dal valore della forza vendita, fulcro centrale della relazione con il cliente”, dice Ciro Sinatra, Presidente di Univendita, Unione Italiana Vendita Diretta. “Inoltre le aziende della vendita a domicilio hanno il vantaggio di avere feedback di mercato immediati e di qualità, per cui possono modulare un’offerta di prodotti e servizi costantemente in linea con le richieste dei consumatori”.
Il “disallineamento verticale” tra vendite e strategia
La vendita diretta, proprio perché più vicina al consumatore, sembra dunque più immune di altre al “disallineamento orizzontale” tra marketing e vendite. Ma in alcuni settori ne esiste anche uno verticale: quello tra vendite e strategia. In altre parole, la direzione aziendale ha un’idea precisa di quali mercati approcciare e in quale modo, o di una certa differenza competitiva; ma se questa strategia non è chiaramente trasmessa dall’alto verso il basso, passando attraverso direzione commerciale e capi area, fino ai venditori, ci possono essere delle distonie.
Chi presenta l’azienda e il prodotto ai clienti, cioè il venditore, è colui che di fatto applica la strategia e la mette in pratica. E se questa trasmissione non è a prova di bomba la strategia rischia di essere travisata, come in un effetto perverso di telefono-senza-fili, oppure di rimanere una bella teoria. Servono dunque processi e metodi organizzativi in grado di far passare le strategie dall’alto al basso, oltre che di monitorarne l’effettiva applicazione. Questo richiede una funzione vendite strutturata e solida.
Un mercato con pochi venditori
Insomma, vendere non è facile; soprattutto non basta l’esperienza di settore per fare un buon venditore, e trovare venditori è sempre più difficile.
“Specialmente in alcune zone, la carenza di venditori è cronica” dice Elisabetta Gatteschi, responsabile HR in un’azienda farmaceutica, “e se nei tempi d’oro sui venditori si investiva tantissimo, tanto che il commerciale era responsabile a 360° di pianificazione e territorio, ora assisto a uno svuotamento di considerazione e i periodi di training e affiancamento si sono ridotti”.
Qualche anno fa il venditore si formava non solo sulle tecniche di vendita, ma anche per rafforzare la capacità di budget e la padronanza dei sistemi informatici; e oggi? “Ora, sia per il taglio dei costi, sia perché non si crede più di tanto nella formazione, questo avviene di rado” prosegue Gatteschi. “Eppure la formazione è indispensabile non solo per mettere a punto le competenze e allineare vendite e strategie, ma anche per trasmettere il codice, la cultura dell’azienda”.
Esistono ancora settori dove la formazione dei venditori ha un ruolo centrale? “Nella vendita a domicilio si dedicano grandi risorse alla formazione degli incaricati, non solo quando entrano in azienda, ma con un percorso che accompagna tutta la loro carriera”, risponde Carlo Sinatra.
Laurea in Area Vendite
Insomma, se le competenze di chi vende sono complesse e il mercato sembra averne bisogno, a quando un corso di laurea in Area Vendite? Forse è arrivato il momento giusto per pensare a corsi accademici specifici, che sfornino professionisti formati, pronti ad accedere a un mercato del lavoro che li ricerca.
Penso ai tanti laureati in lingue straniere mandati un po’ allo sbaraglio su ruoli commerciali export (ma non basta sapere il russo per vendere ai russi); o ai tantissimi tecnici e ingegneri che, di fatto, gestiscono commesse e clienti anche per la parte economica e commerciale.
Penso a corsi di laurea, o master, dove ai docenti accademici si affianchino manager e professionisti con esperienza commerciale, che possano portare le storie della loro realtà quotidiana tra i banchi dell’università. Con una commistione, qui assolutamente necessaria, tra teoria e pratica.
Perché la vendita, per insegnarla, bisogna averla vissuta.
Photo by Archeologo [CC BY-NC-ND 4.0] via Wikimedia Commons
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