Venezia, Aeroporto Marco Polo: quale management sulla rotta?

Chi possiede l’aeroporto di Venezia, e quanto ci guadagna? Con quali contratti vengono ingaggiati i giovani, e perché non si capitalizza la formazione? È il lavoro del futuro o la scelta di un’estate? Che diritti hanno, se ne hanno, i passeggeri? Perché l’area circostante l’aeroporto è diventata ZTL, ci si può restare per soli 7 […]

Chi possiede l’aeroporto di Venezia, e quanto ci guadagna? Con quali contratti vengono ingaggiati i giovani, e perché non si capitalizza la formazione? È il lavoro del futuro o la scelta di un’estate? Che diritti hanno, se ne hanno, i passeggeri? Perché l’area circostante l’aeroporto è diventata ZTL, ci si può restare per soli 7 minuti, e il parcheggio per chi accompagna o va a prendere un amico che deve volare da un momento all’altro è passato da 3 a 7 euro la prima ora, e da 2 a 5 euro la seconda ora? Forse gli utenti hanno ora servizi in più, o sono stati impiegati nuovi dipendenti?

Ecco qualche risposta.

 

Come funziona la concessione di un aeroporto? Il caso del Marco Polo di Venezia

Ogni aeroporto è dato in concessione a società e finanziarie che suddividono i servizi interni ad altre ditte, mantenendone la supervisione.

Nel caso del Marco Polo di Venezia la società in questione è la Save. Come da prassi giornalistica, per correttezza professionale, per leggere senza sbavature tutti i dati di Save sui bilanci e non solo, resi pubblici come previsto dalla legge, ci siamo rivolti all’ufficio stampa della società concessionaria, diretto da Federica Bonanome, affiancata da Monica Fornasiero.

Data del primo contatto telefonico con successiva mail: 3 ottobre 2019. Subito ci è stato spiegato che ottenere un breve incontro per un’intervista al presidente di Save, Enrico Marchi, era impossibile causa agenda super affollata. Avremmo però potuto avere via mail risposte alle nostre domande in merito alla società e alla sua gestione. Risposte che, dopo una serie di sollecitazioni nostre e rinvii da parte dell’ufficio stampa, non ci sono mai arrivate.

Ci siamo quindi limitati ai dati che campeggiano sulla schermata d’apertura del sito web dell’azienda: 11,2 milioni di passeggeri nel 2018 per 199 milioni di euro di ricavi; 1.064 i dipendenti diretti, mentre nell’intero aeroporto, tra tutti i servizi aggiuntivi, ruotano a turno circa 5.000 lavoratori – dato che ci ha cortesemente fornito Ivano Traverso, segretario regionale trasporti aerei Fit-Cisl. Quanti desiderassero leggere nel dettaglio il bilancio Save 2018 o i numeri del traffico aereo pubblicati dall’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione nazionale Civile – Ministero Trasporti) possono facilmente trovare tutto online, come disposto dalla legge sulla trasparenza, tra l’altro recentemente rinforzata.

Save ha in gestione l’aeroporto, dunque. Potremmo immaginarlo come un condominio di cui la società è l’amministratore. Vengono quindi lasciate delle concessioni ad altre società (i condomini), che devono garantire servizi di terra: dalla scaletta per scendere dal velivolo al rapido aggancio del tunnel, alla raccolta, smistamento e corretta spedizione dei bagagli. Ognuna delle concessionarie ha un preciso margine d’azione, sul quale vigila un supervisore: Save, tenuta a controllare anche l’aspetto etico di chi opera dentro il perimetro dell’aeroporto. Parliamo degli esercenti, ad esempio, che hanno le vetrine del grande Made in Italy; i bar, i ristoranti, le parafarmacie.

Se per ipotesi viene fatta una segnalazione su commessi che lavorano in un negozio senza regolare contratto, la società che detiene la guida non può incidere direttamente sulla cosa, ma deve far pressione al concessionario perché regolarizzi la posizione del suo dipendente. Ha una sorta di funzione armonizzatrice, e se chi non è nella legalità non si ravvede può arrivare la sospensione della concessione.

 

L’Aeroporto “Marco Polo” di Venezia.

 

Aeroporto di Venezia: le carenze di personale e i giovani che scappano

Dei dipendenti, sfrangiati tra i rivoli dei tanti attori che agiscono dentro il Marco Polo, il segretario Traverso ci spiega: “I 5.000 lavoratori non sono presenti contemporaneamente, ma a turno nell’arco di tutto il giorno, tutti i giorni. Anche quando l’aeroporto è chiuso al pubblico, infatti, c’è comunque sempre chi ci lavora per vigilare, fare manutenzione, riparare, sistemare le innumerevoli strumentazioni e servizi annessi, dalla corretta erogazione dell’energia elettrica in caso di emergenze ai carrelli per i bagagli, che devono essere sufficienti ed efficienti”.

Ne ho approfittato per chiedere al segretario Traverso che tipo di contratto hanno i dipendenti delle aziende concessionarie e quali problemi li accomunano.

“I contratti variano a seconda della mansione e della società per la quale si lavora. Sicuramente la carenza di personale per la mancanza di una formazione reale e fidelizzata è ciò che accomuna tutti gli ambiti. Sarebbe infatti necessario investire in modo da uscire dalla condizione di immediatezza diffusa per andare oltre, per sviluppare professionalità e non vedere appiattito il lavoro.”

“Oggi l’aeroporto è per molti giovani una sorta di trampolino di prova. Molti arrivano per un lavoro estivo, al posto della gelateria per esempio, o per esercitare le lingue studiate, come i ragazzi dello staff che accolgono i turisti nei momenti di grande traffico e li aiutano a orientarsi tra le tappe da fare per prepararsi al volo, o per i servizi di terra. Arrivano per curiosità; alcuni restano, mentre altri, una volta capito come funziona il lavoro, scelgono altri percorsi. Succede in questo modo che la vecchia guardia sia costretta a formare a ciclo continuo ragazzi che solo in minima parte resteranno. Non solo. Spesso chi resta fa carriera in altri settori dell’aeroporto, in base al titolo di studio.”

“Quindi da un lato ci sono dipendenti stanchi di ripetere le stesse cose a persone diverse, dall’altro giovani che non sono più quelli di vent’anni fa. Le nuove generazioni non accettano di buon grado gli insegnamenti di quanti, più grandi di loro, hanno una lunga esperienza ma magari un titolo di studio meno qualificante. Soprattutto i giovani non trovano una spinta a restare, perché manca proprio a monte un progetto per investire su di loro – cosa che porterebbe a un’ottimizzazione delle risorse e a una qualità superiore dei servizi erogati”.

 

7 euro per un’ora: le tariffe esose dei parcheggi dell’aeroporto di Venezia

A proposito di servizi, prendiamo i parcheggi: l’ENAC impone alle società che hanno in gestione un aeroporto di garantire un numero di posti parcheggio proporzionato al traffico e a quanti vi lavorano. A Venezia i dipendenti più anziani possono avvalersi di parcheggi gratuitamente, in virtù di un vecchio contratto; gli altri possono farlo a un costo mensile simbolico, ma i posti cui possono accedere sono situati nei parcheggi meno agevolati. Attualmente sono in corso trattative per avvantaggiare di più i lavoratori, in attesa di risposte anche dal trasporto pubblico locale che non fornisce corse o navette per i tanti che operano nell’aeroporto di notte, quando il sipario è calato; ma non per questo il backstage può arrestarsi.

Il prezzo del parcheggio al passeggero però lo decide la società che li gestisce, e che alla fine fa capo a Save. Al tavolo delle contrattazioni siede anche il comitato degli utenti aeroportuali, che può contestare i rincari quanto vuole, ma non può incidere in nessun modo sulle disposizioni finali. Perciò, all’ufficio stampa Save avevamo anche chiesto di capire di quanto sono aumentati e a vantaggio di chi, i proventi del più che raddoppiato prezzo dei parcheggi agli arrivi: dieci minuti gratis; dall’undicesimo minuto 7 euro per la prima ora; 5 dalla seconda (contro i 3 euro per la prima ora e i 2 per la seconda del passato).

Con il recente ampliamento del P5, parcheggio utilizzato da chi lascia l’auto alcuni giorni, è inoltre scomparsa l’area in cui gli utenti potevano lasciare l’auto per alcune ore, gratuitamente. Lo spazio veniva inoltre utilizzato, senza conseguenze per la sicurezza e la viabilità, da quanti andavano all’aeroporto per prendere qualcuno in arrivo. Senza spendere un centesimo, si attendeva l’arrivo del passeggero restando a bordo dell’auto. Quando questi era pronto, con il bagaglio consegnato in mano, avvisava. L’automobilista entrava nell’area dell’aeroporto gratuita entro i 10 minuti e in pochi istanti faceva salire l’amico e se ne andava – di nuovo, gratuitamente. Oggi tutto questo non è più possibile, perché quei posti contrassegnati in bianco sono stati fagocitati dal P5. Vietatissimo fermarsi nei loro pressi. Chi ha venduto? Quell’area era pubblica? Chi ha comprato? Chi ci guadagna? Come richiesto, abbiamo inviato via mail queste domande all’ufficio stampa. Che non ci mai risposto.

 

I diritti a fasi alterne dei passeggeri: le cause contro le compagnie aeree

Infine, i diritti dei passeggeri esistono. Accade però che quando ad esempio viene cancellato un volo, e si cerca un responsabile in carne e ossa, ci si trovi davanti a un Everest di burocrazia, peraltro informatica. Eppure un modo per veder riconosciute le proprie ragioni, seppur non abbastanza diffuso, c’è, come spiegato dall’avvocato Riccardo Di Palma, legale di Sosvolo.com. Si tratta di un portale a tutela del viaggiatore, che si avvale di professionisti specializzati nel diritto della navigazione e dei trasporti, e che offre assistenza gratuita.

Il singolo può ben poco da solo”, dice Di Palma, “ed è proprio per questo che noi troviamo ragione d’essere, perché non è semplice per i ricorrenti vedere rispettati i loro diritti. Spesso non possono far altro che cliccare su un link. Noi ci occupiamo di informare i viaggiatori sulle loro reali possibilità di ottenere un risarcimento per il danno subìto, come il volo cancellato o il bagaglio completamente smarrito, e ci riusciamo perché ci interfacciamo direttamente con gli studi legali delle diverse compagnie”.

 

 

Come riuscite a mantenere gratuito questo servizio?

Perché a pagarci sono le stesse compagnie aeree, quando perdono il contenzioso. Generalmente resistono il più possibile prima di cedere al risarcimento del danno subito dal viaggiatore. Accade spesso però che, a fronte di una percentuale modesta di ricorrenti, percentuale molto inferiore a quanti sarebbero in realtà gli aventi diritto al risarcimento, le compagnie paghino oltre che la compensazione pecuniaria anche le spese legali. Sono molti infatti i viaggiatori che non tentano di ottenere quanto spetta loro, oppure affrontano la questione da soli e quindi poco dopo lasciano perdere. Potremmo dire che le compagnie pagano allora di più a quanti non demordono.

Questo a fronte di un volo cancellato o un bagaglio smarrito. Ma che cosa può fare il viaggiatore a fronte di piccole speculazioni, che su vasta scala costituiscono comunque un affare per le lobby, cui contribuisce sempre e solo il viaggiatore?

A cosa si riferisce nello specifico?

Gli parlo dei casi in cui, per esempio, una grossa compagnia fa un ritardo tale nella prima tratta di volo da far perdere una coincidenza. È tenuta a “proteggere” il passeggero sul volo successivo. L’utente ha inoltre diritto a un buono pasto da consumare durante l’attesa in aeroporto – buono il cui ammontare però è irrisorio. Non solo: ci sono casi in cui ci si può trovare obbligati a fare un cambio di valuta, come ad esempio a Zurigo. In queste condizioni o si acquista l’acqua o uno spuntino. Se si prendono entrambe le cose, il prezzo è calcolato in modo da sforare il modestissimo budget di pochi centesimi, per pagare i quali il malcapitato deve usare la carta di credito. La banca, alla commissione, aggiungerà così il cambio euro-franco svizzero. Parliamo di qualche euro, come “sovrattassa” di un buono pasto che avrebbe dovuto essere un risarcimento. 

Purtroppo per casi così non possiamo fare nulla, e non solo per la cifra esigua che il singolo andrebbe a contestare, ma soprattutto perché l’ammontare del buono in questione è definito dalla Carta dei Diritti del Passeggero (a firma ENAC, N.d.R.).

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