Siamo invasi da norme giuridiche mal concepite che i cittadini tendono a non rispettare, soprattutto in emergenza. Eppure un modo per invertire la tendenza esiste.
Sempre meno avvocati, ma l’Italia ne ha troppi: aumentano solo a Milano
Il dato nazionale ne registra 8.403 in meno, nel 2023: il numero di legali aumenta solo a Milano e a Messina, cosa dovuta alla presenza di grandi studi professionali. Ma i redditi della categoria non sono più quelli di una volta. Ne parliamo con Antonello Martinez, presidente dell’Associazione Italiana Avvocati d’Impresa
Gli avvocati aumentano (quasi) solo a Milano e in Lombardia. Quella che un tempo era una professione ambita oggi risulta essere meno attrattiva per i giovani, e a dimostrarlo sono i numeri della cassa forense, che confermano come il reddito complessivo IRPEF sia aumentato del 5,1%, arrivando a 44.654 euro, anche se il 70% degli avvocati fattura meno di 35.000 euro l’anno.
A riprova delle difficoltà dei giovani a intraprendere la professione di avvocato c’è anche il fatto che l’età media è aumentata e chi è fresco di laurea sceglie altre strade, magari in azienda, senza voler esercitare la professione forense.
L’Italia ha troppi avvocati: aumentano solo a Milano (e Messina)
Tra le varie Regioni italiane, però, sussistono delle differenze. La Lombardia rimane la più attrattiva, anche perché i professionisti guadagnano quasi il doppio della media nazionale (attorno ai 77.000 euro), ma non sempre lo fanno con la libera professione, nei canoni in cui intende la legge sull’ordinamento forense. Sono sempre più gli avvocati che lavorano per un solo studio, ma che non possono diventare dipendenti. L’altro elemento che gioca a favore di Milano, infatti, è la presenza dei grandi studi professionali, nei quali, nonostante i ritmi di lavoro altissimi, molti laureati in legge preferiscono rifugiarsi per evitare i bassi guadagni della libera professione con più clienti. Lo conferma anche il fatto che l’età media si è alzata da 42 a 48 anni.
In generale la Lombardia è attrattiva per chi vuol fare l’avvocato, e Milano è la città che ne attira di più, come dimostrano le cifre: nel capoluogo ci sono 29.860 avvocati attivi, mentre a Brescia sono 6.050. La crescita è stata dell’1% dal punto di vista numerico (è seconda solo a Messina, che mostra l’1,5%), ma nel resto d’Italia c’è una vera e propria fuga dalla professione forense: la Lombardia si distanzia da Regioni come Calabria, Basilicata, Puglia e Molise, dove nel 2023 si è verificato un calo significativo degli avvocati, con punte del -4,8%. In generale, nel 2023 si registrano 8.403 avvocati in meno rispetto all’anno precedente.
“Ci troviamo – spiega Antonello Martinez, presidente dell’Associazione Italiana Avvocati d’Impresa – in un mercato nazionale sovraffollato, dove i grandi studi legali d’affari sono concentrati tra Milano e Roma con un processo di aggregazioni che è ancora in corso, e una parcellizzazione nel resto del Paese che non garantisce redditi ai livelli di altri Paesi europei. Ci sono anche i tanti legali che lavorano nelle aziende, ma è un mondo diverso dalla libera professione. In Italia il percorso formativo e d’ingresso nella professione è più lungo e selettivo rispetto a tantissimi Paesi del Mondo; forse si dovrebbe intervenire anche in questa direzione per imprimere una svolta a questa professione”.
Dipendenti mai: gli avvocati costretti per legge alla libera professione
Che calino gli avvocati è un dato di fatto, ma questo è anche frutto del fatto che negli ultimi anni c’è stata una grande attrattività della professione, figlia anche del fatto che la facoltà di giurisprudenza è una delle poche che a partire dagli anni Novanta non ha mai introdotto il numero chiuso.
“Il numero totale degli avvocati in Italia – prosegue Antonello Martinez – è sceso dai 225.513 del 2022 ai 221.523 del 2023. Si tratta di un calo fisiologico per un Paese che ha la più alta densità di avvocati in Europa: solo in Lussemburgo, Cipro e Grecia ce ne sono di più. Fra le grandi nazioni europee siamo al primo posto, con quasi 400 legali ogni 100.000 abitanti, dato che scende a 300 per la Spagna, a 200 per la Germania e a 100 per la Francia. È anche normale che il calo maggiore in Italia si sia registrato in Calabria, dove la densità di legali rimane ancora la più alta”.
Ma non tutti fanno davvero l’avvocato, come si intende dalla legge e da alcune sentenze della Cassazione. La professione di avvocato sta vivendo un vero e proprio paradosso: sono sempre meno quelli che si dedicano alla libera professione, sebbene per legge fare l’avvocato non contempli il rapporto di lavoro come dipendente. Se un avvocato dovesse contrarre un lavoro come dipendente, tolti alcuni casi come l’insegnamento, dovrebbe togliersi dall’albo. L’ultima a decretarlo, in ordine di tempo, è stata la Cassazione, con una sentenza del novembre 2023, che ha chiarito che gli avvocati non possono lavorare come dipendenti pubblici, ma in generale non possono operare come lavoratori subordinati. La legge forense stessa stabilisce che la professione di avvocato è incompatibile con “qualsiasi altra attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro subordinato”.
L’ordine degli avvocati da tempo si sta battendo per modificare questa legge, che però al momento sta comportando solo l’abbandono degli elenchi dell’ordine da parte degli iscritti e, in molti studi legali, la nascita di partite IVA. Secondo alcuni esponenti dell’ordine degli avvocati gli stessi grandi studi legali sarebbero disponibili ad assumere dipendenti, qualora la legge lo consentisse, ma ci si trova in questo momento in uno stallo.
Meno avvocati, più guadagni (anche per le avvocate)
La fuga dalla professione, per chi rimane, ha un risvolto positivo.
Ad esempio in Puglia, Calabria e Sicilia i redditi medi, pur inferiori anche del 50% al dato nazionale, sono cresciuti. Rimane sempre forte la differenza di genere, che si è ridotta, però, in Lombardia e in Emilia: Brescia è il distretto con la più alta percentuale di professioniste, con 3.179 avvocate nel 2023, che rappresentano il 52,5% dei professionisti totali. Le donne sono in maggioranza anche negli ordini di Busto Arsizio (62%), Lecco (58,2%), Monza (57,4%) e Lodi (56,6%). Le avvocate tendono ad avere un reddito medio più alto; in Lombardia guadagnano 45.406 euro, ma in questo caso corrisponde al 60% del reddito degli uomini, pari a 67.000 euro.
Come si accennava in precedenza, cresce anche l’età media degli avvocati, che è passata da 42,3 anni nel 2002 a 48,3 anni nel 2023. Il fenomeno rispecchia quello dell’invecchiamento generale della popolazione. Aumenta il numero delle giovani avvocate: tra le diverse fasce d’età, la maggior parte delle donne si trova infatti nelle più giovani: il 57,5% degli avvocati sotto i 34 anni e il 55,3% tra i 35 e i 44 anni. Al contrario, più della metà degli iscritti tra i 55 e i 64 anni è composta da uomini (59,9%) come per la maggior parte degli over 65 (75,3%). Il più giovane iscritto alla Cassa è un praticante di 22 anni, mentre il più anziano ha 101 anni.
Analizzando poi i singoli casi ci si rende conto di come per molti il fatturato di 35.000 euro sia un miraggio, al punto che sono sempre di più gli avvocati che decidono di dedicarsi all’insegnamento (in partita IVA, ad esempio negli enti di formazione professionale). Tra loro c’è anche chi ha deciso di passare a tutti gli effetti al mondo della scuola, abbandonando una toga che, con il passare del tempo, è sempre più pesante e difficile da portare.
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